Le Cascate dell'Acquacheta
si trovano nel Parco
Nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna e
sono esattamente al confine tra la Toscana e l'Emilia Romagna. Esse possono
essere raggiunte da entrambi i versanti. Sicuramente il percorso più breve
e più semplice è quello che parte in Romagna e precisamente dal paese
di San Benedetto in Alpe
(485m slm). Nel Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, Campigna e
Monte Falterona si va, sicuramente, al di là della sola natura, visto
che tutta l'area è avvolta da un alone poetico e mistico. Poeti e santi
hanno, da sempre, amato la natura e il silenzio delle Foreste Casentinesi
e natura e silenzio sono, ancora oggi, la vera forza di quest’area appenninica.
Area protetta dal 1990, che si estende per più di 36.000 ettari risalendo
dalla valle dell’Arno fino al crinale appenninico per poi discendere in
Romagna.
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Per raggiungere San Benedetto
in Alpe dalla Versilia, si deve percorrere l'autostrada A11 Firenze
Mare fino a Firenze. Quindi immettersi sulla A1 Autosole in direzione
sud uscendo a Firenze Sud dove si deve imboccare la statale SS 67
Tosco-Romagnola in direzione di Forlì proseguendo per il Passo del
Muraglione. Proseguendo sulla statale si raggiunge il paese di San
Benedetto. Il percorso è assai lungo, pertanto
conviene partire di buon'ora. |
Le cattive abitudini apprese nel periodo pasquale si fanno
ancora sentire, sul pullman regna un silenzio inconsueto, interrotto solo
a tratti dal russare di qualcuno. Nemmeno lo scalo "tecnico" all'autogrill
di Serravalle serve a molto, ci svegliamo solo quando imbocchiamo la statale
del Muraglione; e vorrei vedere con tutte quelle curve! Qui in Appennino
la temperatura è molto diversa da quella della nostra campagna, nei campi
c'è ancora la brina, siamo contenti di avere portato lo giacche a vento,
peraltro messe nello zaino per paura della pioggia non del tutto esclusa
dalle previsioni. All'arrivo nella piazza-parcheggio di San benedetto
in Alpe ci accoglie però un bel sole e un cielo senza ombra di nuvole;
l'aria è frizzante ma si capisce subito che farà caldo. Ad attenderci
troviamo un gruppo di amici fiorentini arrivati in auto; partiamo alle
9,30, ci contiamo rapidamente: siamo in 33.
Uscendo dal parcheggio si deve attraversare il ponte,
scendere alcuni gradini che conducono verso una cappella e imboccare il
sentiero che corre lungo l'argine del Fosso Acqua Cheta, sulla sua destra
orografica. Ben presto si scorgono i segni bianco-rossi (segnavia
409). I nuovi segni si sovrappongono spesso ai vecchi , tutti comunque
indicano lo stesso percorso. Si inizia subito a salire, la salita sarà
ininterrotta fino alla massima quota raggiunta, pertanto conviene prenderla
con calma. Il sentiero è pulito e tranquillo, c'è solo molto fango ma
d'altronde siamo in Appennino in una zona dov'è caduta molta neve. Il
bosco di castagni è suggestivo, dopo poco infatti abbandoniamo la riva
del torrente per addentrarci nel bosco. Subito incontriamo le prime fioriture,
tappeti di primule, i primi bucaneve e anemoni. C'è un po' di vento e
all'ombra la temperatura si mantiene piuttosto fresca, ma appena attraversiamo
tratti assolati si capisce immediatamente che sarà una giornata tiepida,
ideale per la prima tintarella! Superato il bivio dove il sentiero lascia
l'argine per inoltrarsi nel bosco, si deve svoltare a sinistra incontrando
il primo tratto in forte ascesa. Ben presto si raggiunge una piccola frana
caduta anni addietro oramai praticamente rimarginata, la si aggira dall'alto
continuando a salire fino a raggiungere un pianoro caratterizzato da castagni
secolari.
Stranamente oggi non si lamenta nessuno, è un buon segno,
e il gruppo è unito. Alle 10,10 raggiungiamo il pianoro, località Pianarelle;
ora la temperatura è davvero piacevole, non possiamo chiedere di meglio
per un'escursione appenninica. Distratti dal panorama, il fondovalle col
torrente, e dalla fioriture sempre più sorprendenti qualcuno resta vittima
di capocciate contro alcuni tronchi che la neve ha fatto cadere sul sentiero,
quale occasione migliore per prenderci in giro! Da qui il sentiero taglia
ancora per un tratto il versante per poi inerpicarsi su uno dei crinali
del Monte Prato di Andreaccio (m. 991) mentre il castagno lascia il posto
al faggio. Questo è il tratto più ripido, rallentiamo per mantenere unito
il gruppo mentre le battute e le chiacchiere cominciano a diminuire, segno
che la fatica si fa sentire. Se possibile il bosco si fa ancora più suggestivo
mentre il panorama pian piano si apre su tutta la vallata. Improvvisamente
il bosco finisce, siamo ora su un ampio pianoro, da qui possiamo ammirare
un panorama maestoso e scorgere il Monte Falterona in lontananza, sono
le 11,25. Ora che il sole è alto comincia a fare caldo, ci fermiamo un
attimo per scattare qualche foto e per mangiare qualcosa. Il punto dove
ci troviamo costituisce la massima quota raggiunta dall'escursione, da
ora in poi è tutta pianeggiante o in discesa.
Ci incamminiamo verso le case di Pain della Posta facendo
molta attenzione perché il sentiero è agevole ma devastato dai cinghiali
che sul pianoro trovano cibo in abbondanza. Pian della Posta è situato
sulla strada mulattiera che unisce la Romagna alla Toscana, ospitava una
stazione di posta dove i viandanti potevano cambiare i cavalli. Attualmente
sono in stato di totale abbandono e quasi completamente diroccate ma,
ironia, il sentiero passa proprio attraverso l'unica porta rimasta in
piedi. Beh, in effetti aggira le costruzioni ma che uoeini saremmo se
non fossimo passati dalla porta? Dopo poco incontriamo la mulattiera che
percorriamo per pochi metri per poi deviare sul sentiero a destra, ben
evidente, che senza grandi strappi porta al grande anfiteatro erboso dove
sorgono le Case Monte di Londa (m. 937). Anch'esse sono purtroppo diroccate,
è un vero peccato perché rappresentano un importante pezzo di storia presentando
anche interessanti spunti architettonici. Sorprendenti i grandi blocchi
di arenaria, interamente scalpellati a mano, che costituiscono le cantonate
e le cornici delle finestre. Procediamo ora fino ad un bivio dove si deve
svoltare a destra, seguendo la segnaletica CAI, in direzione delle Balze
di Trafossi (m. 952). Da qui il sentiero scende decisamente raggiungendo
il Fosso Acqua Cheta che seguiremo in discesa fino a raggiungere un facile
guado su roccette di arenaria.
Siamo in tanti e alla fine una roccetta in mezzo al guado
comincia a traballare per la gioia dei fotografi che si appostano per
immortalare un bel tuffo che, disdetta, non c'è. Si giunge così sull'ampio
pianoro erboso dei Romiti che va attraversato dirigendosi verso l'altura
dove sorgono i ruderi di un antico convento benedettino costruito nel
986. I ruderi, appositamente transennati perché esiste il pericolo di
crolli, sono un altro esempio della maestria con cui veniva lavorata l'arenaria.
Ci fermiamo al sole nel piccolo prato alla sommità della collinetta, proprio
sopra il salto principale della cascata. Ora fa caldo, trovato un posto
riparato dal vento è piacevole assaporare il tepore primaverile, sono
le 12,30. Si devono ora aggirare i ruderi dall'alto portandoci sul retro
in corrispondenza di un cancello di legno dotato di un ingegnoso sistema
di chiusura automatica: un grosso sasso legato ad una corda fissata all'intelaiatura
di sostegno che col suo peso lo costringe a chiudersi. Ovviamente l'esperto
di turno si produce in mille contorsioni per superarlo prima di capire
che si apre facilmente. La mulattiera scende rapidamente verso il Fosso
Cà del Vento e il salto secondario della cascata. Ci attende un altro
guado, anche questo effettuato senza tuffi, per portarci sull'altro lato
del torrente, la sinistra orografica, dove la mulattiera prosegue conducendo
fino al paese. Ognuno vuole scattare una foto o farsi fotografare sullo
sfondo della cascata e non possono mancare alcuni sassi magistralmente
lanciati in acqua proprio mentre il gruppo è riuscito a mettersi in posa
senza bagnarsi.
Proseguiamo raggiungendo in breve un balcone
naturale dal quale appare in tutto il suo sviluppo la Cascata dell'
Acqua Cheta. Il salto di oltre 70 metri è imponente e fragoroso, si
capisce subito come possa aver ispirato il sommo poeta. Dante, infatti,
trasse profonda ispirazione proprio ammirando la cascata che gli ispirò
i versi:
Come quel fiume c'ha proprio cammino
prima del Monte Viso 'nver levante,
da la sinistra costa d'Apennino,
che si chiama Acquacheta suso, avante
che si divalli giù nel basso letto,
e a Forlì di quel nome è vacante,
rimbomba là sovra San Benedetto
de l'Alpe per cadere ad una scesa
ove dovea per mille esser recetto;
così giù d'una ripa discoscesa,
trovammo risonar quell'acqua tinta,
si che 'n poc'ora avría l'orecchia offesa.
(Inferno, Canto XVI, 94/105)
La mulattiera prosegue in discesa senza presentare più
alcun problema di orientamento essendo ben segnalata e battuta da escursionisti.
Ognuno è quindi libero di scendere al proprio ritmo seguendo la strada
che più volte si porta sulle sponde del torrente caratterizzato da brevi
salti rocciosi e da piccole e profonde piscine naturali meta di bagnanti
nel periodo estivo. Ci concediamo un'ultima sosta in un'area attrezzata
sulle sponde del torrente, oramai il paese è in vista, siamo praticamente
arrivati. Ricompattiamo il gruppo per percorrere insieme l'ultimo tratto.
Siamo al pullman alle 16 circa; ci attendono tre ore e mezzo di viaggio
ma ne vale proprio la pena, abbiamo concluso un'escursione piuttosto breve,
e facile ma di rara bellezza che merita sicuramente un viaggio così lungo.
Chi volesse ripetere il percorso in estate non deve lasciarsi spaventare
dal caldo, per la quasi totalità il sentiero è all'ombra. Unico problema
la portata del fosso Acqua Cheta che diminuisce sensibilmente; ma ci si
può consolare con un tuffo in una delle tante piscine naturali. |