Il ritorno all'ora solare segna
inevitabilmente anche la fine delle lunghe escursioni, diventa buio troppo
presto per avventurarci su itinerari impegnativi; ecco allora che inseriamo
in programma escursioni facili e non troppo lunghe, che tuttavia rivestono
sempre un notevole interesse dal punto di vista paesaggistico. L'anello
del Freddane, che sicuramente a molti sembrerà a prima vista assai banale,
è proprio una di queste: non presenta difficoltà, non è lungo ma consente
di visitare luoghi di grande interesse naturalistico e paesaggistico.
In questo periodo dell'autunno, poi, il bosco si tinge di colori assolutamente
unici.
|
L'itinerario proposto inizia
dalla località Ponte dei Merletti sulla provinciale per Castelnuovo
Garfagnana. Superata la galleria del Cipollaio si procede ancora
per alcune centinaia di metri fino ad incontrare un ponte, su un
torrente normalmente in secca, facilmente individuabile anche per
la presenza di un ampio piazzale utilizzabile quale parcheggio.
|
Un suggerimento: conviene sempre lasciare libero transito
sulle due carrarecce che partono dal punto di sosta perché sono spesso
utilizzate da mezzi meccanici adibiti al trasporto della legna e da fuoristrada.
Il ritrovo è fissato per le 8 ma nonostante l'ora di sonno in più siamo
in pochi, peccato perché è un'occasione perduta! Improvvisamente però
vediamo arrivare alcuni amici trafelati, e poi altri; in breve siamo un
bel gruppo: 23 partecipanti. Ci guardiamo sorpresi, ci conosciamo quasi
tutti ma ci sono anche alcuni volti nuovi, sono alcuni amici che ci hanno
conosciuti tramite internet e che frequentano il gruppo per la prima volta.
Ci presentiamo dandogli un caloroso benvenuto e con calma partiamo alla
volta del Cipollaio arrivando al Ponte dei Merletti alle 9, in perfetto
orario per l'attività odierna. Parcheggiamo le auto non senza qualche
fuori programma e imbocchiamo il sentiero (segnavia 129): la carrareccia
che si stacca sulla destra orografica del torrente. Fin da subito il gruppo
si allunga molto, non ci sono pericoli ne problemi di tempo perciò ognuno
può godersi la camminata come meglio vuole. L'attenzione viene comunque
subito calamitata da Piero che oggi è alla ricerca di funghi per una mostra
micologica. Più o meno tutti camminiamo guardando il sottobosco o lasciamo
il sentiero nella pressoché vana speranza di trovare qualche bel porcino,
perché è pur vero che Piero cerca ogni tipo di fungo ma noi pensiamo al
re dei mangerecci! E' comunque un bel diversivo che ci consente di apprezzare
ancora di più l'ambiente che attraversiamo risalendo lungo la riva del
torrente tra resti di vecchi manufatti e tracce della più recente attività
estrattiva. La carrareccia termina nel piazzale di carico di una cava
dimessa da dove inizia la traccia per la cresta est, un percorso molto
impegnativo che ci ripromettiamo di affrontare; oggi comunque proseguiamo
lungo il sentiero in direzione di Campanice (m.1053).
Siamo partiti molto allegri e la salita si fa ora sentire
almeno a giudicare dal silenzio che lentamente scende sul gruppo; superiamo
il bivio per il Passo di Fordazzani mantenendoci sulla sinistra. Mentre
la salita torna ad attenuarsi scorgiamo in alto la chiesetta di Campanice
ora ristrutturata, e i ruderi delle abitazioni tuttora in stato di totale
abbandono. Lo spettacolo è unico, siamo in un anfiteatro circondato dall'impervia
e affascinante cresta est del Freddone e dagli imponenti torrioni del
Monte Corchia. Basta un attimo perché ci appaia la percezione delle antiche
fatiche di chi un tempo abitava questi luoghi e ci sembra di scorgere,
al posto dei rovi, le piane coltivate e di udire le risate dei bambini.
Lo sappiamo benissimo che siamo degli inguaribili romantici ma ci piace
così, e anzi rivendichiamo tenacemente questa nostra condizione.
Percorriamo il vialetto, ancora bello e elegante nonostante
gli anni di abbandono, che attraversa ciò che resta dell'abitato per inoltrarci
nella faggeta che ci accompagnerà fino a Fociomboli dove, appena usciti
dal bosco scorgiamo subito dei fuoristrada. E' peggio di un pugno allo
stomaco ma d'altronde la civiltà del "tutto facile" impone di giungere
in auto fin dov'è possibile arrivare in barba al piacere di una camminata
nella natura, e troppo spesso in "barba alla natura"! Il sole ha scacciato
ogni residuo di fresco, ora fa caldo; ci concediamo una breve pausa per
mangiare un frutto e bere qualcosa mentre i soliti cercatori scompaiono
tra i faggi; ha piovuto abbondantemente ma il vento ha subito asciugato
la terra e di funghi se ne trovano pochi e per giunta appassiti o "sporati"
come dice l'esperto.
Pochi metri di carrareccia in salita e raggiungiamo il
piazzale di Fociomboli (m. 1231), sotto un cielo terso che rende i colori
ancora più spettacolari imbocchiamo il sentiero (segnavia 11) che
scende, percorrendo anche alcuni tratti della strada forestale verso le
case e l'oasi di Puntato (m. 1017), una conca di origine glaciale che
racchiude una zona umida di notevole interesse naturalistico. L'abitato
ora praticamente abbandonato, le case ristrutturate sono usate solo per
brevi soggiorni estivi, era un tempo un importante alpeggio. Lungo il
sentiero incontriamo una marginetta con un'iscrizione dialettale che da
sola merita una visita: "riconcia da me senza che nimo mi iutasse…dinvece
poteino, ma u nan volsuto. Corea l'anno 1982. Dedigo questa mi fadiga
n la memoria del mi fratello morto tragicamente anzitempo".
Un lungo viale di imponenti faggi conduce verso la chiesetta
e le ultime case dell'alpeggio; quanto lavoro per realizzarlo ma che meraviglia
è oggi! Abbiamo tante idee, da qui è possibile andare dove si vuole però
quel colletto dolcemente assolato è troppo invitante, abbandoniamo ogni
altro proposito lasciandoci rapire dal panorama: la cresta nord del Freddane,
il Corchia, la Pania Secca con i suoi torrioni e le sue vie di arrampicata,
poi il Sumbra e, più lontano l'Appennino. Oggi è una "scampagnata" non
abbiamo vette in programma, c'è un bel sole, fa caldo, niente di meglio
per rilassarci senza pensare. Almeno oggi gli "amici della tovaglia" non
protesteranno perché li costringiamo a ripartire troppo presto! In effetti
sono solo le 11,30 ma chi ce lo fa fare di camminare ancora! Da buon ultimo
arriva anche il nostro fungaiolo che ci informa di aver perso tempo alla
ricerca di bacche, ebbene si anche quelle servono per la mostra. Ci tratteniamo
ma poi da buoni a mici non possiamo fare altro che scoppiare in una fragorosa
risata: proprio dove ci siamo fermati c'è una grossa pianta di sorbo degli
uccellatori carica di bacche. Altro che lunga camminata per trovarle!
Alle 13,20, dopo due ore di sosta, incredibile vero? Ripartiamo.
Percorriamo a ritroso il viale di faggi fino ad incontrare
una palina con l'indicazione dell'attacco del sentiero (segnavia 128)
che imbocchiamo dirigendoci verso il Rifugio la Quiete raggiungibile in
circa 20 minuti. Il rifugio è in realtà una sorta di agriturismo poco
conosciuto in ambito locale ma molto noto all'estero tant'è che ospita
praticamente più stranieri che italiani; ottimamente ristrutturato è aperto
tutto l'anno rappresentando un ottimo punto di sosta per escursioni sia
estive che invernali. L'atmosfera da scampagnata provoca purtroppo un
malinteso e un gruppetto di partecipanti prosegue mentre il grosso della
truppa devia verso il rifugio. Poco male perché il colle dove ci fermiamo
ad attendere gli altri offre un invidiabile panorama su tutta la vallata
della Turrite Secca e un buon terreno per i funghi. E beh la mostra è
importante ma anche un buon risotto con galletti e grattacacini non è
male, se poi ci aggiungete anche qualche trombetta dei morti (lo so, lo
so che il nome trattandosi di funghi…..)è una vera leccornia! Però quanto
è lungo questo caffè per fortuna che il tempo è splendido e non c'è posto
migliore per ammirare il massiccio del Sumbra e le Marmitte dei Giganti.
Finalmente arrivano! Continuando nel
clima da allegra scampagnata scendiamo in piccoli gruppi ognuno impegnato
nei propri svaghi: chi continua a cercare funghi, chi ammira il panorama
e … le signore che fanno un gran vociare. Il sentiero non è perfettamente
pulito ma comunque agevole se non fosse per l'abbondante coltre di foglie
che lo ricopre rendendolo scivoloso. Raccomandiamo attenzione lasciando
ognuno libero di scendere del proprio passo considerando che non c'è
alcun pericolo di sbagliare strada. In mezzo al bosco scorgiamo un rudere,
ad un'occhiata più attenta si può ancora individuare la canna fumaria
del caminetto segno che era abitato tutto l'anno. Guardando meglio si
apprezzano gli ingegnosi particolari adottati per l'illuminazione dei
locali. Finestre e porte sono strette e alte con spallette molto inclinate
verso l'interno, insomma una sorta di fessura che fa entrare e diffondere
la luce ma che non lascia entrare il freddo. Continuiamo a scendere
incontrando altri ruderi testimoni della vita di un tempo. Il rombo
di una moto ci riporta al presente, ancora pochi minuti e siamo di nuovo
sulla provinciale per Castelnuovo. Un breve tratto in salita su asfalto
ci conduce alle auto e alla fine dell'escursione, sono le 15,30; un
giro facile e piuttosto breve ma ricco di interessanti attrattive che
non ha deluso nessuno.
|