Una parte importante della
nostra attività è rivestita dalle traversate appenniniche con le quali
intendiamo dare la possibilità ai partecipanti di scoprire, o riscoprire
percorrendoli, i dolci crinali di montagne così diverse dalle nostre Apuane
ma altrettanto affascinanti. Sono attività fisicamente abbastanza impegnative,
così ne programmiamo solo una o due all'anno cercando, anno dopo anno,
di unire in un ideale percorso in più tappe l'arco appenninico tosco -
emiliano - romagnolo. Quest'anno abbiamo aggiunto al mosaico la tessera
Pratospilla - Lagdei nel parco dei Cento Laghi, un itinerario peraltro
in parte già percorso in invernale. Il parco si trova nella provincia
di Parma e occupa una zona montana all'incirca compresa tra il Passo della
Cisa e il Passo del Lagastrello (vedi escursioni anni precedenti) .
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Per raggiungere Pratospilla
si consiglia di percorrere l'autostrada A15 uscendo ad Aulla seguendo
poi le indicazioni per Licciana Nardi e per il Passo del Lagastrello.
Superato l'omonimo lago si procede verso Rigoso imboccando il bivio
a sinistra, ben segnalato con le indicazioni per Pratospilla. |
La strada termina nel parcheggio degli impianti da dove
inizia la nostra escursione. Siamo in 24, un po' meno del previsto ma
comunque un bel numero; tutti baldanzosamente in tenuta estiva.
Scendiamo dal pullman accolti da una brezza tesa e fredda
che subito fa sognare pantaloni lunghi e giacche a vento, è inutile attardarsi
nel bar degli impianti, vengono escogitate le scuse più impensabili ma
gli aguzzini della situazione, pardon gli accompagnatori, intimano a tutti
di partire, sono le 8,00. Non sia mai che uno uoeino doc si lasci spronare
impunemente, partiamo tutti di gran carriera salendo di petto la ripida
pista che parte dal piazzale, così imparano! Stavolta saranno loro a sbuffare,
ben gli sta! L'itinerario inizia dal piazzale antistante l'ingresso del
bar e sono possibili due alternative. E' possibile seguire la stradina
oppure imboccare il tracciato della pista da sci come facciamo noi.In
effetti quando raggiungiamo il primo pianoro dove, a sinistra, si stacca
il sentiero (segnavia 705) abbiamo tutti il fiatone ma il freddo
è sparito. Il sentiero procede tranquillo, sempre in salita tra gli ultimi
alberi verso il Passo Giovarello per poi proseguire in cresta.
Dal passo il percorso si fa più impegnativo pur non presentando
particolari difficoltà, perciò invitiamo tutti quanti a seguire il capogita
evitando la tentazione di procedere ognuno per conto proprio. Raggiunto
il passo pieghiamo a destra seguendo ora la cresta su un sentiero sempre
ben tracciato (segnavia 00) verso il Monte Bragalata (m.1856).
Il vento che sembrava averci concesso una tregua ora torna a soffiare
impetuoso e freddo, proviene da sud-ovest perciò ci torturerà tutto il
giorno; il cielo coperto non contribuisce certo a tranquillizzarci, sappiamo
che le previsioni sono clementi ma in montagna non conviene mai fidarsi
troppo! Dagli zaini spuntano le giacche a vento, allora c'erano!, pile,
k-way, ogni indumento va bene pur di coprirsi. Il premio speciale va ancora
una volta al solito Piero che anche oggi sfoggia una tenuta assolutamente
improbabile ma va ricordato che: "se sono normali alla U.O.E.I. di Ripa
non li vogliamo". Il percorso è ora un tranquillo saliscendi mantenendosi
praticamente sempre alla stessa quota. In basso tra gli alberi scorgiamo
il Lago Verde, da dove siamo passati in invernale, ma il vero spettacolo
della natura inizia dai Laghi di Campione, un gruppo di laghetti che sembrano
spuntare dall'erba.
Più avanti scorgiamo i Laghi Sillara ancora in buona parte
ricoperti di ghiaccio a testimonianza di abbondanti e tardive nevicate.
Sul crinale ci sono ancora chiazze di neve che non perdiamo occasione
per calpestare, con qualche piccola deviazione raggiungiamo la vetta del
Monte Sillara (m.1859) alle 10,50 dove ci fermiamo per attendere alcuni
amici che erano scesi ai laghi. La stagione è ancora abbastanza fredda,
l'Appennino non si esprime ancora al meglio tuttavia le poche fioriture
presentano dei colori sgargianti rallegrando il percorso. Il vento ora
è veramente fastidioso, fa rabbrividire ma basta scendere un poco, dove
non soffia, per avvertire che il sole quando fa capolino è caldo. Sembra
di camminare in un sogno: alla sinistra aspri crinali quasi a picco sui
boschi delle vallate con la Lunigiana tutta davanti a noi, e il mare delle
Cinque Terre in lontananza. Alla destra crinali più dolci ma sassosi costellati
di mille laghi, ops "cento laghi", testimonianza evidente dell'azione
erosiva dei ghiacciai che invece non si sono mai formati sull'altro versante.
Alle 12,15 raggiungiamo la vetta sassosa del Monte Matto
(m. 1831) dove sostiamo solo per un attimo. Scendiamo ora verso il Passo
di Bardignana su un sentiero più impegnativo e sassoso perdendo rapidamente
quota, da ora in poi si deve stare attenti, pur non perdendo sensibilmente
quota si devono superare alcuni tratti sassosi in forte discesa. Un canalone
si presenta ancora innevato, la neve non è dura così è facile scalinarla
con gli scarponi, è comunque il punto più delicato di tutto il percorso
perché tra i partecipanti ci sono persone che hanno scarsa esperienza
sulla neve. Superate le prime riluttanze il tutto diventa poi assai facile
e sicuramente divertente, ci scappa anche qualche pallata di neve.
Cerchiamo un posto riparato per pranzare ma sembra proprio
un'impresa impossibile; ci fermiamo tra alcune roccette che offrono un
sufficiente riparo. Ne approfittiamo anche per far riposare un amico colpito
da crampi. Questa volta siamo divisi in due gruppetti così non possiamo
vedere, e soprattutto non possiamo assaggiare, i liquori "fatti in casa"
che Luciana porta spesso con se. Più tardi però a giudicare dai cori,
di una stonatura da urlo, capiremo che erano abbondanti! Ripartiamo alle
13,40 scendendo verso il passo per poi proseguire verso il Monte Brusa
(m. 1796) che raggiungiamo alle 14,45. Il sentiero attraversa ora piccoli
boschetti di faggi contorti dal forte vento della cresta, alcuni passaggi
sono abbastanza esposti da affrontare tuttavia con sufficiente serenità.
Raggiunto il Passo delle Guadine (m.1687), sempre procedendo in cresta,
ci dirigiamo verso la vetta del Monte Aquila (m. 1779) che superiamo senza
difficoltà. Si deve invece stare assai attenti alla discesa che si presenta
difficoltosa su un sentiero roccioso e scavato dall'acqua. Ancora pochi
metri in piano fino a raggiungere una selletta dove si deve imboccare
il sentiero (segnavia 719A) segnalato con cartelli ben evidenti.
Tagliamo in diagonale iniziando a perdere quota dirigendoci verso il crinale
che separa questa vallata da quella del Lago Santo. Ben presto raggiungiamo
un bivio dove dobbiamo piegare a sinistra, siamo ora sul sentiero (segnavia
719). Ancora circa 20 minuti di cammino ed incontriamo un altro bivio
dove dobbiamo piegare a destra sempre continuando a scendere; questo tratto
è in comune col sentiero (segnavia 723). Il sentiero è ora ampio
ma sassoso e piuttosto noioso da percorrere in discesa, il classico sentiero
spezzagambe.
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I fumi dell'alcool, perché proprio
non saprei dire altrimenti, cominciano a farsi sentire, o meglio
sono i cori che cominciano a farsi sentire. Povere orecchie, che
stonature! Meno male che nonostante tutti sostenessero di conoscere
le canzoni non andavano comunque oltre una o due strofe. Una tortura,
pardon una melodia, che si spegne solo in riva al lago quando
cerchiamo di convincere i più canori a percorrere il giro del
lago nella inconfessata speranza che un bagno nelle acque fredde
possa servire. Macché non riusciamo a convincere nessuno. Ci fermiamo
un po' a goderci il lago e un caffè al Rifugio Mariotti prima
di proseguire intenzionati a raggiungere Lagdei a piedi (segnavia
723) e successivamente (segnavia 727).
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Ma oramai è tardi, non dimentichiamo che ci attendono
almeno due ore di viaggio, così il capogita decide di scendere in funivia.
Considerato che il sentiero è sassoso e rompiscatole accettiamo di buon
grado, almeno finché non vediamo di cosa si tratta. E' una seggiovia con
i classici seggiolini monoposto comodi con gli sci ma davvero poco rassicuranti
con lo zaino. Fatichiamo un po' a trovare il volontario apripista ma poi
ci imbarchiamo tutti per un'avventura fuori programma. Per alcuni era
la prima volta e le foto all'arrivo mostrano tutta la loro disinvoltura.
Alle 16,50 siamo tutti in salvo, ops tutti al pullman e già con la testa
alla prossima escursione perché noi uoeini siamo fatti così.
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