U.O.E.I.
UNIONE OPERAIA ESCURSIONISTI ITALIANI
Sezione "Antonio Tessa" - RIPA DI VERSILIA
 

LARDERELLO - SAN GALGANO
GITA TURISITCA

Cultura e svago sono da sempre gli obiettivi che perseguiamo pensando alle gite turistiche che la nostra Sezione propone ai Soci. La nostra bella Toscana custodisce innumerevoli attrattive di rilevante importanza culturale ed è nostra ferma intenzione contribuire a farle conoscere. Larderello, frazione del comune di Pomarance sulle Colline metallifere, si trova al centro della cosiddetta Valle del diavolo così chiamata a causa del suo paesaggio caratterizzato dalla presenza di soffioni boraciferi con le caratteristiche colonne di vapori bianchi, di gigantesche torri di refrigerazione e di una rete di condutture metalliche. E' la prima meta della nostra gita che prevede la visita del Museo della Geotermia prima di proseguire per quella "perla" della Maremma che è Massa Marittima. Con un tranquillo viaggio in pullman alle 10 siamo puntuali all'ingresso per scoprire che la necessaria prenotazione non è andata a buon fine. Il solerte (?) funzionario ENEL non ha stampato, ed ha perciò bellamente dimenticato le nostre e-mail di prenotazione e conferma. Un'accesa discussione con un altro solerte (?) funzionario, e un accettabile compromesso riguardo allo svolgimento, ci consente finalmente di accedere al museo ed assistere all'interessante (130 dB), e assordante dimostrazione della potenza di un soffione.
La prima notizia storica sull'esistenza di acque calde in Etruria viene fornita da Licofrone, uno scrittore del 270 a.c. quando racconta dell'esistenza di un fiume, denominato Lynceus, che possiede acque calde medicamentose. Il fiume Lynceus fu identificato da Filippo Cluverio nella Italie Antiquate Descriptio, pubblicata nel 1626, con l'attuale fiume Cornia, che viene alimentato da sorgenti termali di acque boriche. Gli Etruschi utilizzavano i sali borici, che si depositano ai bordi dei lagoni naturali, sia per uso farmaceutico, sia per la preparazione di smalti, infatti i Vasi Sigillati del museo di Arezzo contengono del boro, che allora era possibile reperire solo in questa zona. Nel medioevo dai lagoni naturali veniva estratto lo zolfo, il vetriolo e l'allume che i mercanti volterrani vendevano in tutta Italia. Dante Alighieri ricorda queste zone ricche di lagoni bollenti nel Canzoniere e si è probabilmente immaginato l'inferno visitando queste zone; infatti la valle di Larderello viene chiamata Valle del Diavolo. In seguito alla scoperta dell'acido borico, per lo sfruttamento industriale dello stesso, il fondatore dell'industria boracifera, provvide ad una organizzazione e sociale delle fabbriche. Dal plastico visibile nel museo, che rappresenta il paese di Larderello che ha preso il nome dal suo fondatore, si vede che le case degli operai, la chiesa, la farmacia, la caserma e le attività ricreative e sociali erano insieme alle caldaie e alle attività industriali, cioè l'operaio viveva nella fabbrica. Le attività industriali di Larderello sono nate con lo sfruttamento delle acque geotermiche per la produzione di acido borico che fino ad allora era importato esclusivamente dal Tibet.
Nel 1877 De Larderel utilizzò come energia termica il calore del vapore, in sostituzione del calore fornito dalla legna per fare evaporare le acque boriche costruendo per questo scopo il lagone coperto, cioè una cupola in muratura su un lagone naturale, che ne raccoglieva il vapore e lo faceva uscire ad una pressione sufficiente ad alimentare le caldaie. La perforazione iniziò nel 1828, ed aveva lo scopo di reperire una maggiore quantità di acque boriche, solo in secondo momento si perforò per disporre di sempre maggiori quantità di vapore ad alta temperatura e pressione per produrre energia elettrica. Le prime macchine di perforazione venivano costruite nelle officine di Larderello e avevano la torre costruita in legno mentre la percussione veniva data dagli operai usando argani a mano e scalpelli a taglio che venivano girati manualmente. Solo dopo alcuni anni venne rialzato il piano di lavoro per evitare che gli operai fossero esposti ad ustioni a causa dell'acqua bollente o del vapore che fuoriusciva. L'utilizzo della forza vapore consentì di aumentare notevolmente la profondità di perforazione, ma solo a partire dal 1029 si utilizzarono le prime macchine a perforazione a rotazione e aste cave a circolazione del fango. Nel 1931 il sondaggio riuscì a raggiungere la roccia serbatoio erogando circa 220 tonnellate/ora di vapore a 200 °C denominato soffionissimo dando così impulso allo sviluppo delle attività di produzione si energia elettrica che relegarono in secondo piano le attività chimiche. Gli attuali pozzi hanno raggiunto la profondità di 5000 metri dove si incontrano temperature oltre i 400 °C che creano non pochi problemi alle attrezzature. Nel 1904 il principe Ginori-Conti riuscì a trasformare la forza vapore in energia elettrica accendendo le prime 5 lampadine e nel 1905 venne fornita energia elettrica per l'illuminazione della fabbrica e del paese di Larderello. Nle 1915 entrò in esercizio la centrale n. 1 di Larderello con due gruppi da 2570 KW di potenza. Dopo l'esplosione del soffionissimo nel 1931, iniziò il rapido sviluppo della produzione di energia elettrica grazie alla notevole potenza dei nuovi soffioni, passando da 14 MW installati nel 1933 ai 66 MW del 1939. Dopo la guerra le centrali furono ricostruite, e poiché il vapore era surriscaldato di circa 30°C oltre la curva di vaporizzazione, e quindi non incrostante, le turbine delle nuove centrali vennero alimentate direttamente dal vapore proveniente dal sottosuolo, abbandonando il sistema di alimentazione con vapore secondario. La visita si dimostra interessantissima ripagandoci dell'arrabbiatura iniziale.
La seconda méta della nostra gita è Massa Marittima libero Comune fin dal 1225, poi sottoposta al dominio senese e infine inglobata nel granducato Mediceo (1555), Massa Marittima deve la sua fortuna ad un insieme di favorevoli fattori concomitanti: la ricchezza del sottosuolo, il consolidarsi di una fiorente borghesia, l'affermarsi di un solido potere civile a fianco di quello feudale vescovile. La storia parla con i suoi reperti e i monumenti. Un'antologia di architettura romanica, gotica, rinascimentale distribuita nei terzieri della città (Borgo, Cittavecchia, Cittanova) e completata da un ben articolato sistema museale. Proprio in virtù del suo straordinario tessuto urbanistico, è stata proposta la candidatura dei centro storico di Massa Marittima nella World Heritage List dell'Unesco, l'elenco che raccoglie i beni culturali e naturali considerati patrimonio universale dell'umanità. I pochi km di strada che separano le due località attraversano una delle più suggestive e incontaminate zone della Maremma; dai finestrini è agevole vedere i funghi che nascono fin sui bordi della strada. Come resistere? Impossibile! Costringiamo l'autista a fermarsi per correre nel bosco scoprendo però ben presto che sono di specie di dubbia commestibilità. Poco importa, è comunque uno spettacolo unico che ci viene offerto, ovviamente non ne raccogliamo ma ci dedichiamo con entusiasmo a cercarli interrotti solo dai richiami dei responsabili di gita che ci ricordano che siamo attesi per il pranzo. Un po' a malincuore sebbene allettati dalla prospettiva di gustare prelibate specialità maremmane risaliamo sul pullman restando però con gli occhi incollati ai finestrini.
Dopo una interessante, ma purtroppo breve, visita della cittadina ci dirigiamo verso San Galgano, l'ultima meta della giornata. La Rotonda o Eremo di Montesiepi fu costruito subito dopo la morte del Santo sopra l'antica capanna dove San Galgano visse l'ultimo anno della Sua vita. L'Eremo fu consacrato nel 1185 dal vescovo di Volterra Ildebrando Pannocchieschi con l'imprimatur di Papa Lucio III. Il piccolo complesso è costituito della chiesa a pianta circolare interrotta solo dal piccolo abside, la cappella con gli affreschi del Lorenzzetti e il pronao d'ingresso. La copertura è realizzata da una bella cupola semisferica a fasce cromatiche alternate. All'interno dell'Eremo, al centro della Rotonda, c'è la famosa spada di San Galgano infissa da oltre 800 anni nella roccia. Per colpa o merito della stupidità umana, oggi, la spada nella Roccia, è protetta da una teca antivandalo od antistupido.
Una visita che ci proietta immediatamente in un'atmosfera di profondo misticismo lasciandoci infine sereni ed appagati a conclusione di una giornata intensa e ricca.

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