La ripresa dell’attività è
sempre un momento particolare e,ebbene si, un certo fastidio per la sveglia.
Perciò alle 7,30, ora dell’appuntamento davanti alla sezione, siamo in
pochi;saluti calorosi, si parla del più e del meno e … accipicchia!!!
In un attimo siamo diventati un gruppo numeroso: ben 27 partecipanti.
Partiamo infine dandoci appuntamento a Levanto.
Imbocchiamo l’autostrada A12 in direzione nord uscita Corrodano / Levanto
dove ricombatteremo la carovana. Da qui basta seguire le indicazioni per
Levanto e nei pressi della chiesa svoltare a sinistra per il Santuario
di Soviore dove lasceremo le macchine.
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A pochi silometri dal
paese la carovana si ferma, cosa succede qualcuno ha problemi? Boh!
Infine scende Marco con molta flemma annunciando che: o la macchina
si è guastata o è rimasta senza benzina! Ovviamente nel serbatoio
non c’è neanche una goccia di carburante; la spia della riserva?
Perché c’è anche quella? |
Poco male, trasbordo dei bagagli e si riparte tanto in
paese ci sarà un distributore aperto e una bottiglia la troveremo! Arriviamo
al santuario della Madonna di Soviore (m 370) alle 9,20, abbiamo solo
voglia di calzare gli scarponi e partire. Sorpresa! Erio non ha chiuso
la borraccia e adesso il contenuto asciutto di tre zaini non lo è più!
Arrabbiati penserete, neppure per sogno, anzi adesso abbiamo due soggetti
da prendere in giro! Percorriamo la strada che conduce al santuario, attraversiamo
il cortile fino al retro della chiesa da dove inizia il sentiero (segnavia
1) in leggera salita attraversando la parte superiore della Valle
di Suietta fino ad intercettare la carrozzabile che si deve seguire fino
a ritrovare il sentiero. La giornata è ideale, cielo terso e temperatura
gradevole se non fosse per le fastidiose folate di vento gelido che a
volte fanno rabbrividire. Una breve salita nel bosco ci conduce ad intersecare
nuovamente la carrozzabile che seguiamo per un breve tratto per riprendere,
poi il sentiero procedendo in discesa. Il panorama si annuncia grandioso.
Il percorso è ben tracciato e pulito da poco, attraversa
un tratto di collina brulla che mostra ancora i segni di un incendio:
Il terreno è costellato di muretti a secco testimoni muti delle antiche
fatiche di quando, prima che il turismo di massa portasse la sua ricchezza,
qui era tutto coltivato. Il sole oramai alto fa sudare, i maglioni ben
presto finiscono negli zaini a dispetto della tramontana. Giungendo in
vista di Vernazza il terreno si fa meno impervio e la riviera è un semicerchio
che risplende nella luce del mattino, lo sguardo abbraccia le scogliere
da Punta Mesco fino a porto venere. Meraviglioso. Quando incontriamo nuovamente
la carrozzabile si deve piegare a destra imboccando il sentiero (segnavia
8) che conude al Santuario della Madonna di Reggio. Sembra di essere
su un altro pianeta, da noi c’era la brina qui invece ci sono variopinte
fioriture e piante cariche di arance e limoni. Rallentiamo il passo,il
panorama è troppo bello; ma il territorio è così difficile da mantenere.
Si notano frequenti i lavori di manutenzione dei muretti a secco e piante
di olivo che stanno in parte sostituendo le viti nei terrazzamenti più
alti e difficili da raggiungere. Qui si produce un ottimo olio e un vino
DOC, il “Bianco
delle 5 Terre” famoso in tutto il mondo, nonché un vino liquoroso:
lo “Sciacchetrà”,
che non ha uguali. La meccanizzazione però è impossibile, il vento poi
costringe a coltivare piante bassissime col risultato di costringere ad
effettuare qualsiasi lavoro esclusivamente a mano in vigne spesso piccolissime,
anche di una decina di viti soltanto, abbarbicate su terrazzamenti quasi
a picco sul mare serviti solo in parte dalle caratteristiche monorotaie.
Alle 10,00 raggiungiamo il Santuario dell’ XI secolo dedicato alla Madonna
di Reggio, purtroppo chiuso, fermandoci per una breve sosta ad ammirare
le piante secolari, in particolare un cipresso,che ne adornano il piazzale.
Qualcuno individua una pianta di mimosa che offre un simpatico intermezzo:
il gradito omaggio di un rametto alle signore.
Ben presto ripartiamo in direzione Vernazza imboccando
il sentiero che inizia all’estremità opposta della piazza in corrispondenza
di una grotta con una fontana (segnavia 8) che ora procede decisamente
in discesa verso il paese. Il panorama di Vernazza dall’alto è veramente
unico col porticciolo, il fortino dei Doria e la torre dove nella bella
stagione è possibile pranzare. Attraversiamo dapprima vigne ben tenute
notando tante, tantissime piante di agrumi cariche di frutti e fioriture
sempre più belle. In paese ci accoglie un profumo che a quest’ora!!! D'altronde
la focaccia ligure è famosa ben oltre i confini locali. Siamo a Vernazza
alle 11,50, ci concediamo una sosta di mezz’ora per assaggiare la focaccia
e per una visita al porto. Purtroppo non è difficile scorgere qualche
scarico domestico che finisce direttamente in mare, un vero peccato.
Puntualissimi alle 12,20 imbocchiamo il sentiero (segnavia
2) che segue la linea di costa in direzione Monterosso. Da notare
che il sentiero, sempre ben tenuto e costantemente bisognoso di interventi,
è soggetto al pagamento di un pedaggio (non richiesto in questa stagione).
Inizialmente è un susseguirsi di saliscendi, ma superata Punta Lina inizia
inizia una salita che dopo Punta Molinara diventa piuttosto faticosa.
Qui il panorama è assai diverso, la vite e l’olivo lasciano il posto alla
vegetazione rivierasca, agli agrumi e alle piante grasse. Incontriamo
un gran numero di turisti quasi tutti stranieri, veramente sorprendente
vista la stagione. In prossimità di Colle Belfiore individuiamo una spianata
assolata e panoramica, sono le 13,30 e abbiamo fame. Come al solito ci
sistemiamo chi all’ombra, chi in pieno sole, chi scarta corposi panini
chi barrette energetiche, chi sonnecchia, chi non riesce a stare fermo
neanche un attimo, questo è il vero spirito uoeino.
Alle 14,10 ci rimettiamo in cammino scendendo verso Monterosso
attraverso il ripido sentiero che conduce direttamente sul lungomare.
E’ ancora presto, abbiamo tutto il tempo per visitare il paese e per una
passeggiata sul lungomare. Il vento è particolarmente forte, tanto da
far pericolosamente volare alcuni tabelloni elettorali.
Alle 15,15 riprendiamo la via del ritorno sul sentiero
(segnavia 9) che inizia alla fine del paese in corrispondenza di
un’ampia curva della carrozzabile. Siamo un po’ stanchi, è la prima uscita
e i dislivelli da superare sono comunque di una certa importanza; non
superiamo mai 400 metri di quota ma i continui saliscendi costringono
ad oltre 1000 metri di salita, non male vero! Da ora in poi è tutta salita
sulla vecchia mulattiera del Santuario, non esiste alcun pericolo così
lasciamo che ognuno segua il proprio ritmo con i più allenati che non
vedono l’ora di raggiungere Soviore per un tè caldo e ripararsi dal vento
gelido, e i meno allenati che seguono affannosamente. I limoni sono troppo
attraenti ma i proprietari hanno accortamente raccolto i frutti più vicini
alla strada lasciando in bella mostra gli altri; ogni tentativo è vano!
Quando il sentiero interseca la carrozzabile si trovano sempre cartelli
segnaletici perciò chiunque fosse interessato a ripetere anche solo il
tratto Monterosso – Soviore non incontrerà alcun problema. Arriviamo al
Santuario alle 16,25, non siamo stanchi ma decisamente infastiditi dal
vento che ora è assai forte. Rivolgiamo un ultimo sguardo al mare in tempo
per notare uno strano fenomeno prodotto dal forte vento: al largo un mulinello
alza imponenti spruzzi di acqua che assomigliano a rivoli di fumo. Ci
soffermiamo un attimo presso la Cappella di Santa Maddalena che sorge
esattamente nel luogo dove nel 740 venne rinvenuta la reliquia venerata
inizialmente nella stessa, e dal 1000 nel Santuario di Soviore poco distante.
All’arrivo deridiamo amichevolmente Erio che si è sistemato comodamente
al sole sotto il porticato ma ben presto cambiamo idea raggiungendolo,
con questo vento non basta neppure il pile.
Ci siamo tutti non resta che salutarci, darci appuntamento
alla prossima escursione complimentandoci con gli organizzatori per aver
individuato un percorso così diverso dai soliti; anche per bellezza. Dimenticavo,
il nostro marco è poi riuscito a rimettere in moto l’auto nonostante gli
sforzi di tutti quanti per metterlo in difficoltà!!
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