Marradi, il punto d’incontro
ideale tra Toscana e Romagna, ha un aspetto insolito per un paese appenninico:
sembra una via di Firenze. La piazza lascia credere di essere circondata
da una ragnatela di strade, una distesa di tetti. Invece è come una scenografia
teatrale, basta allontanarsi di cento metri ed ecco che da dietro le case
emerge una natura autentica, ricca, che domina incontrastata da tempo
immemorabile. Con i suoi servizi e le sue strutture, il paese è così il
punto d’appoggio ideale per ogni genere di escursione. Ci sono sentieri
poco battuti, che portano lontano, dove le impronte delle biciclette sono
l’unico segno di modernità.E’ possibile immergersi completamente nel verde
per scoprire “il mistero assopito della selva” risalire un pendio che
“si gonfia come un’enorme cavallone pietrificato, lasciando dietro di
sé una cavalleria di screpolature nella roccia”.Sono parole del poeta
DINO CAMPANA, che nacque a Marradi nel 1885, e amò appassionatamente questi
luoghi. Numerosi autori si sono cimentati nel descrivere le caratteristiche
delle diverse cultivar di marrone presenti nelle tipiche zone castanicole
del nostro paese, e molti di loro hanno richiamato spesso “il Marrone
di Marradi” quale esempio di elevata qualità, intesa essenzialmente come
buona pezzatura del frutto e valore organolettico della polpa.
La ragione di questi ripetuti richiami è da ascrivere al fatto che da
diversi decenni “il Marron Buono di Marradi” per opera dei castanicoltori
locali è stato sottoposto ad una continua selezione che, sebbene non sempre
sistematicamente guidata, ha portato ad una omogeneità della produzione
unica nel suo genere in Italia e forse nel mondo. A Marradi da molti anni
si produce esclusivamente “il Marron Buono” e le sue marze d’innesto hanno
varcato più volte i confini nazionali.
Non è azzardato affermare che il “Marron Buono di Marradi” è tra i migliori
che si producono in Italia e con ogni probabilità nel mondo: lo dimostra
la storia di questo prelibato frutto, che per secoli Marradi ha esportato
oltre Manica e gli inglesi hanno sempre gradito e preferito i “Chestnuts
of Marradi” ad altri.
Quando in fase di realizzazione del programma pensammo
ad una sagra, quasi subito l’attenzione cadde sulla sagra della castagna
di Marradi per la squisitezza del prodotto. Solo dopo scoprimmo il fascino
di un viaggio d’altri tempi a bordo di un vecchio treno a vapore lungo
la linea ferroviaria Faentina. Concepita a metà dell'800, la costruzione
della linea ferroviaria ‘Faentina’, che collega Faenza a Firenze lungo
la val Lamone, richiese soltanto 13 anni. I 116 kilometri furono inaugurati
il 23 aprile 1893, nel giorno delle nozze d'argento di re Umberto I e
della regina Margherita di Savoia. La linea è caratterizzata da un tracciato
tortuoso che attraversa ostacoli naturali con imponenti opere d'arte e,
scendendo nel Mugello, attraversa zone interne poco antropizzate
di grande pregio paesaggistico e ambientale. L'Appennino era stato attraversato
alla quota di 579 metri slm con una galleria lunga 3779 metri. Dopo il
1934, la costruzione della 'Direttissima' Bologna - Prato - Firenze avrebbe
declassato la Faentina che fu inoltre colpita duramente durante la seconda
Guerra Mondiale. La ricostruzione fu lenta solo dal 1957 si potè viaggiare
nuovamente sulla tratta romagnola della Faentina. Le popolazioni del Mugello
rividero invece il loro treno soltanto nel gennaio del 1999.
Il convoglio d'epoca Trenitalia che circola sul percorso è trainato dalla
locomotiva a vapore Gr. FS 625.100. Le vetture sono le classiche “centoporte”
nella livrea verde degli anni ’20, tenute in efficienza grazie all’impegno
della Direzione Territoriale Toscana di Trenitalia e alle cure dei volontari
appassionati di treni d’epoca dell’Associazione Toscana Treni Storici
- Italvapore. Per motivi tecnici, la locomotiva diesel d'epoca D342.4010
è alla testa del treno sul tratto Borgo San Lorenzo - Marradi. Alle 6,30
di domenica 22 ottobre siamo tutti puntuali alla partenza del pullman,
più che mai entusiasti, a pensarci bene più per il viaggio in treno a
vapore che per le castagne.
Ci dirigiamo alla stazione di Pontassieve per salire sul
treno partito da Firenze. Abbiamo optato per Pontassieve per evitare un’alzataccia.
In stazione la curiosità è tanta,chiediamo a tutto il personale su quale
binario arriverà ma trattandosi di un treno straordinario non sano darci
risposta. La risposta arriva ben presto da sola. Tra sbuffi di vapore,avvolto
in una nuvola di fumo arriva il “nostro” treno. E’ un’emozione grande
vedere le facce dei macchinisti sporche di fuliggine, respirare l’aria
che sa di carbone, aprire le porte di carrozze che i più hanno visto solo
nei films. I posti sono riservati e numerati ma da buoni italiani alcuni
dei nostri erano gia occupati, poco male c’è posto per tutti. Il convoglio
procede lentamente, il paesaggio che ha un aspetto diverso più a dimensione
umana, la gente che ci saluta dalle finestre e dalle auto ferme ai passaggi
a livello ci catapulta in un’altra atmosfera, quella di tanti anni fa
quando l’ossessione dell’orologio non esisteva. A Borgo San Lorenzo il
treno effettua una sosta tecnica per la tiratura della locomotiva e per
il rifornimento di acqua. E’ il momento che più attendiamo, il momento
per entrare veramente in contatto con un mondo oramai passato. Parlare
coi macchinisti che oliano la meccanica o spalano carbone, vedere quanta
acqua deve caricare o vedere le luci delle carrozze che pian piano si
spengono perché le batterie si scaricano ci fa riflettere e ci affascina.
Da ora in poi procediamo più velocemente, siamo trainati da una locomotiva
diesel perché la salita sarebbe troppo ardua per la vecchia signora a
vapore. Percorrere le numerose gallerie praticamente al buio e col fumo
che non perde occasione per penetrare nelle carrozze ha un fascino tutto
suo, che bisogna provare.
Arriviamo a Marradi alle 11,40 ed è subito musica, intrattenimenti
e castagne. Anzi marroni, o meglio Marron Buono in tutte le salse. Per
accedere all’area della sagra si deve pagare un biglietto, inusuale ma
loro si giustificano dicendo che è un contributo per la città.
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Da ora in poi ognuno è libero di gestire
il proprio tempo, appuntamento alle 16,10 alla stazione per il rientro.
C’è veramente tanta gente, a tanto affollamento corrisponde altrettanta
efficienza perciò è facile trovare posto in uno dei numerosi punti
ristoro e farci servire un delizioso pranzetto. A pranzo niente
castagne, quelle dopo! Magari caldarroste con la Cagnina, un vinello
dolce che le accompagna magnificamente. Il pomeriggio è un tripudio
di suoni e spettacoli: bande itineranti, cantanti, orchestrine,
artigianato, e… ce n’è per tutti i gusti. L’ora della partenza arriva
troppo in fretta dobbiamo quasi correre, per fortuna che il capotreno
la prende con filosofia, eh questi convogli sono proprio d’altri
tempi! Però questi sedili in legno sono un po’ duri, meglio distrarci
assaggiando quei biscottini o quei cioccolatini col ripieno di marroni,
o… |
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