Oggi con la UOEI di Ripa di
Versilia andremo in escursione su un itinerario di trekking semplice lungo la vecchia ferrovia che
per oltre quarant'anni ha collegato le Saline, nella valle del fiume Cecina,
alle porte etrusche della città di Volterra. La ferrovia non esiste più dalla
fine degli anno '50, quando ne fu decretato lo smantellamento dalle Ferrovie
dello Stato. Eppure ancora oggi, molti anziani volterrani ricordano questa
ferrovia. Ricordano gli sbalzi quando la catena della cremagliera veniva
staccata proprio prima dell'ingresso della città, ricordano i caselli posti sul
ripido tracciato, ricorda la stazione che dominava la stupenda valle del Cecina.
Questo facile itinerario tra le strane colline volterrane è un trekking pieno di
singolare nostalgia ed è il solo modo, oggi evitando l'asfalto, per salire a
piedi la Val di Cecina giungendo alla stupenda piazza dei Priori della città
etrusca di Volterra.
Chi giunge
a Saline, magari sfruttando la linea ferroviaria che prende il via da Cecina,
non può fare a meno di volgere lo sguardo sul lontano, dominante centro storico
di Volterra. La sua raccolta sagoma si erge tra balze e calanchi e pare quasi
impossibile che i convogli ferroviari, che oggi si fermano a Saline, un tempo
proseguivano salendo fin lassù, quasi 500 metri più in alto. Pare impossibile
perché le pendenze da superare non sono sicuramente quelle tipiche delle linee
ferroviarie.
a costruzione di una ferrovia che da Saline salisse a Volterra necessitava di un
attento lavoro di progettazione: se nel primo tratto, infatti, si poteva
sfruttare la valletta creata dal Borro dei Canonici mantenendosi quasi in piano,
giunti ai piedi della collina di Volterra era inevitabile far arrampicare i
convogli lungo pendenze superiori al 10%. Un dislivello che si poteva vincere
solo facendo uso di un sistema meccanico che solo da pochi anni era stato
applicato ai sistemi ferroviari e che in Toscana era presente solo nel trenino
turistico di Vallombrosa: la cremagliera. E’ questa una sorta di terzo binario
centrale dentato sul quale fa presa una ruota, dentata anch’essa, posta in
posizione centrale sul locomotore.
Quest’ultimo era progettato in maniera tale che la ruota dentata potesse essere
inserita o disinserita tramite un comando azionabile dal macchinista. A questo
punto i problemi tecnici sembravano superati e si diede quindi il via alla
realizzazione, nel 1908, dell’opera ferroviaria. Il comune di Volterra stanziò
una prima cifra che però apparve subito troppo modesta. Le spese, infatti,
lievitarono enormemente, soprattutto quando, una volta arrivati sotto Volterra,
ci si accorse che i binari dovevano compiere una curva troppo secca per giungere
al luogo su cui stava nascendo la stazione, curva non percorribile dai convogli
ferroviari. Si ricorse, così, ad una costosa variante, un cosiddetto
"regresso".
Malgrado le spese e le difficoltà tecniche la ferrovia era terminata nel 1912, e
veniva inaugurata il 12 settembre Moltissimi, nei decenni successivi, furono i
suoi passeggeri, ma anche le merci trasportate, quali legname, carbone e
alabastro. L’unico neo rimase la non elettrificazione della linea, cosa che
rendeva particolarmente dispendiosa la sua gestione. L’arrivo del trasporto su
gomma, veloce, sicuro e più economico, relegò progressivamente lo sbuffante
treno a vapore ad un ruolo di comprimario: i passeggeri diminuirono e così le
corse, fino a che, il 21 novembre 1958, la linea venne definitivamente chiusa e
smantellata.
ESCURSIONE:
Giunti a Saline abbiamo qualche difficoltà nel trovare dove parcheggiare le
auto, infatti ci troviamo circondati da
centinaia di centauri in sella alle loro moto, proprio oggi viene effettuata una
gara denominata " 100 Guadi " devo dire che tutte quelle moto con i loro potenti
rombi ci disturbano alquanto e non vediamo l'ora di allontanarci dam lì.
Ci portiamo verso il centro o meglio verso la vecchia stazione, ormai in rovina;
da qui inizia la nostra escursione. Attraversata la strada, proprio dal lato
opposto della stazione, partono i binari semi nascosti dall'erba,attenzione perchè non vi sono indicazioni di sorta; proseguiamo sui binari e sino a che vi
sono delle colture va tutto bene ma ben presto il tracciato scompare in una
folta vegetazione, tanto folta da obbligarci a uscire dal tracciato
costeggiandola su un prato, gioia per gli allergici ai pollini!!!
Per fortuna presto giungiamo a una strada sterrata, la dobbiamo attraversare ma
anche questa semplice operazione si rivela ardua. Infatti dobbiamo aspettare che
sfreccino gli assordanti motociclisti ch oltretutto alzano un polverone
infernale.
Ma eccoci finalmente sul vecchio tracciato
sullo storico tracciato ferroviario (riconoscibile perché rettilineo e
fiancheggiato da baracche in legno). Lo si segue a sinistra, lungo il suo
tranquillo percorso pianeggiante nella incisa valletta del Botro dei Canonici.
Senza problemi di orientamento si supera il primo casello della ferrovia,
purtroppo diroccato, e da qui si prosegue sempre in piano, godendosi il
circostante paesaggio, caratterizzato da singolari fenomeni erosivi noti con il
nome di "biancane". Sulla massicciata ferroviaria, qui larga e ben sistemata, si
cammina in tutta tranquillità, giungendo
velocemente ad un secondo casello. Anche questo secondo edificio, purtroppo, si
trova in un triste stato di abbandono, con rampicanti, acacie e carrubi che
hanno trovato un loro spazio sia all’esterno che all’interno della costruzione.
Era qui che il locomotore innestava la sua "terza ruota", la cremagliera,
iniziando la sbuffante salita a Volterra. Fino ad ora la massicciata
ferroviaria, della lunghezza di 3590 m, ha avuto una pendenza irrilevante,
inferiore al 25 per mille. Tenendosi diritti al bivio si continua sul tracciato
ferroviario, fiancheggiato ora da alberi ed arbusti, che si addentra tra le
colline offrendo grandi
spunti panoramici su Volterra e sulla verde campagna che circonda la cittadina.
In particolare si rimane colpiti dallo spaventoso, rossastro salto di roccia
visibile sotto le case più occidentali di Volterra: sono queste le famose Balze
che contribuiscono ad aumentare il fascino paesaggistico della cittadina pisana.
La massicciata ferroviaria, larga e con accentuata ma costante pendenza (tutto
il tratto a cremagliera, infatti, aveva una pendenza fissa del 100 per mille),
transita davanti al terzo casello (coperto dalla vegetazione) e quindi esce allo
scoperto tenendosi rialzata e fiancheggiando aperti prati. Guardandosi intorno è
facile scorgere le
macchie biancastre delle pecore al pascolo, così come è facile rendersi conto di
quanto complessa sia l’orografia di queste colline, caratterizzate
dall’alternarsi di dolci pendii prativi e di brulli e scavati calanchi. Sempre
in leggera salita si supera su un ponticello una stradella asfaltata che
fiancheggia per un certo tratto la ferrovia. Attraversata la via che conduce a
Le Guadalupe, il tracciato ferroviario inizia il largo semicerchio necessario
per giungere a San Lazzaro. E’ lungo questo che si incontra l’unico tratto in
cui la massicciata è franata. Ciò è dovuto ai quarant’anni di abbandono ma anche
ad una certa instabilità della pendice, visto che il tratto era soggetto a
smottamenti anche nel periodo in cui la linea era in funzione. Il percorso si
restringe quindi a sentiero e, per pochi metri, la traccia divine disagevole.
Trascurando i sentieri sulla destra che scendono verso i nuovi palazzi di San
Lazzaro, si giunge quindi al punto in cui il treno faceva manovra, il cosiddetto
"regresso".
Qui si va a sinistra e così facendo, poco dopo, si arriva alla ex stazione di
Volterra, ancora intatta, con la sua sobria struttura rettangolare, la bianca
scritta un po' scolorita
ma perfettamente leggibile, i giardinetti circostanti con le comode panchine.
Qui si conclude il percorso sulla storica linea ferroviaria ma noi continuiamo
la giornata con la visita alla bella città di Volterra, prima, però dietro forti
insistenze troviamo un angolino dove pranzare.
Entriamo da Porta a Selci,
l'attuale porta, a semplice arco a tutto sesto, fu costruita nel
XVI sec. in sostituzione della più antica, detta anche del Sole, rimasta
interrata per gli ampliamenti della Rocca Vecchia nel XV sec.. Da porta a Selci
si diramavano le strade verso il territorio Senese.
Ed ci inoltriamo nella storia.
Volterra,
UN PO’ DI STORIA ….
Centro di cultura villanoviana nel periodo che va dal IX al VII secolo a. C.,
l’antica Velathri divenne, nel periodo Etrusco, capoluogo di una delle dodici
Lucumonie, cingendosi di possenti mura fin dal V secolo a.C. ed estendendosi
sulla collina su un’area ben più vasta della attuale. Le mura e la splendida
posizione di dominio resero la cittadina facilmente difendibile, cosa
testimoniata dal fatto che fu l’ultimo centro etrusco a dover subire il dominio
militare e culturale romano. Nel V secolo Volterra fu importante sede vescovile
e l’influenza dei vescovi si protrasse per alcuni secoli, fino al consolidamento
della cittadina come libero Comune. E’ in questo periodo che furono costruiti
i principali edifici pubblici e l’ultima delle cinte murarie, periodo, per
altro, caratterizzato anche dalle lotte tra le famiglie guelfe e quelle
ghibelline. Fu questa divisione interna a favorire l’avvento della
dominazione dei fiorentini, che ne fecero un centro militarmente importante
nelle lotte con Siena. I Medici vollero anche potenziarne le strutture
difensive costruendo la Fortezza, che diverrà un elemento assai appariscente
della struttura urbanistica della cittadina. Struttura che, ai giorni nostri,
presenta evidenti segni di tutti i periodi storici rendendo Volterra un vero e
proprio museo all’aria aperta. Le mura e le porte del periodo etrusco, la zona
archeologica con il Teatro e il Foro romano, il Palazzo dei Priori, il Palazzo
Pretorio, la Cattedrale, il Battistero e le mura del periodo comunale. Sono
inoltre più di 20 secoli che a Volterra si lavora l’alabastro statuario, il
bianco e traslucido materiale utilizzato per primo dagli etruschi per la
produzione di urne cinerarie decorate, bassorilievi e statue di ogni genere.
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Godiamo di tante bellezze e poi ci portiamo fuori la città verso le antiche mura
etrusche, andiamo pe ammirare i calanchi ma purtroppo li possiamo veder solo
marginalmente, poi ci portiamo alla chiesa di San Giusto, Grandiosa
chiesa, che sorge in cima ad un inclinato piano erboso, tra due filari di
cipressi: fu iniziata nel 1627 in sostituzione dell'altra crollata
inesorabilmente per l'avanzare delle Balze, dall'architetto fiorentino Giovanni
Coccapani, eseguita dal volterrano Lodovico Incontri, fu consacrata nel 1775.
All'interno sobria architettura ad un'unica navata sono da segnalare una tela di
Cosimo Daddi, raffigurante La visita di Santa Elisabetta, una tela di
Giandomenico Ferretti, eseguita nel 1743, con San Francesco Saverio che predica
nelle Indie, una piccola tavola, parte centrale di un polittico di Neri di Bicci
del XV sec., e nell'oratorio della Compagnia, l'affresco del volterrano
Baldassarre Franceschini raffigurante Elia dormiente.
Lo Gnomone. Davanti all'ingresso
dell'oratorio si trova un interessante orologio solare progettato dal volterrano
Giovanni Inghirami nel 1801: la luce, penetrando da un foro gnomico praticato
nella cupoletta di incrocio del transetto e proiettando il raggio solare su una
linea meridiana di marmo bianco, segnata sul pavimento, indica per tutto il
corso dell'anno le ore 12, e non ha mai sbagliato una volta!! Nelle sue
vicinanze vi sono due tombe etrusche e andiamo a vistarle. Alcuni di noi che non
hanno ancora molto allenamento iniziano a d accusare la stanchezza e decidiamo di
ritornare a Saline con mezzi pubblici che purtroppo la domenica sono quasi del
tutto inesistenti. Nel frattempo il celo inizia a farsi plumbeo e da lì a breve
si aprono le cataratte, troviamo riparo sotto una pensilina del pullman
dove, provvidenzialmente c'è un adesivo che pubblicizza una compagnia di taxi,
decidiamo di chiamare e di li a breve arriva un taxi pulmino che ci porta a
recuperare le auto a Saline. Meno male che il fortunale non ci ha beccato lungo
la strada altrimenti penso che saremmo affogati tanta acqua scendeva giù. Bè
comunque l'escursione l'abbiamo effettuata lo stesso; cosa dire di questa
uscita? Sicuramente fuori dagli ambienti che normalmente frequentiamo,
altrettanto vero è che abbiamo visitato luoghi che danno un senso di
tranquillità e pace: dolci colline e fattorie isolate in mezzo a campagne che in
questo periodo sono vivacemente colorate dalla natura in mille sfumature diverse
e poi molto interessante anche il tuffo nella storia nella città di Volterra.
Ogni tanto è bello anche variare e scoprire nuovi luoghi, la UOEI di Ripa
di Versilia offre questo e molto altro ancora.
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