U.O.E.I.
UNIONE OPERAIA ESCURSIONISTI ITALIANI
Sezione "Antonio Tessa" - RIPA DI VERSILIA
 

11/ dicembre 2011
Gita e pranzo sociale ad Arezzo

 

 La scelta per quest'anno è caduta su una delle più belle città della Toscana, Arezzo. Città ricca di storia e tesori artistici di rara bellezza.
Arezzo è una città straordinariamente antica, ha la stessa età di Ninive o di Assur e nei millenni è stata sempre un centro importante.
Arezzo ebbe come prime popolazioni genti villanoviane che sono state assimilate da nuovi popoli:Umbri, Etruschi, Romani, Longobardi , Ostrogoti, Franchi che portarono nuova linfa e occasione di crescita per la città, sia per le attività economiche che artistiche.
Quello che di male non fecero le invasioni, riuscì a farlo Cosimo I de Medici che, distruggendo il centro storico della città, arrecò ad Arezzo ed alla storia di Arezzo un colpo mortale.
Arezzo fu libero Comune già poco dopo l'anno 1000 e rimase Libero Comune per molti secoli, nonostante le lotte fra Guelfi e Ghibellini.
Nel sec. XIX le sorti di Arezzo furono legate a quelle di Firenze e del Granducato di Toscana, fino all’annessione al Regno dl Vittorio Emanuele II.
Eccoci come ogni anno riuniti sia i soci escursionisti che quelli che prediligono il turismo gastronomico culturale e perché no! anche enologico. Partiamo dalla sezione a Ripa di Versilia in due pullman, purtroppo l'espediente di spostare la gita in dicembre perchè in novembre piove sempre fallisce, infatti alla partenza già una fitta pioggerella ci accompagna.
Comunque dopo circa due ore e mezza giungiamo alla nostra meta.
Appena giunti alle porte della città ci attendono le nostre guide, che ci accompagneranno durante la visita ai maggiori monumenti.
Ora cercherò di riportare le informazioni che ci vengono date sulla città.
Iniziamo la visita entrando da un porta di possenti mura
che  cingono tutta la città che sono una prosecuzione di quelle etrusco-romane.Arezzo(“Arretium”) infatti era stata dapprima un importante centro etrusco arroccato tra la Pieve, il Duomo e la fortezza, poi una città romana con l’abitato che si era espanso verso la pianura prolungando le mura originarie. Dopo la sottomissione a Firenze, contro la quale tentò ben quattro volte di insorgere, ottenne da Cosimo I il rifacimento della fortezza e una nuova cinta di mura, abbattute verso il 1870.
Proseguiamo poi per la
basilica di San Domenico  Ottimo esempio di gotico  del XIII secolo, la basilica di San Domenico fu iniziata nel 1275 e terminata all’inizio del Trecento. Essa domina il fondale in leggera pendenza della piazza omonima, e rappresenta uno dei punti più suggestivi di Arezzo: vi si accede con facilità dal lato Nord delle mura. Nel corso dei secoli, l’edificio è stato più volte modificato e restaurato.
La facciata è caratterizzata da un bel portale romanico; il pronao (
Il prònao o prodromo è una parte del tempio greco e romano, costituita dallo spazio davanti alla cella templare.Il termine deriva dal latino pronàon, a sua volta derivato dal greco Πρòναος, propriamente "posto davanti (pró) al tempio (naós)  ) è stato rifatto nel Novecento. Al campanile a vela sono appese due campane trecentesche.
L’interno, ad una sola navata con tetto a capriate, è decorato con affreschi del Trecento e Quattrocento, opera di artisti aretini e senesi. Sull’altar maggiore spicca il meraviglioso Crocifisso
, capolavoro giovanile di Cimabue (1265 ca.). Alla parete destra, la cappella Dragondelli (1370) rappresenta l’unico residuo delle originarie edicole, sostituite nel Cinquecento con grandi altari. Nella cappella absidale di sinistra, si può ammirare l’affresco Madonna col Bambino, di Angelo Lorentino A sinistra della chiesa si apre l’ingresso al convento, che ospitò - nel Medioevo - lo Studium aretino.
Proseguiamo per la piazza della Libertà posta su di una collina
 del centro storico, la cosiddetta “zona del potere”. Infatti in questa piazza sorgono il Duomo, il Palazzo dei Priori costruito nella prima metà del Trecento, l’edificio ha sempre ospitato le massime magistrature di Arezzo: attualmente è sede del Municipio e il palazzo della provincia; un edificio composito, che deriva dall’unione di palazzi pubblici e di abitazioni private esistenti in Via Ricasoli e in Via dell’Orto. La trasformazione della zona e degli edifici interessati è stata avviata alla metà dell’Ottocento e si è conclusa dopo la prima guerra mondiale.
La visita prosegue all'interno del duomo dedicato a San Donato e a San Pietro Maggiore, la Cattedrale di Arezzo è un’imponente costruzione gotica che sorge sulla sommità di una collina e domina dall’alto tutta la città. La sua costruzione fu voluta dal vescovo Guglielmo degli Ubertini ed avviata verso la fine del Duecento, ma la costruzione ebbe vita travagliata: i lavori, spesso interrotti, terminarono solo nei primi anni del Cinquecento.
La facciata rimase incompiuta per secoli e fu realizzata in stile neogotico all’inizio del Novecento. Il portale romano-gotico del lato destro risale al Trecento ed è fiancheggiato da due tronconi di colonna in porfido, resti di un edificio preesistente, probabilmente romano; nella lunetta si nota un bel gruppo trecentesco in cocciopesto, che rappresenta una Madonna con Bambino, tra S. Donato e Gregorio X. A fianco dell'abside poligonale è stato eretto il campanile, verso la metà dell'Ottocento.
L'interno è diviso a tre navate, divise da alti pilastri a fascio in vari stili, che con gli archi ogivali conferiscono alla struttura un notevole slancio in altezza. Stupende le vetrate a colori, in gran parte opera cinquecentesca di Guglielmo de Marcillat, che illuminano le opere ivi conservate. Nella navata destra, spiccano il sepolcro gotico di Gregorio X, che risale al Trecento, e la Cappella Tarlati del 1334; sopra l'altar maggiore s’alza l'Arca di S. Donato, opera trecentesca di più artisti aretini, senesi e fiorentini. Nella navata sinistra si trovano il prezioso affresco di Piero della Francesca raffigurante la Maddalena (dipinto intorno al 1465) e il Cenotafio di Guido Tarlati del 1330. Di notevole interesse è anche l'ampia cappella della Madonna del Conforto, opera dell'ultimo Settecento che contiene terrecotte robbiane.
Ci spostiamo poi in Via Dell'Orto già appellata così nel Trecento, si trova nel cuore del centro storico di Arezzo a poche decine di metri dalle sedi del potere locale, dove è ubicata la presunta casa del poeta Francesco Petrarca (1304-1374), il primo grande poeta lirico della nostra letteratura, è considerato uno dei “padri fondatori” della lingua italiana. La sua opera principale, ancora vitale per linguaggio e sentimenti, è il Canzoniere: più di trecento poesie, in prevalenza sonetti, dedicate a Laura, la donna amata.
L'attuale costruzione di Borgo dell'Orto è stata eretta nel Cinquecento, sui resti di un edificio medioevale, per l'appunto tradizionalmente ritenuto  casa natale del poeta. In effetti, più volte il Petrarca dichiara di essere nato ad Arezzo: in una sua epistola, precisa anche che, tornando da Roma dopo il giubileo del 1350, si fermò ad Arezzo, dove i concittadini gli fecero festosa accoglienza e lo condussero a vedere la sua casa natale, che le autorità cittadine avevano vietato di modificare.
L'edificio fu per molti anni dimora privata, poi divenne sede della Questura di Arezzo, e tale rimase fino al 1926, anno in cui fu restaurato. Attualmente, esso ospita la prestigiosa Accademia Petrarca di Lettere Arti e scienze, e conserva una ricca biblioteca, il cui nucleo è costituito dal fondo donato da Francesco Redi, con incunaboli e preziose edizioni antiquarie, nonché una preziosa quadreria di valore. L'Accademia dispone anche di una bella collezione di monete di varie epoche.
Di fronte alla casa del Petrarca troviamo il Pozzo di Tofano, accennato nel Decamerone di Boccaccio. La leggenda narra che ad Arezzo un bel giovane di nome Tofano che era molto geloso della moglie, la quale non sopportava la sua gelosia e decise di andare con altro uomo, e puntualmente tutte le sere la donna andava da quest'uomo, ubriacando il marito affinché questi non si accorgesse del fatto. Una giorno il marito, capendo qualcosa, finse di ubriacarsi e quando la donna andò a casa dell'amante, la chiuse fuori e al suo ritorno non la faceva entrare. Cosicchè la donna, al ritorno trovandosi fuori casa, minacciò di buttarsi dentro al pozzo così la gente avrebbe creduto che l'avesse buttata lui mentre era ubriaco, allora la donna prese una grande pietra e la gettò nel pozzo, questa fece un grande tonfo e fece credere al marito che la donna si fosse suicidata e di corsa, lui impaurito, uscì a salvarla, ma ella si era nascosta dietro la porta. Tra i due ci fu riconciliazione e il marito preso da grande spavento le promise che da allora in poi non sarebbe più stato geloso.
Ci portiamo in corso Italia dove visitiamo la  la chiesa di Santa Maria della Pieve risalente al XII-XIII secolo, rappresenta  è un magnifico esempio di architettura romanica: certamente è una delle più grandi e suggestive pievi romaniche della Toscana. L’imponente edificio fu costruito sui resti di un tempio preesistente che risaliva alla fine del X secolo: di questo tempio è rimasta qualche traccia in uno dei portali della Pieve.
L’elegante e maestosa facciata a colonnato presenta sicure influenze pisane-lucchesi: è ripartita in basso da cinque arcate cieche e superiormente vivacizzata da tre loggiati sovrapposti, ai quali le differenze di spaziatura, altezza e diametro delle colonne conferiscono dinamicità e leggerezza. Della facciata fanno parte la lunetta con un bassorilievo raffigurante la Madonna Coronata e due angeli, nonché lo straordinario ciclo dei dodici Mesi, capolavoro della scultura medievale. Lo sviluppo segnatamente orizzontale della facciata contrasta con il verticalismo del campanile, detto “dalle cento buche” per le numerose bifore che ne alleggeriscono la struttura.
L'interno è a tre navate, concluse da un’unica abside, e presenta colonnati ed arcate leggermente ogivali, che preludono al gotico. Sopra l’altar maggiore si può ammirare una delle più raffinate testimonianze dell’arte senese in terra aretina: lo stupendo polittico (Madonna col Bambino, Annunciazione, Assunta) dipinto nel 1320 da Pietro Lorenzetti per il vescovo Guido Tarlati. Altre opere notevoli sono: la duecentesca Croce lignea di Margarito; l'affresco dei Santi Francesco e Domenico, di scuola giottesca del primo Trecento, e - nella Cappella del Sacramento - il trecentesco busto-reliquiario del vescovo Donato, patrono di Arezzo.
Ci portiamo ora in via Cavour e dopo che le signore hanno ben scuriosato sui bei negozi arriviamo in piazza San rancesco dove c'è la Basilica di San Francesco. L’edificio risale alla seconda metà del Duecento, ma il suo aspetto attuale deriva dal rifacimento trecentesco, condotto in stile gotico toscano e chiaramente ispirato a criteri di semplicità estetica di derivazione francescana. Gli ultimi restauri risalgono all’inizio del Novecento.
L’edificio è costruito in pietre e mattoni; del progettato rivestimento della facciata in pietrame scolpito, resta solo il basamento della fine del XV secolo. Il campanile risale al Cinquecento. Laboriosi restauri hanno pressoché restituito alla primitiva semplicità il grandioso interno ad unica navata, fiancheggiata a destra da edicole con ornamenti trecenteschi e rinascimentali e a sinistra da sobrie cappelle ogivali. Ma l’attenzione è attratta soprattutto dalle affascinanti scene della Leggenda della Vera Croce, dipinte da Piero della Francesca sulle pareti della cappella maggiore (abside) tra il 1453 ed il 1464. Le raffigurazioni si ispirano alla "Legenda Aurea" di Jacopo da Varagine, un testo in lingua volgare del 1200, le cui storie di santi e martiri, insieme alle pagine dedicate alle principali feste cristiane, hanno fornito un repertorio di storie e di materiali iconografici che hanno inspirato, durante il Medioevo e il Rinascimento, sia la stesura di sermoni e poemi, sia la realizzazione degli apparati decorativi di molte chiese. I lavori nella cappella proseguirono fino oltre il 1460 e portarono alla creazione di un ciclo pittorico articolato in dodici affreschi, organizzati su quattro livelli sovrapposti. La vicenda narrata, partendo con "La morte di Adamo" nel lunettone di destra, termina con "L'Annunciazione" nella parete centrale, seguendo un ordine che non coincide con quello di realizzazione dei dipinti, eseguiti da sinistra a destra e dall'alto verso il basso.
Sempre all’interno della basilica, si ammirano le vetrate del Marcillat, tele ed affreschi di Spinello ed altre opere di pregio, tra cui un grande Crocifisso dipinto da un contemporaneo di Cimabue e - nell’ultima cappella laterale a sinistra - il monumento funebre al giureconsulto Roselli, della prima metà del Quattrocento.
Al piano sottostante si estende, divisa in tre navate, la Chiesa inferiore, ripristinata nel corso degli ultimi decenni ed utilizzata come suggestiva sala espositiva.
Il tempo a nostra disposizione per le visite ai monumenti stà finendo e non ci resta che visitare un'ultima chiesa " la Badia ": chiesa delle Sante Flora e Lucilla.
Eretta dai monaci benedettini nel XIII secolo e dedicata alle sante Flora e Lucilla, la chiesa si apre sull’omonima piazza della Badia, sede delle Poste granducali dal Seicento all’Ottocento inoltrato. Alla metà del Cinquecento l’edificio è stato completamente ristrutturato, in stile rinascimentale, su progetto del Vasari.
L’attuale facciata è il risultato di un discusso restauro del primo Novecento, ispirato a moduli romanico-gotici; originali, invece, sono la grande bifora, parte del portale e della fiancata su Via Cavour. Il caratteristico campanile ottagonale risale al 1650.
L’interno, in stile manieristico, rivela la mano del Vasari. Sopra il presbiterio, si può ammirare la cupola principale, finta prospettiva dipinta su tela da Andrea Pozzo nel 1702. Un restauro successivo ha messo in risalto la grande maestria del pittore, che ha saputo creare un eccezionale effetto illusionistico "fra i più riusciti e meglio conservati di tutto il Settecento italiano". In effetti, il Pozzo aveva dipinto altre due cupole simili, una per la chiesa di S. Ignazio a Roma, e una per la chiesa Universitaria di Vienna.
Di notevole interesse, a sinistra dell’ingresso, l’affresco di Bartolomeo della Gatta raffigurante San Lorenzo (1476); a destra un grandioso Crocifisso, dipinto su tavola da Segna di Bonaventura (1319); vicino al monumentale altare maggiore in legno, originariamente progettato dal Vasari per la Pieve di Santa Maria, si trova un ciborio marmoreo attribuito a Benedetto da Maiano.
La nostra guida ci conduce infine in Piazza Grande, dove terminerà la visita guidata.
La Piazza Grande di Arezzo, conosciuta anche come piazza Vasari, è una delle più belle piazze da visitare in Toscana. Famosa per essere sede dell'antica Giostra del Saracino.
Manifestazione di rievocazione storica ha origini nell'epoca delle crociate. Durante la giornata si sfidano i rappresentanti dei quattro cantoni aretini. La manifestazione ha ufficialmente inizio dopo la lettura del proclama da parte dell'araldo con una sfilata in costume che vede coinvolti più di trecento figuranti. Il corteo raggiunge Piazza Grande e qui sono schierati i cavalieri rappresentanti dei quartieri della città: la giostra del Saraceno può avere inizio! Il Buratto è già al centro della piazza ad aspettare che i cavalieri inizino a giostrare. Li attende, immobile, nella sua forma di legno rappresentante un Saraceno. In mano ha uno scudo ( su cui sono segnati i vari punteggi che i cavalieri possono totalizzare andando a colpire i diversi punti) e nell'altra il mazzafrusto, che i cavalieri devono evitare abilmente. In palio al vincitore la lancia d'oro, ambito trofeo che resterà al miglior giostrante per un intero anno.

La piazza è caratterizzata da un aspetto irregolare e al tempo stesso straordinariamente armonico. Essa infatti è adattata su un piano inclinato con un dislivello di circa 10 metri tra il punto più alto e quello più basso. Anticamente il lato nord si estendeva oltre le splendide Logge del Vasari, costruite in epoca tardo-rinascimentale.
A settentrione si scorgevano a destra il Palazzo del Comune e a sinistra quello del Popolo. Nel Duecento
Piazza Grande divenne il centro della vita cittadina di Arezzo: politica, mercantile e militare e fino alla metà del XIII secolo anche religiosa. Il palazzo del Vescovo si trovava infatti tra Via Pescaia, Via Seteria ed il Corso, e la Pieve romanica di Santa Maria era la chiesa aretina più importante. Nel 1277 iniziò la costruzione del Duomo che avrebbe assunto poi il primato di edificio religioso più grande e bello della città.
Oltre alla Pieve, sul lato Ovest di Piazza Grande si trovano il
Palazzo del Tribunale e quello della Fraternita dei Laici, che visiteremo nel pomeriggio, nata nel 1262 per volontà di un gruppo di aretini guidati da padri domenicani. Il piano inferiore del Palazzo della Fraternita presenta una facciata in stile gotico, realizzata intorno al 1375 dai tagliatori di pietra fiorentini Baldino di Cino e Niccolò di Francesco. Dopo un periodo di arresto la meravigliosa facciata dell'edificio fu completata nel 1433 sotto la direzione del Rossellino. La Pietà (1395) dipinta sulla lunetta del portale è di Spinello. Sul lato nord della Piazza si ammira il maestoso Palazzo delle Logge progettato da Vasari nel 1573. Sul lato nord è presente anche una copia dell'antico “petrone” del Comune, la colonna a cui erano appesi i bandi pubblici.
Palazzi e case medievali chiudono il lato est ed il lato sud di
Piazza Grande. Degni di nota sono Palazzo Làppoli, restaurato tra il 1929 e il '30 (come testimonia il “fascio” nella lunetta dell'ultima finestra) ad est ed il Palazzo-torre dei Còfani a sud.
Ma ora appagata la fame di cultura ci rimane la fame fisica e a quest'ora si fa sentire, quindi ci portiamo al vicino ristorante  " La Curia"
Da Piazza Grande ci portiamo in via Pescaia a pochi passi troviamo il nostro ristorante
tra le antiche mura del 1200 proprio davanti ad una splendida fontana.
Non vediamo di appagare anche questa fame e subito veniamo accontentati con antipasto e a seguire pappardelle al sugo di cinghiale e ravioli al tartufo, tagliata con insalata, dolce e caffè e ammazza caffè.
Bè anche questa fame di sapere culinario è stata ben appagata e adesso non ci resta che fare due passi, ma il tempo non è molto clemente e allora decidiamo, almeno un gruppo, di andare a visitare il palazzo della
 Fraternita dei Laici.
La Fraternita di Santa Maria della Misericordia detta dei Laici vanta 750 anni di storia costellata di eventi importanti e determinanti per lo sviluppo della città di Arezzo, come in passato, priorità assoluta è l'attivita' assistenziale che l'ente ha svolto con costanza e con impegno.
Non meno significativo e' il ruolo che ha avuto e che vuole avere tutt'oggi nella realizzazione di imprese culturali, con l'intento di conservare e rendere fruibile il proprio patrimonio artistico.

Il palazzo, affittato dal 1786 al Tribunale allora detto della Ruota Civile, ha avuto varie fasi di costruzione, partendo da quella gotica (1375-1377); il secondo momento è quello rinascimentale (1433-1460), documentato dalla lunetta del portale con la Madonna della Misericordia di Bernardo Rossellino (1435). Il coronamento della facciata fu realizzato su progetto di Giorgio Vasari nel 1552. Cinquecentesco è anche l'orologio costruito da Felice da Fossato che nella nostra visita abbiamo avuto la fortuna di assistere alla carica e così ammirare l'ingegnoso meccanismo che regola la misurazione del tempo.
 La Fraternita dei Laici fu fondata nel 1262 con il nome ufficiale di Fraternita di Santa Maria della Misericordia, grazie alla volontà di un gruppo di persone dirette dai padri domenicani e desiderose di aiutare i poveri e gli infermi. A seguito di lasciti e donazioni la Fraternita ha svolto grandi imprese per la città, compreso il pagamento delle logge progettate da Giorgio Vasari.
Terminata la visita abbiamo ancora il tempo per fare due passi per le vie del centro storico,visto che ha smesso di piovere! Chi sa come ma le nostre signore hanno un fiuto infallibile per scovare bancarelle e negozzi e infatti ci sorbiamo la processione davanti a vetrine e immancabilmente finiamo in uno dei tanti mercatini di Natale e certo qualcosa bisogna
acquistare!!
Per fortuna veniamo chiamati per telefono che è ora di riprendere la via di casa altrimenti si rischia di aumentare l'economia della zona in modo eccessivo!
Ed eccoci ai pullman, affrontiamo il viaggio di ritorno con belle sensazioni dopo aver visto tante belle cose.
E anche per quest'anno abbiamo terminato il nostro programma sempre interessante e ricco di iniziative che accontentano i cultori della montagna e quelli della cultura andando a cercare anche centri che non sempre sono nei circuiti turistici e per questo per certi versi ancora più affascinanti. La conferma ci viene data come sempre dalla partecipazione dei nostri soci alle varie attività rimarcando il grado di gradimento tanto che al ritorno da questa gita già molti si informavano sulle prossime iniziative per l'anno prossimo ma non abbiamo voluto svelare troppo e rimandato il tutto alla serata augurale che come ogni anno ci vede riuniti per ripercorrere, con la proiezione di foto, le varie attività svolte e per scambiarci amichevolmente gli auguri di buon Natale e felice anno nuovo. Auguri che già da quì esprimo a tutti quelli che ci seguono
da queste pagine internet.

 

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