
Foto
escursione
Altre foto di Erio Forli

Commenta l'Escursione |
Tra queste splendide opere d'arte della natura, quali sono le
Dolomiti, non vanno cercati records o exploits. E' il terreno più
adatto, anzi sembra fatto appositamente, per il bergvagabunden,
il vagabondaggio tra le montagne, per dimenticare orari, automobili,
lavoro e civiltà.
Si toccano rifugi famosissimi che tra metà luglio e metà agosto sono
frequentatissimi, spesso sovraffollati, questo a volte può dar fastidio
e creare qualche problema ai tipi più solitari, tuttavia l'ambiente
tutt'attorno ripaga ampiamente di tutto e di tutte le fatiche. Come
detto si attraversa, nel suo cuore, la regione dolomitica che offre
spettacoli davvero mozzafiato.
Per gli amanti dei luoghi solitari alcune alte vie o anelli offrono anche
solitudine ed impegno. I percorsi, tuttavia, sono quasi sempre facili ed
adatti a tutti. Solo le varianti o la salita alle cime o l'affrontare le
ferrate richiedono preparazione tecnica ed attrezzatura.
Non mi soffermo, cosa perfettamente inutile, su descrizione di
materiali, su tecniche di camminata, su consigli alimentari, su consigli
di allenamento o simili. La camminata in Dolomiti è sempre di tipo
'discontinuo', nel senso che alterna continuamente situazioni, salite,
discese, passaggi rocciosi di tutti i tipi. Spesso si incontrano strappi
molto ripidi o addirittura faticosissimi e sfiancanti ghiaioni. La quota
non è mai un problema, più problematico il clima. Bisogna essere
preparati ad affrontare sole e temperature da deserto (come ad esempio
terribili ghiaioni nei versanti sud) e, magari pochi passi dopo, gelo,
neve, vento.
Va tenuto sempre in debita considerazione l'evoluzione del tempo. Quasi
matematici sono i violenti temporali estivi pomeridiani, che lasciano
poi il posto a tramonti che sono la vera magia dei 'Monti Pallidi'.
Partire prestissimo il mattino è sempre il consiglio più raccomandabile.
Con queste descrizioni e una buona cartina escursionistica si dovrebbe
essere in grado di percorrere l'itinerario senza problemi (di
orientamento...). E' quello che mi auguro, e auguro, con questo lavoro.
E' questa la prima, la più frequentata e la più famosa
tra tutte le alte vie dolomitiche, delle quali è un po' il prototipo.
Si taglia, in senso verticale circa nella sua metà, la regione
dolomitica passando al cospetto, e volendo anche salendovi, dei più
importanti e famosi gruppi dolomitici.
Prevalentemente l'alta via viene percorsa da nord a sud, dal lago di
Braies a Belluno, ma nulla vieta il percorso opposto, anche se meno
logico.
Si toccano rifugi famosissimi che tra metà luglio e metà agosto sono
frequentatissimi, spesso sovraffollati, questo a volte può dar fastidio
e creare qualche problema ai tipi più solitari, tuttavia l'ambiente
tutt'attorno ripaga ampiamente di tutto e di tutte le fatiche.
Come detto si attraversa, nel suo cuore, la regione dolomitica che offre
spettacoli davvero mozzafiato.
Per gli amanti dei luoghi solitari altre alte vie o anelli, tutti più
impegnativi di questa, offrono anche solitudine ed impegno.
E' un susseguirsi continuo di emozioni.
Ogni luogo merita già da solo l'escursione, ma basta citare solamente il
Nuvolao, il Pelmo e la Civetta per provare che queste sono le montagne
più belle al mondo.
RELAZIONE ESCURSIONE
Eccoci all'annuale escursione di tre giorni
e per quest'anno la scelta è caduta sulle splendide Dolomiti: " i monti
Pallidi"
patrimonio dell'umanità.
Siamo in un bel numero: sedici escursionisti e ben 28 turisti, infatti
questa gita viene abbinata con i soci che privilegiano la vista a
monumenti e musei.
Partiamo di buon ora, alle ore 06,00 alla volta di Belluno.
Una volta giunti proseguiamo, poi, seguendo la strada
statale 51 d'Alemagna e raggiungiamo Cortina D'Ampezzo, infine
proseguiamo lungo la Statale 48 delle Dolomiti, fino al Passo Falzarego.
Poco prima del
Passo Falzarego siamo all'altezza della " Ra Nona " (cioè sulla nona
curva della strada), 1985 m, al Pian dei Menis,
è quì che inizierà la
nostra escursione.
scendiamo dal pullman e subito indossiamo gli abiti da montanari e dopo
aver mangiato un frugale pasto prendiamo il cammino imboccando il
sentiero n° 440
che, in leggera salita, risale la Costa del Casonàte, fino al rifugio
Scoiattoli 2255m.
Il sentiero va deciso
a sud, poi a est e infine a sud est per i Casonàte.
Quindi abbastanza
ripido, sostanzialmente buono, prima per bosco di abeti rossi e bianchi,
larici e ricche fiotìriture di rododendri, tra la vegetazione iniziamo a
scorgere le 5 Torri.
Seguiamo per la
valletta di Potór e raggiungiamo l’ampio dosso di lastroni misto a ghiaie,
magri pascoli e una strada bianca a nord del Monte Averàu, a poca
distanza dal Rifugio Scoiattoli, 2255 metri.
Evitiamo la stradina
(che porta il n. 439) e seguendo a sud sempre il n.440 giungiamo
il rifugio Scoiattoli.
Immancabile una sosta per ammirare le cime delle 5 Torri prese d'assalto
da moltissimi alpinisti che si cimentano nell'arrampicata, nelle
vicinanze il museo all'aperto della Grande Guerra
dove si snodano
le trincee perfettamente restaurate. Cartelli informativi e
allestimenti museali illustrano le vicende della Grande Guerra.
Si continua a destra
(nord est) su sentiero che passa proprio sotto le ripide pareti delle
5 Torri e si giunge ben presto
al Rifugio Cinque Torri, 2137 metri ( di proprietà
privata; aperto da giugno a settembre fa servizio di alberghetto con 16
posti letto; telefono rifugio +39 0436 29 02).
Da qui scendiamo un po’ fino a un bivio dal quale si
segue a destra (est) una stradina (ancora segnata con il n. 439) che
poco dopo prende a nord in direzione della Statale 48. Proseguiamo
invece a est sul sentiero n. 437 che scende al Ponte de Rucurto, 1708 m,
sulla Statale 638 del Passo Giàu.
Prime gocce di pioggia, mettiamo mano ai copri zaini, mantelle e
quant'altro, ma ben presto tutto ritorna negli zaini, sempre a portata
di mano.
Pensavamo che il sentiero avrebbe continuato a mantenere una quota
lineare ma invece continuiamo a scendere per ben 429 mt. tutti da
risalire!!
Giunti al
Ponte de Rucurto attraversiamo la strada riprendendo subito il n. 437
si
incomincia in leggera discesa verso est, superiamo su due ponticelli il
rio Costeana e il Ru dei Loschi,
poi si sale fino ad incontrare la profonda gola scavata dal Ru Formin:
lì lo sguardo correre su la Tofana di Rozes e quella di Mezzo.
Risaliamo un dosso boscoso, bellissime le contorte radici degli abeti
sopra le rocce, poi un gradone, quindi passiamo
Superiamo il Ru Formin e la sua gola con un ponte di legno e continuiamo a salire
fino al cason di Formin (1845 m) dove si lascia il sentiero 437 per
prendere a destra e verso monte il sentiero 434 (non il sentiero 435 che
sale lungo la Val de Formin e il sentiero 434 va preso verso monte
perché verso valle conduce al P.te Peziè de Parù) e si continua a
salire, aprendosi a poco a poco la visuale sul Nuvolao, l'Averau, il
Rifugio Scoiattoli, le Cinque Torri, il Lagazuoi.
Di proprietà della Sezione di Cortina del CAI ed è
intitolato alla Medaglia d’Oro della Resistenza Gianni Palmieri. Sorge
sulle sponde di un bellissimo lago alpino, nelle cui acque si specchiano
le guglie ardite del Gruppo della Croda da Lago. Costruito nel 1901 e
ristrutturato nel 1947, fa servizio d’alberghetto con 45 posti ed è
aperto dal 15 giugno al 30 settembre; acqua all’interno; servizi
igienici interno-esterno; doccia; locale invernale con 2 posti; Stazione
di Soccorso del CNSAS "118"; telefono rifugio +39 0436 86 20 85.
www.crodadalago.it - Email: info@crodadalago.it
Saliamo dapprima con
alcuni ripidi tornanti e raggiunta la quota massima di 2090mt.
proseguiamo in piano per la Val Negra, fino a
raggiungere il bellissimo luogo dove sorge il Rifugio Croda da Lago
“Gianni Palmieri”, 2046 m, sul bordo meridionale del romantico Lago
Fedèra o Lago da Lago,
sotto alla Cima Bassa Da Lago e con sullo sfondo a meridione il Becco de Mezodì,
il
Sorapis e l'Antelao e la Rocchetta.
Girando attorno al rifugio possiamo vedere anche le Tre Cime di Lavaredo,
il Cristallo e la Croda Rossa d'Ampezzo.
Il Rifugio Croda Lago è di proprietà della Sezione di Cortina del CAI ed
è intitolato alla Medaglia d’Oro della Resistenza Gianni Palmieri. Sorge
sulle sponde di un bellissimo lago alpino, nelle cui acque si specchiano
le guglie ardite del Gruppo della Croda da Lago. Costruito nel 1901 e
ristrutturato nel 1947 (45 posti ed
è aperto dal 15 giugno al 30 settembre; acqua all’interno; servizi
igienici interno-esterno; doccia; locale invernale con 2 posti; Stazione
di Soccorso del CNSAS "118"; telefono rifugio +39 0436 86 20 85.
www.crodadalago.it - Email: info@crodadalago.it).
Naturalmente arriviamo al rifugio alla spicciolata e veniamo accolti con
molta gentilezza e cordialità dai gestori; ci indicano le nostre camere,
da sei, assai confortevoli. Anche la cena, che ci affrettiamo a
consumare, è buona e abbondante costituita da piatti locali.
Rimaniamo un pò a parlottare e usciamo anche all'esterno per esplorare
un pò la zona, siamo incuriositi da una strana botte nelle vicinanze che
si è rivelata una sauna sulle rive del lago.
Ma l'aria assai fredda e la stanchezza accumulata già dal mattino ci
fanno propendere per una bella dormita, domani ci aspetta una lunga
camminata.
2° GIORNO
Il mattino seguente ci svegliamo alle 06,30 per fare poi colazione
alle ore 07,00, anche questa si è rivelata ricca di varietà di alimenti,
la classica colazione alla " continentale" con cibi, a self service,
dolci e salati.
Avevamo deciso di partire per le 08,00 e stranamente questa volta
abbiamo rispettato il programma!
oggi la nostra escursione prevede di giungere sino al rifugio Venezia
passando dal rifugio Città di Fiume e dalla Forcella Forada.
Dopo la solita foto di gruppo indossati gli zaini partiamo alla volta
della Forcella
Ambrizzòla (2277 m).
Imbocchiamo il sentiero n° 434,
il celo è già minaccioso ma ancora non piove, saliamo su una vecchia
strada militare in live pendenza e ammiriamo
delle belle fioriture di piante appartenenti alle specie
pioniere d'alta montagna, come il camedrio alpino dai fiori bianchi con
otto petali, che viene considerata la pianta pioniera per eccellenza
delle superfici detritiche, il salice reticolato un salice
nano strisciante con le foglie di colore verde scuro con
numerose nervature "reticolate" in evidenza, l'achillea del Clavena
dal fiori bianchi, il tarassaco alpino dai fiori intensamente gialli, la
conosciutissima stella alpina , l'erba storna dai fiori piccoli di colore roseo - violetti in racemi
densi che spesso cresce solitaria tra le pietre dei ghiaioni e
la campanula di Scheuchzer
dai fiori di colore blu scuro.
In questa zona è presente il
camoscio , la marmotta , l'arvicola delle nevi un piccolo
topolino con il pelo di colore grigio-bruno, folto, lungo e morbido,
l'aquila reale , la
poiana, il corvo imperiale completamente nero con piumaggio dai riflessi metallici,
la pernice bianca che muta il colore del
piumaggio a seconda delle stagioni e d'inverno presenta un
piumaggio bianco candido, il fringuello alpino.
Noi abbiamo solo sentito il fischio d'allarme delle marmotte!
Lungo il cammino girandoci indietro vediamo stagliarsi
gli immensi ghiaioni del versante orientale della Croda
da Lago e si sale sovrastati dal sempre più vicino Becco di
Mezzodì. Mentre si sale retrospettiva da favola sulla verde conca
ampezzana sovrastata dai colossi della Croda Rossa d'Ampezzo e il
Cristallo mentre più a sud, seguendo la Valle del Bòite spicca il
Sorapìss con la svettante Croda Marcòra e le prime cime della lunga
catena delle Marmaròle. Si giunge così sulla forcella Ambrizzòla tra
Becco di Mezzodì e Cima Ambrizzola. Appena giunti sul ventoso passo, si
aggiunge alla meravigliosa veduta, un altro colosso delle Dolomiti: il
monte Pelmo con il possente versante settentrionale, verso ovest
l'inconfondibile mole del Civetta.
Dopo circa un'ora giungiamo alla Forcella sovrastata, come detto,
dalla cima Ambrizzola di 2715 mt, la più alta del Gruppo della Croda da
Lago, corno d'angolo orientale sul catino dei Lastóni di Formìn.
Fu salita dalle guide A. e P. Dimai con P. Fröschele e F. Silierstein il
23 agosto 1878.
Prendiamo verso sud sul sentiero 436 costeggiando il Becco di Mezzodì e
proseguendo in quota sino alla Forcella
Col Duro, 2293 mt, adesso il sentiero scende in una lunga discesa,
prima tra massi e poi per pascoli, verso la Casèra Prendèra, 2148 mt.
dove c'è una malga, malga Prendera,
dove due grandi tettoie riparano nelle giornate piovose
i numerosi capi di bestiame al pascolo nella valle.
Quì dobbiamo lasciare il 436 che si dirige ad est verso San Vito di
Cadore, prendiamo, invece, il 458 che proseguendo su prati ci conduce
alla
Forcella de Col Roàn, 2075
mt, e quindi alla Forcella Roàn, 1999 metri. Passato un dosso boscoso,
raggiunge un ripiano di pascolo dov’è la Forcella de la Puìna
(=ricotta), 2034 mt.
Ci attende il comitato di benvenuto dietro uno steccato, una
decina di mucche ci saluta con muggiti: chi sà se sono di saluto o sono
infastidite dal nostro arrivo?
Intanto inizia a piovere, anche abbastanza copiosamente, quindi mantelle
e copri zaini con i loro colori sgargianti danno un pò di tono a questa
grigia giornata.
La pioggia non cessa a diminuire e non vediamo l'ora di raggiungere il
rifugio Città di Fiume, almeno potremo stare al caldo e asciugarci un pò
in attesa che smetta o si calmi.
proseguiamo verso sud ovest e
dopo
circa mezz'ora e diversi
sali scendi sulla costa tra il Cadore e la val Fiorentina scendiamo
su una bella stradina alle spalle del rifugio.
(Di proprietà della Sezione di Fiume del CAI, il Rifugio Città di Fiume
è sorto dalla ristrutturazione della malga Durona nel 1964. Aperto da
metà giugno al 30 settembre, fa servizio d’alberghetto con 25 posti
letto; energia elettrica da rete; acqua calda e doccia; servizi igienici
interni; locale invernale con 6 posti; Stazione di Soccorso del CNSAS
"118"; telefono rifugio +39 0437 72 02 68.)
I gestori ci accolgono cordialmente un pò per le condizioni di pulcini
bagnati e probabilmente intravedendo una inaspettata fonte di introito
extra, infatti ci affrettiamo a ordinare bevande calde e perché no!
Anche qualche buona fetta di strudel.
Intanto si è fatto il mezzogiorno e il cordiale gestore ci inviata a
lasciare i tavoli perché deve preparare la sala per gli ospiti che
verranno(?) Noi rispettosi usciamo dal rifugio e meno male che
all'esterno c'era un grande tendone per i tavoli all'aperto dove ci
siamo potuti rifugiare.
Aspettiamo ancora che la pioggia smetta ma al contrario aumenta
d'intensità e ora si odono tuoni e vedono lampi.
E' l'una e decidiamo di riprendere il cammino.
Il programma prevedeva di salire alla Forcella Forada e la
Forcella di Val d’Àrcia, piccola finestra sul grande Cadore e
percorrendo il sentiero Flaibani si sarebbe arrivati al Rifugio Venezia
in 3 ore e mezza, ma il tempo proibitivo, visto il percorso che si snoda
tra ripidi canaloni ghiaiosi e anche tratti attrezzati ci ha
sconsigliato questo itinerario preferendo il sentiero più tranquillo per
il passo di Staulanza.
Peccato perchè avremmo potuto ammirare le imponenti pareti del Pelmo e
passare alla famosa cengia di Ball della via normale al Pelmo, ma se non
si può non si può!!
Dunque riprendiamo il cammino sotto una pioggia torrentizia, prendiamo
il sentiero n° 472 inizialmente tra mughi e poi attraversando un lungo
ghiaione sempre sotto le ripide pareti del Pelmo.
dopo circa un'ora e trenta siamo sul sentiero che giunge dal Passo di
Staulanza, sempre segnavia 472, adesso siamo tra fitti abeti e cirmoli,
intanto la pioggia e cessata e ampi squarci si aprono tra le nuvolecosì
che possiamo avere ampi scorci sulla
parete meridionale del monte Civetta.
Il sentiero passa attorno al Pelmetto, sulle cui pendici
sono state scoperte orme di antichi dinosauri di circa 220 milioni
d’anni.
Oltrepassiamo il Col de le Crepe, da cui arriva il sentiero che proviene
da Palafavera in Val di Zoldo per proseguire attraverso terrazzamenti
erbosi e radi boschi di conifere.
La molta pioggia che è caduta ci fà trovare una sgradita sorpresa: oltre
che le ampie pozzanghere formatisi sul sentiero in molti
tratti un fango appiccicoso ci rende il passo molto precario e molte
sono gli scivoloni, siamo infangati sino alle ginocchia! Ma anche
bellissime cascate che avranno breve durata, se come speriamo non
pioverà più, che scendono dalle verticali pareti del Pelmo.
Il sentiero attraversa mughi profumati e raggiunge il punto più alto del
percorso: il passo di Rutorto, da dove già si può vedere il rifugio
Venezia, posizionato su una piccola altura, alle pendici sud-orientali
del monte Pelmo, che si raggiunge in breve. Il rifugio, fra i più
antichi delle Dolomiti, è base di partenza per l’ascensione alla vetta
del Pelmo. Dalla sella erbosa della meta si gode la bella vista del più
lontano monte Antelao nella valle del Boite.
Abbiamo parlato delle orme dei dinosauri, noi non andremo a visitarle
per due motivi: il primo che al momento siamo in ritardo, bagnaticci,
infangati e stanchi, e il secondo è che domani usciremo prima dal
sentiero 472 per prendere il sentiero che scende a pala Favera. ma per
cronaca è bene segnalare anche questo interessante sito. "Dopo aver
percorso circa due chilometri sul sentiero principale n. 472, si stacca,
sulla sinistra, un sentierino dotato di segnale che, zigzagando in
ripida salita ghiaiosa, in circa 30 minuti, porta alle orme di
dinosauro: un masso di dolomia, staccatosi dal Pelmetto, dove si possono
vedere le orme fossilizzate lasciate da antichi dinosauri che qui
passeggiarono, in cerca di cibo, circa 220 milioni di anni fa. Un
pannello sul posto illustra e descrive la famosa scoperta, i cui
approfondimenti e curiosità si potranno soddisfare presso il museo
civico Cazzetta a Selva di Cadore." (FOTO)
Ma torniamo a noi: Siamo al rifugio Venezia, di proprietà della Sezione
di Venezia del CAI è stato costruito nel 1892 e ristrutturato nel 1954 e
intitolato a Alba Maria De Luca .
(Aperto dal 15 giugno al 20 settembre, fa servizio di alberghetto di
tipo familiare; 55 posti letto, più 7 nel locale invernale; servizi
interni con acqua e doccia calda; illuminazione con gruppo elettrogeno;
Stazione di Soccorso del CNSAS "118"; telefono rifugio +39 0436 96 84.
Email: rifugiovenezia@libero.it)
Arriviamo provati dalla lunga camminata e inzaccherati di fango sino
alle orecchie, entriamo all'interno, ci presentiamo e subito la corsa
per farci una doccia calda che ci tolga l'umidità dalle ossa.
Adesso possiamo prendere possesso della camera...ta e si questa volta ci
tocca il grande camerone, allegria sai che concerti stanotte!! I letti
non sono confortevoli come quelli del Croda da L. ma va bene, tanto è
solo per una sola notte. Speriamo solo che non sia una notte da incubo!
Sono le 19,00 e ci viene servita la cena sempre di piatti tipici e anche
qui sono buoni e abbondanti.
Dopo cena rimaniamo ancora a parlare ma il gruppo alla spicciolata
prende la via del paino superiore èer tuffarci nelle braccia di Morfeo.
3° GIORNO
Devo dire che la nottata è trascorsa tranquilla
senza grosse russate, solo il letto mi ha svegliato con la schiena a
pezzi.
Adesso una buona colazione e poi...... che facciamo per non arrivare a
pala Favera troppo presto?
Vi sono alcune proposte, certe neanche prese in considerazione tanto
ardue da fare in mezza giornata, ma alla fine decidiamo per salire
almeno una vetta, il vicino monte Penna (
foto).
Il Monte Penna (Pèa) è la sommità di un crinale roccioso e barancioso
poco ripido, che protende verso S dal Passo di Rutorto, nel gruppo del
Pelmo. Meta di una breve e frequentata passeggiata dal Rifugio Venezia -
Albamaria De Luca, è noto da decenni per il panorama. Accessibile anche
d´inverno con sci o racchette e neve assestata.
Regolato il dovuto al rifugio e fatto la rituale foto di gruppo si
inizia questa ascesa.
Partiamo dal rifugio e ci dirigiamo verso sud tra pascoli e torbiere...
ancora fango, il sentiero parte verso i campi di Ru Torto a tratti si
prosegue ad intuito e a tratti la traccia è più evidente.
Su una radura troviamo un branco di cavalli che appena ci avvistano si
dirigono verso di noi, più che verso di noi verso i nostri zaini, questi
begli animali sanno benissimo dove teniamo il cibo.(foto)
Alla fine della radura, sotto le pareti del Penna dove iniziano i mughi,
giriamo a sinistra oltrepassando un piccolo ruscello e ci inoltriamo in
un fitto bosco di mughi e ogni tanto troviamo qualche segno rosso e
qualche "ometto" comunque la vetta è a vista e la traccia diventa sempre
più evidente man mano che si sale belle anche le spaccature naturali che
formano delle trincee fatte dalla natura stessa senza la collaborazione
dell'uomo.
Poco prima della cima ci troviamo su un tratto a prato e costeggiandone
la cresta rocciosa si possono vedere molte stelle alpine.
Ben presto siamo in vetta dove c'è una croce in legno (foto)
augurando pace a chi sale sin quassù.
Il panorama è superbo veramente, verso ovest il Civetta, proprio
davanti a noi il Pelmo (foto),
da quì si distingue bene la Cengia di Ball e le vie di salite sui
ghiaioni; verso nord est le
Tofane, Rocchette, Pomagagnon, Croda del Becco, Croda
Rossa, Cristallo (vedete forcella Staunies?), Punta Nera e tutto il
Sorapiss. Verso est le crode intorno a San Vito e dietro la Torre dei
sabbioni si intravede una delle Tre Cime di Lavaredo.
Verso sud il Monte Rite sulla sinistra e dietro Sasso lungo di Cibiana.
E molte altre ancora che non ho saputo riconoscere ma è davvero uno
spettacolo unico.
Per salire c'è voluto un'ora e altrettanto ce ne è voluto per tornare a
riprendere il sentiero n° 472 dalla Sella di Ru Torto, d a quì
proseguiamo verso sud ovest e risiamo di nuovo nel viscido fango che ci
ostacola non poco. travesrsiamo sotto le imponenti pareti del della
Spalla Sud del Pelmo fino ai Lac (Lach) dove la
Val de Cuna e la Costàuta si incontrano a quota 1968 m circa.
Intanto guardando verso il Civetta si nota che il celo è molto nero e
già da quelle parti stà piovendo, ben presto la temuta pioggia giunge
anche su di noi e come se non bastasse accompagnata da fitta grandine.
Ora si devìa a ovest, si passa la base meridionale del possente Pelmetto in
località le Mandre, superiamo il sentiero delle orme dei dinosauri e
giungiamo nei pressi del Col delle Crépe Cavaliere
dove il sentiero 472 continua per il Passo Staulanza.
Qui c'è anche il bivio per Pala Favera, il sentiero n° 474 sulla
sinistra, in direzione nord ovest, si scende velocemente ma la pioggia,
sempre più impetuosa, rende il percorso molto scivoloso e non
mancano le scivolate, fortunatamente senza conseguenze gravi.
Percorriamo la Val del Ru Bianco, non posso dire se questo tratto è
bello o meno il nostro unico pensiero è quello di giungere il più presto
possibile al passo dove potremo asciugarci.
Il cartello indicatore in alto indicava 30 minuti di cammino, noi ce ne
abbiamo messi 45 ma con queste condizioni meteo di meglio non si poteva
fare. Finalmente sbuchiamo sulla sospirata strada Statale 251 a
pochi metri dagli alberghi e dal campeggio e.....vista incantevole, al
parcheggio c'è il pullman dei turisti che subito andiamo a cercare
perchè ci aprano il bagagliaio per poterci cambiare con abiti asciutti e
puliti.
Solo dopo ci preoccupiamo del pranzo e accolti molto calorosamente dai
gestori ci accomodiamo e finalmente all'asciutto e nei caldi locali
possiamo rilassarci e ripensare alle avventure appena passate.
Bè, la gita è terminata, anche i turisti sembrano soddisfatti di questi
tre giorni. A noi, oltre che alla tanta pioggia ci rimane negli occhi e
nello spirito scorci da fiaba che ci hanno lasciato senza parole.
Ed è un bene, perchè solo il silenzio si addice di fronte a spettacoli
naturali così unici e grandiosi. Le dolomiti sono un autentico paradiso
per chi ama godere degli istanti. Nulla avvicina di più alle grandiose
bellezze dei " Monti Pallidi" di una loro scoperta a piedi.
 |
Dolomiti
di Luciano Iaria
In una goccia del mare
c'è il sapore di tutto l'oceano,
in una goccia del Lago di Carezza
c'è il sapore di tutte le Dolomiti,
in una goccia di neve sciolta del Catinaccio
c'è il sapore di tutta una bella vacanza,
in una goccia di amore
c'è il sapore di tutta la vita
e di Dio.
|
|