Foto escursione

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Questa
escursione è fuori dal n ostro calendario
escursionistico, infatti è stata organizzata dagli amici
del CAI di Pietrasanta in occasione delle celebrazioni
dei 150 anni della fondazione del CAI.
Si tratta del progetto
“150vette”, con il quale il Sodalizio
intende ricordare le proprie origini, ovvero la
salita del Monviso nel 1863 ad opera di Quintino Sella,
e lo scopo principe della sua esistenza, ovvero
la promozione dell'alpinismo.
Scegliendo come vetta quella del monte Altissimo
La scelta è motivata per il particolare significato di
questa montagna dove sono localizzate diverse cave di
marmo, estratto fin dall'antichità e con un impatto
attuale così devastante da modificarne addirittura il
profilo.
La vetta dell’Altissimo, montagna simbolo delle Alpi
Apuane, verrà raggiunta, lungo tre distinti itinerari (uno
di agevole percorribilità Dal Castellaccio sulla strada
Arni - Passo del Vestito a quota 950 mt.), (uno
leggermente più impegnativo, dal Ristorante le Gobbie al
Passo del Vestito quota 1030 mt.) e uno per
escursionisti esperti ( Dalla " Polla " 600 mt. circa
per le vie di lizza delle cave dei Colonnoni e i
sentieri dei cavatori del versante meridionale, con un
dislivello in salita superiore ai mille metri).
La salita sulla “montagna di Michelangelo”
rappresenta una delle più importanti celebrazioni dei
150 anni del CAI. Nello
stesso giorno in tutta Italia si salirà in vetta a 150
fra le più significative montagne della penisola.
L’obiettivo ambizioso del CAI Pietrasanta è portare
sulla vetta dell’Altissimo 150 persone.
L'escursione che proverò a descrivere è quella più
impegnativa, dalla Polla alla vetta e poi la discesa
sino al rifugio Puliti.
Alla spicciolata ci portiamo tutti verso il paese di
Azzano prima di entrarvi, su una curva, c'è
cartello CAI che indica il percorso per le “cave
storiche, da quì inizia il nostro itinerario.
Quando siamo sicuri di esserci tutti iniziamo la nostra
avventura,
provo a contarci ma non riesco a terminare mai la conta,
non stanno mai fermi e puntualmente perdo il conto;
comunque dovremmo essere una trentina. Siamo un bel
gruppo gaio e variopinto nelle nostre magliette
commemorative con sul davanti il
logo: "
150 cime per 150 anni " e sulle spalle un numero che
indica il numero di partecipazione, naturalmente i
numeri, tra tutti gli itinerari, sono 150!
Dicevamo: lasciata l'auto imbocchiamo la strada
marmifera, ma qui notiamo che è stato messo un cancello,
in precedenza si poteva arrivare con le auto sino ad una
sbarra in località Mortigliani dove c'è
Palazzo dell’Altissimo (ex casa Henraux). Qui è
possibile rifornirsi d'acqua.
Mentre camminiamo il nostro sguardo va verso l'alto e
ricerchiamo la nostra meta, seguendo con lo sguardo la
cresta che segue fino al passo della Greppia e
degli Uncini e poi infine al Monte Altissimo.
Andando avanti troviamo, sul lato destro della strada,
una cabina elettrica e subito dopo siamo sul piazzale
della Polla. La prima cosa che si nota e la bella
cappellina dedicata alla Madonna della Tacca Bianca. La
statua che è all'interno nel 1946 era stata posizionata
alla cava della Tacca Bianca e poi riposiziona in questo
luogo nel 1979.
Proprio davanti alla cappellina, posizionata sotto
strada e per questo no visibile, c'è una fontana, ultimo
posto per prendere acqua, acqua che non troveremo più
per molto, molto tempo.
La strada prosegue sulla destra, verso la cava della
Mossa, conosciuta come la cava di Michelangelo, noi
prendiamo invece sulla sinistra sulla strada che si
congiungeva alla via di lizza che scendevano dalla cava
della Mossa.
Strada che termina ben presto presso un ravaneto che
scende dalla cava della Mossa, con attenzione scendiamo
in quello che è il greto del canale dove sgorga la
sorgente del fiume Serra, la cosi detta " Polla".
Una volta attraversato e risalito brevemente il ravaneto
inizia quello che è il sentiero dei cavatori, presente
su un
masso l'indicazione.
Iniziamo a salire su quello che ne è rimasto della
vecchia lizza, attenzione a salire verso destra, la
traccia che è a sinistra è il sentiero Fanfani la cui
ampia sede è frutto degli esplosivi. Esso fu aperto nel
dopoguerra, nel quadro delle attività di rimboschimento
volute da Amintore Fanfani, nel periodo in cui fu
ministro dell’Agricoltura (1951-53).
Il sentiero prosegue comunque come mulattiera
preesistente al sentiero Fanfani, diretta,
presumibilmente, alla zona del Passo della Greppia,
conosciuta anche come sentiero degli Agheti.
Comunque il sentiero dei Cavatori è ben segnato con
bolli rossi e come detto sale verso destra, destra che
prendiamo anche quando inizia il vero e proprio sentiero
dei cavatori. Questi sentieri sono caratterizzati da
moltissimi scalini che servivano ad agevolare in parte
la lunga salita che dovevano fare i vecchi cavatori. La
fatica comunque doveva essere enorme visto la ripidità.
E noi che arranchiamo affannando ci domandiamo: " ma che
gente era quella? "
Purtroppo questo come tanti altri sta andando in rovina
e la parte bassa è molto distrutta specialmente in
presenza di canali. In compenso si cammina nel fresco
del bosco, solo ogni tanto proseguiamo all'aperto e
possiamo vedere in basso il percorso fatto.
Si attraversano canaloni che ci rendono il cammino
più difficile visto i molti sassi mobili, più di una
volta si sente l'avviso: " sasso,sasso" e anche la
notevole ripidità, attraversato l'ennesimo canalone di
detriti ci troviamo su un tratto erboso e da qui abbiamo
la vista su quello che era il Picco di Falcovaia, ormai
distrutto dalle cave delle Cervaiole. Questa
località è uno dei simboli della distruzione e scempio
che viene fatte sulle nostre montagne, Il Picco non
esiste più,
rimane solo qualche
spuntone di roccia, ma solo per poco tempo ancora. Forse
non era una grande montagna, ma oggi semplicemente non è
più niente, solo il ricordo di un’antica e incontaminata
bellezza.
Sicuramente una bellezza modesta, ma dignitosa, dove i
pastori portavano le loro pecore e dove la popolazione
raccoglieva liberamente legna e pietre. Il destino del
Picco di Falcovaia non può lasciarci indifferenti: di
situazioni simili sulle Apuane ce ne sono, purtroppo,
diverse altre.
Proseguiamo sul sentiero a zig zag e salendo ci
allontaniamo dalla zona del canale e il sentiero è in
buone condizioni, si possono ancora ammirare l'ingegno e
la fatica che sono stati necessari per creare questi
arditi sentieri, trasportando e e mettendo in posa
migliaia e migliaia di massi per creare una via
lastricata e a tratti scalinata.
Siamo in vista del muro di contenimento della marmifera
che raggiungiamo dopo un'ultima ripida salita.
Ci vuole una pausa, dobbiamo reintegrare i liquidi per
l'abbondante sudata e dobbiamo anche ricompattare il
gruppo.
Riprendiamo il viaggio percorrendo la strada verso
sinistra
in salita scavalcando diverse volte la cresta
sud-ovest del monte Altissimo che scende dal Passo del
Vaso Tondo e separa la zona della Tacca Bianca da quella
dei Colonnoni. Il panorama
si apre proprio su quest’ultima zona, sul mare, su
Azzano e il suo Cavallino.
Continuiamo sulla
strada per due tornanti e giungiamo ad un bivio,
prendiamo verso destra per alcune centinaia di metri e
con un pò d'attenzione notiamo la via di lizza della
Cava dei Colonnoni interrotta dalla strada stessa.
Qui dobbiamo aiutarci con una
corda fissa che ci agevola la salita alla via di
lizza, qualche metro di roccette e siamo su una delle
vie di lizza meglio conservate, con ancora diversi “piri”
in legno e in marmo.
Raggiungeremo
quindi la “Cava dei Colonnoni", con ancora
diversi blocchi in posto e, ben visibili, i
resti dell'impressionante ed aereo "Sentiero
dei tavoloni", che la collegava alla famosa
“cava della Tacca Bianca". Un ardito sentiero di
cavatori è oggi impercorribile perché le
tavole di legno sono crollate, restano comunque
le impalcature che rendono l'idea della
temerarietà dei cavatori; questa cava è stata
attiva sino al 1971.
Riprendiamo il cammino sempre su via di lizza e
raggiungiamo la cava della Tela, qui vi sono
ancora numerosissimi blocchi già squadrati
pronti per essere scesi a valle, inoltrandoci
all'interno della cava giungiamo all'
Occhio dell'altissimo, un'apertura sulla
montagna stessa che l'attraversa da una parte
all'altra e aprendosi sulla sottostante cava
della Fitta e da dove si può ammirare il
panorama sul litorale. Dopo un'altra sosta per
rifocillarci e ricompattare il gruppo
riprendiamo il cammino seguendo un sentiero,
anche questo di servizio per i cavatori che
veniva usato per andare alle cave del versante
nord; quasi all'inizio troviamo le indicazioni
per gli Uncini, verso sinistra e per l'Altissimo
a destra, noi prendiamo quest'ultima, subito è
presente una bella frana proprio sul sentiero,
meglio affrettare il passo. Il resto del
sentiero è abbastanza ben conservato e prosegue
a zig zag, questo percorso ci offre una
magnifica vista sul litorale massese e spezzino.
Procediamo faticosamente visto la ripidità del
sentiero ma ormai siamo in vista della cresta
sud ovest che in breve raggiungiamo e siamo al
passo dell'Orso, almeno così viene chiamato, non
viene riportato sulle carte o guide
escursionistiche, a monte del passo del Vaso
Tondo.Ci riposiamo un attimo e lo sguardo si
dirige verso la vicina vetta dell'altissimo,
sapevamo che alla manifestazione avrebbero
partecipato almeno 150 persone, ma sicuramente
sono molte di più visto che chi non aveva fatto
in tempo ad iscriversi è voluto essere presente
ugualmente, tutte queste persone che arrivavano
da diverse direzioni formano un lungo ed
ininterrotto
serpentone che si snoda sui sentieri che
portano in vetta: è una cosa bellissima!
Riprendiamo il cammino anche noi e iniziamo a
percorrere la cresta tra vecchie postazioni
militari restaurate, ci inseriamo sul sentiero
n° 143 e iniziamo la salita alla vetta che
raggiungiamo in circa mezz'ora.
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Foto storica anni 50, escursionisti UOEI sul
Sentiero dei Tavoloni
dal sito UOEI Pietrasanta
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Una volta arrivati una vera marea di gente è a darci il
benvenuto, quanti dovremmo essere 150? Io direi almeno
200 escursionisti che brulicano sulla vetta, una
moltitudine di colori ma prevalgono quelle delle
magliette ufficiali: il verde il bianco e il rosso. C'è
aria di allegria e di festa, abbracci e strette di mano.
Non possiamo, però, dimenticarci di ammirare anche
l'immenso il panorama, è molto più ampio di quanto si
possa supporre in considerazione della quota non così
elevata. A ovest osserviamo un ampio tratto della costa
toscana e non possiamo fare a meno di pensare ai tanti
turisti che con tutta probabilità stanno affollando le
spiagge mentre noi ci troviamo a quasi 1600 metri di
quota. Verso nord ovest appare ben visibile il
promontorio di Lerici ma anche il golfo di La Spezia con
le isole di Palmaria e Tino. Verso settentrione spicca
l’affilato spigolo di Monte Sagro, ultima grande cima
apuana muovendo verso nord; alla sua destra ecco il
cocuzzolo di Monte Tambura e il pronunciato valico di
Passo Sella; muovendo ulteriormente verso oriente appare
ben visibile l’erbosa vetta del Fiocca e la grande
parete rocciosa del Sumbra quindi un tratto della
Garfagnana oltre la quale è presente come una barriera
il crinale appenninico. Infine, verso sudest, ecco un
altro bel gruppo di famose vette Apuane: in primo piano,
da sinistra a destra, il Freddone e Monte Corchia; fra i
due, ma più in lontananza, ecco la Pania Secca, il Pizzo
delle Saette e la Pania della Croce, forse la più famosa
tra le vette del gruppo sebbene non sia la più elevata.
Il presidente della sezione CAI di Pietrasanta
Giovanni Trevisiol, richiama
l'attenzione con un megafono e non senza qualche
difficoltà riesce a formare tre gruppi in linea:
Verso la croce i 50 dalle magliette rosse, poi
seguono quelli dalle bianche e infine quelle verdi:
ecco una gigantesca bandiera, umana, italiana ben visibile
da molto lontano.
Sempre il presidente ha poi
sottolineato con poche parole l’importanza della
data e ha espresso la gratitudine della
sezione per la coralità della partecipazione.
"Non è esagerato dire che questo evento – nella
nostra storia alpinistica – ha una portata storica:
nessuno dei "vecchi" del CAI ricordava di
aver vissuto qualcosa di analogo."
Per aumentare la visibilità è stata anche dispiegata
una enorme bandiera italiana e innescato dei
fumogeni che formavano con il loro colore
quelli del
tricolore.
Sulla croce è stata lasciato il gagliardetto
della ricorrenza e una bandiera sempre del
centocinquantesimo.
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Dobbiamo riprendere il cammino e lasciare la cima,
prendiamo quella che è considerata la via normale alla
vetta dell'Altissimo. Siamo sul sentiero n° 143 un
sentiero semplice, alla portata di qualunque
escursionista. Soltanto i primi minuti riservano ancora
qualche balzo su roccette comunque elementari. Scendiamo
per un breve tratto lungo il filo roccioso che dalla
cima cala verso oriente tra affioramenti di marmo; poco
oltre il tracciato volge con decisione verso destra. Il
sentiero è abbastanza ampio e ben marcato, transitiamo
presso una marcata insellatura della cresta che concede
un’impressionante veduta della parete sudovest
dell’Altissimo. Da qui ammiriamo nuovamente la
vista sul litorale versiliese e alle spalle la cima
appena discesa. Proseguiamo ancora su sentiero, sempre
semplice e ben segnato, ci avviciniamo al filo di cresta
con visione che abbraccia lo scempio purtroppo operato
dalla cava di marmo delle Cervaiole. Infine il percorso
scende alla marcata insellatura del Passo del Vaso Tondo
(m 1380 – mezz'ora dalla cima) sovrastata a oriente da
poderosi strapiombi. Il passo del Vaso Tondo è il luogo
di arrivo dell'omonimo sentiero che arriva dalla cava
della Tacca Bianca al passo. Si tratta di una
cengia che si snoda sulla ripidissima parete ovest dell’
Altissimo lunga circa 500 mt. e larga dagli 80 a 100
cm. max. Una volta sulla parete
c’ erano dei cavi che potevano fare sicurezza, ora non è
rimasto che qualche raro chiodo un po’ rugginoso, non è
di per se difficile ma è sconsigliato per le persone che
soffrono di vertigini
Al Passo del vaso Tondo prendiamo per le Cave del
Fondone prendendo sulla sinistra che sono già a vista.
Una volta giunti a queste cave ci troviamo in un
ambiente molto deturpato dalle attività estrattive,
dobbiamo seguire la strada sino alla zona bassa, il
biancore del marmo rende tutto abbacinante, sembra di
esser sulla neve! raggiunto un largo spiazzo con delle
vasche di raccolta dell'acqua, prendiamo sulla sinistra
e ci dirigiamo verso il sentiero n° 33, a destra si
andrebbe alle Cervaiole.
Percorriamo ancora la larga strada marmifera per circa
una quarantina di minuti e infine raggiungiamo il
sentiero n° 33 che in circa 15 minuti ci porta alle
Gobbie, sulla strada Arni Passo del Vestito. Un segna
via indica che il rifugio Puliti è a quaranta minuti.
Attraversiamo la strada ed entriamo nel piazzale del
Ristorante Le Gobbie seguendo le indicazioni, sempre sul
33, superato il ristorante dopo pochi metri si prende a
sinistra entrando nel bosco seguendo un tracciato
piacevole in leggeri saliscendi sino a uscire su di una
radura da dove si avvista la statua della
madonna dei cavatori. In breve la raggiungiamo, per
visitare la statua dobbiamo girare a destra sul sentiero
n° 31.
Dopo la doverosa visita riprendiamo il cammino
riimmettendoci sul 33 raggiungiamo delle prime case in localita' Case Giannelli, e subito sotto il Rifugio del CAI di
Pietrasanta " Puliti" a mt. 1016.
Qui termina l'escursione ma non la festa e veniamo
accolti benissimo dal gestore e dai suoi aiutanti che,
non si sa come hanno fatto, sono riusciti a far mangiare
più di centocinquanta persone offrendo a tutti una bella
spaghettata, vino, dolci e caffè, un ottimo modo per
terminare questa splendida giornata.
Noi come sezione UOEI Ripa di Versilia porgiamo i nostri
più vivi complimenti e felicitazioni per il
successo di questa manifestazione al Presidente
Giovanni Trevisiol, a
tutto il consiglio della sezione del CAI di Pietrasanta
e a tutti quelli che hanno reso possibile questa
bellissima iniziativa che sicuramente hanno dedicato
molto tempo perchè tutto funzionasse al meglio, Da tutti
noi un grande grazie!!!
Infine però dobbiamo ancora soffermarci su un ultimo
pensiero che va inevitabilmente a
quegli uomini che per guadagnarsi da vivere rischiavano
la vita ogni giorno, minuto, secondo.
Chissà quante volte l’urlo di dolore ha spezzato il silenzio
che regna in quei luoghi echeggiando nella valle fino a
svanire piano piano.
Chissà quante volte il rosso ha
macchiato il candido marmo.
Oggi per fortuna rimangono solo le testimonianze
fotografiche. Quando il tempo cancellerà anche gli ultimi
resti di queste testimonianze le generazioni future non
potranno più vedere la fatica, il sudore e lacrime che i
nostri “nonni “ hanno versato in questi Monti.

Lizzatura sul Monte Altissimo, foto del 1908
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