Questa escursione nasce dalla fortuita scoperta che anche in Svizzera esiste un'associazione simile alla nostra nei principi e anche nel nome: sono la UTOE, Unione Ticinese Operai Escursionisti (www.utoepizzomolare.ch). Più di un anno fà sono stati presi i primi contatti e da subito abbiamo riscontrato una perfetta sintonia con loro, che con molta generosità e ospitalità ci anno invitato per un week and presso una loro "Capanna", loro i rifugi li chiamano così ma in realtà si tratta di un bellissimo rifugio.
Questa gita ha avuto bel successo con un numero di presenze elevato ben 54 tra turisti ed escursionisti e precisamente 18 escursionisti e 36 turisti.
Una volta saliti tutti sul pullman partiamo assai puntualmente alla volta dello stato Elvetico, il viaggio è abbastanza tranquillo, un unico intoppo lo troviamo al confine dove perdiamo molto tempo per le pratiche autostradali.
Una volta entrati ci dirigiamo alla volta di Bellinzona dove lasciamo i turisti da dove andranno alla scoperta dei castelli di Castel Grande, Montebello e Sasso Corbaro.
I castelli di Bellinzona si annoverano fra le più mirabili testimonianze dell'architettura fortificata medievale dell'arco alpino. La configurazione odierna della chiusa bellinzonese, che ha le sue lontane origini in un nucleo preistorico sulla collina di Castelgrande, si deve sostanzialmente all'intensa e complessa attività edilizia promossa dai duchi di Milano nel quattrocento. Rimonta a quell'epoca la costruzione di un possente impianto difensivo che sbarrava la valle del Ticino in tutta la sua larghezza per arrestare l'avanzata dei confederati svizzeri. Ancora oggi queste fortificazioni, dichiarate nel 2000 dall'UNESCO patrimonio dell'umanità, con le loro mura merlate, le torri e le porte, non cessano di destare meraviglia.
Come detto, noi ci dirigiamo presso la nostra prima meta la cittadina di Faido dove dobbiamo prendere un'altro pullman più piccolo in quanto il nostro non può inoltrarsi per queste stradine di montagna.
Percorriamo queste tortuose strade per una ventina di minuti e infine giungiamo alla nostra destinazione il piccolo nucleo di Prodor appena dopo il paese di Carì: località turistica a 1600mt. Oltre ad essere una bella località alpina, è attrezzata per gli sport invernali (piste ed impianti di risalita), e d'estate è punto di partenza per molte escursioni.
La serie di cime che la sovrastano (Pizzo di Campello, Pizzo d' Era, la Cima di Gana Rossa, a sud il Pizzo Molare ed il Pizzo di Nara, a nord il Pizzo del Sole, il Pecian) la dividono dalla Valle di Blenio e dalla Valle di Santa Maria, con una serie di passi e bocchette ... un invito per un escursionista.
Scendiamo dal pullman in prossimità di una strada che sale verso delle abitazioni e una freccia rossa ci indica la direzione per il rifugio " Capanna Prodör".
In pochi minuti siamo all'attacco del sentiero da dove parte una teleferica, in precedenza avevamo preso accordi per l'utilizzo di quest'ultima e quindi telefoniamo al gestore signora Claudia che gentilissima subito ci manda giù per poter trasportare il bel carico che ci portiamo dietro.
Ma ora iniziamo il cammino in una bellissima abetaia e l'odore pungente della resina ci apre i polmoni. In circa quindici minuti siamo davanti al rifugio. Non me ne vogliano gli amici svizzeri se continuo a chiamare rifugio quelli che loro chiamano capanne, ma a parte che sono tutto meno che capanne l'abitudine a chiamarli rifugi non mi lascia altro modo di descriverli.
Per l'arrivo non avevamo concordato il pranzo e quindi ci sistemiamo sotto un grande abete, vicino ad una bella fonte di acqua non fresca ma gelida dove non è mancato chi ha voluto rinfrescarsi o meglio congelarsi i piedi.
Dopo aver pranzato prendiamo possesso dei nostri posti letto e visitiamo il rifugio.
Apprendiamo che la prima Capanna della società era ubicata 500 metri più a valle ed era nata dalla ristrutturazione nel 1931 di una vecchia stalla, immediatamente a ridosso dell'antico nucleo di cascine del nucleo di Prodör, da dove parte la teleferica. fu edificato nel 1931 essa era ubicata circa 500 metri più in basso rispetto all'edificio attuale, immediatamente a ridosso dell'antico nucleo di cascine del monte Prodör, da dove parte la teleferica.
Nel biennio 1967-1968 un nuovo edificio venne edificato in posizione più elevata in muratura e legno. Nel 2008 si è effettuata una completa ristrutturazione dello stesso apportando importanti migliorie. La capanna è disposta su tre piani, con due refettori per complessivi 50 posti. Due piani di cottura sia a legna che elettriche, complete di utensili di cucina. Riscaldamento a legna e elettrico, acqua corrente, docce e servizi con acqua calda riscaldata grazie ai pannelli solari. 42 Posti letto suddivisi in 5 stanze, 2 da 4 posti letto e 2 da 12 posti e una da 10 posti. Esiste pure una mansarda messa a disposizione dei guardiani , ma dove in caso di bisogno é possibile ricavare ancora diversi posti letto.
Una volta sistemati decidiamo per una breve escursione nei paraggi e prendendo il "sentiero del Montanaro" ci dirigiamo in direzione Predelp, che raggiungiamo dopo una ventina di minuti percorrendo un bel sentiero tra larici e abeti, bellissime fioriture e numerosi corsi d'acqua.
Una volta raggiunto questo antico alpeggio decidiamo di proseguire ancore un po' verso Somprei, oltrepassiamo un ponticello su un impetuoso torrente che alimenta un piccolo bacino artificiale e proseguiamo su una strada sterrata. Mentre camminiamo ammiriamo un bellissimo panorama con moltissime cime che purtroppo non conosciamo, tranne una che Alfredo riconosce subito perchè anni addietro l'ha scalata si tratta del Pizzo del Prete.
Siamo tra abeti e larici che ogni tanto lasciano spazio a praterie punteggiate da moltitudine di fiori sgargianti nei loro colori.
Il paesaggio si rende ancora più bucolico con cavalli e mandrie al pascolo.
Arriviamo sino al vecchio alpeggio di Somprei lasciamo la strada sterrata, che quì finisce e proseguiamo ancora su sentiero sino ad una piccola cappellina e poi decidiamo di tornare indietro.
Torniamo al rifugio dove la signora Claudia ci ha preparato una buona cena ma la serata termina presto in quanto siamo un pò stanchi per il viaggio, quindi ci tuffiamo letteralmente sui nostri giacigli. la notte passa tranquilla e la mattina alle ore 6,00 siamo pronti per la colazione.
Subito, più o meno, dopo armati di zaini in spalla scendiamo lungo il sentiero che ci porta a Carì, che raggiungiamo in una quindicina di minuti.
Quì i nostri nuovi amici dell'UTOE generosamente si sono offerti di accompagnarci per la nostra escursione, ad attenderci troviamo Gabriele, Loris e Ivana. Ci dividiamo sulle loro auto e su un pulmino di linea, quindi raggiungiamo il vicino paese di Molare, punto di partenza della nostra escursione.
Escursione che ci porterà in vetta al Pizzo Molare.
Una volta parcheggiate le auto ci si inoltra per il bel paesino sino alla chiesa e si prende il sentiero per bassa di Nara.
Proseguiamo sul sentiero balcone “Via dei Monti” in discesa sino ad un primo guado su un torrente, dovrebbe essere il Ri di Stou a quota 1565 mt. che forma una bellissima cascata, ne troveremo un'altro dopo pochi minuti.
Dopo il secondo guado si incontriamo, sulla sinistra, il bivio per l’Alpe di Nara.
Adesso il sentiero sale decisamente e subito l'allegro vociare sciama improvvisamente: " chi sà perchè?"
Il fitto bosco, che ci viene detto che si chiami " Bosco della Fornace" e prevalentemente formato da abeti rossi, questo tipo di bosco, mi sono informato, è la pecciaia; termine sicuramente svizzero.
E' veramente un bel bosco lumino,ricco di scorci interessanti e con alberi maestosi.
Un pò per la novità del percorso, un pò per la bellezza dei paesaggi la salita non ci sembra particolarmente dura e ben presto usciamo dal bosco e ci troviamo in una radura, alla nostra sinistra abbiamo la nostra meta; ma siamo ancora lontani! nel mezzo di questi prati sbucano delle costruzioni e un abbaiar di cani ci fa capire che siamo finiti in un alpeggio.
Certo il posto sarà anche isolato e lontano da tutto, ma che pace, che serenità, solo i campanacci delle mucche, lo scorrere dei ruscelli e poi silenzio e la maestosità delle montagne che circondano questo paradiso, questa è l'Alpe di Nara.
Dopo aver scambiato quattro chiacchiere e aver appreso che oggi ci sarebbe stata una festa dell'Alpe a base di polenta, salumi e formaggi prodotti in loco ci ripromettiamo che al ritorno ci saremmo fermati volentieri.
Riprendiamo il percorso, siamo a quota 1932 mt. e dobbiamo salire a 2123 mt della Bassa di Nara, chi sà perchè Bassa se in realtà e alta?? Per il vero ci spiegano che Bassa stà per passo, infatti collega la Leventina con la Val di Blenio.
Attraversando il gran prato ci dirigiamo alla stazione di arrivo dell'impianto di risalita che sale dall'altro versante.
Una volta raggiunta la Bassa di Nara saliamo a sinistra (segni bianco rossi)in direzione del Pizzo di Nara che raggiungiamo 15' più tardi.
Raggiunto un pianoro proseguiamo in piano a sinistra, poi si scende su delle roccette, unico tratto un pò delicato ma comunque fattibile, basta, come sempre, un pò d'attenzione.
Ci immettiamo così sul sentiero che taglia a mezza costa il versante occidentale del Pizzo di Nara.
Qui l’ambiente si fa più alpino tra pietraie e rododendri fino a raggiungere un intaglio che permette di valicare la cresta e trovarsi di fronte la nostra meta. Scendiamo quindi lungo la cresta NO, erbosa e con qualche blocco facilmente superabile, fino a raggiungere una traccia di sentiero che conduce nuovamente in cresta a quota 2247 metri. La traccia scende per alcune decine di metri per poi scomparire tra gli enormi massi della Gana di Sasso Sprügh.
Superati i massi della Gana ( da noi si può tradurre, in ravaneto) ci troviamo in una zona pianeggiante e quì ricompattiamo il gruppo, ci concediamo una piccola sosta e intanto alzando lo sguardo notiamo il punto dove dobbiamo arrivare alla Bocchetta del Sasso Bianco: certo che è bello ripido!
Bene! riprendiamo il cammino e iniziamo la massacrante salita, superiamo un piccolo nevaio e poi è salita pura senza nessun sentiero e la via dobbiamo sceglierla tenendo a vista il grande e ben evidente Sasso Bianco.
Dopo circa mezz'ora raggiungiamo il grande blocco di dolomia bianca e una volta superato l'ultimo strappo siamo alla Bocchetta.
Ormai manca poco la vetta non la vediamo ancora ma le nostre guide ci assicurano che è a una decina di minuti, riprendiamo fiato e poi iniziamo a salire la cresta SO, solcata da un sentiero, fino in cima al Pizzo Molare, 2585 metri.
Eccoci finalmente sotto la grande croce eretta dalla UTOE Pizzo Molare nel 1985.
Non sarà una vetta elevatissima ma ci dà un'enorme soddisfazione essere quassù su una montagna che sino a qualche tempo fa non sapevamo neanche della sua esistenza, unico neo la visibilità, una nebbia dispettosa ci impedisce di vedere cosa abbiamo davanti e dietro a noi, ogni tanto qualche sprazzo di sereno e allora intravediamo qualcosa.
Le nostre guide ci raccontano un pò cosa si sarebbe visto e iniziano a infilzare una seri di nomi di località, alcune le ricordo: la Valle di Blenio e la Valle Leventina, i Laghetti di Mottella, che sono in programma per il giorno dopo, la regione dello Scopi, il Piz Terri e l'Adula con il suo ghiacciaio.
Pazienza ci accontentiamo delle spiegazioni che ci vengono date ma è ora di rifocillarsi un pò quindi ci mangiamo i panini che la signora Claudia ci ha preparato.
Dopo una sufficiente sosta ci facciamo le solite foto di gruppo e iniziamo la discesa, in breve siamo alla Bocchetta del sasso Bianco e invece di riprendere il percorso già fatto scendiamo in un canalino nel versante opposto e iniziamo la discesa su percorso senza sentiero. Inizialmente camminiamo su detriti e poi raggiunto un canale lo attraversiamo e troviamo una traccia di sentiero. Questa zona è ricca di rododendri e arniche alpine, altra cosa curiosa sono lunghe file di muri in pietre ben squadrate che ci lasciano perplessi sulla loro utilità e ancora ci viene spiegato che sono muri anti valanga risalenti a ben 100 anni fa.
Adesso scendiamo sempre più e raggiungiamo i prati dei pascoli, l'alpeggio si fa' sempre più vicino e il vocio della festa arriva sino a noi.
Ci uniamo alla festa e dove si fa baldoria c'è sempre molta gente. I gestori della malga ci accolgono ben volentieri e ci uniamo anche noi ai festeggiamenti: polenta, quella che è rimasta, formaggi, salumi, birra e vino.
Dopo circa un'ora i nostri accompagnatori ci chiamano per riprendere il cammino e noi mal volentieri obbediamo, perchè intanto il celo si è aperto e un bel solicello riscalda l'aria e si sta' proprio bene sdraiati su quel bel prato.
Va bene ripartiamo e ripercorriamo il sentiero fatto al mattino, ora si tratta di raggiungere il paese di Molare e la nostra escursione avrà termine.
A Molare i nostri amici dell'UTOE ci danno un passaggio in macchina per raggiungere nuovamente Carì e successivamente il nostro rifugio dove una bella doccia calda non ce la leva nessuno! Intanto si aprono le cataratte del celo: acqua a catinelle, fulmini e saette come da meteo promesso. Bè abbiamo avuto fortuna per un pelo la doccia la facevamo fredda!
Ci rilassiamo un pò, poi questa sera la cena la prepariamo noi con prodotti toscani, abbiamo invitato i nostri accompagnatori e chi avesse voluto partecipare ma purtroppo sono potuti venire solo in quattro, veramente peccato avremmo voluto passare una bella serata con questi nuovi e simpatici amici.
Comunque chi c'era ha manifestamente gradito.
Ci lasciamo con appuntamento per il giorno dopo, siamo un pò demoralizzati perchè le previsioni meteo sono pessime e quì ci azzeccano, se dicono le otto stai sicuro che alle otto piove!
la seconda notte passa un pò peggio della prima, forse a causa della stanchezza i russatori non mancano.
il mattino arriva presto e a malincuore ci rendiamo conto che la vacanza sta per finire, comunque ci resta ancora un bel pò di tempo per fare ancora un'altra escursione, la prima cosa da verificare sono le condizioni meteo, non piove ma il celo è molto, molto nuvoloso.
Facciamo colazione poi vediamo cosa fare, ci dispiacerebbe perdere una giornata per il maltempo.
Intanto arrivano Gabriele e Loris e assieme decidiamo che l'escursione prevista alla capanna Gana Rossa e ai laghetti di Motella è meglio non farla proprio per le condizioni meteorologiche.
Decidiamo per un'escursione più breve al laghetto di Carì.
Partiamo quasi tutti, le signore decidono di andare sino ad un vicino caseificio per acquisti di formaggi vari, solo la Lucia è dei nostri.
Partiamo dal rifugio e seguendo le indicazioni per Brusada seguiamo il sentiero dove sono presenti alcuni simpatici cartelli che descrivono la fauna.
Seguiamo il sentiero e incrociamo i cavi dell'impianto di risalita e anche i loro piloni che magari un pò rovinano il paesaggio, camminiamo in un lussureggiante bosco di abeti ma ben presto siamo allo scoperto e già notiamo l'arrivo del primo tronco della funivia.
Lo raggiungiamo a quota 2000 siamo a Brusada a circa metà strada con la nostra meta il lago di Carì.
Seguendo sempre le piste raggiungiamo prima una malga non ancora in funzione e poi salendo su per un costone raggiungiamo infine il laghetto a quota 2256 mt. Anche da quì, credo, ci sia un bellissimo panorama e i nostri amici ce lo confermano: sotto di noi la Valle Leventina e di fronte il gruppo del Tencia.
Ci fermiamo un pò e facciamo uno spuntino ma un vento freddo ci fa decidere che è meglio ridiscendere al rifugio
Mentre scendiamo, puntualmente come prevedevano le previsioni, inizia a piovere una pioggerella fine ma sufficiente per bagnarci, quindi mano alle mantelle e copri zaini.
Comunque senza incidenti torniamo al rifugio e troviamo già il pranzo pronto, polenta con brasato e formaggi vari.
A fine pranzo vogliamo anche festeggiare il compleanno di Lorenzo B. e riusciamo, anche se con una torta mignon, a fargli la sorpresa che di sicuro non si aspettava.
Passa il tempo e dobbiamo tornare verso Carì dove abbiamo appuntamento con il pulmino che ci porterà di nuovo a Faido e da qui il nostro pullman.
A Faido abbiamo la gradita sorpresa di trovare a salutarci il presidente dell'UTOE Raffaele Grassi, il vice presidente e amico Tonino Manfrè, e la simpaticissima Cavanna Elena del comitato UTOE che ci ha accompagnato dal rifugio sino a qui.
Dopo gli entusiasmanti commenti, gli abbracci e l'immancabile foto di gruppo è venuta l'ora di partire alla volta di Como dove ci incontreremo con il gruppo turistico che in questi giorni dopo aver visitato Bellinzona sono andati anche a visitare Lugano ammirandone anche il panorama dal monte Bre 933 mslm salendo con la funicolare, Punto di osservazione privilegiato verso il lago di Lugano e le Alpi. Dove si può ammirare lo splendido panorama prealpino accedendo ad una soleggiata terrazza naturale sopra il Ceresio da cui si domina l’intero golfo di Lugano. Osservando questo scenario mozzafiato, lo sguardo si spinge anche fino alla vista dell’imponente Monte Rosa e alle Alpi bernesi e vallesane.
Successivamente sono andati a vistare il museo e la fabbrica della cioccolata....e come poteva mancare questa!! la Domenica l'hanno passata a Como e gita sul lago con visita a villa Carlotta.
La villa accoglie i turisti con il suo magnifico parco botanico e le sue sale ricche di capolavori d’arte. E' un luogo di rara bellezza: qui capolavori della natura e dell'ingegno umano convivono armoniosamente in 70.000 mq tra giardini e strutture museali.
In una conca naturale, tra lago e montagne, il marchese Giorgio Clerici fece edificare alla fine del 1600 una splendida dimora, imponente ma sobria, circondata da un giardino all'italiana, di fronte ad uno scenario mozzafiato sulle dolomitiche Grigne e Bellagio.
Avevamo appuntamento alle 18,00 e puntuali ci siamo trovati vicino all'imbarcadero e subito, saliti sul pullman abbiamo ripreso la via di casa.
Questa escursione è stata per noi una bellissima esperienza, grazie anche ai nostri ospiti abbiamo provato momenti di rara bellezza e dove l'occhio non poteva vedere spesso ci hanno raccontato in modo preciso quello che ci circondava, inoltre non ci siamo sentiti clienti di una struttura ma graditi ospiti facendoci sentire sempre a nostro agio.
Grazie tante amici dell'UTOE, grazie di cuore e spero di ritrovarvi ancora, magari a visitare le nostre Apuane.
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