Eccoci alla vera prima lunga
escursione dell'anno, per qualcuno le gambe saranno un pò
arrugginite ma comunque davanti alla ex sede della sezione a
Ripa ci troviamo in 19 non male per essere la prima!
partiamo alla volta di Ponte
Stazzemese e la nostra prima meta sarà il Santuario del
Piastraio.
Una volta giunti a Ponte
Stazzemese prendiamo la strada che conduce a Stazzema ma
percorsi poche centinaia di metri, sulla sinistra,
parte ben evidente un nuovo sentiero con tanto di
corrimano in legno, o per meglio dire il vecchio
sentiero recuperato dal comune di Stazzema e dall'Unione dei
Comuni.
Iniziamo il percorso caratterizzato anche dalle
stazioni della Via Crucis che ci porta a delle vecchie cave
ormai abbandonate, l'estrazione veniva effettuata in
galleria
e naturalmente curiosi come siamo vi entriamo notando
le varie tecniche di escavazione.
Riprendiamo il cammino
e oltrepassata la cava il tracciato si sviluppa su una bella
e
antica mulattiera ancora ben conservata.
In circa mezz'ora siamo sulla rampa finale che ci porta
davanti al bell'edificio del
santuario, un vero piccolo gioiello.
Il suggestivo santuario della Madonna del Piastraio,
detta anche Madonna del Bell’Amore, si trova a poca distanza
dalla Chiesa di Strazzema e rappresenta una delle più importanti strutture
religiose della zona risalente al XVII
secolo. Il santuario sorge nascosto tra i boschi.
La sua costruzione risale agli
anni dell’800 nello stesso sito in cui si trovava un
edificio di culto più antico. Numerosi sono gli ex voto che
ricoprono le pareti del santuario che stanno a testimoniare
la sentita devozione dei fedeli di queste zone per la
Madonna del Piastraio.
Purtroppo il santuario è chiuso e
non possiamo visitarlo all'ora facciamo una
foto
di gruppo e riprendiamo il cammino portandoci alla
vicina
Chiesa di Santa Maria Assunta di Stazzema.
Menzionata
per la prima volta nel IX secolo, la chiesa di Santa Maria
Assunta, antica pieve, sorge poco lontano dal paese.
Ampliata numerose volte durante i secoli, si
contraddistingue per la facciata in marmo bardiglio, con il
rosone quattrocentesco decorato da archetti pensili e
mensole lavorate con figure di vario tipo.
Il porticato
venne aggiunto nel XVII secolo per riparare il passaggio
dalla canonica alla chiesa. Allo stesso periodo risale il
soffitto a cassettoni dell'interno, diviso in tre navate da
colonne con capitelli decorati. Tra le opere d'arte la
pala d'altare del XVII secolo, forse opera del Rosselli, che
ritrae l'Assunzione della Vergine e l'organo settecentesco
sopra il portale centrale.
Dopo una breve sosta per
rifocillarci riprendiamo il cammino alla volta di Pomezzana.
Per raggiungere questo paese dobbiamo raggiungere il
sentiero SAV che parte fuori dal paese e pertanto dobbiamo
prendere la strada che conduce a Ponte Stazzemese e
percorrerla per circa un Km. troviamo la deviazione per il
rifugio Forte dei Marmi prendiamo questa per circa un
centinaio di metri e sulla destra troviamo
l'indicazione per Pomezzana ( variante 9b).
Imbocchiamo il sentiero in discesa, si tratta di una
mulattiera che univa i due paesi, attraversiamo un primo
canale che forma una
bella cascata poi con vari saliscendi raggiungiamo
un altro canale dov'era il ponte di Filuchia, purtroppo
questo antico ponte è stato spazzato via dall'alluvione del
1996.
Di esso, sul versante di sinistra,
è restato, come uno spettro grigio, soltanto il muro
d’appoggio ed un accenno al magnifico arco in pietra.
Adesso il sentiero è più ampio e si snoda in boschi di
castagni, peccato che ogni tanto si trovano alberi caduti
che ci obbligano a passarci sotto tra
intrichi
di rami o a scavalcarli, ogni tanto la vista si apre
sulle montagne circostanti una su tutte spicca: la regina
delle Apuane, la
Pania
della Croce.
Ormai siamo vicini al paese di
Pomezzana, sentiamo i rintocchi delle campane, in breve
usciamo dal bosco, costeggiamo qualche piccolo orto e
sbuchiamo su uno stradello lastricato sotto la chiesa di
San
Sisto col suo grande campanile.
Il luogo è
panoramico su Farnocchia, Stazzema e il Monte Lieto e il
Gabberi.
Bernardino del Castelletto dipinse, per questa chiesa,
nel 1490 una Madonna col Bambino tra i santi Sisto e Pietro,
ora al Museo nazionale di Villa Guinigi di Lucca. Inoltre
quì è ancora conservata la collezione di argenterie e parati
liturgici che comprende diversi oggetti di gran pregio, tra
cui una croce astile in argento databile tra la fine del
XIII e l'inizio del XIV secolo Il nuovo altare in legno e le
stazioni della via crucis sono opera recente dello scultore
Piero Milani. Il campanile risale al 1914 e nel 1918,
ricostruito dopo un forte terremoto, vi furono trasportate
tre grandi campane: la maggiore che dà sul sagrato, la
mediana è opposta al cimitero e la più piccola si affaccia
sul paese di Farnocchia. Furono inserite successivamente
altre due piccole campane, che sono state poste nel
finestrone che dà sull'abside.
Riprendiamo il cammino
passando
nell'interno del bel paese con belle
case
ben recuperate e nel tragitto incontriamo un'altra piccola
chiesa: l'Oratorio
di Santa Maria delle Grazie.
La chiesa di Santa Maria
delle Grazie è menzionata nell’Archiepiscopale di Lucca già
nel 1377. Il soffitto ligneo è datato 1783 e fu decorato dal
pittore stazzemese Guglielmo di Tommaso Tommasi. Lo stesso
Tommasi adornò anche il piccolo
organo
proveniente dal Monastero delle Monache di S. Lorenzo di
Pietrasanta, donato dalla casa ecclesiastica di Pisa. Nel
1972 il pittore Dino Domenici restaurò il soffitto, a grandi
cassettoni, e l’intero Oratorio.
Riprendiamo il cammino e
attraversato il paese giungiamo in località Mezzana
presso uno spiazzo dove c’è un bivio, numerosi cartelli di
agriturismo e una fonte, qui parte il sentiero n. 106.
Proseguiamo ancora per strada asfaltata, incontriamo
l'officina Milani, famosi per la lavorazione artigianale del
ferro.
L’officina nata nel 1945 per
volere di Giacomo Milani che insieme ai figli diede vita ad
una piccola fabbrica scavata dentro la roccia a ridosso del
Procinto.
La particolarità di tale officina risiede nel fatto che
lavorazione del ferro, già documentata intorno all’anno
mille, è stata nel passato un’attività fondamentale per la
crescita del paese.
All’interno dell’officina viene
lavorato l’acciaio e trasformato in ingegnosi strumenti da
utilizzare nei laboratori di marmo, come raspe, subbie,
mazzuoli e compassi. Sono inoltre fabbricati anche coltelli,
forbici e utensili per uso sanitario.
Nelle adiacenze vi
è una bella
cascata, per lo meno in periodi di piogge intense c'è!
Percorsi pochi metri in discesa giungiamo sullo stradino che subito
diventa sterrato, si supera un
un piccolo
ponte in pietra e si continua a salire, passando presso
un’edicola votiva nella località “le Pietrelle”,
man mano che saliamo inizia a comparire la neve ma per
fortuna di poco spessore e quindi possiamo proseguire
tranquillamente.
Infine giungiamo sul ripiano dove c’è l'
Oratorio di San
Rocco all'incrocio dei sentieri n.3 per
Farnocchia, il 106 per Trescolli e il 107 per il Gabberi.
La data precisa della
costruzione di questo santuario è sconosciuta, ma, a
giudicare dalle due monofore poste a lato dell’altare, si
può dedurre che fu edificato nel medioevo. Da un documento
del 1642 si rileva che Simone di Domenici di Pomezzana
restaurò l’Oratorio ormai fatiscente. Il 16 agosto è giorno
di festa nella piccola chiesina, con un forte afflusso di
fedeli che raggiungono l’oratorio in processione.
E' ora di pranzo e ci portiamo sui prati vicino
all'agriturismo il Pesaggio in quanto sono al sole! E
inoltre abbiamo una spettacolare vista sul monte Prana
interamente innevato e inoltre abbiamo il mare davanti a
noi: davvero un bel quadro.
Troviamo un prato asciutto e
ci accomodiamo consumando i
nostri
panini.
Dopo la rilassante sosta torniamo sui nostri
passi e riportandoci all'Oratorio imbochiamo il sentiero
segnavia 3 per Farnocchia. Seguendo, sempre in discesa, il
sentiero si toccano alcuni casolari e si raggiunge in circa
un'ora l'abitato di
Farnocchia mt 650.
Situata in mezzo ad ampie
vallate di castagneti, è molto apprezzata da turisti e
villeggianti per l'aria fresca e pulita che è possibile
respirare. Permette di vedere e ammirare stupendi panorami
ed i monti più belli delle Apuane: Matanna, Procinto,
Forato, Pania Secca, Pania della Croce, Corchia, posti a
Nord ed Est, mentre a Sud, può
essere raggiunto il Monte Gabberi da dove è possibile
vedere, la fascia costiera compresa tra il Golfo della
Spezia e Livorno e in presenza di bel tempo anche l'isola
Gorgona.
A Farnocchia, è presente la chiesa, intitolata a
S. Michele Arcangelo, la cui struttura originaria risale a
prima del Mille.Nell'interno possono essere ammirati un
grazioso fonte battesimale, un monumentale organo, l'altare
del Rosario, con le stupende formelle in bassorilievo
raffiguranti le 15 poste del rosario, l'Ultima Cena, ed
altro ancora. Durante l'estate vengono organizzate diverse
sagre gastronomiche e manifestazioni.
Ripartiamo alla
volta delle Mulina ma non prima di aver preso un bel caffè.
Dalla piazzetta della chiesa del Carmine, dove c'è anche
il monumento ai caduti, parte il
sentiero SAV per Le Mulina;
scendiamo per una scalinata e poi prendiamo la via che
percorre la parte bassa del paese sino a giungere alla
strada asfaltata, attraversata, questa, inizia il sentiero
vero e proprio che scende sino alle Mulina, una
bella e ben mantenuta mulattiera.
Ci inoltrandoci nel
bosco la mulattiera, come già detto, è ben conservata e
mentre proseguiamo ci viene da riflettere su queste vie di comunicazione
dove oggi noi veniamo per diletto quanta gente ha sudato per
avere un pò di pane per il pasto. La vita vi si doveva
svolgere monotona e pesante per la fatica quotidiana, ma
serena, e confortata dagli effetti e dalla soddisfazione
unica e impagabile di vivere dei prodotti del proprio lavoro
e sulla propria terra; molte sono ancora le testimonianze di
quel tempo passato. Comunque noi fortunatamente siamo qui
per proprio gaudio e quindi godiamo di tutto quello che ci
si paventa davanti, in questo bosco spoglio e di un colore
smorto, visto la stagione invernale, splendidi agrifogli che in questa stagione
portano ancora sui rami bellissime bacche rosse che danno
una nota di allegria, il bosco poi che in questo tratto è ben
curato e ripulito con sembra che ci abbracci proteggendoci da tutte le
preoccupazioni e affanni giornalieri, ci sentiamo veramente
in armonia con ciò che ci circonda.
Scendiamo numerosi
tornanti sino a trovare le indicazioni per la località
Calcaferro, l'indicazione indica di continuare a scendere
per il sentiero principale ma non troviamo nessuna
segnalazione di bivio, comunque con un pò di orientamento lo
troviamo che si inoltra nel bosco sulla destra.
Scendendo
verso questa località troviamo dei bivi non segnalati e ci è
un pò difficile trovare il sentiero giusto ma poi comunque
ci orientiamo e troviamo la via, dopo diversi tornanti
giungiamo in fondo alla gola dove scorre il torrente.
Ci
troviamo al cospetto di edifici ormai ricoperti di
vegetazione e in pessimo stato, sono i resti dei polverifici
e dei miccifici legati all’intensa attività delle miniere
della zona. Queste erano sfruttate già nel Medioevo, ma solo
nell’Ottocento l’attività riprese fino a trovare il pieno
sviluppo negli anni Venti del Novecento. La polvere da sparo
era infatti richiesta per le battute di caccia, per estrarre
il marmo dalle cave attraverso il sistema della varata e per
caricare le armi durante la guerra. Anche le donne
partecipavano alla produzione smistando i minerali e
confezionando la polvere per poi commerciarla.
Diverse
furono le ditte che operarono sul sito: la Società Anonima
Miniere dell’Argentiera, la ditta dei Fratelli Pocai e la
Edem. Quest’ultima mantenne in vita il sito fino al 1968
continuando poi qualche attività di ricerca nella zona negli
anni a seguire.
Il sito meriterebbe di essere valorizzato
recuperando i manufatti presenti e l’Unione dei Comuni, ha
inserito nel piano delle opere pubbliche il progetto di un
parco versiliese che coinvolga Calcaferro, Valdicastello,
Corvaia e altri siti così da pianificare una serie di
attività anche con altri parchi archeo -minerari italiani.
Si sta inoltre sviluppando un progetto con il Dipartimento
di Scienze della Terra dell’Università di Pisa per
incrementare le ricerche scientifiche nella zona.
La
valorizzazione del territorio e la scoperta delle mete meno
conosciute turisticamente sono il futuro per la creazione di
circuiti alternativi che non possono che portare una ventata
di sollievo nell’entroterra versiliese.
Scendendo verso
il paese delle Mulina percorriamo una strada sterrata, sulla
nostra destra il torrente viene attraversato da un
bellissimo
ponte medievale, anche questo
ricoperto da alberi e vegetazione, poi attraversiamo un
tunnel scavato nella roccia e infine siamo in vista del
Campanile del 1400 alle Mulina che in breve raggiungiamo.
Bellissima escursione, buon viatico inaugurale per le
attività del 2015