Vie cave di Sorano e San Quirico

L'escursione in programma questa settimana ci porta lontano dalle nostre care Apuane in un paesaggio totalmente diverso ma non per questo meno spettacolare.
Siamo nel grossetano nell'alta Maremma toscana, quasi al confine con il Lazio, tra borghi medievali e dolci colline assolate, nella zona dei "tufi" zona ricca di storia di molti millenni.
La zona è quella di: Pitigliano, Sorano e Sovana che sono considerati i "borghi del tufo", e fanno parte di un'area molto estesa chiamata Parco archeologico del Tufo caratterizzata dalle Vie Cave (anche detti Cavoni o tagliate, il nome deriva dall'essere dei percorsi lunghi, stretti e profondi), ossia dei veri e propri canyon intrappolati tra suggestive e ripide pareti di tufo.
L'area (in particolare la zona tra Sovana e Sorano) comprende varie necropoli etrusche scavate nel tufo.
Per raggiungere Sorano abbiamo dovuto affrontare un lungo viaggio, infatti ci sono volute quasi quattro ore per raggiungere Cerreto di Sorana dove avremmo alloggiato presso le suore di Janua Coeli Santuario dell’Addolorata.
Cerreto è la più piccola frazione del Comune di Sorano e deve la sua fama ad un fatto miracoloso accaduto il 19 maggio 1853 a una pastorella del luogo, Veronica Nucci. Mentre la ragazza si trovava a pascolare le pecore venne colta da un temporale improvviso e riparò sotto una enorme quercia. In quel momento la Madonna le apparve e le parlò.
Si tratta di un luogo di preghiera immerso nel verde, meta di molti pellegrini desiderosi di trovare la pace e la serenità dello spirito.
Nel 1857 nel luogo dell’apparizione venne posta la prima pietra del santuario dedicato all’Addolorata e nel 1864 la piccola Chiesa fu aperta al culto.
Dopo le sistemazioni abbiamo fatto subito la nostra prima escursione che prevedeva di partire dal santuario e ad anello ritornarvi passando da San Quirico.
partendo dal santuario prendiamo la strada che va verso la provinciale Sorana - San Quirico ma non la raggiungiamo, infatti, prendiamo uno stradello che parte sulla destra subito dopo una casa e ci inoltriamo per campi sino a raggiungere un gruppo di case che formano il piccolo borgo di Cerreto oggi abitato da solo 19 persone; qui c'è un'enorme quercia che pare abbia dato origine al nome del borgo Cerreto da cerro (Quercus cerris).
Seguiamo sempre il sentiero sino ad un bivio, prendiamo il sentiero che scende a destra e che subito si fa più ampio, cominciamo decisamente a scendere e notiamo già le imponenti pareti scavate nel tufo.
La lunga discesa ci conduce al fiume Lente che lo costeggiamo per un certo tratto poi proseguiamo in boschi di querce sino a ritrovare il fiume che dobbiamo attraversare con un infido guado.
Adesso risaliamo e infine giungiamo nella zona delle grotte scavate nel tufo di Vitozza.
È un insediamento rupestre medievale, il più grande dell’Italia centrale e fa parte del Parco Archeologico Città del Tufo. Le grotte che costituiscono il villaggio furono probabilmente abitate fin dal Paleolitico, ma esso raggiunse il suo periodo di massimo splendore intorno al XII-XIV secolo.
Rimaniamo subito affascinati da queste enigmatiche grotte e l'emozione è forte, soprattutto se si pensa che gli Etruschi le hanno scavate a mano nella roccia vulcanica tenera e friabile e che percorrevano questi sentieri in ripida salita con i carri, di cui a tratti si riconoscono ancora le strette rotaie incise nel tufo.
Camminiamo su un bel prato verde fino a che non arriviamo ai resti della chiesa, detta la “Chiesaccia” di cui rimangono tutti i muri perimetrali.
Poi seguiamo le indicazioni per le grotte che sono poste nella parte sud.
Ridiscendiamo lungo un sentiero tortuoso e scavato dall’acqua. E iniziamo a trovare altre grotte scavate nel tufo. Alcune erano abitazioni a due piani, altre sono ampie e rifinite e probabilmente erano adibite ad usi artigianali e produttivi altre ancora erano usate come ricovero per gli animali. Davanti ad alcune di esse ci sono dei cartelli gialli che ci aiutano a capire meglio la destinazione d’uso di tali ambienti e ci dicono da chi furono abitate e da chi: nel 1783 per ordine dei Lorena infatti ne fu censita la popolazione.
Veniamo così a sapere che nel 1783 una grotta, la n° 15“detta della Riccia”, era abitata da Agostina vedova Bartolomeo Brunetti, che fu l’ultima abitante di Vitozza, in un’altra (la numero 4) invece viveva Giuseppe Benocci, in un’altra ancora una certa Laura vedova di Francesco d’Angelo. Conoscere i nomi di questi abitanti ci fa porre degli interrogativi: come si viveva qui?
Altre grotte dai nomi suggestivi sono: Grotta dei due piani: due ambienti in verticale, collegati da scalini, la Grotta del Somaro: composta di confortevole abitazione ed adiacente stalla e la grotta dei “Diavoli” dove alloggiava Giuseppe Brogi .
Molte altre sono le grotte lungo la via.
Arriviamo al castello che ne rimane ben poco, solo qualche muro e poi scendiamo verso la foresteria, qui termina il parco.
Percorriamo circa un chilometro e passando davanti ad alcune grotte ancora utilizzate come depositi giungiamo a San Qiurico.
Questa frazione si trova a circa 5 Km da Sorano è la frazione più popolosa del Comune Le sue origini sono legate alla fine dell’importante centro rupestre di Vitozza.
La sosta per un gelato o un caffè e poi si riparte su strada asfaltata per tornare a Cerreto.
Quando arriviamo è ancora presto e allora decidiamo di andare a fare una visita a Sovana, questa volta in auto.
Meraviglioso borgo medioevale dove sembra che il tempo si sia fermato. Camminando per il piccolo centro storico si ha la sensazione di fare un viaggio nel tempo. Appena fuori il paese è possibile ammirare le antiche tracce di vita risalenti all’epoca degli Etruschi; infatti dal 7° al 3° secolo a.c., Sovana fu un importante e fiorente centro etrusco e ne è traccia l’attuale Necropoli con la famosa tomba a forma di tempio greco denominata Tomba Ildebranda. Successivamente Sovana divenne un’importante città in epoca romana e sede vescovile nei primi secoli del Cristianesimo. Tra il 6° e il 7° secolo d.c. fu conquistata dai Longobardi e passò sotto il dominio degli Aldobrandeschi il cui Ducato si estendeva su tutto il territorio della Provincia di Grosseto. Agli Aldobrandeschi succedette la Famiglia degli Orsini, già presente a Pitigliano, ma nel 1410 la cittadina fu devastata e saccheggiata dai senesi. Per alcuni secoli Sovana rimase in un stato di abbandono e solamente un meticoloso e costoso restauro ha fatto sì che arrivasse al giorno d’oggi nello stato originale che ne rappresenta un gioiello perfettamente conservato con una storia alle sue spalle lunga migliaia di anni.
Terminata la breve escursione a Sovana rientriamo per la cena e con piacevole sorpresa le suore ci accolgono con tagliatelle al pesto d'ortica e ravioli con panna, scaloppine con melanzane grigliate e insalate fragole e vino buonissimo Morellino di Scansano tutto squisito.
Mancava il caffè e decidiamo di andarlo a prendere in quel bel gioiellino di città che è Pitigliano, la piccola Gerusalemme della Maremma per il ruolo cardine che gli ebrei hanno avuto nella vita della città.
Percorrendo le antiche vie del paese, protette dagli edifici del centro storico, vediamo degli scorci unici e molto affascinanti. Giunti nel ghetto sui muri notiamo le scritte in ebraico che ci guidano fino al luogo di culto per eccellenza per la comunità ebraica presente nel borgo, la Sinagoga, costruzione risalente al 1598 e purtroppo vista l'ora è chiusa.
Il centro storico si sviluppa su tre vie principali, quasi parallele, collegate da una fitta rete viaria di sessanta vicoli, alcuni dei quali si aprono a strapiombo sulla rupe tufacea su cui si sviluppa l'abitato medievale. Molte abitazioni conservano rifiniture degne di nota: portali decorati dal bugnato rustico, stemmi gentilizi e cornici di travertino alle finestre. Nel sottosuolo del paese si aprono dedali di gallerie, cantine e cunicoli in buona parte di epoca etrusca. Molti sono i monumenti in questa città alcuni sono: la Fortezza Orsini, Palazzo Orsini, Gli Archi dell'Acquedotto Mediceo, Il Duomo e molti altri e anche questi ci dobbiamo accontentare di vederli dall'esterno.
Si è fatto tardi e siamo anche abbastanza stanchi, la giornata è stata veramente piena!
Dopo una notte abbastanza avventurosa e una ricca colazione siamo pronti per andare alla scoperta di altre Vie Cave e per la precisione della Via Cava di San Rocco; per questa via dobbiamo raggiungere il paese di Sorano.
Attraversiamo il borgo tra stradelle di pietre e larghe scalinate scendono al caratteristico borgo di Sorano, di forma ovale, seduto su uno scosceso sperone di tufo, incorniciato dal corso del fiume Lente e dei suoi affluenti. La passeggiata tra le vie del centro consente di ammirare il Palazzo Comitale, la chiesa di San Nicolò, l’impressionante Masso Leopoldino sormontato dalla torre campanaria.
Si scende verso il fiume uscendo dal borgo sotto la maestosa Porta dei Merli, una delle due porte di accesso al paese, quella che si affaccia sulla valle del Fiume Lente. Il portale è sormontato da due stemmi: l'insegna di Cosimo II dei Medici e quella di Niccolò IV Orsini.
Giungiamo al ponte sul Lente e lo costeggiamo, superiamo un torrente su un ponticello (cartello informativo ) e ci s’infila nella via Cava di San Rocco che sale sinuosa tra alte pareti perpendicolari.
Questo capolavoro dell’architettura “per sottrazione” si fa ammirare per la “tagliata” nel tufo, per le spettacolari curve a gomito, per le opere di imbrigliamento delle acque nella canaletta centrale e nei canali laterali. Più in alto s’interseca un suggestivo passaggio ipogeo, introdotto da una croce scolpita nella roccia, che conduce su un terrazzino panoramico. La Via Cava raggiunge infine la cappella di San Rocco, che conserva ancora al suo interno i resti di un affresco seicentesco che rappresenta la Madonna col bambino, posta a circa 2 km da Sorano, a pochi metri dalla strada per Sovana.
L’insediamento rupestre di San Rocco è situato su una enorme terrazza panoramica immersa nel verde che domina il borgo medievale di Sorano e la vallata del fiume Lente. Dal punto di vista archeologico, questa zona è quasi del tutto inesplorata. Lungo i costoni del pianoro sono numerosi gli ambienti scavati nel tufo. Alcuni di questi, in particolare quelli esposti a sud ovest, sono stati utilizzati durante il periodo etrusco come luoghi di sepoltura; altri nel Medioevo hanno avuto una funzione quasi esclusivamente abitativa.
Di probabile origine etrusca, questo sentiero scavato profondamente nello sperone tufaceo è di grande suggestione scenografica. Le pareti della cava, lavorate dalla mano dell’uomo e dagli agenti atmosferici, sono ricoperte da muschi e licheni, lungo il percorso si possono ammirare: il sistema di canalizzazione delle acque piovane e numerose scale scolpite nel tufo che permettevano di uscire dalla via stretta e profonda per raggiungere i piccoli appezzamenti di terra dei pianori. Di particolare interesse sono infine alcune nicchie contenenti originariamente immagini di sacre: i cosi detti “scacciadiavoli” che avevano la funzione di proteggere il cammino del viandante.
Una strada sterrata aggira l’acropoli e raggiunge un largo piazzale panoramico. Siamo sul Belvedere, una terrazza circondata da un sistema di guglie rocciose, che fronteggia con un magnifico colpo d’occhio il borgo di Sorano e la valle del Lente. Proseguendo sul percorso individuato da staccionate di legno, il sentiero sale verso un picco roccioso, nuovo belvedere ricco di particolari sulla rupe di Sorano, si può osservare la fronteggiante parete che digrada dal Masso Leopoldino al fiume, traforata da un gran numero grotte ancora in parte utilizzate, e godere di una favolosa panoramica sulla valle e sul borgo di Sorano.
Ritorniamo sui nostri passi e ci riportiamo a Sorano andando a fare una breve visita della città, come farci mancare una visita, almeno, al Sasso Leopoldino, una terrazza che consente di ammirare lo splendido panorama a 360 gradi e alla Fortezza Orsini, costruita in posizione dominante il borgo di Sorano che è un grandioso esempio di architettura militare dell'epoca.
Purtroppo il tempo a nostra disposizione è quasi terminato, però non ce ne andremo senza aver completare la gita con un bel pranzo tutti assieme, la fortuna ha voluto che ci fosse una sagra e all'unanimità abbiamo deciso, senza tentennamenti, di approfittarne, abbiamo fatto proprio bene gustando tante specialità gastronomiche ed enologiche del posto.
E' stata un'escursione inusuale ma piena di fascino in uno scenario davvero unico e suggestivo in luoghi magici, sospesi tra la storia e la natura nella splendida maremma.