Foto escursione

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Abbiamo
sperato sin all'ultimo che le previsioni meteo
fossero sbagliate e puntualmente ci troviamo
all'appuntamento fiduciosi che ce la faremo a
fare questa bella escursione che ci dovrebbe
vedere sulla seconda vetta, per altezza, delle
Apuane: il monte Tambura 1895 mt. Siamo in
sedici
e ci dirigiamo alla volta di massa e da quì
seguiamo le indicazioni che portano verso Forno
e Resceto, la nostra destinazione. Ci arriviamo
in circa trenta minuti e parcheggiamo nella
piccola piazzetta al termine della strada. Siamo pronti per
partire, nella piazzetta c'è una fontana in caso
di mancanza d'acqua è bene fare rifornimento
perché di acqua non ne troveremo, l'unica fonte
fruibile è al lontano rifugio Conti ai
Campaniletti. Imbocchiamo la via
appena sopra la piazzetta, da prima asfaltata ma
che diventa subito sterrata; da qui comincia la
famosa Via Vandelli, ardita opera di ingegneria
stradale nata per mettere in comunicazione
Modena con Massa, valicando l'Appennino e le
Apuane. La strada, iniziata nel 1738 e terminata
nel 1751, prende il nome proprio dal suo
progettista, l'ingegnere Domenico Vandelli.
La via Vandelli è numerata CAI con segna via 35
e in questo tratto prosegue in comune al 166 che
da casa Fondo ci condurrà alla lizza Silvia.
Ma abbiamo una prima avvisaglia meteo un breve
scroscio d'acqua ci investe e niente neanche
questo ci fa desistere dai nostri propositi.
Sulla nostra destra vediamo distintamente il
lungo serpenteggiare della Vandelli.
Continuiamo allegramente e il nostro vociare
riempie la valle, lungo il percorso notiamo dei
fori, infatti vi sono conservati alla
perfezione i numerosissimi grandi fori tondi e
ottagonali praticati dai lizzatori nella viva
roccia di marmo bianco per ospitare i “piri”,
cioè i grandi pioli di legno - talvolta anche di
marmo - intorno ai quali venivano avvolte le
funi con le quali i “mollatori” governavano la
discesa della “carica” di marmo. Dal bordo di
ciascuno di questi fori si diparte
tangenzialmente verso il basso la scanalatura
scavata nel marmo da quelle funi ( se vi
interessa approfondire la conoscenza delle vie
di lizza vi rimando al sito
http://www.pralymania.com/Lizzatura_IT.html
). Proseguendo superiamo il bivio per la Foce
della Vettolina che tralasciamo e continuiamo
sino ad incontrare la casa del Fondo (
627mt.)per imboccare la lizza dovremmo svoltare
a sinistra
ma qui praticamente il tracciato è praticamente
scomparso. continuiamo sempre sulla Vandelli
sino ad un
masso stele che ci indica per Passo
Focolaccia o per Passo Tambura, noi seguiamo per
Focolaccia. Prendiamo sulla sinistra seguendo
i segna via 166 e 166bis.
Abbiamo ancora una bella vista sulla Vandelli
che si inerpica a destra e sul ponte metallico
che permette di superare il canal Pianone.
Saliamo tra paleo raggiungendo una cresta e da
qui ci dirigiamo verso il canale del Padulello,
qui è evidente la massicciata; finalmente
ci siamo, la lizza si apre davanti a noi in
tutta la sua bellezza! Subito inizia a salire
molto, ma molto ripidamente raggiungendo
pendenze dell' 80/90% e con il progredire il
vociare si fà meno ciarliero!
Adesso ci
troviamo davanti ad un tratto franato e molto
smosso, decidiamo di salire su questo "ravaneto"
ma dobbiamo fare molta attenzione ad non far
cadere sassi, superato questo tratto giungiamo
ad una crestina che si innesta sul 166 bis siamo
di nuovo sulla lizza e adesso è veramente ripida
risalendo il canale del fondo ed in questo punto
è ben visibile la massicciata che ne costituiva
la base. Mentre
saliamo affannosamente il celo si fa' sempre più
scuro e forti tuoni si avvicinano sempre di più
non sappiamo bene cosa fare se rigirarci o
tentare di arrivare alla cava del Padulello e
cercare riparo in qualche vecchia costruzione o
rigirarci, i più ottimisti o irriducibili
convincono tutti a proseguire, ma ancora tuoni e
celo nero come di notte! Giungiamo
all'innesto con il sentiero n° 36 proveniente
dal Passo della Vettolina e facciamo ancora un
altro punto della situazione ma non facciamo in
tempo a domandarci cosa fare che si aprono le
cataratte del celo e giù acqua a più non posso
la scelta è una sola: tornare indietro.
Decidiamo di non fare la via dell'andata
ma di imboccare il sentiero per il Passo della
Vettolina, il 36. Iniziamo subito la discesa
in forte pendenza e l'erba alta e l'acqua
scrosciante ci rendono il cammino difficile,
lungo il percorso vi sono dei paletti verniciati
di bianco e rosso che ci danno l'idea di dove
dirigerci, purtroppo il tracciato è scavato
dallo scorrere dell'acqua e siamo costretti a
camminare in una trincea trasformata in
torrente, inoltre adesso si è alzato un vento
fortissimo che ci fa perdere l'equilibrio, tutti
questi fattori ci portano ad essere spesso con
le terga a terra. Piove così forte che ormai
non ci preoccupiamo neanche tanto di non
bagnarci, d'altronde siamo zuppi come pulcini.
Il percorso diventa meno ripido e fiancheggiamo
dei vecchi ruderi delle case carpano a 1047 mt.
anche sotto questa fitta pioggia torrenziale non
posso fare a meno di pensare
a
chi viveva qui nei periodi estivi portando con
se le greggi al pascolo, ancora oggi un unico
pastore resiste testimone di antiche memorie.
Ora il sentiero prosegue in leggera salita e
come se non bastasse l'acqua e il vento adesso
inizia anche a grandinare copiosamente, sembra
che la natura voglia rifarsi su chi ha osato
sfidarla. Superato un boschetto giungiamo
alla Foce della Vettolina (m.1.059) antico
valico di pastori, in altri momenti più
favorevoli avremmo avuto una bella vista sul
panorama che spazierebbe dal golfo della Spezia
a tutte le montagne delle Apuane settentrionali:
il Sagro, il Grondilice, il Contrario e il Cavallo
e sotto di noi la
splendida valle degli Alberghi che sale dal paese di
Forno; ma oggi non è giornata e l'unica cosa è camminare
il più speditamente possibile per raggiungere il
paese di Resceto. Alla foce lasciamo il
sentiero 36 e ci dirigiamo verso sud. Il
sentiero scende subito molto ripidamente e la
difficoltà più grossa è dovuta comunque dalle
numerose piante di ginestroni che con le loro
spine ci rendono la vita difficile; in molti
tratti inoltre il sentiero è di difficile
individuazione per via di una folta vegetazione
di felci e erba alta; comunque con attenzione si
distinguono bene i segni posti di recente ma il
terreno pregno d'acqua è molto scivoloso e
quindi povero sedere! Siamo in uno stato
pietoso, bagnati sino alle midolla, graffiati e
ammaccati ma dobbiamo continuare a scendere,
finalmente come un miraggio giungiamo ad una
vecchia cava abbandonata da dove parte un
altrettanto vecchia strada, quel che ne resta,
che ci permette di camminare speditamente sino a
reimmetterci sulla via Vandelli, in pochi minuti
siamo al parcheggio. E come a voler deriderci ha
smesso di piovere e si aprono pina piano spazzi
di celo sempre più ampi sin a venir fuori un
caldo sole che per lo meno ci asciuga un pò.
L'escursione non è riuscita proprio come
volevamo ma comunque è stato una esperienza lo
stesso, io personalmente ne avrei fatto anche a
meno ma anche da queste situazioni si può
imparare qualcosa, chi sà se non ostante l'amore
che abbiamo per la montagna non riusciamo a
capire quando non è il caso di tentare cose così
ardite? Bà io credo di no! Ciao e alla
prossima!!!
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