L’itinerario di oggi è
posto nell’estremità occidentale del parco del Parco
Nazionale dell'Appennino Tosco Emiliano : completamente in
provincia di Parma si tratta di un'escursione d’eccezionale
valore naturalistico impreziosito dalla presenza del più
vasto lago naturale dell’Emilia: il Lago Santo Parmense.
Il settore di crinale appartenente alla provincia di Parma,
pur non presentando cime oltre i 2000 metri come avviene
invece nel Reggiano e nel Modenese, è comunque
un’ininterrotta sequenza di vette comprese tra 1700 e 1850
metri; il crinale mantiene inoltre inalterate le sue
caratteristiche di montagna aspra. L’escursione che siamo a
descrivervi tocca la montagna più nota del Parmense: il
Monte Marmagna, facile meta anche per escursionisti senza
molto allenamento. Non è comunque la cima più alta in
provincia di Parma che risulta invece essere Monte Sillara,
superiore di pochi metri.
Dopo questa prefazione
raccontiamo come sono andate effettivamente le cose.
Per l'ennesima
volta abbiamo messo il monte Marmagna in calendario
escursionistico e le buone condizioni meteo per il week and
fanno davvero ben sperare.
Ci troviamo
all'appuntamento, davanti alla ex sede a Ripa
in quindici
una volta divisi su tre auto partiamo alla
volta della località Lagdei.
Il parco si raggiunge dall'uscita di Berceto
dell'autostrada Parma-La Spezia (A15), attraversando il
Passo del Sillara e arrivando a Bosco di Corniglio. Per chi
proviene da La Spezia si consiglia l'uscita di Aulla che
consente di raggiungere Rigoso nel comune di Monchio delle
Corti. Altre strade che portano al parco sono la provinciale
numero 13 che da Pastorello arriva a Corniglio e la statale
665 che da Langhirano porta al passo del Lagastrello.
Una volta giunti
rimaniamo subito delusi, anche se lo sospettavamo, della
mancanza assoluta di neve.
Ma ormai siamo quì e
decidiamo di partire alla volta del Lago santo Parmense che
dista circa 45 minuti da quì.
Imbocchiamo il sentiero n°
727 sulla sinistra del rifugio, entriamo in una bella
abetaia, la neve, come detto è inesistente.
Proseguiamo su tornanti
immersi in faggeta, mentre saliamo però si fa presente il
ghiaccio di quelli " vetrati " che ci obbliga a indossare i
ramponi.
La giornata è
tersa ma questo è dovuto a un forte e freddo vento di
tramontana.
Attraversata la
ex pista da sci troviamo il tratto più ghiacciato ma con i
ramponi ai piedi è semplicissimo passare; scollettiamo e tra
gli alberi notiamo la bandiera del rifugio Mariotti posto
sulle sponde del lago che è sempre un bello
spettacolo.
Breve storia del rifugio
(liberamente tratto da “I cento anni del rifugio G. Mariotti
al Lago Santo”, CAI Parma, 1982)
La prima
capanna-ricovero al Lago Santo fu compiuta nel 1882 e
solennemente inaugurata il 12 settembre di quell’anno con
accensione di falò sulle cime circostanti, illuminazione del
lago e “varo” delle due imbarcazione “Parma” e “Reggio” a
memoria delle due città che all’epoca costituivano la
proprietaria Sezione dell’Enza.
L’antica costruzione, in
muratura di pietrame tradizionale e copertura in lastre di
arenaria, è ancora chiaramente ravvisabile nell’edificio
odierno in corrispondenza dei locali prospicienti il lago
occupati dagli attuali stanza-bar e superiore camerata. Per
la sua costruzione fu parzialmente sfruttato un promontorio
di roccia che prospettava il lago ed una gettata di macigni
ben inferiore all’estensione dell’attuale cortile.
Già
nel 1891 la Sezione procedette ampliamento della
capanna-ricovero, prolungandone il lato nord con la
costruzione sempre in muratura di altri due locali. A questo
punto il rifugio era costituito di quattro stanze di cui due
(camerata e cucina) per i soci CAI e le altre due, con
stessa ripartizione, per gli altri escursionisti.
Con la
Grande Guerra il ricovero fu oggetto di devastazione e
spogliato di ogni suppellettile.
È nel 1924, il 14
giugno, che il rifugio fu reinaugurato alla presenza
dell’on. Giuseppe Micheli dopo le opere di ricostruzione cui
succedettero ulteriori ampliamenti nel retro dell’edificio
con la costruzione di due ulteriori locali (uno la piano
terra ed uno al superiore) che furono inaugurati dal sen.
Giovanni Mariotti nei giorni 2 e 3 febbraio 1929.
Ed a
questi, l’11 agosto 1935, pochi mesi dopo la sua morte, alla
presenza del Presidente Generale del CAI fu dedicato il
Ricovero del Lago Santo che, con scoperta la lapide che ne
ricorda la decennale presidenza della nostra Sezione, da
quel momento acquista il nome di Rifugio Giovanni Mariotti
al Lago Santo Parmense.
Da lì a poco, il rifugio conobbe
le devastazione della guerra. La sera del 18 marzo 1944 fu
oggetto di una aggressione fascista un gruppo di partigiani
asserragliati nel rifugio. La inevitabile battaglia,
ricordata anch’essa in una lapide eretta sul muro del
rifugio, si concluse due giorni dopo qualora i partigiani
assediati riuscirono a rompere l’accerchiamento e portarsi
verso il Monte Orsaro. Ai danni del combattimento si
aggiunsero le devastazioni provocate dalla immediata
rappresaglia dei tedeschi e fascisti.
Nel dopoguerra, con
non poche difficoltà, furono effettuati i lavori di
ripristino e riattamento del rifugio che fu reso interamente
funzionante nel 1950.
Alle costanti cure e miglioramenti
che si succedettero negli anni, di particolare rilevanza
furono i lavori che impegnarono tutta la Sezione sotto la
direzione del presidente Romano Sarti che dal 1977 al 1980
rese attuale la costruzione dell’edificio.
Una
volta raggiunto entriamo e ci presentiamo, ci viene subito
detto dove alloggiare. restiamo un pò fuori ad ammirare il
lago ma poi, al calare del sole le temperature si abbassano
troppo e ci rifugiamo nel bar per qualche bevanda calda e
una partitina a carte nell'attesa dell'ora di cena.
Cena che ci
viene servita puntualmente alle ore 19:00 e devo dire sempre
ottima cucina.
Dopo cena pò di chiacchere al bar e poi tutti a letto.
La nottata passa
senza troppi traumi e la mattinata si presenta
splendida e soprattutto con scarso vento.
Dopo
un'abbondante colazione ci prepariamo per la nostra
escursione sembra che quest'anno non ci saranno intoppi per
raggiungere la vetta. E via, ramponi ai piedi, si parte!
Prendiamo
prendendo a destra del rifugio imbocchiamo il sentiero n 727
mantenendo il tracciato che disegna fedelmente il bordo del
lago
fino ad una vecchia peschiera
di cui si riconoscono i
muretti che delimitano un rettangolo d'acqua presso le rive,
diamo un'occhiata alle nostre spalle in direzione
del rifugio, ciò che vediamo è un bellissimo spettacolo, il
rifugio sulle rive del lago ghiacciato che creea un'
immagine idilliaca, una vera immagine da cartolina.
Superata una fonte delle frecce
indicatrici ci segnalano la direzione giusta, prendiamo il
723 che naturalmente ci indicano per il monte Marmagna.
Questo è il GEA ( Grande
Escursione Appenninica) che percorre il crinale tosco
romagnolo.
Il sentiero
inizia subito a salire con moderata pendenza nella fitta
faggeta frammista ad alcuni abeti,
passiamo a destra poi procediamo nell'abetaia abeti, sino al
bivio (m 1577) con il sentiero 729 che conduce sulla destra
alla Bocchetta dell’Orsaro.
Ignoriamo questa possibilità mantenendo la sinistra per
un breve tratto sino ad un ulteriore biforcazione: a
sinistra il segnavia 719 condurrebbe verso Monte Aquila, la
nostra escursione prevede però il proseguimento sulla
traccia a destra (segnavia 723) in direzione della Sella del
Marmagna.
Scegliamo questo sentiero e siamo in breve
definitivamente all’aperto, fuori dal bosco in quella che in
estate è una densa prateria a mirtillo che riveste i settori
più elevati del crinale.
Finché siamo stati all'ombra nel bosco la
temperatura era abbastanza fresca ma ora all'aperto sotto il
caldo sole è tutta un'altra cosa, parti ghiacciate si
sostituiscono a zone fangose o con neve acquosa, ma noi
prendiamo quel che viene e ci godiamo l'escursione.
Percorriamo fedelmente quello che è il sentiero e dopo molti
tornanti e una salita mai troppo ripida siamo alla Sella del
Marmagna ( 1725 mt.), appunto tra il Marmagna a destra e il
monte Aquilotto a destra.
La giornata tersa
ci offre una bellissima visione del mar Ligure con il
promontorio di Porto Venere; ma la vista corre oltre, fino
al profilo della Corsica, la Gorgona e l'Elba, sulla
sinistra invece, bel colpo d'occhio di buona parte delle
Alpi Apuane e ancora più spettacolare quasi tutto l'arco
alpino da ovest a est, ben evidente l'inconfondibile Monviso
e il monte Rosa.
Si riprende a salire sul crinale
di destra tenendoci sul segnavia che percorre le pendici
emiliane della vetta mantenendoci poco sotto la cresta. Ora
sul versante emiliano è più abbondante e l'ambiente è
magnifico, dietro di noi spicca il vicino monte Aquilotto, con
sempre, le splendide Alpi Apuane più lontane, a
sud-est.
Affrontiamo l'ultima parte più faticosa e ripida
che precede
l’arrivo sui prati sommitali mentre sotto di noi appare
una stupenda vista su tutta la conca glaciale e il lago
ghiacciato, ma ecco che infine vediamo la grande croce della
vetta, ancora pochi passi e la raggiungiamo.
Da qui
abbiamo un panorama ancora più vasto e suggestivo del
precedente apprezzato in sella; da buona parte delle Alpi Apuane, alla costa ligure di levante, dalle
lontanissime Elba e Corsica ai più vicini
monti Braiola ed Orsaro.
Ci saturiamo i sensi con questi magnifici paesaggi e
questo grande senso di pace. Ci si trova nel punto più alto
della zona e forte e gradevole è la sensazione di vedere
tutto dall’alto.
Il bel sole caldo il celo terso e
tutto lo spettacolo che ci stà davanti ci invita a restare
ad ammirare il tutto ma tutte le cose, specialmente se belle
terminano presto e quindi dobbiamo riprendere, a malincuore,
il cammino del ritorno.
Questa volta seguiamo la cresta
ma ben presto la abbandoniamo perché scarsamente innevata e
non ci va di arare la terra, scendiamo sul versante emiliano
e raggiungiamo il sentiero percorso in precedenza
sino alla
Sella del Marmagna e e da
qui al rifugio Mariotti.
Al rifugio troviamo degli altri
amici che si sono uniti in mattinata e hanno fatto
un'escursione intorno al lago, rimaniamo a parlare e poi
approfittando dell'ospitalità del rifugio, per la verità
oggi anche troppo affollato, per gustare le buone ricette
che offre.
Ben rimpinzati riprendiamo il cammino e con i
ramponi ai piedi seguiamo il percorso fatto il giorno prima
e scendiamo sino al Lagdei.
La neve
era scarsa, pazienza, l'importante
è stato, come sempre,
quello di stare in buona compagnia e di goderne della
reciproca amicizia.