U.O.E.I.
UNIONE OPERAIA ESCURSIONISTI ITALIANI
Sezione "Antonio Tessa" - RIPA DI VERSILIA

09/09/2018 Pisanino dalla Bagola Bianca 
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“Bagola Bianca”…bastano queste due parole per accendere l’entusiasmo e contemporaneamente il timore degli escursionisti apuanofili; la Bagola rappresenta infatti una impegnativa via di salita al Pisanino che si snoda sull’affilata e ripida cresta ovest, caratterizzata dalla presenza di rocce smosse e paleo.La Bagola Bianca è il vertice dove convergono due ripide creste: una (quella da noi percorsa) proveniente dalla Val Serenaia, l'altra,  la Forbice proveniente dal  fondovalle del Serchio di Gramolazzo. Il nome “Bagola Bianca” deriva probabilmente dalla bianche rocce che la distinguono e che si stagliano inconfondibili sull’onnipresente tappeto di paleo che caratterizza questo versante del Pisanino.
Il Monte Pisanino può essere ritenuto il re delle Alpi Apuane dal momento che, con i suoi 1.947 metri, è il monte più alto della catena apuana, estesa tra le province di Lucca e di Massa Carrara.
 

Percorriamo l'autostrada sino ad Aulla, seguendo per Fivizzano e Poi imbocchiamo la strada per Lucca, seguendo le indicazioni per Minucciano.
Appena passata una galleria sulla destra parte una strada che porta alla località Orto di Donna in val Serenaia
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Indicazioni stardali

 

 
ITINERARIO:
ITINERARIO per il Pisanino: Dal rif. Val Serenaia (1060 mt.), Bagola Bianca (1050 mt), vetta Pisanino (1947 mt)
 
  PARTECIPANTI: 21  escursionisti

 

 

DIFFICOLTA’  -  (EE)

 
TEMPI DI PERCORRENZA
Ore 6,30 (cammino effettivo)
 


 
SENTIERI CAI PERCORSI : Tracce-segni blu di vetta- N°178 Val Serenaia – Foce di Cardeto – marmifera delle Cave Acqua Bianca ed innesto sent.36

 

  
 


ACQUA:
Parcheggio del Campeggio –  rifugi Donegani,  Val Serenaia
 
 
PUNTI D'APPOGGIO: Ai rifugi Val Srenaia, Rifugio Donegani,  nessuno lungo il percorso
 

PERIODO CONSIGLIATO:  Tarda primavera a tutta l'estate e autunno, sconsigliatissimo in inverno con ghiaccio e neve 

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 La Leggenda del Pisanino:
Nel corso di una delle tante guerre con le città limitrofe che videro impegnati i pisani, un capitano pisano: uomo onesto e giusto, venne accusato di tradimento e costretto a fuggire insieme al figlio per evitare la morte. Fuggendo trovarono rifugio in Garfagnana, ma i soldati li raggiunsero e uccisero il padre sulle rive del Serchio mentre il figlio riuscì a mettersi in salvo nei boschi del monte Pisanino. Attraversando valli e montagne raggiunse il paese di Gorfigliano dove trovò un pastore molto generoso che lo accolse. Il pastore aveva una figlia che rimase affascinata dalla bellezza e dalla gentilezza del ragazzo, così decise di curare la sua malattia. Il giovane però non rivelò mai il motivo del suo arrivo ne il suo nome, per questo venne chiamato "il Pisanino".
Nonostante le cure però il giovane morì; padre e figlia lo sotterrarono con profondo dolore nel giardino dove ogni giorno la povera ragazza andava a piangerlo. Ogni lacrima divenne una pietra e non molto tempo dopo al posto del giardino si era formata un'alta montagna, la più alta delle Apuane che tutti la chiamarono "il Pisanino". Gli Dèi, per confortare il dolore della ragazza, disegnarono tra le sommità delle due Panie il volto del giovane, di modo che potesse essere ricordato. Ancora oggi si dice che i cristalli che i cavatori trovano nel marmo sono le lacrime della ragazza.

      

 

 


Foto escursione

 

 

 

 

 

 

 

 


              

Questa settimana ci cimentiamo su una via molto impegnativa, al di fuori delle escursioni semplici sulle Apuane. Ci abbiamo pensato molto se inserirla nel calendario delle escursioni della sezione. Le molte richieste dei soci e la partecipazione numerosa ci hanno convinto di effettuarla; anche perché nei mesi passati abbiamo avuto modo di vedere il migliorarsi dei nostri soci, almeno quelli intenzionati a fare escursioni del genere.
 
Ci troviamo al rifugio Val Serenaia a quota 1060 mt. Alcuni di noi, in verità, sono saliti dalla ferrata del Contrario già dal giorno prima dormendo al rifugio, tanto per non farsi mancare nulla.
Guardando lo scenario che ci circonda siamo già appagati volgendo lo sguardo a 360 gradi siamo circondati dalle cime più maestose e famose  delle Apuane, Pizzo d’Uccello, Pisanino, Cavallo, Contrario e Grondilice sorvegliano pazientemente il luogo e sono i silenti testimoni della devastazione ambientale delle molte cave che caratterizza questa bella e sventurata valla.
Partiamo dal parcheggio del rifugio, diamo un'occhiata alla cima e di fronte ai nostri occhi si dipana tutto il nostro itinerario lungo la ripidissima costola ovest della Bagola. Da qui Re Pisanino appare una montagna severa e compatta e ci mette un pò di soggezione; con il dovuto rispetto iniziamo a salire.
Suggeriamo a tutti di rifornirsi di acqua alla partenza perché durante tutto il tragitto non se ne trova più. Siamo in 21 partecipanti, un gruppo forse troppo numeroso per un'escursione di questa difficoltà, dovremo stare molto attenti.

Attraversiamo il letto di un torrente in secca inoltrandosi sul pendio erboso con una traccia spesso poco evidente ogni tanto si possono scorgere vecchissimi segni rossi ormai sbiaditi. Inizialmente è possibile scegliere tra due itinerari, quello sulla sinistra è più evidente. Il secondo procede invece sostanzialmente dritto; partendo sempre dal parcheggio procede su una traccia meno evidente che a tratti si perde nell'erba. Dobbiamo, comunque, tenere a vista la cresta che vediamo a sinistra, quindi percorriamo da inizio un impluvio e poi giriamo verso destra. Oggi forse siamo anche fortunati per trovare la traccia giusta, probabilmente nei giorni scorsi c'è stato un bel via vai e l'erba è schiacciata rendendo visibile il percorso.
La Bagola Bianca è un imponente anfiteatro di roccia ed erba culminante con una cresta affilata contornata da scivoli rocciosi.
Come detto procediamo su una traccia appena accennata che scompare per lunghi tratti nascosta dall'erba che quest'anno è particolarmente folta e alta. Qui non c'è il pericolo dei sassi ma il paleo è un nemico ancora più subdolo, nasconde le sconnessioni del terreno ed è scivoloso. Scivolare, o sfuggicare come si dice in versiliese, potrebbe essere irrimediabile dato che l'elevata pendenza renderebbe impossibile frenare la caduta. Qui è difficile descrivere il tracciato, si deve procedere fidandosi dell'esperienza scegliendo il percorso più facile evitando al contempo di portarsi in situazioni problematiche. Attraversato il pianoro che separa il parcheggio dalla montagna si inizia subito a salire con decisione, la traccia in un primo momento evidente scompare tra l'erba alta rendendo ancora più faticosa l'ascesa. Ci portiamo a ridosso di una crestina che intendiamo salire incontrando dei segni rossi, sbiaditissimi, su roccette a indicare il sentiero. Il gruppo inevitabilmente si sgrana perché una forte pendenza sul paleo è decisamente faticosa e pericolosa. Il paleo è un'erba molto coriacea che con estrema prudenza può essere usata come appiglio ma che forma un tappeto sostanzialmente uniforme e scivoloso sotto le suole; chi dovesse cadere probabilmente non avrebbe alcun modo di fermarsi, con conseguenze immaginabili.
Tra l'erba spuntano a tratti delle rocce da superare arrampicando che possono mettere in difficoltà in quanto sempre esposte . Con molto buon senso riusciamo quasi sempre a trovare un'alternativa lasciando spesso la traccia segnalata che segue sostanzialmente la cresta. Dalla cima della Bagola Bianca cominciano a spuntare i raggi del sole che la inonderanno completamente quando noi l'avremo oramai salita.
Giungiamo finalmente alla cima della Bagola Bianca (m. 1807). E’ un momento di grande soddisfazione: il Pisanino si para di fronte a noi alto e slanciato, e sembra davvero impossibile poter arrivare lassù. Sotto di noi appare Gorfigliano, oltre 1000 metri più basso, mentre le creste della Forbice e della Mirandola mostrano tutte le loro difficoltà.
Ci concediamo una sosta prima di affrontare un tratto ancora più impegnativo lungo la cresta rocciosa che conduce in vetta. Il paleo lascia il posto alla roccia che disegna un sentiero ora ben evidente, sempre esposto in cima a profondi precipizi. Il panorama è maestoso: la Garfagnana punteggiata di laghi orlata dalle cime dell'Appennino, la Lunigiana in tutta la sua vastità, la costa tirrenica con le isole più vicine visibili nonostante la foschia estiva, e in lontananza le Alpi Marittime. Ma lo sguardo è costantemente rapito dalle vette delle Apuane che possiamo ammirare nella loro interezza. Le difficoltà ci impongono di concentraci solo sul cammino; qui più che mai è vietato distrarsi, una caduta sarebbe senza appello. Siamo in vetta alle 12,00, gli accompagnatori possono tirare un lieve sospiro di sollievo anche se il bello deve ancora venire. Per alcuni è la prima salita perciò ci complimentiamo con loro, d'altronde è la vetta più alta delle Apuane!
Dopo una sosta e le classiche foto di rito, ci accingiamo a scendere, percorrendo la via normale. Transitiamo sull’elementare ma esposta cresta sud della montagna (presenti segni blu) sino ad arrivare allo sbocco del Canale delle Rose, il cui nome deriva da una delicata leggenda.
Il Canale delle Rose è particolarmente rischioso perché in forte discesa e pieno di sassi friabili e smossi. Raccomandiamo a tutti la massima attenzione iniziando a scendere compatti per evitare di far cadere sassi su chi è più in basso. Dopo una lunga discesa nel Canale delle Rose giungiamo alla Focetta dell'Altare da dove si presentano due alternative, continuare a scendere verso il fondo valle su un sentiero però particolarmente brutto o aggirare gli Zucchi di Cardeto raggiungendo infine la Foce di Cardato e da li la Val Serenaia. In effetti ci sarebbe una terza alternativa: salire gli Zucchi. Ma è per soli esperti e assolutamente no per un gruppo. Decidiamo di aggirarli, lungo il sentiero incontriamo due gruppi che stanno salendo. Il sole ora picchia davvero forte, la temperatura non è particolarmente elevata ma i raggi solari scottano la pelle. Ci fermiamo proprio sulla foce al riparo dal sole rinfrescati da una brezza leggera. Ripartiamo il sentiero è ben segnalato (segnavia 178) e la traccia evidente, ora si che gli accompagnatori possono tirare un vero sospiro di sollievo! Perché condurre un gruppo così numeroso sul Pisanino non è da tutti. Lasciamo libero ognuno di scendere col proprio ritmo, appuntamento nel fondo valle al rifugio Val Serenaia. Da qui la sagoma del Pisanino è impressionante, incute timore e profondo rispetto. Ancora pochi passi e siamo sulla carrozzabile e nella zona attrezzata per i pic-nic.
Alle 15,40 siamo di nuovo al parcheggio, sudati, stanchi ma immensamente soddisfatti per aver salito la montagna più maestosa e difficile delle Apuane. Una montagna da salire con la massima attenzione, rispetto e consapevolezza dei rischi che possono essere davvero molto seri.
E' andato tutto bene e allora via tutti a festeggiare davanti ad una bella birra fresca

Ciao, alla prossima!!!

 

 

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