Foto escursione
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Questa escursione ci porta sull'Appennino,
quello Tosco Emiliano. Dopo circa due ore di
viaggio giungiamo alla bella località di Pratizzano, località del comune di Ramiseto, sorge,
appunto, all'interno del Parco Nazionale
dell'Appennino Tosco-Emiliano, tra il Monte
Ventasso e l'Alpe di Succiso, in una prateria
naturale circondata da boschi di faggeti. Su questo
ricco pascolo estivo durante la stagione
invernale si snodano 18 km di piste su tre
circuiti. Lasciamo le auto vicino al Rifugio
Pratizzano a pochi metri dalla strada. Ci
dirigiamo verso il Passo e sulla sinistra
imbocchiamo uno sterrato in lieve salita
contrassegnata dal segna via 667a. In breve ci
ritroviamo sull'asfaltata che proviene da
Montemiscoso. Sbucati sulla strada siamo un pò
disorientati ma un sguardo al gps capiamo che
dobbiamo scendere costeggiando la
torbiera Borra Scura. Proseguendo
troviamo un bivio con indicazioni per il Lago di
Calamone, sentiero 665.
Procediamo in moderata
pendenza con alcuni ripidi strappi, alternando
tratti all’interno del bosco a radure. Più avanti la
traccia contorna un’area disboscata e dopo una
svolta a destra guadagniamo quota in ripida salita.
Il sentiero piega poi a sinistra conducendoci in
una splendida radura che attraversiamo
interamente. Dopo un ulteriore tratto all’interno
del bosco raggiungiamo un prima pista da sci,
dove svoltiamo a destra e poi a sinistra.
Attraversiamo un’altra pista da sci per poi
continuare su un'ampia traccia sbucando appena dopo
in ampi e magnifici pascoli dove ci si pone davanti
a noi la mole del Monte
Ventasso. Proseguiao su
bellissimi parati con altrettanto belle fioriture,
un segnavia sulla destra ci indica la direzione da
seguire, attraversato un prato iniziamo a scendere
verso il lago Calamone. Lago che raggiungiamo dopo
un’ultima ripida discesa
all’interno del bosco. Il lago Calamone, a
quota 1400 mt.,
denominato per secoli Lago del Ventasso, si cominciò
alla fine del XIX° secolo a chiamarlo Calamone,
forse con derivazione dal greco-bizantino “kalamòn”
ovvero “canna palustre”. Con una profondità
di circa 13 metri è un bacino d’origine glaciale
anche se nel 1956 fu rialzato dalla Forestale di
circa 2 metri, ampliandolo grazie ad un piccolo
sbarramento artificiale posto ancora oggi
sull’emissario..
Circondato e protetto da infinite distese di prati e
boschi, è
un lago misterioso e affascinante, sempre presente
nelle leggende del posto: si pensava addirittura
fosse senza fondo e collegato con gli abissi del
mare; il mito fu sfatato nel 1762, quando venne
attraversato in barca con un cavo piombato.
Ogni
stagione ci offre paesaggi e colori
differenti; questo specchio d’acqua è reso ancora
più magico dalla statuetta della
Madonna,
situata al centro su un isolotto, e dal rustico
rifugio Venusta, aperto nei mesi estivi; è
anche una zona di grande interesse botanico: è
infatti possibile trovare diverse specie di orchidee
rare, il trifoglio d’acqua e a giugno è
possibile ammirare il favoloso spettacolo della
fioritura delle ninfee, siamo stati fortunati, anche
se a luglio alcune piante le abbiamo trovate ancora
fiorite.
Ci dirigiamo verso il vicino rifugio Venusta
dove è presente una fonte all’esterno, aperto e
gestito nel pieno della stagione estiva dove alcune
panchine con tavolo in legno invitano alla sosta per
ammirare la serena tranquillità del luogo. Le sponde del
lago sono molto frequentate da escursionisti e
famiglie, molti anche bikers con le MTB. Ci fermiamo
per fare uno spuntino e rimanere ad ammirare il
bellissimo paesaggio. Oggi è un pò caotico, ci
troviamo sul percorso dell'Ecomaratona, arrivata
alla sua sedicesima edizione, una gara trail che si
sviluppa su 42 km con 2300 mt. di dislivello
positivo con il punto più alto la vetta del monte
Ventasso a quota 1727mt. Ripartiamo con
l'intenzione di percorrere il sentiero 663 per
raggiungere l’oratorio di Santa Maria Maddelana,
costeggiamo il lago verso est sino all'intersezione
con il sentiero 663 ma qui troviamo un cartello che
ci avvisa la chiusura del sentiero a causa di una
frana ancora attiva nel passaggio della sassaia,
appena prima dell'oratorio. Non ci resta che
tornare verso il rifugio e seguire un altro percorso
non meno bello, peccato perché questo ci fa' perdere
un bellissimo giro ad anello e una visita ad un
antico romitorio femminile medievale, questo fu più volte
restaurato o ricostruito, l'ultima volta dopo la
distruzione operata dai tedeschi nel 1944, per
eliminare un rifugio strategico alle formazioni
partigiane. Tornati sui nostri passi poco prima
del rifugio Venusta, sulla sinistra parte il
sentiero 661, òo imbocchiamo lasciando il lago alle
nostre spalle per volgere in decisa salita
nell’ombrosa faggeta. Faticosamente risaliamo il
ripidissimo pendio superando il limite del bosco con
panorama che si apre improvviso sia verso nord, in
direzione della pianura, che a meridione, verso il
crinale, bellissima vista in direzione
dell’Alpe di Succiso. Tra splendidi prati verdi
punteggiati di moltissimi fiori multicolori,
guadagniamo un importante bivio. Ignoriamo il
segnavia 667 che si separa a destra mantenendo
invece il 661 che rimonta le pendici occidentali del
Ventasso.
Per raggiungere la vetta
il sentiero ufficiale prosegue sulla destra
attraversando in obliquo ma un altro sentiero sale
diretto verso la cima. Noi proseguiamo su quello
segnato sulla destra
il
percorso sebbene un pò
più lungo, offre panoramiche di maggiore interesse e
bellezza.
Procediamo in salita non troppo ripida sempre su
splendidi splendidi prati con tutto il paesaggio
davanti a noi, proseguiamo in direzione dello
spartiacque appenninico. Il tracciato aggira
un’isolata macchia di faggi sino a guadagnare
l’ampia spalla sudoccidentale del Ventasso (m 1630).
Ora ci appare ben visibile il tratto finale
dell’ascensione.
Il sentiero prosegue verso sinistra lungo il
crinale, il panorama si allarga
permettendo
l’osservazione delle più alte cime dell’Appennino
Settentrionale: in lontananza notiamo
l’inconfondibile piramide del Monte Cimone mentre
più vicine appaiono le vette del Cusna e del
Monte
Prado. Si tratta in tutti i casi di vette che
raggiungono e superano i 2000 metri. Rimontiamo
l’ampia cresta in salita che pian piano si fa meno
ripido e ben presto sull'ampia vetta a quota 1727mt.
Dalla cima
possiamo apprezzare come la posizione isolata della
montagna la renda un punto panoramico di
prim’ordine. Lo spartiacque appare continuo, come
un lungo “muro” e con un’unica importante
depressione in coincidenza del valico stradale del
Passo del Cerrreto. L’occhio si sofferma tra le
profonde valli intensamente boscate: solamente le
cime
più alte sono libere dalla fitta vegetazione. Ci
fermiamo in vetta per riposarci e pranzare, e dove
farlo se non qui dove c'è questa splendida vista?
Dopo le foto di rito ripartiamo, questa volta
percorrendo il sentiero, non segnato che scende
diretto sino al bivio con il 661 e 667.
Imbocchiamo
quest'ultimo che prosegue inizialmente su prati ma
poi in un fitto bosco che ogni tanto si apre
regalandoci ancora belle vedute sull'Appennino. Dopo
circa un'ora e mezzo siamo nei pressi della strada
che porta al Passo di Pratizzano, prima della strada
asfaltata, sulla destra parte un sentiero con
segnalazione per Pratizzano e invece che camminare
sull'asfalto preferiamo quest'ultimo. Andiamo in
salita per circa 15 minuti e sbuchiamo comunque su
asfalto ma la distanza dal rifugio Pratizzano è a
circa cinque minuti. Eccoci siamo arrivati e
naturalmente ci fermiamo per condividere le nostre
impressioni positive e per una bella birra fresca.
Bella escursione su una porzione di Appennino
bellissima, con viste a 360° Grazie a tutti quelli
che hanno partecipato alla nostra iniziativa, vi
aspettiamo per altre innumerevoli avventure,
Ciao, alla prossima
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