U.O.E.I.
UNIONE OPERAIA ESCURSIONISTI ITALIANI
Sezione "Antonio Tessa" - RIPA DI VERSILIA
 

APPENNINO TOSCOEMILIANO

CASONE DI PROFECCHIA-M. PRADO-M. CUSNA-FEBBIO

Domenica 8 Settembre

Casone di Profecchia, un tempo rinomata località sciistica, è stata scelta come partenza per questa traversata che avrebbe dovuto consentirci di raggiungere le vette più alte dell'Appennino toscano e reggiano, Avrebbe dovuto perché il maltempo ci ha costretti a rinunciare alla vetta del Cusna. Partenza, come oramai d'abitudine, alle ore 6,30 da Ripa dove siamo stati raggiunti dagli amici di Pietrasanta ed arrivo a Casone alle 8,30. La comitiva, 22 i partecipanti (9 di Pietrasanta e 13 di Ripa) più l'immancabile Golia, accompagnata da Marcello Da Prato e Marco Meccheri per il gruppo di Ripa e da Alessandro Navari (e Golia) per il gruppo di Pietrasanta, si è subito inoltrata lungo le vecchie piste da sci dove due partecipanti, in barba ai cercatori locali che frequentavano la zona, hanno pure trovato, sotto i "brenti", dei bei porcini (a dire il vero prontamente regalati). Al termine dell'ex pista, percorso un breve tratto di strada forestale, abbiamo imboccato il sentiero (segnavia 54) che percorriamo fino a Bocca di Massa (1816 m.) attraversando prati e magnifici boschi di faggio dove ognuno di noi ha potuto ammirare un'incredibile varietà di funghi (molti commestibili).
Un caratteristico, e forte, odore di pecore ci ha accolto quando abbiamo raggiunto la casa forestale, usata come alpeggio dai pastori, vicino alla fontana all''inizio dei prati che conducono alla Bocca di Massa, dove siamo giunti alle 9,50. Una breve sosta per riunire il gruppo e per ammirare il panorama e abbiamo imboccato il sentiero, (segnavia00), in direzione nord - ovest
raggiungendo i monti Cella (m.1942) e Vecchio (m.1982). Intanto, camminando, ammiriamo i primi magnifici colori dell'imminente autunno, incontrando distese di mirtillo mentre nella vallata s' intravede il bosco dell'Abetina Reale.
Come descrivere a parole un paesaggio del genere, dove innumerevoli tonalità di verde si sovrappongono a pennellate rossastre, gialle, arancioni e ancora a massi affioranti, a piccoli laghetti e ruscelli? Ne siamo affascinati. Alle 11,15 raggiungiamo la vetta del monte Prado che coi suoi 2054 m. rappresenta la cima più alta della Toscana.
Zaini a terra e spuntino mentre Marcello s'incarica, ma sarebbe più corretto dire viene caricato da una mezza dozzina di macchine fotografiche, di scattare foto di gruppo per tutti. Le prime nuvolette nere e un sintomatico venticello c'inducono a ripartire
presto, ma non essendo tipi da seguire i soliti itinerari, abbiamo deciso di non percorrere il sentiero normale che scendelaghetto Bargettana ma bensì il crinale est per dirigerci a Lamalite e al Rifugio Battisti. Una cresta interessante e ripida, ma comunque la vera difficoltà (agevolmente superate grazie all'aiuto e ai preziosi consigli di Marco Meccheri ,
l'alpinista del gruppo) è stata offerta dal terreno fangoso. Mentre scendevamo ha iniziato a cadere anche una fastidiosa pioggerella ben presto accompagnata anche da una grandinata. Da veri Uoeini abbiamo indossato le mantelle, qualcuno è ricorso all'ombrello visto che non tuonava, tutto sommato felici e ironizzando sull'acquazzone che avevamo preso anche l'anno scorso in Appennino, abbiamo raggiunto Lamalite in poco più di 50 minuti.
Altri dieci minuti e siamo al Rifugio Battisti (1759 m.) costruito dall'oramai scomparsa Sezione U.O.E.I. di Reggio Emilia ed ora di proprietà del C.A.I.
Nel frattempo, però, aveva ripreso a piovere e grandinare cosicché quando siamo giunti al rifugio non c'è rimasto altro da fare che cercare un riparo peraltro non disponibile all'interno per l'affollamento.
Fortunatamente dopo un po' l'acquazzone è cessato permettendoci di mangiare con relativa tranquillità. Chi ha consumato un pasto frugale chi, come gli amici di Pietrasanta, ha addirittura apparecchiato un tavolo con tanto di tovaglia (probabilmente però il riso freddo non era molto indicato visto che la temperatura era scesa a soli 12 °C). Ma la tregua dura poco e all'udire i nuovi brontolii dei tuoni abbiamo riposto il tutto in gran fretta e siamo ripartiti in direzione della vetta del monte Cusna. Un nuovo acquazzone ci coglieva ben presto facendoci decidere per accorciare l'itinerario rinunciando al Cusna. Raggiunto il Passone (1847 m.), abbiamo imboccato il sentiero (segnavia 615) che conduce direttamente a Febbio. Dal Passone, una sella sassosa sormontata da una croce e da un "organo a vento" formato da alcuni tubi metallici, opportunamente sagomati, che il vento porta in risonanza trasformandoli in canne d'organo che suonano un caratteristico concerto, il programma doveva seguire il crinale (segnavia 7) per raggiungere il monte Piella (m.2071). Attraversato il rilevo del Sasso del Morto (m.2058) avremmo raggiunto, infine, il monte Cusna che con i suoi 2121 m. rappresenta la quota maggiore dell'Appennino Reggiano (ore2.30). Da li scendendo lungo i prati del monte e lungo il vallone de La Borra aggirando il monte Contessa, avremmo raggiunto la stazione di risalita degli impianti sciistici in località Febbio (1151 m.). Con qualche mugugno da parte di coloro che volevano, comunque, seguire il programma ci siamo decisamente incamminati verso valle con qualche problema d'equilibrio causato dal fango e dall'acqua che iniziava a ruscellare lungo il sentiero. Il percorso, nonostante la pioggia che non ha mai smesso di cadere, offriva l'opportunità di continuare ad ammirare un'incredibile varietà di funghi (purtroppo neanche un porcino!) e di chiacchierare del più e del meno. Alle 15,30 siamo giunti a Febbio dove già ci attendeva il pullman per il rientro. Qui è bastato uno sguardo alle cime per convincere anche i recalcitranti che la decisione presa era giusta, in vetta infatti sembrava diluviare. Il tempo di cambiarci gli indumenti inzuppati, bere un caffè, e siamo partiti per rientrare a Ripa alle 19,00 circa.

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