Casone di Profecchia, un tempo
rinomata località sciistica, è stata scelta come partenza per questa traversata
che avrebbe dovuto consentirci di raggiungere le vette più alte dell'Appennino
toscano e reggiano, Avrebbe dovuto perché il maltempo ci ha costretti
a rinunciare alla vetta del Cusna. Partenza, come oramai d'abitudine,
alle ore 6,30 da Ripa dove siamo stati raggiunti dagli amici di Pietrasanta
ed arrivo a Casone alle 8,30. La comitiva, 22 i partecipanti (9 di Pietrasanta
e 13 di Ripa) più l'immancabile Golia, accompagnata da Marcello Da Prato
e Marco Meccheri per il gruppo di Ripa e da Alessandro Navari (e Golia)
per il gruppo di Pietrasanta, si è subito inoltrata lungo le vecchie piste
da sci dove due partecipanti, in barba ai cercatori locali che frequentavano
la zona, hanno pure trovato, sotto i "brenti", dei bei porcini (a dire
il vero prontamente regalati). Al termine dell'ex pista, percorso un breve
tratto di strada forestale, abbiamo imboccato il sentiero (segnavia 54)
che percorriamo fino a Bocca di Massa (1816 m.) attraversando prati e
magnifici boschi di faggio dove ognuno di noi ha potuto ammirare un'incredibile
varietà di funghi (molti commestibili).
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Un
caratteristico, e forte, odore di pecore ci ha accolto quando abbiamo
raggiunto la casa forestale, usata come alpeggio dai pastori, vicino
alla fontana all''inizio dei prati che conducono alla Bocca di Massa,
dove siamo giunti alle 9,50. Una breve sosta per riunire il gruppo
e per ammirare il panorama e abbiamo imboccato il sentiero, (segnavia00),
in direzione nord - ovest |
raggiungendo i monti Cella (m.1942)
e Vecchio (m.1982). Intanto, camminando, ammiriamo i primi magnifici colori
dell'imminente autunno, incontrando distese di mirtillo mentre nella vallata
s' intravede il bosco dell'Abetina Reale.
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Come descrivere
a parole un paesaggio del genere, dove innumerevoli tonalità di
verde si sovrappongono a pennellate rossastre, gialle, arancioni
e ancora a massi affioranti, a piccoli laghetti e ruscelli? Ne siamo
affascinati. Alle 11,15 raggiungiamo la vetta del monte Prado che
coi suoi 2054 m. rappresenta la cima più alta della Toscana. |
Zaini a terra e spuntino mentre
Marcello s'incarica, ma sarebbe più corretto dire viene caricato da una
mezza dozzina di macchine fotografiche, di scattare foto di gruppo per
tutti. Le prime nuvolette nere e un sintomatico venticello c'inducono
a ripartire
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presto,
ma non essendo tipi da seguire i soliti itinerari, abbiamo deciso
di non percorrere il sentiero normale che scendelaghetto Bargettana
ma bensì il crinale est per dirigerci a Lamalite e al Rifugio Battisti.
Una cresta interessante e ripida, ma comunque la vera difficoltà
(agevolmente superate grazie all'aiuto e ai preziosi consigli di
Marco Meccheri , |
l'alpinista del gruppo) è stata
offerta dal terreno fangoso. Mentre scendevamo ha iniziato a cadere anche
una fastidiosa pioggerella ben presto accompagnata anche da una grandinata.
Da veri Uoeini abbiamo indossato le mantelle, qualcuno è ricorso all'ombrello
visto che non tuonava, tutto sommato felici e ironizzando sull'acquazzone
che avevamo preso anche l'anno scorso in Appennino, abbiamo raggiunto
Lamalite in poco più di 50 minuti.
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Altri
dieci minuti e siamo al Rifugio Battisti (1759 m.) costruito dall'oramai
scomparsa Sezione U.O.E.I. di Reggio Emilia ed ora di proprietà
del C.A.I.
Nel frattempo, però, aveva ripreso a piovere e grandinare cosicché
quando siamo giunti al rifugio non c'è rimasto altro da fare che
cercare un riparo peraltro non disponibile all'interno per l'affollamento.
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Fortunatamente dopo un po' l'acquazzone
è cessato permettendoci di mangiare con relativa tranquillità. Chi ha
consumato un pasto frugale chi, come gli amici di Pietrasanta, ha addirittura
apparecchiato un tavolo con tanto di tovaglia (probabilmente però il riso
freddo non era molto indicato visto che la temperatura era scesa a soli
12 °C). Ma la tregua dura poco e all'udire i nuovi brontolii dei tuoni
abbiamo riposto il tutto in gran fretta e siamo ripartiti in direzione
della vetta del monte Cusna. Un nuovo acquazzone ci coglieva ben presto
facendoci decidere per accorciare l'itinerario rinunciando al Cusna. Raggiunto
il Passone (1847 m.), abbiamo imboccato il sentiero (segnavia 615) che
conduce direttamente a Febbio. Dal Passone, una sella sassosa sormontata
da una croce e da un "organo a vento" formato da alcuni tubi metallici,
opportunamente sagomati, che il vento porta in risonanza trasformandoli
in canne d'organo che suonano un caratteristico concerto, il programma
doveva seguire il crinale (segnavia 7) per raggiungere il monte Piella
(m.2071). Attraversato il rilevo del Sasso del Morto (m.2058) avremmo
raggiunto, infine, il monte Cusna che con i suoi 2121 m. rappresenta la
quota maggiore dell'Appennino Reggiano (ore2.30). Da li scendendo lungo
i prati del monte e lungo il vallone de La Borra aggirando il monte Contessa,
avremmo raggiunto la stazione di risalita degli impianti sciistici in
località Febbio (1151 m.). Con qualche mugugno da parte di coloro che
volevano, comunque, seguire il programma ci siamo decisamente incamminati
verso valle con qualche problema d'equilibrio causato dal fango e dall'acqua
che iniziava a ruscellare lungo il sentiero. Il percorso, nonostante la
pioggia che non ha mai smesso di cadere, offriva l'opportunità di continuare
ad ammirare un'incredibile varietà di funghi (purtroppo neanche un porcino!)
e di chiacchierare del più e del meno. Alle 15,30 siamo giunti a Febbio
dove già ci attendeva il pullman per il rientro. Qui è bastato uno sguardo
alle cime per convincere anche i recalcitranti che la decisione presa
era giusta, in vetta infatti sembrava diluviare. Il tempo di cambiarci
gli indumenti inzuppati, bere un caffè, e siamo partiti per rientrare
a Ripa alle 19,00 circa. |