U.O.E.I.
UNIONE OPERAIA ESCURSIONISTI ITALIANI
Sezione "Antonio Tessa" - RIPA DI VERSILIA
 

MOSCETA    
Commemorazione dei caduti della montagna

Percorso: anello da Fociomboli (m 1231) , Monte Corchia (m 1676) lungo la cresta nord, rifugio Del freo alla Foce di Mosceta (m 1180)   -   Fociomboli
Segnaletica: bianco/rossa CAI (129) solo per il ritorno - bianco/rossa e blu in cresta
Dislivello:  m.circa 445 Tempo di percorrenza: 4,00 ore
Classificazione: EE solo per escursionisti esperti
Punti sosta: Rifugio CAI Del Freo a Mosceta
Acqua:  nel paese di Terrinca e al rifugio Del Freo a Mosceta
Periodo consigliato: dalla primavera all'autunno. Con neve e/o ghiaccio diventa pericolosissimo

Eccoci giunti all’ultima escursione dell’anno, quantomeno per quelle programmate. Dopo tanto caldo ci imbattiamo in una giornata fredda e ventosa; sarà per questo o perché la commemorazione dei caduti in montagna dell’otto dicembre a Mosceta, è una ricorrenza molto sentita da tutti, e che tutti organizzano a modo loro, ma siamo solo in otto! Meglio pochi ma buoni recita un noto detto. Visto che siamo in pochi ma buoni camminatori la decisione di abbandonare il programma viene spontanea: perché non facciamo la cresta nord del Corchia? Comunque partiamo puntuali, anche se a spinta, perché una delle auto ha improvvisamente la batteria a terra, per raggiungere Fociomboli. Si percorre la provinciale per Arni, e superato il paese di Terrinca si svolta a destra seguendo le indicazioni per Pian di Lago che superiamo per raggiungere Passo Croce. Si prosegue percorrendo un primo sterrato  seguito da un lungo tratto asfaltato. Al termine incontriamo un altro tratto di strada sterrata, lo percorriamo fino ad una curva dove inizia una ripida e sconnessa salita; conviene lasciare qui le auto.Il ghiaccio lungo la strada è presagio di freddo pungente, quando scendiamo veniamo investiti da un forte vento che convince tutti a indossare le giacche a vento, il pile da solo non basta! L’itinerario scelto non è segnato ma non si può sbagliare, percorriamo la strada di cava fino all’attacco del sentiero (segnavia 129) per Mosceta che non imbocchiamo, proseguiamo ancora per pochi metri. Alla nostra destra non è difficile scorgere delle tracce che si inoltrano nel bosco, vanno tutte bene, tutte conducono in cresta.

Facendo attenzione a non darci mazzate in faccia coi rami ci inoltriamo tra gli alberi per scoprire subito che il terreno, sotto le foglie, è gelato e scivoloso. Rallentiamo e tra scivoloni senza conseguenze e qualche,

poche, imprecazioni raggiungiamo la cresta. Qui il vento è davvero fastidioso e anche guanti e sciarpa sono indispensabili. Il panorama ci ripaga ampiamente dello sforzo, nonostante un po’ di foschia scorgiamo la Corsica e le Alpi Marittime completamente innevate. Proseguiamo sul filo di cresta seguendo una traccia evidente e i primi segni bianco/rossi e blu che indicano appunto il sentiero di cresta. Il tracciato non è difficile ma bisogna avere un poco di esperienza e accortezza per aggirare i punti più esposti.  Raggiunta la cava il tratto più impegnativo è finito, almeno in giornate normali.

Oggi però soffia un gran vento e le ventate fanno perdere l’equilibrio. In vetta ci ripariamo alla meglio prima di concederci uno spuntino gradito anche dal cane di un signore salito dalla cresta est, che si dimostra ghiotto di cioccolato tanto da tornare indietro per verificare se è davvero finita. Solo le esortazioni di Marco, che non vuol perdersi la Messa, ci scuotono dall’incanto dell’immenso panorama accompagnato dai suoni del vento, che sale impetuoso dalle vallate portandoci gli ultimi profumi dell’autunno, e un lontano sentore di neve perché fa proprio freddo. Qualcuno ha steso ad asciugare un  fazzoletto che invece si è subito ghiacciato. Riprendiamo il cammino. Quando iniziamo la discesa ci troviamo il vento, ancora più impetuoso, alle spalle.

Ora è un problema veramente. Il sentiero che conduce al rifugio Del Freo è ben tracciato ma pieno di ciottoli su cui si ruzzola facilmente, oggi l’equilibrio è un’impresa venendo spesso spinti in avanti dalle ventate. Chi non ha i bastoncini rischia in più occasioni di cadere, bisogna fare ricorso a tutta l’esperienza.

Quando il pendio si fa meno aspro decidiamo di abbandonare il sentiero; fuori pista è normalmente più pericoloso ma oggi, con le condizioni climatiche che abbiamo, è più facile stare in piedi, quantomeno non camminiamo sul pietrisco.
A Mosceta c’è gia tanta gente, e altra continua ad arrivare, una manifestazione riuscita. La Messa è gia iniziata, salutiamo gli amici che sono arrivati da altri itinerari mentre ci concediamo minuti di raccoglimento ascoltando le parole di Monsignor Paolo Lucchesi.

Oramai è ora di pranzo, i posti al rifugio sono esauriti, il rifugio “Alla Fania” dell’U.O.E.I. non è disponibile, non ci resta che un’alternativa: cercare un posto poco ventoso per il pranzo al sacco.

Lo individuiamo dietro al rifugio dove il vento non è fastidioso e dove il sole ci scalda un poco. Abbiamo una vista entusiasmante: la Pania, il Corchia, la valletta della Foce di Mosceta e il boschetto di abeti costantemente sferzato dalle raffiche di vento. Ci scapperebbe anche un pisolino ma preferiamo tornare presto al rifugio per un caldo bicchiere di vin brulé e un saluto agli amici ritardatari che vediamo scendere dalla cresta del Corchia. Per tornare a Fociomboli decidiamo di percorrere il sentiero (segnavia 129) che parte dal retro del rifugio.

Il primo tratto è in decisa salita ma poi procede quasi in piano in mezzo ad un fitto bosco di faggi fino alla carrareccia che in pochi minuti conduce fino alle auto. In mezzo al bosco l’ululare del vento ci da la netta percezione della forza della natura, non è di intensità tale da essere pericoloso ma tuttavia ci fa riflettere sulla facilità con cui gli elementi possono provocare seri danni. Un particolare su cui riflettere sempre prima di intraprendere un’escursione in montagna.

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