U.O.E.I.
UNIONE OPERAIA ESCURSIONISTI ITALIANI
Sezione "Antonio Tessa" - RIPA DI VERSILIA
 
GROTTA ALL'ONDA
9 Novembre 2003
Percorso: anello da Casoli (m.403), Grotta all'Onda (m.520), Foce del Termine
 (m. 925), Campo all'Orzo (m. 938)
Segnaletica: biancorossa CAI
segnavia 2, 102, 112
Dislivello:535 m. Tempo di percorrenza:5 ore circa
Classificazione: E  per escursionisti Punti sosta: nessuno
Acqua: nel paese di Casoli, a Campo all'Orzo nei pressi della chiesetta diroccata,
lungo il sentiero 112 dove c'è tutto l'anno.
Periodo consigliato: tutto l'anno

Per l’ultima escursione dell’anno il tempo non è stato clemente, ha piovuto fino alle prime luci dell’alba. Questa era comunque un’escursione facile, con varie alternative e, e poi era l’ultima: non volevamo rinunciare. Qualcuno comunque si è spaventato, così siamo solo in otto; fermamente intenzionati a non fermarci davanti a niente, ma il tempo è migliorato  ed è uscito anche il sole. Arriviamo a Casoli e subito sbagliamo strada, si deve stare attenti e arrivati in paese tenere la sinistra seguendo l’indicazione per il centro; la strada prosegue oltre il paese portando all’attacco del sentiero segnavia 2.  Lo troviamo sulla destra dopo una lunga fila di box in lamiera; si imbocca una strada asfaltata e si prende il primo stradello a sinistra che si inoltra nel bosco iniziando poco dopo a salire. Il percorso è agevole anche se le pietre bagnate, e le foglie, ci costringono alla massima attenzione. Proseguiamo fino ad un bivio dove si deve svoltare a sinistra (i sentieri sono segnalati ma non numerati) mentre il caldo, nonostante sia novembre la temperatura è mite, si fa sentire e le felpe finiscono negli zaini.

Proveniente dal fondo valle sentiamo lo scroscio del torrente Lombricese, preavviso del superbo spettacolo che godremo poi.  Appena giunti in vista di un ponticello ci rendiamo subito conto che la pioggia caduta ha ingrossato tutti i torrenti, per fortuna però non ci sono guadi perché qui le mulattiere sono ben tenute. Alla vista delle profonde pozze cominciamo ad incitare Marcello, che non ha mai freddo, a fare un tuffo: “tanto lungo come sei resti con la testa fuori”!

Proseguiamo sulla mulattiera fino ad una semicurva, sulla sinistra si stacca il sentiero, segnalato con colori blu e giallo, che conduce alla grotta. Ancora pochi minuti e giungiamo in vista dell’enorme parete dove si apre l’”onda”, la fenditura che da il nome alla grotta. Dalla partenza abbiamo impiegato un’ora e quaranta minuti. Una rumorosa cascata che cade dalla cima del dirupo attira subito la nostra attenzione, ma il vero spettacolo inizia quando, percorsi solo pochi metri, raggiungiamo l’ingresso della grotta. Veniamo accolti da una miriade di cascatelle alimentate dalla copiosa pioggia della notte.

Scherzando e ridendo ci facciamo una piccola “doccia” ed entriamo sotto la grande volta ingombra di detriti ma che lascia facilmente intuire i motivi che un tempo lontanissimo la videro abitata dall’uomo. Nonostante l’acqua esterna, dentro resta perfettamente asciutta, non è raggiunta dalle piogge ma la luce la inonda praticamente tutta. La parete sinistra, interessata da scavi archeologici, mostra evidente le tracce degli antichi abitanti. Sostiamo a lungo e immortaliamo tutto prima di uscire, attratti dai giochi d’acqua che l’altra parte della fenditura ci offre. Questa parte, alta ma poco profonda, non si è mai prestata all’abitazione ma il carsismo che la caratterizza fa uscire getti d’acqua dai punti più impensabili.

Tra mille acrobazie ed espedienti per non bagnare le macchine fotografiche, compreso qualche grossa goccia in testa, ma tanto colui che l’ ha ricevute non si bagnava i capelli, cerchiamo qualche scatto particolare. Non ci resta che tornare indietro intenzionati a raggiungere il sentiero segnavia 2 per raggiungere la Foce del Termine. Non percorriamo lo stesso sentiero, imbocchiamo una traccia ben evidente che inizialmente corre proprio sotto il dirupo, dobbiamo attraversare un torrentello , non ci sono pericoli ma comunque i sassi sono scivolosi, facciamo tutti attenzione ma a volte non basta. Luciana scivola su una roccia e finisce in acqua, fortunatamente neanche un graffio, solo gli scarponi bagnati; è andata bene.

Ora camminiamo nel bosco, il terreno è fradicio e scivoloso, le foglie sono un tormento; lentamente raggiungiamo la mulattiera (segnavia 2) e la imbocchiamo in salita. Dopo poche decine di minuti raggiungiamo una grande roccia piatta che forma una spettacolare balconata sulla valle, davanti a noi l’onda delle grotta. Usciamo dal bosco e attraversiamo dei prati che conservano ancora evidentissime le tracce delle vecchie coltivazioni: quando al piano il lavoro non c’era quei prati erano tutte piane coltivate a patate, un prodotto tuttora rinomatissimo, e orzo. Una volta raggiunta la Foce del Termine ci concediamo una sosta per ammirare il panorama e per ricordarci a vicenda che due di noi sono originari del paese che vediamo davanti a noi: Palagnana. Seguiamo il sentiero segnalato AT (Apuane Trekking) comune al segnavia 102 in direzione Campo all’Orzo, Qui la segnaletica è affidata ai cartelli sistemati proprio sulla Foce, ma non ci sono problemi perché basta camminare un poco e la meta è subito visibile.

Camminando con tutta tranquillità, ricordando vecchie avventure o intavolando discorsi seri sulla sicurezza sul lavoro, arriviamo in prossimità della vecchia chiesetta oramai semi diroccata dove ci fermiamo per il pranzo a mezzogiorno e cinquanta. La temperatura è piacevole ma ben presto arriva la nebbia, nasconde il Prana ma non ci preoccupa molto perché si intuisce che non porterà pioggia. In lontananza, sulle pendici del Piglione si sentono i latrati di una muta di cani impiegati in una battuta di caccia al cinghiale. Sentiamo anche due spari fortunatamente a vuoto, facciamo ovviamente il tifo per il cinghiale!  Quando oramai siamo pronti per ripartire arriva trafelato un bracco, molto lontano dalla battuta che era sull’altro versante della vallata, ma in compenso affamato e assetato. Lo rifocilliamo con avanzi di formaggio e lo lasciamo intento a controllare la disponibilità di altri escursionisti che stanno giungendo.

Proseguiamo lungo il sentiero segnalato AT, superiamo una fonte e raggiungiamo un cancello: in queste zone ci sono animali al pascolo. Senza oltrepassarlo svoltiamo a destra imboccando il sentiero segnavia 112, tutto in discesa, che conduce al bivio dove in mattinata avevamo svoltato a sinistra. Lungo questo sentiero c’è anche una sorgente che non asciuga mai neanche in piena estate, un particolare da ricordare attentamente. La nebbia è tornata ad infittirsi ma il sentiero è ampio e
 

agevole, a parte la scivolosità dei sassi: un vero tormento; il bosco assume ora un aspetto fiabesco con i colori dell’autunno, le foglie che cadono e la nebbia che vela gli alberi. Raggiunto l’ultimo ponticello, del percorso, sul torrente Lombricese, siamo attratti dal grande spettacolo delle gole rocciose incise dall’acqua con salti e marmitte. Qualche foto e un “progetto folle” che ci balena per la testa: aspettare l’estate e risalire il corso del torrente da Lombrici alle sorgenti. In poco più di un’ora e mezzo siamo di nuovo in vista delle auto, sono le quindici e quaranta. Una domenica iniziata con forti dubbi sulla giornata, svoltasi invece in modo tranquillo, assistita da un clima clemente e piacevole. Un’escursione che può essere limitata solo alla Grotta all’Onda, che da sola merita una visita, ma anche protratta verso il Matanna, imboccando il segnavia 105 alla Foce del Termine, o verso il Prana imboccando il segnavia 104 dal cancello che abbiamo citato prima.

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