U.O.E.I.
UNIONE OPERAIA ESCURSIONISTI ITALIANI
Sezione "Antonio Tessa" - RIPA DI VERSILIA
 

Traversata da Ripa di Versilia (mt. 127),
Passo Uncini(m. 1380), Monte Altissimo (m. 1589),
Le Cervaiole, Azzano, Rio Magno.


Giovedi 1 Maggio
L'escursione
Alle 6,30 siamo in 17 davanti alla sede, a Ripa, il cielo non prometteva molto bene ma noi, forti delle notizie di prima mano dell'Aeronautica Militare, ci siamo subito trasferiti con le auto in località " Casina Rosa ", mt. 127, e di qui abbiamo subito imboccato il sentiero n° 140; si è notato immediatamente che l'ambiente non era dei soliti a cui siamo abituati, non brulle e scoscese montagne ma dolci colline in una macchia mediterranea ricca di pini, corbezzoli querce e ginestre in fiore, che man mano si saliva lasciavano il posto a ricchi castagneti. Una curata mulattiera da cui si inizia a godere di uno splendido panorama in direzione del mare e sulla sottostante piana della Versilia, inoltre il sentiero sino a Cerreta S. Nicola è stato tutto pulito(in questo purtroppo è stato d'aiuto indesiderato anche un incendio) e ben tenuto. Si supera questo tratto pianeggiante tenendosi sul versante in vista del mare, caratterizzato da una vegetazione di tipo mediterraneo e raggiunti dopo circa un'ora i casolari di Cerreta S. Nicola (m. 574): piccolo borgo che sovrasta tutta la piana della Versilia storica e dove è in corso un'opera di recupero dellle vecchie abitazioni. Purtroppo ancora una volta comprendevamo l'ignoranza umana, infatti un nutrito gruppo di ragazzi aveva montato le loro tende nei bellissimi prati ricoprendoli di rifiuti di ogni genere; è proprio vero che la mamma degli imbecilli è sempre incinta !!!! Da Cerreta San Nicola ci inoltriamo nuovamente nel castagneto e continuando ancora per il sentiero, in discreta salita anche ma essendo interamente nel bosco non presenta difficoltà, giungiamo alle pendici del Folgorito mt.809. Qui invece di salire la modesta vetta abbiamo deciso di percorrere la strada forestale che ci ha condotto sino alla località il Pasquilio nelle vicinanze del Rifugio Alleluia al Carchio. Un rifugio voluto dalla Parrochhia di Montignoso facilmente raggiungibile anche dalla carrrozzabile del Pasquilio, costruito a ridosso di una bellissima abetina è purtroppo attorniato dai ravaneti delle cave di marmo.
Ora seguiamo la marmifera sino a giungere alle pendici del M. Carchio (m. 1087) inciso profondamente dalle cave che ne hanno mutato l'aspetto originario, e aggirandolo sul lato occidentale si segue sempre la marmifera fino a giungere ad un piazzale dove vengono estratti degli inerti. Oltrepassati dei detriti si prende una traccia di sentiero, qui il gruppo si è diviso in due, chi ha scelto di percorrere un sentiero basso(n.33), dove c'era l'ultima possibilità di rifornimento d'acqua, e chi ha deciso di percorrere il crinale, molto più panoramico. Dal crinale si notano praterie completamente fiorite di giunchiglie,
primule odorose, genziane ed anemoni. Fino a questo punto l'itinerario è stato facile e ripercorribile da tutti, ma da ora in poi il tracciato richiede qualche attenzione in più: chi volesse ripercorrere le nostre orme deve ricordarsi che effettivamente da ora in poi non è più possibile trovare acqua, quindi attenzione! Va inoltre ricordato che il sentiero di cresta è poco più che una traccia e che allunga il già pesante percorso. Aggirata la breve parete Nord del M. Focoraccia, in discesa ci si ricongiunge al sentiero n. 33, attraversando delle insellature alcune delle quali molto interessanti. In questo tratto di crinale, durante l'ultimo conflitto, si svolgeva un intenso movimento di civili, che percorrendo tracce di sentiero provenienti dal versante massese, oltrepassavano la linea gotica per portarsi al sicuro, nella zona liberata dagli alleati. Il percorso si snoda in un continuo saliscendi dove in alcuni tratti abbiamo dovuto dar sfoggio delle nostre capacità "alpinistiche". Il sentiero è ora piuttosto esposto con alcuni tratti dov'è necessario prestare molta attenzione; raggiunto il Passo del Pitone si deve discendere un ripido tratto che richiede notevole perizia e una totale assenza di paura del vuoto; in caso contrario è preferibile interrompere quì l'escursione. Si prosegue per la nostra prima meta ( meta in quanto punto di sosta ) evidenziata da uno scuro e particolare torrione, dove alcuni ci vedevano un cane pastore, chi una foca; la cosa importante è che dopo quattro ore di cammino lo abbiamo aggirato e subito dietro un fresco prato(il passo della Greppia ) dove chi sa chi, vi ha costruito un bel tavolo con relative panche e come promesso breve sosta per riprendere fiato, mangiare qualcosa e ricompattare il gruppo. Rigorosamente, questa volta, abbiamo tirato fuori della semplice frutta e che frutta! L'amico Rossano ha tirato fuori una golosa macedonia di fragole e generosamente ne ha offerto una cucchiaiata, un'altra, un'altra, un'altra….Hoops è terminata, si sa la montagna affratella e tutto viene diviso!

Purtroppo il gruppo ritardava ad riunirsi e ben presto si capiva il perché, due di noi presi da crampi non se la sentivano più di proseguire, a riprova della difficoltosità del percorso che dopo il Passo del Pitone presenta anche un lungo tratto in forte salita, perciò con la generosa disponibilità di un altro componente venivano accompagnati al Passo della Fioba ad circa un'ora di cammino. Beh superati questi momenti di defaiance si riparte su per un ripido canale erboso contornato da ardite guglie ( Gli Uncini ), un tratto caratterizzato dalla forte pendenza e da alcuni passaggi, in verità piuttosto facili su roccette; si giunge quindi al Passo degli Uncini (m. 1380). Intanto dovevamo dar ragione ancora al servizio meteo dell'Aeronautica che aveva previsto tempo in miglioramento, infatti il cielo si andava rapidamente aprendo. Questo passo, così come la cresta montuoso che lo precede e che lo segue, è così chiamato per il crinale frastagliato formato da una serie di guglie dolomitiche ed è il punto terminale della lunga cresta formata dai monti Folgorito, Carchio e Focoraccia; dal passo ci possiamo affacciare sullo scosceso versante marino che impressiona per l'estrema pendenza. Adesso la cresta dopo essersi unita ad un contrafforte proveniente dal Passo del Vestito si fa più affilata, quest'ultimo tratto lo abbiamo seguito tenendoci sul crinale (con qualche attenzione: passi di I grado), in realtà si potrebbe seguire il sentiero più basso n° 143 ma preferiamo seguire il filo di cresta con un percorso più esposto ma, senza dubbio, molto più panoramico anche se richiede estrema attenzione e adeguata preparazione. Alle ore 13,10 dopo esattamente 6,10 ore siamo giunti in vetta del M. Altissimo a quota 1589 mt. Una volta in vetta siamo stai accolti da un festante Ivo che ci aveva preceduto seguendo il sentiero, che in circa due ore dalle cave delle Cervaiole porta in vetta; baci da parte delle signore e opportune strette di mano tra noi uomini duri ci auguravamo una buona vetta. Altri escursionisti vedendoci stanchi e accaldati ci domandavano da dove arrivavamo e sentendo il racconto che gli facevamo rimanevano tra l'incredulo e lo stupefatto, soprattutto nel fargli notare che eravamo a circa la metà della nostra escursione. Ma ora basta con i discorsi: i primi si sono già sistemati e cominciano i morsi a panini vari; anche noi, di pensiero meglio tanto che poco, ci siamo caricati poco in previsione della fatica che dovevamo affrontare, tutti tranne la Giuseppina che naturalmente non ha rinunciato ai suoi dolcetti che dopo il pranzo ha offerto a tutti noi: una buonissima pastiera napoletana oltre a biscotti e cioccolatini vari, peccato che la Luciana questa volta non ha portato il suo famosissimo caffè, la prima a rammaricarsene è stata lei. Con gli amici della sezione di Ripa si sta molto bene, sono dei veri compagnoni, ma hanno un difetto: quello di non apprezzare i piaceri della vita! Come si fa quando sei su una bellissima montagna, e dopo aver mangiato con una fresca brezzetta che fa resuscitare i morti, ad alzarsi subito e prepararsi per ripartire così su due piedi senza il tempo di digerire? Per me rimarrà un arcano per sempre! Comunque non si discute, ci si alza e subito prendiamo un malcapitato escursionista pregandolo di scattarci alcune fotografie di gruppo con ben 8 macchine fotografiche.
Naturalmente non ci siamo dimenticati il motivo perché siamo venuti quassù, infatti abbiamo provveduto a raccogliere una pietra dalla vetta, che insieme a quelle raccolte da tutte le altre Sezioni,
andrà ad ornare l'Altare votivo cha l'U.O:E.I. sta innalzando sulla sommità del Monte Tesoro in onore e perenne ricordo di tutti i caduti della montagna; il monte che il 29 Giugno 1911 ha visto i nostri nonni fondare la gloriosa Associazione a cui ci onoriamo di appartenere. Lasciata la vetta, ci siamo diretti lungo la cresta sud-est, sempre sul sentiero CAI n.143, lungo un sentiero che ogni tanto ci permette di affacciarci sugli impressionanti strapiombi meridionali e che, superando alcune postazioni della Linea Gotica, ci fa pervenire in una mezz'ora al Passo del Vaso Tondo (m.1380), così chiamato perché dalla Versilia si presenta come una caratteristica svasatura. Da qui, sempre seguendo il sentiero CAI n.143, scendiamo lungo un percorso a gradini che ci porta ad incontrare una vecchia via di lizza che conserva ancora interessanti manufatti, e attraverso una scalinata ancora ben conservata ci portiamo sul versante orientale dove in breve tempo raggiungiamo la mensa delle cave " le Cervaiole". Il percorso è davvero bello e interessante ma presenta anche quì dei tratti assai pericolosi come la discesa dal Passo del Vaso Tondo verso a cui si deve prestare molta attenzione. Non dimentichiamoci che si deve scendere dentro una cava lungo un sentiero di fortuna e neanche ben segnalato! Visitare la Cava Cervaiole e' un'esperienza che non si dimentica, vi si estrae il"bianco arabescato" un'imponente taglio verticale nella montagna di un bianco accecante. A prima vista non si vedeva via d'uscita, tranne un'alta passerella che si sporgeva dalla parete in perfetta verticale su di una parete tagliata come se fosse stata di burro. Adesso è doveroso rimarcare che le norme di sicurezza vietano l'accesso alla cava e che l'attraversamento avviene a rischio e pericolo di chi lo affronta: il sentiero ufficialmente si interrompe all'ingresso della cava stessa! Naturalmente per completare il nostro anello si doveva passare da lì. Dal piano alto della cava non sembrava particolarmente impressionante ma appena l'abbiamo affrontata si notava che non era possibile passare con gli zaini tra la scaletta e la passerella stessa, allora uno alla volta abbiamo cominciato un passamano dello zaino con chi ci precedeva. Camminare su quelle tavole dava una starna sensazione, vedere attraverso le fessure il suolo che si allontanava sempre di più ed era impossibile non pensare se quelle tavole sarebbero state sicure, per completare l'opera Marcello da sotto voleva fare una foto di gruppo su quella passerella che sicura è sicura ma….. Comunque alla fine siamo ripartiti e ancora due rampe siamo arrivati alle cave ormai dismesse. Si scende verso ovest in direzione di Azzano percorrendo una prima via di lizza dove ci sono ancora visibili dei " Piri " ( ceppi di marmo che servivano per avvolgervi attorno dei grossi canapi di corda per far scivolare grandi blocchi di marmo sino a valle). Si entra poi in un bel bosco di castagni e faggi, scendendo ancora si incontra ancora una vecchia fornace per la cottura delle pietre per la calce e dopo poco si arriva alle prime case del bel paese di Azzano. Nelle sue vicinanze vi si trova la chiesa dedicata a San.Martino: è interamente in marmo ; si ritiene che sia stata costruita intorno all'anno 1000 e ampliata nel secolo XIII . Tra il 1518 e il 1536 fu abbellita con un porticato ionico disegnato probabilmente da Michelangelo ( andato purtroppo distrutto durante la II guerra mondiale ), con una cornice intorno al tetto e con un rosone chiamato " Occhio di Michelangelo" , anch'esso attribuito al maestro fiorentino. All'interno della chiesa si ammirano un bassorilievo ( sul pavimento nel centro della chiesa) un'acquasantiera decorata con quattro figure che rappresentano le età della vita e un tempietto tabernacolo. A fianco della Pieve si trovano altri edifici tra i quali l'Oratorio della SS.Annunziata situato all'inizio della vecchia mulattiera, un edificio costruito probabilmente nel 1700 ; il tetto mancante le mura disadorne e il grande altare marmoreo conferiscono a questa chiesa un aspetto suggestivo e misterioso. Dopo un'attimo di riposo sul bel sagrato della chiesa siamo ridiscesi dalla mulattiera che da qui parte per scendere al paese di Fabiano (m375) e continuando immersi in bellissimi castagneti finalmente arriviamo a Rio Magno, una frazione di Seravezza, terminando il giro dopo 12 ore. Ultima sosta ad una fresca fontana dove oltre che a dissetarci ci ha visti partecipare ad un primo lavaggio per levarci, almeno dal viso e dalle braccia polvere e sudore; poi tutti sulle auto e dove dovevamo terminare l'escursione? Ma naturalmente davanti ad un bellissimo e gustosissimo gelato.

Stupenda escursione che sicuramente rimarrà nella mente di tutti noi e sicuramente oltre che a darci soddisfazioni escursionistiche ci ha anche arricchito, portandoci a condividere la fatica e le difficoltà non indifferenti: dalle difficoltà implicite del percorso, tratti in forte salita, passaggi esposti ma soprattutto la lunghezza.

Questa giornata è finita ma naturalmente il nostro pensiero è già alla nostra prossima avventura che non sarà niente male: l'ardita lizza della monorotaia.
Inizio pagina                                                             Indice