OK! Ci siamo tutti, ben 19 Uoeini che
si accingono ad intraprendere il viaggio per Lecco. Il viaggio non è
stato stressante e con una piccola sosta, dopo circa 4 ore, siamo arrivati
presso la sede della Sezione di Lecco sede della UOEI e dei Gamma:
notissimo gruppo all’interno della UOEI, molto noto per le loro imprese
alpinistiche in tutti i continenti. Già ci attendevano gli amici lecchesi
e dopo un primo scambio di saluti ci siamo divisi in tre gruppi: il
primo di sette componenti per la ferrata del Corno Medale accompagnati
da Primo Crocifero; il secondo di turisti accompagnati dalla moglie
di Primo, Giuseppina; e un terzo di escursionisti accompagnati da Antonio.
Alle ore 11,00 siamo partiti da Lecco per la località Laorca di Lecco,
paese di Primo, che per l’appunto si può dire che ha l’attacco della
ferrata fuori dall’uscio. Al termine della strada inizia una stradina
in cemento che conduce al cimitero, molto caratteristico ricavato all’interno
di antiche grotte. Si prosegue poi per sentiero sino ad arrivare ad
una strada cementata, risalendola si trovano i segnavia N°58
per la ferrata degli alpini; dopo una breve si trova il sentiero che
conduce proprio davanti all’attacco, a quota 650 mt. Dal paese ci vogliono
circa 30 minuti. Eccoci qua, belli e baldanzosi, ad indossare imbrachi,
dissipatori e caschetto. Così bardati in sette più Primo si parte per
la vetta.
L’inizio è verticale è già si capisce ciò che ci attende, comunque la
roccia asciutta e ruvida ci facilita molto la presa.
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Si sale e si gira lo
sguardo in basso: è bellissimo e allo stesso tempo inquietante.
Si supera una prima placca e troviamo una cresta con grosse formazioni
rocciose, intanto proseguiamo assicurati al cavo o alla catena
che ci accompagneranno sino in vetta.
Proseguiamo incontrando diedri, placchette sempre molto verticali,
e in particolare un brevissimo traverso verso destra che ci costringe
ad una notevole esposizione. Sinceramente io non lo avevo mai
fatto e qui mi sono trovato in difficoltà; solo con l’aiuto morale
di Marco sono riuscito a superare questo tratto. Questo lo dico
perché può sembrare semplice se raccontata, ma sconsiglio vivamente
di provare certe emozioni a chi non abbia già effettuato molte
ferrate in quanto questa e caratterizzata da discrete difficoltà
tecniche, e necessita di molto impegno fisico. Detto questo che
mi sembrava doveroso, torniamo al racconto. Tornando a noi, tra
una battuta e un silenzio dovuto alla tensione per la salita,
ci troviamo all’inizio di una serie di placche attrezzate con
staffe di ferro, è vero che aiutano ma richiedono molto sforzo
perché sono molto distanti tra di loro, al contempo però ci costringono
anche a trovare gli appigli giusti per le mani e per i piedi dando
più interesse alla salita. Le soste si prolungano e la fatica
si fa sentire, ancora placche attrezzate con staffe e finalmente
si arriva in vista della grossa croce sulla vetta ( 1029 m. ),
non troppo bella per la verità; comunque il panorama che si gode
da quassù e stupendo, infatti si possono ammirare la Grignetta,
il lago, la città di Lecco, il Resegone e la valle sottostante.
Sulla vetta ci siamo ricongiunti con il gruppo degli escursionisti
che erano saliti dal sentiero n° 52, un itinerario molto
o panoramico che permette la traversata dal Corno Medale alla
Chiesa di S. Martino ( 767 m. ): si percorre in circa ore 2,30.
Man mano che il gruppo giungeva in vetta ci congratulavamo con
noi stessi per la salita appena fatta, e gli amici che ci attendevano
chiedevano quali erano state le difficoltà e cosa si era provato.
Dopo le foto di gruppo sotto la grande croce gli escursionisti,
che stufi di aspettarci avevano già mangiato, riprendevano la
via del ritorno dal sentiero alto n°56 a. Dopo circa mezz’ora
ci siamo incamminati anche noi prendendo il sentiero 56
(quello che avevano percorso in precedenza gli escursionisti );
mentre scendevamo sul sentiero molto scosceso e a strapiombo abbiamo
incrociato il bivio per la cappellina di S. Martino. La nostra
guida Primo ci ha consigliato di andarla a visitare visto che
ci costava solo un piccola deviazione di cinque minuti. Infine,
dopo la visita e un ultimo sguardo al panorama sul lago e la
città di Lecco, si riprende la via del ritorno a Laorca dove ci
attendeva il pullman. Scesi verso Lecco ci siamo ricongiunti con
gli escursionisti e poi portati verso la sede UOEI dove ci avevano
preparato un piacevole spuntino, intanto l’amico Primo ci preparava
delle buonissime mondine (caldarroste mentre arrivavano anche
i turisti. Visto che si stava facendo tardi e le ore sulle spalle
erano tante si decideva tutti ad andare verso Carenno, paese a
13 km da Lecco, dove avevamo prenotato l’albergo.
Alcuni cenni su questa località: nella Valle San Martino, a sud-est
"di quel ramo del lago di Como che volge a mezzogiorno",
su un pianoro a 635 metri sul livello del mare si trova Carenno
(prov. di Lecco), ameno e pittoresco centro di soggiorno
estivo e invernale; posto sul fianco dell'Albenza è circondato
da monti coperti da rigogliosa vegetazione, da ricca flora
prealpina e da rupi dolomitiche.
L'abitato si affaccia a ovest come su una balconata con la splendida
vista del pendio sottostante che degrada verso l'Adda e
i laghi della Brianza con lo sfondo del Monte Rosa e, a sinistra,
della pianura milanese. |
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Carenno è protetto alle spalle dalla dorsale che si
snoda a mo' di anfiteatro dalla rocciosa Corna Camozzera ( mt.1452),
dallo svettante monte Tesoro, sede del Sacrario recentemente realizzato
dalla sezione Alpini locale e si conclude con il costone di Colle di
Sogno, una delle due frazioni di Carenno.
L'altra frazione è Boccio e si trova là dove la collina si trasforma
in quella montagna abitata da fagiani, tordi e merli divenuti
stanziali, e dai caprioli che scendono dal vicino Resegone.
E’ un centro turistico davvero splendido dominato oltre che dal verde
dei suoi castagneti, da una maestosa chiesa Parrocchiale dedicata all'Immacolata
che sorge su un terrazzo naturale ed è interamente realizzata, su progetto
dell'ing. Angelini, in pietra albina locale come del resto tutto il
complesso monumentale moderno di cui fanno parte il monumento ai caduti
e il Cine-Teatro da poco rinnovato. Interessante l'organo del 1790 dei
fratelli Serassi e proveniente dalla vecchia chiesa parrocchiale. Sono
presenti due pregevoli tele settecentesche del Cappella.
Incastonata tra suggestive costruzioni di sapore
medioevale tra cui primeggia la Torre di Tuzzano Rota, capitano
di ventura sotto la Repubblica Veneta, nel cuore del paese si
trova la "Vecchia Parrocchiale" con portico romanico
del 1400 dedicata a S.S. Pietro e Paolo ove sono ospitate alcune
pregevoli tele settecentesche del Picenardi (Morte di San Pietro
e di San Paolo ) e del Cappella. Pur essendo stata sostituita
dalla maestosa parrocchiale, essa non è certo caduta in disuso
ed è molto cara ai Carennesi che apprezzano quell'aria di caldo
antico data dal pavimento in pietre tombali, dal tetto in piode
completamente rinnovato e dalla singolare meridiana sul lato
ovest della costruzione che scandisce l'inesorabile passare
del tempo.
Un'aria tutta manzoniana si respira visitando l'Oratorio di
San Domenico, conosciuto come Chiesina dei Morti,
con i tipici affreschi macabri dell'VIII/IX secolo
a memoria degli appestati del '600. Detto questo,
sperando di non avervi tediato troppo, riprendiamo il racconto.
Giunti in albergo ci siamo subito tuffati, specialmente gli
escursionisti e gli arrampicatori, sotto le docce e poi subito
a cena: ottima e abbondante. Dopo, la maggior parte si è ritirata
in camera mentre un piccolo gruppetto è andato alla ricerca
del sentiero per il giorno dopo e altri, più aitanti, si sono
dati alle danze nella discoteca dell’albergo.
L’appuntamento per chi voleva effettuare l’escursione sino al
Monte Tesoroera per la mattina alle ore 07,00.
Colazione e poi via, si parte, qualcuno si guarda in giro e
dice: “aspettate manca Marco l’avvocato!! Eppure era qui due
minuti fa! “ dopo alcuni minuti di attesa eccolo che arriva
con la sua solita flemma e pian piano ci raggiunge. Ora ci siamo
tutti, si può andare. Si passa dagli impianti sportivi e poi
si prosegue verso destra sino ad una vecchia cascina molto bella
e caratteristica, proprio davanti alla casa inizia il sentiero
n° 817 per Forcella Alta, altre indicazioni per Boccio e
Pertus.
Saliamo la mulattiera tra bosco di castagno sino ad incontrare
la strada asfaltata in località Boccio (806 m) e riprendiamo
poi il sentiero; arrivando al bivio per Pertus abbiamo preso
a destra seguendo dei segnali gialli. Sempre immersi in bei
boschi di alberi di media altitudine come querce, rovere, roverelle,
frassini, aceri, e castagni; si prosegue sino a giungere ad
una chiesetta intitolata Auxilium Chritianorum. Da qui già abbiamo
una bellissima vista sull’arco alpino, in particolare si nota
benissimo la maestosa mole del Monte Rosa. A questa altitudine
si incomincia a trovare la neve che man mano che si sale si
fa più consistente.Poi abbiamo incrociato una sterrata e senza
far tante storie abbiamo preso a diritto per una ripidissima
salita su una prima neve autunnale. Finalmente siamo a Forcella
alta ( m 1313 ) col bel laghetto del Pertus dove si specchia
il Resegone; più lontano si vedono la Grignetta e il Frignone.
Ricompattiamo il gruppo e poi l’ultima salita sul sentiero
DOL (Dorsale Orobica Lombarda) n°70 che in venti minuti
ci ha condotto in vetta la monte Tesoro a quota m 1432.
In circa due ore e mezza siamo giunti in vetta
proprio come i fondatori dell’associazione che nel 1911 facevano
qui la loro prima escursione. Sulla cima troviamo i vecchi
amici delle altre sezioni, il primo che incontro e Arnaldo della
sezione di Pietrasanta che brontola: “
se sapevo che c’era la neve non venivo “ e poi il Presidente
di Faenza: Paini e l’archivista dell’associazione: Drei con
il loro accento emiliano: “ Ciao, Alessandro ti trovo in splendida
forma vè! “ e tanti altri.
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La cerimonia è già iniziata e si
stanno consegnando gli attestati di merito a chi a collaborato
e aiutato alla realizzazione dell’altare commemorativo che contiene
le pietre raccolte da ogni sezione nei luoghi d’origine. Infine
c’è stato l’atto ufficiale dell’inaugurazione con il taglio del
nastro da parte del ministro Castelli, e poi la celebrazione della
santa messa sempre toccante in questi splendidi scenari. |
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La scenografia a questa solenne funzione
fa rimanere a bocca aperta, lo sguardo si allarga sulla Brianza
con i suoi laghi, la valle dell'Adda, la Valle Imagna, la pianura
fin verso gli Appennini, una vasta porzione delle Orobie con sullo
sfondo le Alpi centrali, il Monte Rosa e le Alpi occidentali.
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Al termine della funzione ci siamo portati dietro il
monumentale sacrario-rifugio degli alpini di Carenno dove c’è il cippo
in ricordo della prima escursione e della fondazione della UOEI avvenuta,
come già detto, nel 1911. Molte foto di gruppo e visto i piedi freddi,
giù verso il Rifugio Tesoro (albergo / ristorante) dove ci siamo tutti
ritrovati per il pranzo sociale.
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Si sa che quando siamo
in buona compagnia, e davanti a dei buoni manicaretti le ore passano,
in fretta e per l’appunto guardando l’orologio è già l’ora di
partire.
Molte strette di mano e arrivederci a prest;, tutti ci avviamo
verso i mezzi per tornare a casa e via, si parte. Un bel film
in video cassetta, per fortuna questa volta non ce ne era di Pieraccioni!!
E siamo già a Parma, una sosta ad un autogrill, uno spuntino
e si riparte.
Alle ore 21,00 siamo a Pietrasanta, e poi ultima fermata Ripa
di Versilia. E’ stata una bellissima due giorni con quella
magnifica ferrata, ci ha fatto passare ore in allegria e spensieratezza
ammirando panorami favolosi, calpestare la prima neve e la cosa
più importante condividere tutto ciò con molti amici! U.O.E.I.,
letteralmente significa Unione Operaia Escursionisti Italiani,
bisogna essere uniti per affrontare i problemi, sentirsi sicuri
vicino a qualcuno che apprezza e rispetta le nostre idee.
Significa voler rafforzare un
legame di vera amicizia, rivolta a chi opera per un progresso
che valorizza ciò che la montagna offre, per coloro che andando
in montagna, apprezzano la natura, la rispettano e trovano un
ambiente d'amichevole compagnia. |
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Un
pensiero per meditare:
La
terra non l’abbiamo ereditata dai nostri padri, l’abbiamo presa a
prestito dai nostri figli, ai quali un giorno dovremmo restituirla.
(Indiani Sioux)
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