U.O.E.I.
UNIONE OPERAIA ESCURSIONISTI ITALIANI
Sezione "Antonio Tessa" - RIPA DI VERSILIA
 

Traversata da Cardoso a Pizzorno
Pania della Croce (m.1859)
13 Luglio 2003
Percorso: traversata da Cardoso( m. 278), Foce di Valli (m. 1266),
Passo degli Uomini dell Neve (m.1700), Pania della Croce (m. 1859),
Rifugio Rossi (m. 1609), Pizzorno (m.460)
Segnaletica: biancorossa CAI
segnavia 7, 126, 138
Dislivello: 1600 m. circa Tempo di percorrenza : 7 ore circa
Classificazione: EE solo per escursionisti esperti. Punti sosta: Rifugio Cai "Enrico Rossi alla Pania"
Acqua: nel paese di Cardoso, in località Colle Mezzana, presso il Rifugio Rossi
e in località Colle Panestra.
Periodo consigliato: dalla primavera inoltrata a tutto autunno

Il caldo non ci dà tregua, anche oggi è una splendida giornata e già alle 5,45 fa molto caldo. Ci ritroviamo, un primo gruppo di cinque al terminal bus a Pietrasanta, e subito ci sistemiamo sul pullman per raggiungere gli altri amici presso la sezione a Ripa. Dalla strada già ci salutiamo e ci facciamo festa ben felici d'intraprendere questa nuova avventura sulle nostre montagne, in particolare sulla " Regina delle Apuane": la Pania. La cima più famosa e frequentata, dalle linee anche eleganti se vista da mezzogiorno. Considerata a sé, ha pressoché forma di cono, rotto e solcato soprattutto a ponente, e culmina con una breve cresta pianeggiante sulla quale si riconoscono: all'estremità S la quota principale, una vicina Antecima N di poco più bassa, una Spalla settentrionale sui 1800 m e al disotto di questa una piccola insellatura detta il Callare, dopodiché la cresta prosegue verso la q. 1750 e il Pizzo delle Saette.Vi arriveremo dopo un dislivello di 1581 mt.Una volta sistemati gli zaini nel bagagliaio si parte per il breve tragitto, circa 15 minuti, che ci separa da Cardoso (m.278), abitato che si incontra percorrendo per circa 3 Km. la strada che da Ponte Stazzemese segue a ritroso il corso del fiumeIl paese nasce nel 1407 formato dalla fusione di 3 vilaggi: Cardoso, Malinventre e Farneta.In seguito a lotte interne, intorno al 1530, le suddette frazioni si separano, anche se attualmente si è mantenuto l'agglomerato originario, con l'aggiunta anzi del piccolo borgo dell'Orzale. Per l'economia locale assume una grande importanza l'estrazione e la lavorazione di una pietra conosciuta fin dal X secolo, e chiamata Pietra del Cardoso, commerciata oggi ed utilizzata per la realizzazione di stipiti, soglie, scalini ed altro. La chiesa del paese, costruita nella prima metà del '700 in onore di S. Maria Assunta, si trova di fronte alla bella torre campanaria iniziata nel 1745; la festa religiosa tradizionale ricorre il 16 Agosto, per S. Rocco. Lasciando il paese, dove in estate si gode un fresco invidiabile, si possono intraprendere sentieri di varia difficoltà tramite i quali è possibile raggiungere Colle Mezzana, Palagnana, il Monte Foratfo, al di sotto del quale si trova la chiesa di San Leonardo, di fondazione romanica, ed altre località. Purtroppo nel giugno del 1996 il paese di Cardoso è stato quasi completamente distrutto da una tremenda alluvione che ha seminato morte e danni in tutta la valle: da Cardoso sino alla foce del fiume Versilia. Cardoso è stato il paese più colpito con 14 vittime, e più della metà del paese distrutto da frane o portato via dalla furia delle acque.
Il pullman si dirige verso la località Orzale ma purtroppo non riesce ad affrontare l'erta salita e in prossimità di un ampio curvane ci scarica; bèh pazienza! Siamo comunque venuti per camminare. dopo poco si incontra il segnavia n°7 e subito lo imbocchiamo, si tratta di un bel sentiero che sale tra faggi e castagni snodandosi alto sul lato orografico destro del canale della Capriola. Dopo l'alluvione del "96 è stato risistemato con camminamenti in legno, porta direttamente a Collemezzana. Dopo circa un'ora e mezza siamo arrivati, belli sudati, in prossimità delle case di C. Mezzana accolti dal famoso, famoso per chi conosce queste località, Agostino: il nipote dell'ancora più famoso Angiolo Bartolucci detto il Nonno,
un simbolo dell'ospitalità di cui sono capaci gli abitanti delle Apuane. Un brutto giorno, il 10 aprile 1945 (10 giorni dopo sarebbe terminata la guerra), una pattuglia di americani si presentò a Collemezzana chiedendo se ci fosse stato qualcuno disposto ad accompagnarli nel luogo chiamato Piton del Soglio, sotto la Pania. Il Nonno, che allora aveva 74 anni, ma era ancora in buona salute e forte di gambe, si offrì come guida, così come faceva con tutti coloro che glielo chiedevano. Appena giunti nel posto chiamato Tomba, una pattuglia di tedeschi, in agguato, scaricò i mitra sul gruppo che avanzava; il Nonno, ferito, trovò riparo in una piccola grotta ma venne ucciso da due bombe che gli vennero tirate addosso, così come fu ucciso il tenente americano che comandava la pattuglia. A questo evento assistettero due testimoni oculari: un uomo di Cardoso e suo figlio sergente dell'esercito; ma, mentre il giovane riuscì a fuggire, il padre fu catturato e rilasciato solo alla fine della guerra. Nel luogo dove fu ucciso Angiolo Bartolucci è stata posta una lapide in sua memoria e questo posto si trova a poche centinaia di metri dal rifugio La Fania dell'U.O.E.I. di Pietrasanta; rifugio sovrastato da un faggio imponente, sicuramente uno dei più maestosi di tutte le Apuane.Presso le case di C. Mezzana ci fermiamo per riprendere fiato approfittando della sorgente per rinfrescarci e riempire le borracce d'acqua fresca che sicuramente ci servirà nella lunga salita che ancora ci attende. In breve, e a malincuore, ci incamminiamo verso la Foce di Valli; si prosegue sul sentiero n° 7, che ben presto si fa ancora più ripido, per poi giungere ad un tratto di roccette da superare arrampicandosi un po'. Voltandoci indietro si nota giù molto, molto più in basso, il curvone dove siamo scesi dal pullman e si comincia a notare anche un bel panorama su tutta la valle, sino al mare. Dopo circa un'ora da Colle Mezzana, faticosamente perché qui il sentiero si fa più ripido e assolato, arriviamo alla Foce di Valli. Inutile dire che il gruppo si è notevolmente sgranato, tanto che alcuni componenti decidono di ripartire senza attendere il capo gita, approfittandone per una deviazione fuoriprogramma. Marco, il capo gita, appena arriva si scatena in una sfuriata, per altro giustificata, asserendo che non è giusto ne corretto lasciare indietro chi è meno allenato, e rimarcando il rischio a cui si espone tutto il gruppo abbandonandolo per intraprendere percorsi non previsti e per giunta dove non esiste sentieristica; ha ragione in pieno e noi a testa bassa dobbiamo solo condividere tali affermazioni. Ci riposiamo lasciando riposare anche chi è arrivato in ritardo; un po' di frutta, una bella bevuta e via siamo già su quei ripidissimi " prati di Valli " in direzione del Passo degli Uomini della Neve.
Il sentiero è ben visibile e sale a zigzag su praterie di paleo e detriti: un sentiero ben segnalato ma in costante salita e completamente assolato da affrontare con calma, misurando i passi perché può facilmente tradire chi lo affrontasse con eccessiva spavalderia. Mentre si sale si notano anche branchi di mufloni. Si sale memori delle ammonizioni di Marco e fermandoci ogni tanto e si cerca di ricompattare il gruppo, dopo circa un'ora arriviamo al Passo degli Uomini della Neve (m.1700 circa) che prende il nome dal faticoso viaggio che si faceva in estate da Cardoso per rifornirsi di neve nelle buche della Valle dell'Inferno, sotto la Pania, passando nel pratone fino al passo. Venivano a prenderla da Cardoso (attraverso il Passo chiamato appunto "Passo degli Uomini della Neve") per portarla ai centri turistici della riviera versiliese in tempi in cui i frigoriferi erano ancora proprietà di pochissimi; fra coloro che sono saliti fin quassù a caricare la neve per portarla a valle, superando un dislivello di 1300 m., vi è stato anche l'Agostino che abbiamo incontrato a Colle Mezzana. Qui si riprende fiato e poi il grosso del gruppo si dirige verso la vetta della Pania inerpicandosi su per l'aerea cresta est ,
mentre due partecipanti optano di dirigersi direttamente al vicino Rifugio Rossi. La cresta Est della Pania dal Passo degli Uomini della Neve comporta un dislivello di 200 m scarsi e rappresenta un bell'itinerario di cresta: piuttosto aereo ma facile, assolutamente sconsigliabile in inverno. Nel tratto intermedio la cresta diviene piuttosto erta ed esposta, rotta da spuntoni; per il resto non ci sono difficoltà purché si sia dotati di un minimo di esperienza e non si abbia paura del vuoto. In circa mezz'ora siamo in vetta (m 1859), e naturalmente come tutte le volte che si arriva su una vetta la felicità è immensa, lo sguardo si dirige in tutte le direzioni, si gode di un panorama fra i più belli che sia possibile ammirare: la Pania Secca, il Corchia, la Riviera della Versilia, le vette della catena Apuane sono di fronte a noi e quello che vediamo non si può descrivere, bisogna venire qui e constatare di persona. Nel frattempo sulla vetta arrivano altri nostri amici che hanno seguito la via normale alla Pania da Mosceta si tratta di Alfio con il suo cane Giò, l'Antonietta e Renzo e si uniscono a noi chiedendoci di raccontare come è andata la salita, facciamo uno spuntino, qualche fotografia e poi giù seguendo il sentiero n° 126 del Vallone dell'inferno. Scendiamo rapidamente per ghiaioni e grossi detriti, sul fianco sinistro della Valle dell'Inferno si apre una buca, la "Buca della neve" dove, a causa della scarsa esposizione, la neve vi rimane ghiacciata per quasi tutto l'anno; nonostante questa torrida estate ve ne è ancora, in verità in anni passati ce n'era molta di più! Dopo circa 30 minuti siamo arrivati alla Nocetta del Puntone 1611 m dove si incrociano i sentieri CAI 7, 139 e 126. Noi proseguiamo per il Rifugio Rossi, seguiamo il sentiero per pochi metri e si passa sui pendii prativi sottostanti l'Uomo Morto: tratto di montagna posto fra le due Panie che ricorda il volto di una persona coricata e la cui massima altitudine è il "Naso" (m.1677), detto anche " Naso di dante " o "Puntone di Mezzo al Prato". In breve tempo si raggiunge il Rifugio "Enrico Rossi alla Pania", quota 1609 m. Il rifugio è stato costruito dal CAI di Lucca nel 1921 e si chiamava "Rifugio Pania": originariamente aveva il tetto a volta ma rovinò e fu ricostruito nella forma che ha attualmente.
La nuova struttura fu inaugurata il 24 agosto 1924 e venne intitolata ad un alpinista lucchese morto giovane in un incidente stradale: è di proprietà del CAI di Lucca ed è formato da 2 vani più servizi con 22 posti letto. Ricongiunti con gli altri due escursionisti che vi si erano diretti evitando la salita alla Pania si comincia a tirare fuori i viveri, solite divisioni tra chi apparecchia e chi si ciba di barrette. Comunque, vista la grande salita e il caldo già previsto, ci siamo portati solo roba fresca come pomodori, riso freddo e frutta, il solito Rossano, Dio lo benedica ha portato tre kg di macedonia, naturalmente l'abbiamo aiutato a finirla! Dopo mangiato: il grappino di rito, solo che uno era a base di mirtillo, uno di ginepro e uno alla ruta: si doveva far onore a tutti no? La Giuseppina i suoi soliti dolcetti! Poi approfittando del rifugio aperto ci siamo presi anche un buon caffè, alla faccia di chi la pensa diversamente. Dopo circa un'ora si decide di scendere verso Piglionico pensando di rifornirci d'acqua alla vicina fonte e invece,
purtroppo è asciutta, per fortuna un po' più in basso ce n'era un'altra che un filino appena lo lasciava cadere. Si segue il sentiero n° 7, ora siamo finalmente all'ombra di bellissimi faggi e si scende sempre di più sino a giungere al Piglionico a 1120 mt. Qui ai piedi di una marginetta in ricordo di partigiani uccisi dai nazzisti nell'ultima guerra ci siamo fermati a riposare attendendo i ritardatari. Attraversata la strada sterrata abbiamo imboccato il sentiero n° 138 percorrendolo interamente nel fitto di un bel bosco di castagni e faggi alcuni di notevole dimensione sul versante occidentale del monte Rovaio; dopo circa 20 minuti si arriva ad un rudere e subito sotto una bella e invitante sorgente con due belle vasche: inutile spiegare come ci siamo fiondati per lavarci un po' dal sudore e dissetarci. Un po' di riposo in quel bel fresco ci voleva, ma come al solito c'è chi scalpita ed è pronto per ripartire e allora via, partiamo! Si giunge in località Colle Panestra a 1008 mt, borgo disabitato testimone di crude vicende dell'ultima guerra (un tempo luogo di aspre battaglie tra truppe tedesche e partigiani). Discendendo poi lungo il Fosso del Burrone in ambienti boscosi, fino alla località Pizzorno m. 460. Il borgo e composto da poche case proprio sotto il M. Rovaio, vi sono circa dieci abitanti stabili un'oasi di vera tranquillità. Un breve tratto di strada sterrata e sotto di noi vediamo scorrere la Turrite secca, come resistere al richiamo di quella bell'acqua fresca che scorre placidamente!
Naturalmente non abbiamo resistito e tolti gli scarponi via con i piedi in ammollo e perché no, anche una bella sciacquata per toglierci la fatica, il sudore e la polvere di dosso? L'ora dell'appuntamento si avvicinava e purtroppo dobbiamo ricalzare gli scarponi e salire verso la strada provinciale n° 13 Arni - Castelnuovo G. Sulla strada siamo stati fonte di curiosità da parte di chi passava con le auto: " Chissà cosa fanno quei disperati seduti sui paracarri e con le facce stravolte? "
Si forse eravamo anche stravolti ma felici, felici di aver passato una giornata insieme; abbiamo condiviso difficoltà, fatica e gioia di raggiungere una cima, e percorre così tanta strada con un dislivello mica male. Da queste esperienze in comune la nostra amicizia si rinforza e noi continueremo così, perché l'amicizia rimanga una vera amicizia dove anche le tribolazioni e le fatiche, e non solo le gioie, vengono condivise.
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