Percorso: traversata
da Cardoso( m. 278), Foce di Valli (m. 1266),
Passo degli Uomini dell Neve (m.1700), Pania della Croce (m. 1859),
Rifugio Rossi (m. 1609), Pizzorno (m.460)
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Segnaletica: biancorossa
CAI
segnavia 7, 126, 138 |
Dislivello: 1600
m. circa |
Tempo di percorrenza
: 7 ore circa |
Classificazione:
EE solo per escursionisti esperti. |
Punti sosta: Rifugio
Cai "Enrico Rossi alla Pania" |
Acqua: nel
paese di Cardoso, in località Colle Mezzana, presso il
Rifugio Rossi
e in località Colle Panestra.
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Periodo consigliato:
dalla primavera inoltrata a tutto autunno |
Il caldo non ci dà tregua, anche oggi è una splendida giornata e già
alle 5,45 fa molto caldo. Ci ritroviamo, un primo gruppo di cinque
al terminal bus a Pietrasanta, e subito ci sistemiamo sul pullman
per raggiungere gli altri amici presso la sezione a Ripa. Dalla strada
già ci salutiamo e ci facciamo festa ben felici d'intraprendere questa
nuova avventura sulle nostre montagne, in particolare sulla " Regina
delle Apuane": la Pania. La cima più famosa e frequentata, dalle linee
anche eleganti se vista da mezzogiorno. Considerata a sé, ha pressoché
forma di cono, rotto e solcato soprattutto a ponente, e culmina con
una breve cresta pianeggiante sulla quale si riconoscono: all'estremità
S la quota principale, una vicina Antecima N di poco più bassa, una
Spalla settentrionale sui 1800 m e al disotto di questa una piccola
insellatura detta il Callare, dopodiché la cresta prosegue verso la
q. 1750 e il Pizzo delle Saette.Vi arriveremo dopo un dislivello di
1581 mt.Una volta sistemati gli zaini nel bagagliaio si parte per
il breve tragitto, circa 15 minuti, che ci separa da Cardoso (m.278),
abitato che si incontra percorrendo per circa 3 Km. la strada che
da Ponte Stazzemese segue a ritroso il corso del fiumeIl paese nasce
nel 1407 formato dalla fusione di 3 vilaggi: Cardoso, Malinventre
e Farneta.In seguito a lotte interne, intorno al 1530, le suddette
frazioni si separano, anche se attualmente si è mantenuto l'agglomerato
originario, con l'aggiunta anzi del piccolo borgo dell'Orzale. Per
l'economia locale assume una grande importanza l'estrazione e la lavorazione
di una pietra conosciuta fin dal X secolo, e chiamata Pietra del Cardoso,
commerciata oggi ed utilizzata per la realizzazione di stipiti, soglie,
scalini ed altro. La chiesa del paese, costruita nella prima metà
del '700 in onore di S. Maria Assunta, si trova di fronte alla bella
torre campanaria iniziata nel 1745; la festa religiosa tradizionale
ricorre il 16 Agosto, per S. Rocco. Lasciando il paese, dove in estate
si gode un fresco invidiabile, si possono intraprendere sentieri di
varia difficoltà tramite i quali è possibile raggiungere Colle Mezzana,
Palagnana, il Monte Foratfo, al di sotto del quale si trova la chiesa
di San Leonardo, di fondazione romanica, ed altre località. Purtroppo
nel giugno del 1996 il paese di Cardoso è stato quasi completamente
distrutto da una tremenda alluvione che ha seminato morte e danni
in tutta la valle: da Cardoso sino alla foce del fiume Versilia. Cardoso
è stato il paese più colpito con 14 vittime, e più della metà del
paese distrutto da frane o portato via dalla furia delle acque.
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Il
pullman si dirige verso la località Orzale ma purtroppo non
riesce ad affrontare l'erta salita e in prossimità di un ampio
curvane ci scarica; bèh pazienza! Siamo comunque venuti per
camminare. dopo poco si incontra il segnavia n°7 e subito
lo imbocchiamo, si tratta di un bel sentiero che sale tra faggi
e castagni snodandosi alto sul lato orografico destro del canale
della Capriola. Dopo l'alluvione del "96 è stato risistemato
con camminamenti in legno, porta direttamente a Collemezzana.
Dopo circa un'ora e mezza siamo arrivati, belli sudati, in prossimità
delle case di C. Mezzana accolti dal famoso, famoso per chi
conosce queste località, Agostino: il nipote dell'ancora più
famoso Angiolo Bartolucci detto il Nonno, |
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un simbolo dell'ospitalità
di cui sono capaci gli abitanti delle Apuane. Un brutto giorno, il
10 aprile 1945 (10 giorni dopo sarebbe terminata la guerra), una pattuglia
di americani si presentò a Collemezzana chiedendo se ci fosse stato
qualcuno disposto ad accompagnarli nel luogo chiamato Piton del Soglio,
sotto la Pania. Il Nonno, che allora aveva 74 anni, ma era ancora
in buona salute e forte di gambe, si offrì come guida, così come faceva
con tutti coloro che glielo chiedevano. Appena giunti nel posto chiamato
Tomba, una pattuglia di tedeschi, in agguato, scaricò i mitra sul
gruppo che avanzava; il Nonno, ferito, trovò riparo in una piccola
grotta ma venne ucciso da due bombe che gli vennero tirate addosso,
così come fu ucciso il tenente americano che comandava la pattuglia.
A questo evento assistettero due testimoni oculari: un uomo di Cardoso
e suo figlio sergente dell'esercito; ma, mentre il giovane riuscì
a fuggire, il padre fu catturato e rilasciato solo alla fine della
guerra. Nel luogo dove fu ucciso Angiolo Bartolucci è stata posta
una lapide in sua memoria e questo posto si trova a poche centinaia
di metri dal rifugio La Fania dell'U.O.E.I. di Pietrasanta; rifugio
sovrastato da un faggio imponente, sicuramente uno dei più maestosi
di tutte le Apuane.Presso le case di C. Mezzana ci fermiamo per riprendere
fiato approfittando della sorgente per rinfrescarci e riempire le
borracce d'acqua fresca che sicuramente ci servirà nella lunga salita
che ancora ci attende. In breve, e a malincuore, ci incamminiamo verso
la Foce di Valli; si prosegue sul sentiero n° 7, che ben presto
si fa ancora più ripido, per poi giungere ad un tratto di roccette
da superare arrampicandosi un po'. Voltandoci indietro si nota giù
molto, molto più in basso, il curvone dove siamo scesi dal pullman
e si comincia a notare anche un bel panorama su tutta la valle, sino
al mare. Dopo circa un'ora da Colle Mezzana, faticosamente perché
qui il sentiero si fa più ripido e assolato, arriviamo alla Foce di
Valli. Inutile dire che il gruppo si è notevolmente sgranato, tanto
che alcuni componenti decidono di ripartire senza attendere il capo
gita, approfittandone per una deviazione fuoriprogramma. Marco, il
capo gita, appena arriva si scatena in una sfuriata, per altro giustificata,
asserendo che non è giusto ne corretto lasciare indietro chi è meno
allenato, e rimarcando il rischio a cui si espone tutto il gruppo
abbandonandolo per intraprendere percorsi non previsti e per giunta
dove non esiste sentieristica; ha ragione in pieno e noi a testa bassa
dobbiamo solo condividere tali affermazioni. Ci riposiamo lasciando
riposare anche chi è arrivato in ritardo; un po' di frutta, una bella
bevuta e via siamo già su quei ripidissimi " prati di Valli " in direzione
del Passo degli Uomini della Neve.
Il
sentiero è ben visibile e sale a zigzag su praterie di paleo
e detriti: un sentiero ben segnalato ma in costante salita e
completamente assolato da affrontare con calma, misurando i
passi perché può facilmente tradire chi lo affrontasse con eccessiva
spavalderia. Mentre si sale si notano anche branchi di mufloni.
Si sale memori delle ammonizioni di Marco e fermandoci ogni
tanto e si cerca di ricompattare il gruppo, dopo circa un'ora
arriviamo al Passo degli Uomini della Neve (m.1700 circa) che
prende il nome dal faticoso viaggio che si faceva in estate
da Cardoso per rifornirsi di neve nelle buche della Valle dell'Inferno,
sotto la Pania, passando nel pratone fino al passo. Venivano
a prenderla da Cardoso (attraverso il Passo chiamato appunto
"Passo degli Uomini della Neve") per portarla ai centri turistici
della riviera versiliese in tempi in cui i frigoriferi erano
ancora proprietà di pochissimi; fra coloro che sono saliti fin
quassù a caricare la neve per portarla a valle, superando un
dislivello di 1300 m., vi è stato anche l'Agostino che abbiamo
incontrato a Colle Mezzana. Qui si riprende fiato e poi il grosso
del gruppo si dirige verso la vetta della Pania inerpicandosi
su per l'aerea cresta est , |
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mentre due partecipanti
optano di dirigersi direttamente al vicino Rifugio Rossi. La cresta
Est della Pania dal Passo degli Uomini della Neve comporta un dislivello
di 200 m scarsi e rappresenta un bell'itinerario di cresta: piuttosto
aereo ma facile, assolutamente sconsigliabile in inverno. Nel tratto
intermedio la cresta diviene piuttosto erta ed esposta, rotta da spuntoni;
per il resto non ci sono difficoltà purché si sia dotati di un minimo
di esperienza e non si abbia paura del vuoto. In circa mezz'ora siamo
in vetta (m 1859), e naturalmente come tutte le volte che si arriva
su una vetta la felicità è immensa, lo sguardo si dirige in tutte
le direzioni, si gode di un panorama fra i più belli che sia possibile
ammirare: la Pania Secca, il Corchia, la Riviera della Versilia, le
vette della catena Apuane sono di fronte a noi e quello che vediamo
non si può descrivere, bisogna venire qui e constatare di persona.
Nel frattempo sulla vetta arrivano altri nostri amici che hanno seguito
la via normale alla Pania da Mosceta si tratta di Alfio con il suo
cane Giò, l'Antonietta e Renzo e si uniscono a noi chiedendoci di
raccontare come è andata la salita, facciamo uno spuntino, qualche
fotografia e poi giù seguendo il sentiero n° 126 del Vallone
dell'inferno. Scendiamo rapidamente per ghiaioni e grossi detriti,
sul fianco sinistro della Valle dell'Inferno si apre una buca, la
"Buca della neve" dove, a causa della scarsa esposizione, la neve
vi rimane ghiacciata per quasi tutto l'anno; nonostante questa torrida
estate ve ne è ancora, in verità in anni passati ce n'era molta di
più! Dopo circa 30 minuti siamo arrivati alla Nocetta del Puntone
1611 m dove si incrociano i sentieri CAI 7, 139 e 126. Noi
proseguiamo per il Rifugio Rossi, seguiamo il sentiero per pochi metri
e si passa sui pendii prativi sottostanti l'Uomo Morto: tratto di
montagna posto fra le due Panie che ricorda il volto di una persona
coricata e la cui massima altitudine è il "Naso" (m.1677), detto anche
" Naso di dante " o "Puntone di Mezzo al Prato". In breve tempo si
raggiunge il Rifugio "Enrico Rossi alla Pania", quota 1609 m. Il rifugio
è stato costruito dal CAI di Lucca nel 1921 e si chiamava "Rifugio
Pania": originariamente aveva il tetto a volta ma rovinò e fu ricostruito
nella forma che ha attualmente.
La
nuova struttura fu inaugurata il 24 agosto 1924 e venne intitolata
ad un alpinista lucchese morto giovane in un incidente stradale:
è di proprietà del CAI di Lucca ed è formato da 2 vani più servizi
con 22 posti letto. Ricongiunti con gli altri due escursionisti
che vi si erano diretti evitando la salita alla Pania si comincia
a tirare fuori i viveri, solite divisioni tra chi apparecchia
e chi si ciba di barrette. Comunque, vista la grande salita
e il caldo già previsto, ci siamo portati solo roba fresca come
pomodori, riso freddo e frutta, il solito Rossano, Dio lo benedica
ha portato tre kg di macedonia, naturalmente l'abbiamo aiutato
a finirla! Dopo mangiato: il grappino di rito, solo che uno
era a base di mirtillo, uno di ginepro e uno alla ruta: si doveva
far onore a tutti no? La Giuseppina i suoi soliti dolcetti!
Poi approfittando del rifugio aperto ci siamo presi anche un
buon caffè, alla faccia di chi la pensa diversamente. Dopo circa
un'ora si decide di scendere verso Piglionico pensando di rifornirci
d'acqua alla vicina fonte e invece, |
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purtroppo è asciutta, per
fortuna un po' più in basso ce n'era un'altra che un filino appena
lo lasciava cadere. Si segue il sentiero n° 7, ora siamo finalmente
all'ombra di bellissimi faggi e si scende sempre di più sino a giungere
al Piglionico a 1120 mt. Qui ai piedi di una marginetta in ricordo
di partigiani uccisi dai nazzisti nell'ultima guerra ci siamo fermati
a riposare attendendo i ritardatari. Attraversata la strada sterrata
abbiamo imboccato il sentiero n° 138 percorrendolo interamente nel
fitto di un bel bosco di castagni e faggi alcuni di notevole dimensione
sul versante occidentale del monte Rovaio; dopo circa 20 minuti si
arriva ad un rudere e subito sotto una bella e invitante sorgente
con due belle vasche: inutile spiegare come ci siamo fiondati per
lavarci un po' dal sudore e dissetarci. Un po' di riposo in quel bel
fresco ci voleva, ma come al solito c'è chi scalpita ed è pronto per
ripartire e allora via, partiamo! Si giunge in località Colle Panestra
a 1008 mt, borgo disabitato testimone di crude vicende dell'ultima
guerra (un tempo luogo di aspre battaglie tra truppe tedesche e partigiani).
Discendendo poi lungo il Fosso del Burrone in ambienti boscosi, fino
alla località Pizzorno m. 460. Il borgo e composto da poche case proprio
sotto il M. Rovaio, vi sono circa dieci abitanti stabili un'oasi di
vera tranquillità. Un breve tratto di strada sterrata e sotto di noi
vediamo scorrere la Turrite secca, come resistere al richiamo di quella
bell'acqua fresca che scorre placidamente!
Naturalmente
non abbiamo resistito e tolti gli scarponi via con i piedi in
ammollo e perché no, anche una bella sciacquata per toglierci
la fatica, il sudore e la polvere di dosso? L'ora dell'appuntamento
si avvicinava e purtroppo dobbiamo ricalzare gli scarponi e
salire verso la strada provinciale n° 13 Arni - Castelnuovo
G. Sulla strada siamo stati fonte di curiosità da parte di chi
passava con le auto: " Chissà cosa fanno quei disperati seduti
sui paracarri e con le facce stravolte? " |
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Si forse eravamo anche stravolti
ma felici, felici di aver passato una giornata insieme; abbiamo condiviso
difficoltà, fatica e gioia di raggiungere una cima, e percorre così
tanta strada con un dislivello mica male. Da queste esperienze in
comune la nostra amicizia si rinforza e noi continueremo così, perché
l'amicizia rimanga una vera amicizia dove anche le tribolazioni e
le fatiche, e non solo le gioie, vengono condivise.
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