MONTE
CELLA (m. 1942)
Appennino Tosco-Emiliano (Domenica 23 Febbraio)
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L'ora
era quella classica: le 6,30, era solo un po' più buio!. A parte quest'ultimo
dettaglio sembrava di essere alla partenza di una classica escursione
estiva, tanto era l'entusiasmo e la partecipazione di soci a questa nostra
"prima" escursione invernale. Nello spirito di rinnovato entusiasmo che
anima la Sezione quest'anno, per la prima volta, abbiamo deciso di programmare
un'uscita sulla neve. Attività che non era mai stata inserita per l'oggettiva
difficoltà di accompagnare un nutrito gruppo, molti inesperti, su pendii
innevati. Ma le richieste in questo senso erano molte e ci hanno spinto
ad organizzare questa iniziativa col dichiarato intento di introdurre
i soci che lo desideravano all'uso di ramponi e piccozza. Il percorso
scelto era ben conosciuto e piuttosto facile, studiato proprio per i principianti,
ma tuttavia non ha mancato di farsi apprezzare anche dai più esperti.
Abbiamo raggiunto con mezzi propri, e senza difficoltà grazie agli spargisale
dell'ANAS, la località Casone di Profecchia (m. 1314) dove siamo giunti
alle 8,30. Lungo la strada, iniziando da Seravezza, si potevano ammirare
spettacolari formazioni di ghiaccio: lunghi candeli sulle pareti, imponenti
cattedrali dove l'acqua scolava lungo il monte e torrenti trasformati
in cascate di ghiaccio, frutto delle particolari condizioni che le bizzarrie
del clima ci regalano. Ci prepariamo rapidamente ed imbocchiamo la vecchia
pista da sci (inizio del sentiero segnavia 54), oramai in disuso,
che inizia proprio a fianco dell'albergo. |
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Bastano
pochi passi per constatare che la neve è piacevolmente battuta ma non
gelata tant'è che è facile camminarvi senza ramponi. Ci sparpagliamo sul
tracciato felici di poter finalmente calpestare un po' di neve visto che,
pur nevicando abbastanza presto, le condizioni climatiche e il buon senso
hanno sconsigliato questa attività. Scherzando ci lasciamo prendere dai
ricordi, chi rammenta le discese di quando gli impianti ancora funzionavano,
chi ricorda i funghi che l'estate scorsa trovammo proprio in mezzo alla
pista, chi l'acquazzone che ci colse allora a fine giornata chi, infine,
un campeggio di tanti anni fa. Così, più allegri che mai, raggiungiamo
la stradina forestale che taglia in alto il tracciato, ne percorriamo
un breve tratto e ci inoltriamo nel bosco, |
una
bella fustaia di faggio (segnavia 54). Il gruppo è al completo, siamo
in 20, davvero non male per la prima escursione! Il clima è piacevole
con una temperatura di soli 2 °C ma con un tiepido sole, la neve è buona,
non ghiacciata ma neanche troppo molle, insomma è piacevole camminarci.
I timori della vigilia pian piano si attenuano e gli accompagnatori Marco
e Marcello, riescono a trovare il tempo per istruire adeguatamente quanti
erano alle prime armi e per scambiare impressioni con gli amici di Pietrasanta
come sempre capitanati dall'inossidabile Alessandro. Il bosco innevato
è stupendo, le tracce che ripetutamente vediamo ci piace pensare, crediamo
a ragione, che siano dei lupi che dopo tanto tempo sono tornati ad abitare
l'Appennino Tosco-Emiliano. Vorremmo tanto avvistarne uno ma il male che
l'uomo ha fatto a questo meraviglioso animale è talmente grande che servirà
ancora tanto tempo prima che torni ad avere un poco di fiducia e farsi
vedere; in fondo ci basta sapere che c'è e che magari ci sta osservando
da lontano, che sta guardando quell'enigmatico e colorato gruppo di umani
che arranca schiamazzando nella neve con una strana appendice sulle spalle.
D'altronde siamo in buona compagnia, infatti un cane ci sta accompagnando
fin dalla partenza dal Casone; è soprannominato la "guida del monte Prado"
perché ama, di sua spontanea volontà, unirsi a tutti i gruppi di escursionisti
per seguirli lungo l'intero percorso. Con qualche sosta, perché i mesi
di inattività hanno appesantito le gambe, giungiamo al rifugio Cella (m.
1650) in perfetto orario per una rapida colazione e per calzare i ramponi.
La consistenza della neve non lo richiederebbe ma il pendio è ideale per
apprenderne l'uso. |
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Ripartiamo
quasi subito abbandonando il sentiero e salendo con facilità fino a Le
Forbici dove intersechiamo il sentiero (segnavia 00). Qui ci attardiamo
in un'accorata discussione sulla qualità dell'attrezzatura usata e delle
possibili varianti all'itinerario iniziale. Il programma prevedeva infatti
di raggiungere la vetta del Monte Cella seguendo il percorso di cresta;
ora però, viste le buone condizioni del tempo, qualcuno vorrebbe proseguire
fino al Monte Prado. Decidiamo di non decidere ovvero di rimandare il
tutto alla vetta del Cella quando avremo un'idea più precisa della qualità
della neve. Il manto in effetti è assai variabile, alterna zone scoperte
a zone di neve profonda fin troppo evidentemente modellata dal vento.
Proseguiamo lungo il sentiero (segnavia 00), qui in comune col
tracciato del Garfagnana Trekking, fino al Passo del Bocco (m. 1816);
qui risulta molto evidente che il forte vento ha accumulato molta neve
sulla cresta, la prudenza ci sconsiglia di seguirla perché la neve riportata
potrebbe nascondere pericolose insidie; procediamo quindi (segnavia
00) prudentemente a qualche metro dalla cresta affrontando l'ascesa
senza particolari difficoltà |
anche
se tratti di neve poco dura si alternano a tratti ghiacciati. La fatica
inizia a farsi sentire e il gruppo si fraziona mentre veniamo raggiunti
da un gruppo del CAI di Viareggio che si unisce a noi per gli ultimi metri.
E' oramai mezzogiorno e il sole inizia ad ammorbidire la neve che resta
solida solo nei punti dov'è presente del ghiaccio. Le condizioni del manto
e le nuvole che si spostano assai velocemente verso il Monte Prado ci
fanno decidere per il rientro, d'altronde la meta prefissata era la vetta
del Cella e pochi avevano voglia di proseguire. Solo Piero ed Erio ci
comunicano che intendono lasciare il gruppo per scendere un altro versante
dove sperano di scattare delle belle fotografie. Salutiamo gli amici di
Viareggio e ci incamminiamo nuovamente verso il rifugio Cella. Il primo
tratto di discesa dove la neve resta dura presenta qualche difficoltà,
ma poi il percorso è agevole anche se faticoso perché oramai si sprofonda.
Sono passate da poco le 13 quando raggiungiamo il rifugio per il pranzo,
che consumiamo piacevolmente riscaldati da un bel sole. Era nostra intenzione
concludere la giornata mostrando ai meno esperti i comportamenti da tenere
in caso di difficoltà ma il sole aveva oramai ammorbidito a tal punto
la neve che bastava abbandonare la traccia battuta per sprofondare fino
alle ginocchia. A malincuore abbiamo abbandonato l'esperienza per un tranquillo
rientro al Casone dove giungiamo alle 15,30. Un brindisi alla bella giornata,
e un gradito scambio di impressioni ed opinioni concludono un'esperienza
per noi innovativa ma oltremodo gratificante, tanto per coloro che vi
hanno partecipato che per la Sezione tutta, che quest'anno ha voluto rivoluzionare
la tradizionale impostazione del programma inserendo con notevole dispendio
di energie nuove ed accattivanti iniziative.
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