L’escursione
Una volta giunti a Renara a quota 310 e lasciate le auto, ci prepariamo
e alle ore 07,30 incominciamo la salita. Oltrepassata una sbarra della
strada marmifera dopo pochi metri si prende a sinistra e dopo poco ci
si inoltra in una via di lizza poco ripida che attraversa ill Canale della
Buchetta. In pochi minuti si arriva all’inizio del poggio di carico della
lizza dove ha inizio la saliata.
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Dopo
alcune foto e lo spirito ancora baldanzoso partiamo, e che saranno
mai quei 2.500 gradini che abiamo di fronte? Dai forza saliamo se
lo facevano i vecchi cavatori lo possiamo fare anche noi. Ma gradino
dopo gradino, e non è che i gradini siano tutti stabili e di ugual
misura, la nostra euforia comincia a sgonfiarsi e le ilarità e le
battute di spirito spariscono, ogni tanto ci si volta e si nota
la pendenza vertiginosa e portando di nuovo lo sguardo in avanti
si nota sempre l’interminabile rotaia. |
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Pur non esistendo alcun rischio
di perdere il sentiero, per tutto il percorso è infatti presente la monorotaia,
la salita non è immune da pericoli. I gradini infatti sono in alcuni tratti
scomparsi a causa dell’erosione e dello stato di abbandono; bisogna allora
camminare in precario equilibrio sui muri di sostegno del tracciato e
quindi sull’orlo del canalone. Da non trascurare poi di porre la massima
attenzione alle traversine di legno che spesso sono umide e particolarmente
scivolose. . Per fortuna stiamo camminando tra le pareti del canale e
il sole non riesce a penetrarvi, la temperatura è fresca. A questo proposito
sconsigliamo vivamente di intraprendere la salita nel pomeriggio quando
il sole è a picco, lo sforzo metterebbe davvero a repentaglio l’incolumità
fisica. Ogni tanto si sente più in basso la Giuseppina che dice “ vi lascio
passare perché io vado piano e poi ogni tanto mi fermo! “ e di rimando
gli rispondono “ NOO! Vai pure così che non abbiamo fretta “. Finalmente
si vede la luce, stiamo uscendo dal canale, è finita? Macché siamo solo
a metà e a occhio da qui comincia il bello. .Incontriamo un edificio che
fungeva da ricovero per gli addetti alla cava, poco più avanti, un grosso
argano che serviva per il caricamento dei blocchi di marmo.
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“
Fermi tutti! Ora ci facciamo una bella sosta e una bella bevuta!
E poi non diamo neanche un’occhiata? “.Qui il panorama comincia
ad essere davvero entusiasmantema è comunque necessaria una prolungata
sosta perché il percorso ancora da affrontare
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è ora quasi interamente assolato e presenta tratti molto ripidi e particolarmente
impegnativi perché, nell’ultimo tratto, la via di lizza non esiste più;
bisogna allora procedere su detriti e boccette seguendo solo una labile
traccia. La sosta l’abbiamo fatta, ma dopo un tentativo di proporre la
salita direttamente al M. sella (salita adatta solo ad escursionisti molto
esperti e con buona conoscenza del luogo) da li per un altro percorso,
subito bocciata, siamo risaliti seguendo di nuovo la lizza e siamo arrivati
alla casa dove ha abitato fino al 1975 il guardiano della cava. Abbiamo
visitato la casa del guardiano, ancora ben tenuta e posizionata su di
una balconata naturale, ci è venuto spontaneo pensare a quanti soldi vengono
buttati via per costruire rifugi inutili, vere cattedrali nel deserto
e poi delle abitazioni già costruite e in posti così splendidi vengono
abbandonate e dimenticate da tutti, perdendo anche i ricordi e la cultura
di quelle persone che ci hanno lavorato. Scusate l’attimo di indignazione
ma un’opera del genere non dovrebbe essere persa e penso che tra pochi
anni questo percorso non potrà essere più fatto e tutta la fatica e la
storia sarà persa per sempre; persa la bellezza incantata e la pace alpestre
che regna sovrana dopo l'ingiurie perpetrate nel passato dalla attività
di estrazione del marmo. Ora che molte zone delle Alpi Apuane sono già
state irrimediabilmente deteriorate dalle cave, dobbiamo rivalutare e
proteggere anche posti meno famosi ma altrettanto preziosi.. Si riparte
e la lizza si fa più disastrata date le molte frane e scariche dalle cave
soprastanti, infatti dopo aver attraversato un ravaneto il tracciato scompare
del tutto e bisogna salire un po’ a occhio, per fortuna i fori dei piri
si distinguono ancora e seguendoli si trova una traccia che ci porta sino
alla cava Bagnoli a quota 1.600 m. Sono trascorse 3,30 ore. Con sollievo
per aver concluso la lunga fatica ci siamo stretti la mano e le signore
hanno distribuito baci come se avessimo raggiunto la cima di una vetta
molto importante.
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Nel programma
non c’era nessuna vetta da raggiungere, in quanto ci sembrava eccessivo,
ma il desiderio di raggiungerne una era troppo forte e dopo averlo
messo a votazione e imponendolo al capo gita che regolarmente non
viene mai ascoltato (quando è stanco e desideroso solo di un po’
d’ombra come in questo caso!), si è deciso di salire in vetta al
Monte Sella. Prima però abbiamo visitato la cava dove viene effettuata
anche l’escavazione in galleria e le grandissime sale ricavate da
questo |
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tipo di escavazione sono impressionanti.
Beh dov’è il sentiero per il Sella? Neanche a dirlo non c’è almeno da
dove eravamo noi e allora via si sale per placche sino alla vicina insellatura
e poi giunti sul crinale si prosegue sino alla vetta. Il sentiero in effetti
non passa per la cava da noi raggiunta: pertanto il percorso che abbiamo
effettuato non è da considerarsi come itinerario per raggiungere la vetta
del Monte Sella. Infatti ci si deve arrampicare su placche lisce che presentano
notevoli difficoltà e quindi pericolose; chi avesse come scopo un’escursione
alla vetta deve seguire un altri itinerario.
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Dalla cima
del Sella lo sguardo si affaccia sulla valle di Arnetola e sul lago
di Vagli, sul gruppo delle Panie, sul Sumbra, sulla Tambura e su
tante altre vette delle Apuane. Una breve sosta, si mangia un mela,
alcune foto e poi via si riparte seguendo il sentiero |
che ci porta al Passo Sella
1.500 m.; un sentiero su roccia piuttosto esposto che presenta alcune
difficoltà. Il Passo è un ampio e verde valico tra le valli di Arni e
d'Arnetola, è solitamente una tappa di passaggio per chi si dirige al
Passo Fiocca per poi scendere di nuovo ad Arni passando per lo stupendo
bosco del Fatonero. E naturalmente visto che la fame si sentiva doverosa
sosta su quegli invitanti prati screziati del violetto dei crochi, solite
due correnti di pensiero sul problema dell’alimentazione, chi tanto e
chi poco. Si stava proprio bene sotto quel bel solicello e una fresca
brezzetta ma il tempo stringeva e quindi dopo aver fatto rifornimento
d’acqua ad una vicina fonte siamo ripartiti prendendo il sentiero n°150,
che parte sulla destra e che percorre la "cresta del Vestito" Questo tratto
è caratterizzato da guglie rocciose che emergono dalla vegetazione contorta
di faggi e altri arbusti che creano un singolare contrasto;
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il versante
massese su cui ogni tanto ci si affaccia, appare aspro e inaccessibile,
solcato da profondi canaloni, lungo i pendii del Monte Macina; una
aerea crestina che ci impegna in un paio di passaggi che richiedono
molta attenzione e qualche rudimento di tecnica d’arrampicata. Dopo
circa un'ora si giunge al Passo del Vestito a quota 1151, valico
alpestre che si affaccia sull'orrido vallone di Renara di fronte
all'elegante profilo del M. Sagro. A pochi metri dal passo si apre
l'imbocco di un bunker facente parte del complesso sistema di fortificazioni,
noto come "Linea Gotica", creato dai Tedeschi durante il secondo
conflitto mondiale. |
Volgendo lo sguardo in basso
si vede la nostra meta che è stata anche quella di partenza. Si scende
su di un tracciato in una gola talvolta intagliato nella roccia, con percorso
sempre pittoresco, ripidissimo e talvolta impegnativo, con soventi passaggi
su roccia da non sottovalutare. Scendendo portandoci sulla sinistra, sovrastati
dal Monte Pelato, una delle propaggini del Monte Altissimo, siamo giunti
infine su scomodi ravaneti e sfasciumi di vecchie cave e dopo circa 9
ore da quando siamo partiti. Qui ci siamo immessi sulla nuova strada marmifera
che parte in prossimità di casa Bonotti e che in breve ci ha condotti
dove avevamo lasciato le macchine. L’escursione è stata ancora una volta
appagante e degna delle aspettative; molto impegnativa per lo sforzo fisico
richiesto e per i frequenti passaggi difficili ed esposti che si devono
superare. Non va però dimenticato che una volta raggiunta la cava è possibile
seguire la marmifera fino a Passo Sella, in questo modo si elimina la
parte più pericolosa del nostro itinerario, che ripetiamo non è l’itinerario
tracciato per la vetta del Monte Sella. |