U.O.E.I.
UNIONE OPERAIA ESCURSIONISTI ITALIANI
Sezione "Antonio Tessa" - RIPA DI VERSILIA
 

Passo della CISA - LAGO SANTO Parmense
traversata
Percorso:da Passo della Cisa al Lago Santo Parmense Segnaletica:biancorossa CAI, segnavia 00, 725A, 723, 727
Dislivello: m.circa 450 Tempo di percorrenza: ore 7,00 circa
Classificazione: E Punti sosta: bar ristorante Faro Rosso al Passo del Cirone
Acqua: :al Passo della Cisa, al Passo del Cirone, Lago santo Parmense Periodo consigliato: dalla primavera all'autunno in assenza di neve e/o ghiaccio

Sicuramente il primo impatto, appena usciti di casa, non è stato dei migliori per nessuno: marciapiedi bagnati e cielo coperto. Poi quelle leggere goccioline sul parabrezza!  Tuttavia i veri escursionisti non si lasciano fermare da niente così siamo tutti quanti puntuali alla partenza. Beh, quasi tutti perché, a parte alcune prevedibili assenze, siamo comunque il 25, appena il pullman parte vediamo giungere un’auto che sfanala e gli occupanti che ci fanno cenno di fermarci. Sono due ritardatari ma che volete, sono due funzionari dell’ ASL e ……!
Il Passo della Cisa lo si raggiunge percorrendo l'autostrada A15 della Cisa fino a Pontremoli. Da li si devono seguire le indicazioni per la Statale della Cisa e quindi per Parma.
Finalmente si parte, gli occhi puntati sul parabrezza che ben presto si ricopre di gocce, mannaggia piove davvero, vuoi vedere che ci frega. Su siamo ottimisti, andiamo lontano e forse la non piove, intanto però qui diluvia. Che strano, Marcello di solito sempre sveglio stamani dorme, ma no forse fa gli scongiuri. Ci immettiamo sull’autostrada della Cisa e smette veramente di piovere però in quota c’è nebbia, accidenti! Usciamo a Pontremoli e con qualche incertezza troviamo la strada giusta con in testa sempre e solo una domanda: facciamo il percorso completo o lo abbreviamo? Ma no! Dopotutto non piove, la nebbia non è fitta, andiamo a Passo della Cisa come da programma. Arriviamo alle 8,30 ci prepariamo e, e… ma dove vanno tutti quanti? Il sentiero è dall’altra parte! Vanno al Santuario, vuoi vedere che proprio non si fidano del capo gita che continua promettere che non pioverà? Il Santuario, che merita veramente una visita, è purtroppo chiuso così iniziamo subito la nostra traversata. E’ ovviamente umido ma fa caldo, pile e giacche finiscono subito negli zaini mentre affrontiamo il primo tratto pianeggiante di sentiero che inizia in corrispondenza della bacheca che ospita la carta dei sentieri (segnavia 00). All’imbocco notiamo un cartello di divieto di transito, sta a vedere che il sentiero è a senso unico e dovevamo percorrerlo al contrario, e giù critiche e prese in giro al povero capo gita che oggi è il bersaglio preferito di una comitiva oltremodo spensierata.
Il percorso è facile, senza salite impegnative, è un salire e scendere continuo di piccole quote sempre su sentiero ampio e ben segnalato in un ambiente appenninico di rara bellezza: prati, boschetti di abeti così fitti da apparire bui e quasi tenebrosi che riportano alla mente le tante leggende dei folletti che popolano le lande lunigianesi; boschi di faggi e animali al pascolo. Il percorso è anche una ippovia, quindi attenzione a dove mettete i piedi!!! Peccato per la nebbia, il panorama sarebbe stato magnifico. Il primo tratto attraversa terreni un tempo coltivati, si vedono ancora piccoli orti e prati gremiti di coloratissimi crochi a dimostrare come la natura stenti a regolarsi con questo clima impazzito. Quasi subito iniziamo a scorgere ogni varietà di funghi dalle forme e colori più strani. Una ripida salita ci porta sui pascoli e dobbiamo superare il primo recinto, qui gli animali sono allevati allo stato brado e i pascoli sono recintati interrompendo più volte il sentiero. Sono comunque previsti degli scavalcamenti: cancelletti, palizzate, che bisogna aver cura di richiudere sempre dopo il passaggio. Non godiamo del panorama ma scorgiamo subito uno spettacolo inaspettato: i pascoli sono letteralmente ricoperti di mazze di tamburo: funghi dalle larghe e saporite cappelle. Procediamo di buon passo e alle 9,00 siamo in vetta al primo rilievo: il Monte Valoria (m. 1229); durante la giornata ne toccheremo diversi essendo tutti collegati dal sentiero 00.
Procediamo spediti ma sempre con un occhio rivolto ai ritardatari perché con la nebbia è facile perdersi. Il sentiero è ampio e segnalato a dovere ma sono presenti anche tracce di animali e sentieri dei cacciatori che con la nebbia qualcuno potrebbe scambiare per il sentiero e finire fuori via in luoghi pericolosi. Con qualche sforzo troviamo il ritmo adatto a tutti e alle 10,40 siamo in vetta al Monte Fontanini (m 1399). Una breve sosta e poi di nuovo in direzione del Passo del Cirone.  Ora il sentiero è stato in più parti tagliato  e modificato dal metanodotto della SNAM che nonostante gli indubbi sforzi effettuati per la salvaguardia del territorio ha lasciato evidenti ferite. Un tratto è letteralmente scomparso, ora è un pendio scosceso e sassoso frutto dei riempimenti effettuati. Al momento è assai impegnativo per il pericolo di cadute ma è in fase di veloce inerbimento e tra non molto potrebbe tornare ad essere un bel pascolo. Da qui in poi si procede seguendo in parte lo scavo, che ora è una strada forestale, e successivamente il recinto dei pascoli fino ad un punto in cui si deve passare obbligatoriamente sotto il filo spinato. Cosa piuttosto agevole e fonte di numerosi scherzi , chissà come mai il filo spionato sfugge di mano a chi aiuta proprio quando viene scavalcato da qualcuno in particolare? Da ora in poi basta seguire la strada forestale per sbucare sui prati che conducono direttamente al passo che risulta subito ben visibile. Avevamo appuntamento col pullman che doveva caricare eventuali escursionisti stanchi, o tutto il gruppo in caso di pioggia. Non piove e non siamo stanchi perciò lo spediamo direttamente alla meta, il rifugio Lagdei, mentre ci concediamo una breve pausa, sono le 11,35.
Dal Passo del Cirone il sentiero 00 prosegue in direzione di una chiesetta, ristrutturata dagli alpini da cui prende il nome, proseguendo su pascoli sostanzialmente in piano. Finalmente la nebbia sembra sollevarsi un poco consentendoci finalmente di vedere qualche scorcio di Appennino Parmense. Raggiungiamo rapidamente il Monte Corno (m. 1301) ma adesso il sentiero sale per portarsi verso il Monte Tavola. In poco meno di un’ora raggiungiamo l’ampio pianoro delle Piane di Tavola dove decidiamo di fermarci per il pranzo, sono le 12,30. Ci siamo appena sistemati che un rumore inconfondibile ci fa trasalire. No! Non ci crediamo proprio, non possono essere motori quelli che udiamo! Invece si, sono proprio quattro grosse moto da cross che rombando, solcando il terreno e inquinando non solo acusticamente ci stanno passando davanti. I centauri educatamente salutano, ma può mai esserci educazione in chi con simili mezzi scorrazza su prati altrimenti incontaminati? Non lo crediamo, rispettiamo il gesto di saluto ma deprechiamo con tutta lo nostra forza morale simile attività. Siamo esterrefatti, saremo forse patetici ingenui ma queste cose noi proprio non le concepiamo. Il cielo in direzione del Lago Santo sembra schiarirsi ma in direzione della Cisa sta addensandosi della nuvolosità che promette solo pioggia. Ci rimettiamo in marcia, sono le 13,15. Il sentiero si inerpica lungo un ripido crinale che porta rapidamente in vetta al Monte Tavola (m. 1504), ma da qui in poi la salita vera è praticamente finita. Superiamo un altro recinto e entriamo in un bosco di faggi che sembra essere luogo ideali per i funghi, ma di porcini neanche l’ombra. Proseguiamo seguendo il sentiero 00 fino ad un quadrivio, si deve procedere sul sentiero (segnavia 00) fino ad incontrare il sentiero  (segnavia 725 A) che si stacca sulla sinistra in discesa. Il bivio è comunque segnalato da un cartello che indica il lago. Si procede ora in ripida discesa attraverso la faggeta su un sentiero ben tracciato ma sassoso e in autunno ricoperto di foglie che lo rendono assai scivoloso. Tuttavia anche senza foglie i sassi possono tradire, quindi attenzione. Si perde così quota per circa 300 metri fino ad incontrare il sentiero (segnavia 723) che dovremo imboccare procedendo verso destra.
Dopo un breve tratto pianeggiante sui riprende a salire e con una serie di sali e scendi in meno di un’ora si raggiunge il Lago Santo in prossimità del Rifugio Mariotti e del continuo posto tappa della GEA, sono le 15,00. Il rifugio è chiuso così non ci resta che sistemarci sull’ampio piazzale del posto tappa e goderci lo spettacolo. Veramente suggestivo il riflesso dei monti circostanti sulle limpide acque del lago.
Con un po’ di pazienza è possibile compiere l’intero giro del lago, procedendo su detriti rocciosi si deve stare molto attenti, ma lo sforzo sarà ricompensato da un ambiente veramente suggestivo con la sponda sud ricoperta da rocce spaccate dal ghiaccio  e spinte a valle dalla neve e la boscosa sponda nord a picco sulle acque.  La nostra meta finale è il Rifugio Lagdei, per raggiungerlo ci sono due alternative, ripercorrere il tragitto già fatto oppure seguire il sentiero panoramico che parte dal lato opposto al rifugio ed è piuttosto lungo. Noi ripercorriamo a ritroso il sentiero 723. Ora bisogna fare attenzione al bivio col sentiero (segnavia 727) che dobbiamo imboccare verso sinistra. E’ ora tutto in discesa, l’umidità e le foglie lo rendono insidioso, attenzione a non scivolare dunque. Arriviamo al Lagdei alle 16,30 dove ci attende il pullman. Il rifugio è aperto ma gli impianti di risalita che in estate portano i turisti al Lago Santo sono fermi da pochi giorni così risulta piuttosto sguarnito, neanche un panino! Ci accontentiamo di un caffè e forniamo un concreto contributo a terminare anche la torta. In noi c’è un piccolo rimpianto perché sappiamo che con questa si conclude la stagione delle traversate ma, ma … cos’erano quei discorsi appena appena sussurrati sul 2005? Vuoi vedere che ……

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