Il monte Corchia (m. 1677)
ha un aspetto uniforme dal versante nord ma assume un aspetto decisamente
imponente adoccidente e a mezzogiorno, dove cade con lunghe bastionate
rocciose, convergenti ai Torrioni del Passo di Croce che rappresentano
i pilastri angolari delle due fasce rocciose che cingono il Corchia a
occidente e a mezzogiorno. Particolarmente imponenti sono il 1° e il 2°
Torrione (da sinistra, guardando dal basso Ai piedi del boscoso versante
settentrionale si stendono i prati di Puntato
. La vetta è duplice, con un'Antecima Ovest (1630 m) distante 500 m dalla
cima principale. Nei suoi fianchi si aprono numerose grotte interessantissime,
quali la Tana dei Gracchi, la Tana dell'Omo Selvatico presso la Foce di
Mosceta, la Buca del Cane, nonché il famoso Antro del Corchia o Buca di
Eolo. Un'altra cavità a pozzo si trova sul versante est appena sotto la
vetta. Per raggiungere il punto di partenza da Ripa si seguono le indicazioni
per Seravezza e poi per Levigliani seguendo poi la strada provinciale
in direzione Castelnuovo Garfagnana. Dopo circa 2 Km, si trova un bivio
sulla destra.
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Si segue questa strada,
che sale ripida con molte svolte, fino a raggiungere il Passo, a
quota 1160 m. La strada ora pianeggiante diventa sterrata e si biforca.
Parcheggiare e seguire quella di destra per le cave. I punti di
interesse sono molti: : Monte Corchia, Rifugio del Freo, Mosceta,
Cave di marmo del monte Corchia, strada panoramica fino a Passo
Croce. |
Sono le 7,30 e puntuali ci troviamo davanti alla sede a
Ripa. Il colpo d'occhio è buono, siamo un bel gruppo di 24 escursionisti,
non dobbiamo neanche aspettare ritardatari, quindi subito si parte. Prendiamo
la statale per Castelnuovo di Garfagnana e ci dirigiamo verso il paese
di Levigliani , lasciamo alcune
macchine al parcheggio e proseguiamo per Passo Croce m. 1152. Sopra di
noi svettano i maestosi Torrioni del Passo Croce; scendiamo dalle auto
e subito prendiamo la strada di cava sulla destra e oltrepassata una sbarra
incominciamo l'escursione, ore 08,30. Subito ci dividiamo in due gruppi
uno decide di percorrere la strada sterrata e i più puristi il sentiero.
Iniziamo a salire lungo le tracce di sentiero, non molto impegnativo,
ma a tratti ripido, che ci portano ……. nuovamente alla strada della cava,
in prossimità dell'antenna del radar meteorologico della Protezione Civile
di Seravezza dove ci siamo ricompattati. Continuiamo a salire lungo la
strada della cava. Poco prima di una galleria, sulla sinistra, è segnata
in azzurro (sentiero di cresta) la direzione per il Canale del Pirosetto.
Risaliamo il canale, tra il terzo e il quarto torrione del Corchia. Durante
la salita possiamo ammirare da molto vicino l'invitante roccia dei torrioni
e il cielo azzurro. Qualche passaggio un po' più difficoltoso (che superiamo
con eleganza, da veri "escursionisti esperti") e alle 10,45 usciamo dal
Canale del Pirosetto. Saliamo il Corchia lungo la cresta N-O.
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Giungiamo all'anticima del Corchia (quota 1630), proseguiamo
lungo la cresta. La cava è ai nostri piedi e raggiunge proprio la cresta
del monte. Continuiamo per il filo di cresta raggiungendo la cava a pochi
metri, la gran parete bianca si distingue nettamente dal mare.Dalla parte
opposta è intagliata un'altra cava la cui strada di accesso ha in pratica
distrutto il bosco sul versante nord, sono falliti subito dopo così che
non un blocco di marmo è uscito da questa distruzione. Sull'antecima ci
concediamo un po' di riposo per ammirare il panorama. Proseguiamo per
la vetta affrontiamo la salita finale e alle ore 11, 15 arriviamo in cima,
a quota 1676mt. Le Apuane ci circondano da tre lati: davanti a noi la
maestosità della Pania e di fronte il mare è ai nostri piedi. Fortunato
è chi può trattenersi fino a tardi, quando il sole si tuffa nel mare che
calmo si colora mentre grigie spuntano le cime della Gorgona, di Capraia
e più lontano l'Elba, nelle belle giornate anche le cime della Corsica.
Dopo le foto di rito e un piccolo spuntino, iniziamo a scendere sempre
lungo la cresta. Adesso il sentiero è segnato dal CAI. Incontriamo la
carcassa del Bivacco Lusa, questo bivacco veniva usato dagli speleologi
per recarsi nel vicino ingresso per L'antro del Corchia, ora una cosa
ci viene da pensare: visto che la struttura sembra buona perché non recuperarlo?
Oppure se non serve più a niente perché non toglierlo di mezzo e magari
ripulire la vetta da un'ammasso di ferro inutile? Bè la prossima volta
che incontriamo qualcuno del Parco glielo chiederemo. Proseguiamo in discesa
sul filo di cresta il sentiero scende ora sempre sul versante garfagnino
e ci conduce ai prati e ai boschi di Foce di Mosceta in 1,5 h. dalla vetta
del Corchia.. Il Rifugio
"Del Freo" (quota 1180) è, senza dubbio, il più frequentato delle
Apuane sia per la sua felice posizione come base di partenza per innumerevoli
escursioni. Giunti al rifugio ci sono state diverse defezioni, molti hanno
deciso chi di tornare a casa, alcuni hanno proseguito per Puntato e Col
di Favilla intenzionati a scattare qualche foto particolare e altri, dopo
un pranzo al rifugio, sono risaliti fino a mezza costa facendo il retro
Corchia per tornare a Passo Croce. Noi siamo rimasti fedeli al programma
originale che prevedeva la visita dell' Antro del Corchia, visita prevista
per le ore 15,30. Visto che erano appena le 12,40 ci siamo accomodati
sul prato a mangiare e poi visto il bel sole che dopo tante giornate di
pioggia ci ha degnato di una vera giornata primaverile, siamo rimasti
a crogiolarci come tante lucertole.
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Siamo stati anche troppo fermi e dopo aver cercato, chi
invano, la Croce di Petronio sotto la Pania Secca e fatto a gara per chi
individuava più mufloni era ora di rimettersi sulle spalle gli zaini e,
via, si parte. Prendiamo a destra il sentiero CAI segnavia n. 9 che
ci conduce in 45 minuti di cammino al Passo dell'Alpino (m. 1090) valico
posto tra il Corchia e il Monte Alto e caratterizzato da una bella marginetta.
Dal passo ha inizio una bella e caratteristica mulattiera, le famose Voltoline
,che con numerosi e stretti tornanti ci porta ad una marmifera proprio
nei pressi del luogo dove si trova l'ingresso turistico all'Antro del
Corchia (le Voltoline ricordano, fatte le debite proporzioni, la Via Vandelli
nel tratto Resceto Passo della Tambura). Qui l'escursione camminata termina
e ci portiamo all'ingresso del famoso Antro del Corchia. Punto di partenza
dell'escursione nell'Antro del Corchia, si trova ai limiti del Parco Regionale
delle Alpi Apuane, nell'entroterra della Versilia, a 600 m sul livello
del mare E' raggiungibile in auto attraverso la Strada provinciale d'Arni,
passando da Seravezza, Ruosina e Retignano Dista 24 km da Massa, 29 da
Viareggio, 48 da Lucca, 57 da Pisa. Il complesso carsico del Monte Corchia
costituisce il più grande sistema carsico attualmente conosciuto in Italia,
sviluppandosi per oltre 70 chilometri, con dislivelli dell'ordine di 1200
metri. L'abbondanza di precipitazioni meteoriche e la presenza di rocce
solubili hanno favorito lo svilupparsi di un sistema di condotti carsici
con ambienti di rara e suggestiva bellezza, ricchi in concrezioni calcaree
di svariate colorazioni. Alle ore 15,30 giungono altri amici che avevano
optato solo per la visita all'antro e con loro raggiungiamo il numero
di diciannove. Con un po' di ritardo entriamo dentro l'antro e iniziamo
un viaggio a ritroso nel tempo.
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Ora per la complessità e difficoltà
nel ricordare tutte le informazioni che la nostra guida ci ha fornito,
per descrivere la grotta userò un testo di Antonio Bartelletti e Alessia
Amorfini: Corchia. Nel cuore delle Apuane pubblicato su. "La Rivista del
Trekking", XVIII (8), n. 149 (settembre 2001), pp. 62-75. L'ingresso artificiale
per l'Antro del
Corchia è stato ricavato all'interno di un vecchio saggio estrattivo.
La galleria di collegamento sembra quasi la naturale prosecuzione, in
sotterraneo, del fronte esterno di escavazione del marmo. Si procede in
leggera salita per quasi 170 m di lunghezza, superando un dislivello di
20 m circa. La profondità del condotto artificiale non è percepibile a
pieno per la presenza di tre porte in successione, che separano altrettanti
segmenti di galleria chiudendola a "tenuta aerea". Il fine è quello di
controllare gli scambi di corrente tra ambiente esterno ed interno. Appena
entrati nella cavità carsica, si lascia sulla destra una tozza concrezione
stalagmitica di forma conica, denominata "Il Gendarme". La progressione
nell'Antro è facilitata da passerelle, nella forma di ponti, rampe e gradoni
in acciaio, che hanno pure mitigato la trasformazione dell'ambiente carsico,
indotta dalla presenza turistica, soprattutto perché evitano il contatto
con il fondo della grotta. Con 37 m di dislivello e ben 212 scalini, il
percorso affronta subito una discesa impegnativa lungo la "Galleria Franosa".
Il tratto mediano è costituito da un unico impressionante e stretto vano,
che supera i 30 m di altezza, con una larghezza mai superiore ai 4 m,
fino a ridursi a 150 cm. Il luogo ha avuto una complessa origine da una
grande frattura verticale, le cui pareti si presentano oggi piuttosto
ondulate, talvolta con incisioni sub-orizzontali, ampie e profonde. La
"Galleria Franosa" ha termine a quota 843, in uno slargo con depositi
di conglomerati sulla volta, dove hanno quasi contemporanea origine la
"Galleria degli Inglesi" e l'imbocco del "Pozzo Suzanne". La "Galleria
degli Inglesi" ha uno sviluppo complessivo, nella parte attrezzata, di
245 m di lunghezza ed appartiene ad un reticolo di condotti rettilinei,
orizzontali e sovrapposti, originatisi sul piano di un'unica frattura
sub-verticale, che è andata incontro ad un ulteriore ampliamento per fenomeni
chimici e meccanici. Le due principali gallerie del reticolo sono separate,
ma esistono lungo il percorso diversi punti di comunicazione. Questi collegamenti
verticali cominciano a rendersi più evidenti dalla metà in poi, con la
volta dell'Antro che si eleva fino a scoprire i condotti superiori. Proprio
qui, la "Galleria degli Inglesi" è spesso interrotta da piccoli salti,
formati talvolta da caos di blocchi precipitati dall'alto. Lungo questa
parte del persorso, le pareti della grotta sono ricoperte da scallops
(cioè piccole concavità regolari, dette anche a "colpi di sgorbia"), di
varie dimensioni, sono il risultato di passati scorrimenti turbolenti
delle acque sotterranee. Al termine della "Galleria degli Inglesi", sulla
sinistra, una cascatella precipita da un alto camino incidendo la parete
con ampie scanalature. Il percorso attrezzato, raggiunta quota 859 m,
evita di proseguire a dritto verso la "Risalita dei Romani". Si piega
dunque a destra per ricercare l'ingresso della "Galleria del Venerdì",
attraverso una strettoia, che scarta sul lato opposto. La "Galleria del
Venerdì" ha una lunghezza di 261 m ed è interamente d'origine freatica.
Ad un terzo del suo sviluppo, mentre il condotto gira a sinistra, la parete
contrapposta offre un'imponente concrezione a colata, che simula la forma
di un'aquila, con le ali pronte al volo. Di fianco, un anfratto stalagmitico,
sorretto da una colonna calcarea, ha preso il nome di "Capanna trogloditica".
Dopo circa 75 m, si giunge al "Laghetto del Venerdì". Le acque sono poco
profonde, ma devono essere superate da un ponte che si appoggia all'opposta
riva sabbiosa. Questo piccolo spazio è sempre stato un frequentato bivacco
per speleologi, almeno a tener conto delle innumerevoli scritte che si
accalcano sulle vicine pareti. Si raggiunge una stretta e profonda forra,
in cui si gettano le acque di un torrentello che poi prosegue a destra
nel "Pozzo della Gronda" o "della Cascata". Ha qui origine quel lungo
ramo discendente dell'Antro del Corchia, che va poi a morire sul fondo,
alla quota di 450 m circa. Le indicazioni suggeriscono la direzione a
destra che penetra più facilmente nella suggestiva "Galleria delle Stalattiti".
C'è comunque una sorta di vestibolo da dover attraversare, anch'esso concrezionato,
sebbene ormai quasi del tutto fossile. E' la "Foresta pietrificata" che
si pone di fronte, con stalattiti e stalagmiti dalle forme rigonfie e
dal colore grigio-bruno della terra. L'acqua qui non scorre più e quasi
nessuna goccia vivifica le concrezioni, che sono così dense che quasi
ostacolano il cammino. Le passerelle avanzano con attenzione in questo
mondo irrigidito e polveroso, zigzagando in tutte le direzioni. Al punto
più estremo di penetrazione nell'Antro del Corchia, la parete trasuda
di acqua che proviene dai livelli freatici attivi, posti oltre. Un grosso
masso di crollo, con sopra una stalagmite falliforme, fa da architrave
alla porta d'ingresso per la parte ancora "viva" della "Galleria delle
Stalattiti". Lo speleologo Jean-Carlo Fait ha definito il luogo come un'oasi
di rara bellezza in mezzo ad un mondo di pietra, di fango e d'acqua. Sono
ambienti di intensa suggestione, ai quali poche sale sotterranee al mondo
si possono paragonare ancora oggi. Descrivere quanto si presenta agli
occhi è difficile per la ricchezza cromatica e la varietà di forme che
qui si sono originate. Le concrezioni si addossano le une alle altre,
scendono lungo le pareti e si tuffano in piccole pozze d'acqua limpida.
Le trine di pietra di alcuni ventagli di calcite mostrano l'alternanza
di strati colorati. Il drappeggio stalattitico sfiora una stalagmite ricoperta
di noduli calcarei. Sullo sfondo un unico pilastro sembra reggere la volta
di questo luogo di sublimazione estetica. La "Galleria delle Stalattiti"
è una tipica condotta freatica, posta alla quota media di 871 m, in cui
la precipitazione dei carbonati è ancora attiva. Anche qui il percorso
attrezzato si è adattato a penetrare con rispetto tra le concrezioni.
Al termine, si prosegue per un breve tratto discendente, attraversato
da un torrentello in cascata, con massi di crollo che restringono il cammino.
Poi il percorso ritorna piano ed agevole. Siamo di nuovo al punto di chiusura
dell'anello finale. Sulla sinistra la possibilità di rivedere l'eden delle
"Stalattiti"; sulla destra il ritorno alle terrene cose.
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Dopo circa due ore dentro la grotta e circa duemila scalini
riusciamo all'aperto con lo stupore ancora negli occhi, increduli della
potenza della natura nel creare cose cosi meravigliose. Aspettiamo la
navetta che ci riporta al paese di Levigliani e con una ripida strada
di cava ci conduce al parcheggio dove avevamo lasciato le auto.
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