U.O.E.I.
UNIONE OPERAIA ESCURSIONISTI ITALIANI
Sezione "Antonio Tessa" - RIPA DI VERSILIA
 

MONTE CORCHIA - ANTRO DEL CORCHIA

Percorso:da Passo Croce al paese di Levigliani attraverso la cresta del monte Corchia Segnaletica:blu (Pirosetto e cresta del monte Corchia) biancorossa CAI segnavia 9
Dislivello: ;m.circa 1078 (m. 526 in salita) Tempo di percorrenza: ore 5,30 circa
Classificazione: EE Punti sosta: Rifugio Del Freo (Mosceta)
Acqua: :nei paesi lungo la carrozzabile e al rifugio Del Freo (Mosceta) Periodo consigliato: dalla primavera all'autunno in assenza di neve e/o ghiaccio
Il monte Corchia (m. 1677) ha un aspetto uniforme dal versante nord ma assume un aspetto decisamente imponente adoccidente e a mezzogiorno, dove cade con lunghe bastionate rocciose, convergenti ai Torrioni del Passo di Croce che rappresentano i pilastri angolari delle due fasce rocciose che cingono il Corchia a occidente e a mezzogiorno. Particolarmente imponenti sono il 1° e il 2° Torrione (da sinistra, guardando dal basso Ai piedi del boscoso versante settentrionale si stendono i prati di Puntato . La vetta è duplice, con un'Antecima Ovest (1630 m) distante 500 m dalla cima principale. Nei suoi fianchi si aprono numerose grotte interessantissime, quali la Tana dei Gracchi, la Tana dell'Omo Selvatico presso la Foce di Mosceta, la Buca del Cane, nonché il famoso Antro del Corchia o Buca di Eolo. Un'altra cavità a pozzo si trova sul versante est appena sotto la vetta. Per raggiungere il punto di partenza da Ripa si seguono le indicazioni per Seravezza e poi per Levigliani seguendo poi la strada provinciale in direzione Castelnuovo Garfagnana. Dopo circa 2 Km, si trova un bivio sulla destra.
Si segue questa strada, che sale ripida con molte svolte, fino a raggiungere il Passo, a quota 1160 m. La strada ora pianeggiante diventa sterrata e si biforca. Parcheggiare e seguire quella di destra per le cave. I punti di interesse sono molti: : Monte Corchia, Rifugio del Freo, Mosceta, Cave di marmo del monte Corchia, strada panoramica fino a Passo Croce.
Sono le 7,30 e puntuali ci troviamo davanti alla sede a Ripa. Il colpo d'occhio è buono, siamo un bel gruppo di 24 escursionisti, non dobbiamo neanche aspettare ritardatari, quindi subito si parte. Prendiamo la statale per Castelnuovo di Garfagnana e ci dirigiamo verso il paese di Levigliani , lasciamo alcune macchine al parcheggio e proseguiamo per Passo Croce m. 1152. Sopra di noi svettano i maestosi Torrioni del Passo Croce; scendiamo dalle auto e subito prendiamo la strada di cava sulla destra e oltrepassata una sbarra incominciamo l'escursione, ore 08,30. Subito ci dividiamo in due gruppi uno decide di percorrere la strada sterrata e i più puristi il sentiero. Iniziamo a salire lungo le tracce di sentiero, non molto impegnativo, ma a tratti ripido, che ci portano ……. nuovamente alla strada della cava, in prossimità dell'antenna del radar meteorologico della Protezione Civile di Seravezza dove ci siamo ricompattati. Continuiamo a salire lungo la strada della cava. Poco prima di una galleria, sulla sinistra, è segnata in azzurro (sentiero di cresta) la direzione per il Canale del Pirosetto. Risaliamo il canale, tra il terzo e il quarto torrione del Corchia. Durante la salita possiamo ammirare da molto vicino l'invitante roccia dei torrioni e il cielo azzurro. Qualche passaggio un po' più difficoltoso (che superiamo con eleganza, da veri "escursionisti esperti") e alle 10,45 usciamo dal Canale del Pirosetto. Saliamo il Corchia lungo la cresta N-O.
Giungiamo all'anticima del Corchia (quota 1630), proseguiamo lungo la cresta. La cava è ai nostri piedi e raggiunge proprio la cresta del monte. Continuiamo per il filo di cresta raggiungendo la cava a pochi metri, la gran parete bianca si distingue nettamente dal mare.Dalla parte opposta è intagliata un'altra cava la cui strada di accesso ha in pratica distrutto il bosco sul versante nord, sono falliti subito dopo così che non un blocco di marmo è uscito da questa distruzione. Sull'antecima ci concediamo un po' di riposo per ammirare il panorama. Proseguiamo per la vetta affrontiamo la salita finale e alle ore 11, 15 arriviamo in cima, a quota 1676mt. Le Apuane ci circondano da tre lati: davanti a noi la maestosità della Pania e di fronte il mare è ai nostri piedi. Fortunato è chi può trattenersi fino a tardi, quando il sole si tuffa nel mare che calmo si colora mentre grigie spuntano le cime della Gorgona, di Capraia e più lontano l'Elba, nelle belle giornate anche le cime della Corsica. Dopo le foto di rito e un piccolo spuntino, iniziamo a scendere sempre lungo la cresta. Adesso il sentiero è segnato dal CAI. Incontriamo la carcassa del Bivacco Lusa, questo bivacco veniva usato dagli speleologi per recarsi nel vicino ingresso per L'antro del Corchia, ora una cosa ci viene da pensare: visto che la struttura sembra buona perché non recuperarlo? Oppure se non serve più a niente perché non toglierlo di mezzo e magari ripulire la vetta da un'ammasso di ferro inutile? Bè la prossima volta che incontriamo qualcuno del Parco glielo chiederemo. Proseguiamo in discesa sul filo di cresta il sentiero scende ora sempre sul versante garfagnino e ci conduce ai prati e ai boschi di Foce di Mosceta in 1,5 h. dalla vetta del Corchia.. Il Rifugio "Del Freo" (quota 1180) è, senza dubbio, il più frequentato delle Apuane sia per la sua felice posizione come base di partenza per innumerevoli escursioni. Giunti al rifugio ci sono state diverse defezioni, molti hanno deciso chi di tornare a casa, alcuni hanno proseguito per Puntato e Col di Favilla intenzionati a scattare qualche foto particolare e altri, dopo un pranzo al rifugio, sono risaliti fino a mezza costa facendo il retro Corchia per tornare a Passo Croce. Noi siamo rimasti fedeli al programma originale che prevedeva la visita dell' Antro del Corchia, visita prevista per le ore 15,30. Visto che erano appena le 12,40 ci siamo accomodati sul prato a mangiare e poi visto il bel sole che dopo tante giornate di pioggia ci ha degnato di una vera giornata primaverile, siamo rimasti a crogiolarci come tante lucertole.
Siamo stati anche troppo fermi e dopo aver cercato, chi invano, la Croce di Petronio sotto la Pania Secca e fatto a gara per chi individuava più mufloni era ora di rimettersi sulle spalle gli zaini e, via, si parte. Prendiamo a destra il sentiero CAI segnavia n. 9 che ci conduce in 45 minuti di cammino al Passo dell'Alpino (m. 1090) valico posto tra il Corchia e il Monte Alto e caratterizzato da una bella marginetta. Dal passo ha inizio una bella e caratteristica mulattiera, le famose Voltoline ,che con numerosi e stretti tornanti ci porta ad una marmifera proprio nei pressi del luogo dove si trova l'ingresso turistico all'Antro del Corchia (le Voltoline ricordano, fatte le debite proporzioni, la Via Vandelli nel tratto Resceto Passo della Tambura). Qui l'escursione camminata termina e ci portiamo all'ingresso del famoso Antro del Corchia. Punto di partenza dell'escursione nell'Antro del Corchia, si trova ai limiti del Parco Regionale delle Alpi Apuane, nell'entroterra della Versilia, a 600 m sul livello del mare E' raggiungibile in auto attraverso la Strada provinciale d'Arni, passando da Seravezza, Ruosina e Retignano Dista 24 km da Massa, 29 da Viareggio, 48 da Lucca, 57 da Pisa. Il complesso carsico del Monte Corchia costituisce il più grande sistema carsico attualmente conosciuto in Italia, sviluppandosi per oltre 70 chilometri, con dislivelli dell'ordine di 1200 metri. L'abbondanza di precipitazioni meteoriche e la presenza di rocce solubili hanno favorito lo svilupparsi di un sistema di condotti carsici con ambienti di rara e suggestiva bellezza, ricchi in concrezioni calcaree di svariate colorazioni. Alle ore 15,30 giungono altri amici che avevano optato solo per la visita all'antro e con loro raggiungiamo il numero di diciannove. Con un po' di ritardo entriamo dentro l'antro e iniziamo un viaggio a ritroso nel tempo.
Ora per la complessità e difficoltà nel ricordare tutte le informazioni che la nostra guida ci ha fornito, per descrivere la grotta userò un testo di Antonio Bartelletti e Alessia Amorfini: Corchia. Nel cuore delle Apuane pubblicato su. "La Rivista del Trekking", XVIII (8), n. 149 (settembre 2001), pp. 62-75. L'ingresso artificiale per l'Antro del Corchia è stato ricavato all'interno di un vecchio saggio estrattivo. La galleria di collegamento sembra quasi la naturale prosecuzione, in sotterraneo, del fronte esterno di escavazione del marmo. Si procede in leggera salita per quasi 170 m di lunghezza, superando un dislivello di 20 m circa. La profondità del condotto artificiale non è percepibile a pieno per la presenza di tre porte in successione, che separano altrettanti segmenti di galleria chiudendola a "tenuta aerea". Il fine è quello di controllare gli scambi di corrente tra ambiente esterno ed interno. Appena entrati nella cavità carsica, si lascia sulla destra una tozza concrezione stalagmitica di forma conica, denominata "Il Gendarme". La progressione nell'Antro è facilitata da passerelle, nella forma di ponti, rampe e gradoni in acciaio, che hanno pure mitigato la trasformazione dell'ambiente carsico, indotta dalla presenza turistica, soprattutto perché evitano il contatto con il fondo della grotta. Con 37 m di dislivello e ben 212 scalini, il percorso affronta subito una discesa impegnativa lungo la "Galleria Franosa". Il tratto mediano è costituito da un unico impressionante e stretto vano, che supera i 30 m di altezza, con una larghezza mai superiore ai 4 m, fino a ridursi a 150 cm. Il luogo ha avuto una complessa origine da una grande frattura verticale, le cui pareti si presentano oggi piuttosto ondulate, talvolta con incisioni sub-orizzontali, ampie e profonde. La "Galleria Franosa" ha termine a quota 843, in uno slargo con depositi di conglomerati sulla volta, dove hanno quasi contemporanea origine la "Galleria degli Inglesi" e l'imbocco del "Pozzo Suzanne". La "Galleria degli Inglesi" ha uno sviluppo complessivo, nella parte attrezzata, di 245 m di lunghezza ed appartiene ad un reticolo di condotti rettilinei, orizzontali e sovrapposti, originatisi sul piano di un'unica frattura sub-verticale, che è andata incontro ad un ulteriore ampliamento per fenomeni chimici e meccanici. Le due principali gallerie del reticolo sono separate, ma esistono lungo il percorso diversi punti di comunicazione. Questi collegamenti verticali cominciano a rendersi più evidenti dalla metà in poi, con la volta dell'Antro che si eleva fino a scoprire i condotti superiori. Proprio qui, la "Galleria degli Inglesi" è spesso interrotta da piccoli salti, formati talvolta da caos di blocchi precipitati dall'alto. Lungo questa parte del persorso, le pareti della grotta sono ricoperte da scallops (cioè piccole concavità regolari, dette anche a "colpi di sgorbia"), di varie dimensioni, sono il risultato di passati scorrimenti turbolenti delle acque sotterranee. Al termine della "Galleria degli Inglesi", sulla sinistra, una cascatella precipita da un alto camino incidendo la parete con ampie scanalature. Il percorso attrezzato, raggiunta quota 859 m, evita di proseguire a dritto verso la "Risalita dei Romani". Si piega dunque a destra per ricercare l'ingresso della "Galleria del Venerdì", attraverso una strettoia, che scarta sul lato opposto. La "Galleria del Venerdì" ha una lunghezza di 261 m ed è interamente d'origine freatica. Ad un terzo del suo sviluppo, mentre il condotto gira a sinistra, la parete contrapposta offre un'imponente concrezione a colata, che simula la forma di un'aquila, con le ali pronte al volo. Di fianco, un anfratto stalagmitico, sorretto da una colonna calcarea, ha preso il nome di "Capanna trogloditica". Dopo circa 75 m, si giunge al "Laghetto del Venerdì". Le acque sono poco profonde, ma devono essere superate da un ponte che si appoggia all'opposta riva sabbiosa. Questo piccolo spazio è sempre stato un frequentato bivacco per speleologi, almeno a tener conto delle innumerevoli scritte che si accalcano sulle vicine pareti. Si raggiunge una stretta e profonda forra, in cui si gettano le acque di un torrentello che poi prosegue a destra nel "Pozzo della Gronda" o "della Cascata". Ha qui origine quel lungo ramo discendente dell'Antro del Corchia, che va poi a morire sul fondo, alla quota di 450 m circa. Le indicazioni suggeriscono la direzione a destra che penetra più facilmente nella suggestiva "Galleria delle Stalattiti". C'è comunque una sorta di vestibolo da dover attraversare, anch'esso concrezionato, sebbene ormai quasi del tutto fossile. E' la "Foresta pietrificata" che si pone di fronte, con stalattiti e stalagmiti dalle forme rigonfie e dal colore grigio-bruno della terra. L'acqua qui non scorre più e quasi nessuna goccia vivifica le concrezioni, che sono così dense che quasi ostacolano il cammino. Le passerelle avanzano con attenzione in questo mondo irrigidito e polveroso, zigzagando in tutte le direzioni. Al punto più estremo di penetrazione nell'Antro del Corchia, la parete trasuda di acqua che proviene dai livelli freatici attivi, posti oltre. Un grosso masso di crollo, con sopra una stalagmite falliforme, fa da architrave alla porta d'ingresso per la parte ancora "viva" della "Galleria delle Stalattiti". Lo speleologo Jean-Carlo Fait ha definito il luogo come un'oasi di rara bellezza in mezzo ad un mondo di pietra, di fango e d'acqua. Sono ambienti di intensa suggestione, ai quali poche sale sotterranee al mondo si possono paragonare ancora oggi. Descrivere quanto si presenta agli occhi è difficile per la ricchezza cromatica e la varietà di forme che qui si sono originate. Le concrezioni si addossano le une alle altre, scendono lungo le pareti e si tuffano in piccole pozze d'acqua limpida. Le trine di pietra di alcuni ventagli di calcite mostrano l'alternanza di strati colorati. Il drappeggio stalattitico sfiora una stalagmite ricoperta di noduli calcarei. Sullo sfondo un unico pilastro sembra reggere la volta di questo luogo di sublimazione estetica. La "Galleria delle Stalattiti" è una tipica condotta freatica, posta alla quota media di 871 m, in cui la precipitazione dei carbonati è ancora attiva. Anche qui il percorso attrezzato si è adattato a penetrare con rispetto tra le concrezioni. Al termine, si prosegue per un breve tratto discendente, attraversato da un torrentello in cascata, con massi di crollo che restringono il cammino. Poi il percorso ritorna piano ed agevole. Siamo di nuovo al punto di chiusura dell'anello finale. Sulla sinistra la possibilità di rivedere l'eden delle "Stalattiti"; sulla destra il ritorno alle terrene cose.

Dopo circa due ore dentro la grotta e circa duemila scalini riusciamo all'aperto con lo stupore ancora negli occhi, increduli della potenza della natura nel creare cose cosi meravigliose. Aspettiamo la navetta che ci riporta al paese di Levigliani e con una ripida strada di cava ci conduce al parcheggio dove avevamo lasciato le auto.

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