Dopo la lunga pausa estiva:
bagni al mare, dormire fino a tardi, infischiarsene della sveglia …, nooo!!!
Non avete ancora fatto le ferie???? ; comunque sia a settembre l'attività
escursionistica è ripresa con una bella traversata da passo Pradarena
a Casone di Profecchia, raggiungendo la vetta del Monte Prado lungo il
sentiero 00.
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Passo Pradarena è raggiungibile
da più direzioni ma noi vi descriveremo come raggiungerlo dalla
Versilia. Percorrendo la provinciale del Cipollato si raggiunge
la località di Castelnuovo Garfagnana, all'incrocio dove inizia
la Fondovalle si deve svoltare a sinistra seguendo le indicazioni
per Piazza
al Serchio. |
Giunti a Piazza al Serchio si svolta a destra seguendo
ora le indicazioni per il passo che dista ancora una ventina di chilometri.
Il Passo di Pradarena, comune di Ligonchio, che collega le valli del Secchia
e dell'Enza con la Garfagnana, era posto, anticamente, lungo la romana
Via Clodia, che, a sua volta, univa Parma e Lucca attraverso un percorso
di circa 100 miglia romane. Per questa traversata il pullman è indispensabile
non esistendo alcun mezzo pubblico che consenta gli spostamenti. Raggiungiamo
il passo alle nove, siamo in 22. Appena scesi constatiamo quanta differenza
ci sia tra il clima della nostra Versilia e la media montagna: qui l'aria
è frizzante e abbiamo qualche brivido di freddo. Solo il tempo di acclimatarci
un poco per scoprire che soffia un vento leggero che minaccia di essere
molto forte in alto; beh almeno finché c'è vento non piove! Eh gia!, perché
le previsioni lasciavano supporre qualche scherzetto pomeridiano. Alla
partenza è necessario rifornirsi di abbondante acqua presso il rifugio
Carpediem (ubicato proprio sul passo) perché poi non ne troveremo più
e il sentiero è interamente assolato.
Con lo sguardo cerchiamo la bacheca che ospita la cartina
della zona, da li inizia il sentiero (segnanvia 00), in corrispondenza
di una strada forestale. Ci inoltriamo in un boschetto di faggi subito
in salita, per cui è meglio partire tranquilli. Il tracciato, segnalato
e facile, interseca più volte la strada forestale fino a sbucare sui prati
e piegare decisamente ad est seguendo per un lungo tratto la strada. I
pile e le giacche a vento sognate al passo ora sono dimenticate, il sole
ci rammenta che siamo ancora in estate anche se il vento rende la temperatura
decisamente piacevole. Il rosso dei mirtilli ci avverte però che la natura
si sta gia preparando all'autunno indossando la sua veste più colorata.
Cerchiamo con lo sguardo le ultime fioriture che oramai sono solo rigogliose
"prunache" e qualche sparuto garofano selvatico. Ma il vero spettacolo
è il grandioso panorama sulla valle del Serchio con la cornice delle Apuane
dispiegate davanti a noi. Con nitidezza è possibile individuare e ricercare
tutte le vette: dal Pizzo d'Uccello al gruppo delle Panie; un' occasione
unica per ricordare le tante salite. Non vorremmo staccarcene mai ma la
strada è solo all'inizio, così ripartiamo però con lo sguardo sempre rivolto
alle "nostre cime". Alle 9,00 siamo al Passo della Comunella (m. 1619)
punto panoramico ideale per farsi un'idea del panorama che godremo tutto
il giorno. Proseguiamo sulla strada forestale fino ad una semicurva dove
il sentiero piega decisamente a sinistra inerpicandosi verso le pendici
del Monte Soraggia (m. 1830). Il sentiero è ben tracciato, anche se in
corrispondenza del bivio bisogna prestare più attenzione alla traccia
che ai segni; è pulito e le creste appenniniche così ben modellate
che la salita è piacevole e neppure troppo faticosa, se non fosse per
il forte vento da nord-ovest che adesso si fa davvero fastidioso.
Saliamo in silenzio, non è faticoso, solo non siamo preparati
a tanto vento. Proseguiamo seguendo il filo di cresta che ora si fa più
impervio con le pendici dalla morfologia testimone delle glaciazioni whurmiane.
Qualcuno inizia a domandare se abbiamo visto l'aquila, purtroppo è stato
un onore riservato a pochi. Improvvisamente, però, un maestoso esemplare
compare di nuovo davanti a noi ed inizia a giocare col vento. Per lunghi
minuti è un susseguirsi di vertiginose picchiate verso i faggi del fondovalle
e i ripidi pendii; proprio come un provetto ballerino inscena una danza
spettacolare che ci tiene tutti col fiato sospeso. Sono pochi minuti di
uno spettacolo eccezionale ma ci sembrano un'eternità. Sapevamo che sulla
vicina Pania di Corfino, all'interno del Parco dell' Orecchiella, nidificava
una coppia di aquile ma era difficile immaginare tanto. Ci dirigiamo ora
verso Le Porraie (m. 1834); a circa metà crinale il sentiero devia a sinistra
aggirando la vetta. Alcuni decidono di proseguire lungo la cresta, tuttavia
il percorso è consigliabile solo ad esperti perché alcuni tratti, in particolare
in discesa, sono assai esposti e ripidi.
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Arriviamo in vetta alle 10,10, ci concediamo una breve
sosta e una veloce colazione. Scendiamo con cautela perché la cresta è
ora impegnativa per la natura del terreno e per il forte vento che a tratti
sbilancia. Come al solito c'è chi non rinuncia a salire anche ogni più
piccola quota, comunque il sentiero aggira i punti più esposti e il percorso
è agevole per tutti. Ci ricompattiamo a Passo Romecchio (m. 1655) davanti
alla cappella dedicata a San Bartolomeo. Poco più avanti, proprio in corrispondenza
del passo dove peraltro si incrociano numerosi sentieri, si trovano i
resti di alcune tombe risalenti al 1600 a testimonianza dell'importanza
commerciale e militare che questo passo ha avuto per lunghi secoli. Vorremmo
indugiare a lungo in questo luogo ma sono già le 11,30 e il Monte Prado
è ancora lontano. Raggiungiamo tranquillamente Monte Ravaianda (m. 1759)
e La Forcella (m. 1741) ma da ora in poi si deve stare molto attenti.
Il percorso è interamente di cresta su
arenaria piuttosto friabile, con un continuo saliscendi supera la
vetta del Monte Castellino (m. 1947) conducendo in vetta al Monte Prado
(m. 2054) : la nostra meta. |
Stiamo attraversando uno dei
luoghi piú pregevoli e delicati della zona dal punto di vista naturalistico,
per le vaste morfologie glaciali, il microclima, la flora e l'interessante
microfauna; verso nord-ovest le acque si raccolgono formano il Lago
Bargetana. Per questo è' considerato un vero e proprio "paradiso"
dai botanici. Dall'alto possiamo scorgere il bel bosco di faggi che circonda
il rifugio Bargetana (aperto solo per gruppi autogestiti), il lago ancora
colmo di acqua nonostante la stagione secca e, in lontananza, il
Rifugio Battisti e il Passo di
Lama Lite. Raggiungiamo la vetta alle 13,15 (4,15 ore da Pradarena),
il vento non da tregua e nonostante il sole ancora caldo dobbiamo indossare
subito le giacche. Ci sistemiamo per il pranzo appena in tempo per vedere
alcune nuvole poco amichevoli che si addensano sopra le nostre teste.
Vuoi vedere che ci bagna?
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Tutto sommato però con un pile il clima è piacevole anche
se, accidenti, come scotta il sole! E pensare che non mi sono messo la
crema! Qualcuno cerca anche di schiacciare un pisolino ma implacabile
il capogita ci sollecita a ripartire; in effetti le nuvole sono sempre
più consistenti, sarebbe sciocco farsi cogliere da un temporale proprio
in vetta. Dopo un breve tratto di agevole discesa il sentiero torna ad
essere più impegnativo; con una lunga serie di saliscendi conduce verso
il Monte Vecchio (m. 1982). Anche qui è possibile salire agevolmente in
vetta o aggirarla seguendo il sentiero. La stanchezza comincia ad affiorare,
il gruppo si divide: alcuni seguono il sentiero mentre gli irriducibili
proseguono per effettuare il percorso "completo" che poi significa salire
su tutte le quote incontrate. Ovviamente il percorso è completo anche
seguendo fedelmente il sentiero (segnavia 00) che è stato tracciato
in modo da evitare i tratti più esposti e faticosi. L'appuntamento per
tutti è a Passo Bocca di Massa (m. 1816) dov'è previsto di imboccare il
sentiero (segnavia 54) che porta direttamente a Casone di Profecchia.
Previsto in effetti è previsto, ma come rinunciare ad un'ultima vetta?
Così dopo aver debitamente istruito i più stanchi eccoci ancora ad arrancare
sul filo di cresta verso Le Forbici (m. 1818) punto panoramico di grande
suggestione contrassegnato da numerosi ometti che qui stanno diventando
delle vere e proprie torri in miniatura. L'ambiente è suggestivo ma siamo
veramente stufi di questo ventaccio, così decidiamo di scendere subito
tagliando per il crinale seguendo le tracce dei pastori. Puntiamo direttamente
verso il Rifugio Cella non senza aver prima ricordato vecchie esperienze
con gli sci e progettato future ramponate. Lungo l'ultimo tratto le tracce
sono confuse, si deve scendere senza seguirle perché spesso terminano
improvvisamente, è evidente che più che dall'uomo sono state create dalle
greggi.
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Incrociata la strada forestale che sale dal Passo delle Forbici
ne si percorre un breve tratto prima di imboccare di nuovo il sentiero
(segnavia 54) che si inoltra in discesa nella faggeta. Facciamo tutti
gli indifferenti ma non stacchiamo lo sguardo dal sottobosco nella speranza
di trovare qualche improbabile fungo. Il terreno è arido e polveroso,
le recenti piogge non sono servite, comunque abbiamo ancora una speranza:
le vecchie piste da sci: li è terreno ideale! Quando il sentiero sbuca
nuovamente sulla strada forestale si deve svoltare a destra seguendola
fino ad un vecchio casotto degli impianti di risalita. Ci si immette ora
su una pista da sci in disuso che conduce direttamente sul piazzale di
Casone, il punto d'arrivo. Funghi non ne abbiamo trovati ma in compenso
abbiamo trovato una bella giornata di sole in un ambiente appenninico
di suggestiva bellezza nel momento magico del passaggio dall'estate all'
autunno. |