U.O.E.I.
UNIONE OPERAIA ESCURSIONISTI ITALIANI
Sezione "Antonio Tessa" - RIPA DI VERSILIA
 

PRATOSPILLA
in invernale

Percorso: anello dal parcheggio degli impianti sciistici di Pratospilla
Segnaletica: bianco/rossa CAI solo per alcuni tratti (trattandosi di escursione invernale non sono stati seguiti sentieri)
Dislivello: ;m.circa508 Tempo di percorrenza: 7,30 ore
Classificazione: EEA solo per escursionisti esperti muniti di attrezzatura da ghiaccio Punti sosta: nessuno
Acqua: ;presso il Bar/Ristorante degli impianti Periodo consigliato: inverno (in ogni caso solo con condizioni di neve dura e tempo soleggiato)
Per scacciare il torpore dei lunghi mesi invernali di inattività (sono solo due ma per gente dinamica come noi sono un' eternità!) avevamo pensato ad un'escursione facile (per quanto le invernali non siano mai da considerarsi facili!) in un ambiente di suggestiva bellezza ma già conosciuto, il comprensorio di Pratospilla, nel Parco dei Cento Laghi, che immersa tra le pendici ed il crinale appennnico, offre la possibilità di poter apprezzare una delle più belle esperienze di sport invernale. . Il Parco dei Cento Laghi, a suo tempo meta di un'escursione estiva ci sembrò il luogo ideale.
Il Parco dei Cento Laghi si trova in un'area di grande interesse paesaggistico che, grazie alla evidente impronta glaciale, ricorda gli spettacolari ambienti alpini. Le zone più alte del Parco sono costellate da un numero particolarmente elevato di belle conche lacustri di origine glaciale, così come di altre morfologie che testimoniano
quel tipo di morfogenesi. Di rilievo sono anche alcuni ambienti forestali (con suggestive fustaie di conifere e latifoglie) e gli ambienti montani a maggiore naturalità, quali rupi, brughiere d'altitudine, torbiere e pozze d'alpeggio. Notevole è infine la presenza di specie floristiche rare e minacciate, in genere piante alpine relitte o specifiche degli ambienti ofiolitici.
Confortanti le previsioni che promettevano bel tempo a nord della dorsale appenninica (mai avventurarsi in montagna con previsioni negative, soprattutto in inverno) partiamo di buon ora per poter attaccare presto la salita visto che le temperature, assai elevate per la stagione, delle ore centrali della giornata avrebbero ammorbidito la neve rendendo faticosa la marcia. L'escursione inizia dal parcheggio degli impianti di risalita, calziamo subito i ramponi perché la neve è dura e non vogliamo, per ovvie ragioni, camminare sulla pista da sci; aggiriamo la stazione di partenza della seggiovia e, alle 8,20, imbocchiamo la pista laterale che conduce al secondo tratto degli impianti. Camminiamo sulla neve battuta della pista, il percorso è facile e rapidamente raggiungiamo la stazione di partenza del secondo tratto degli impianti.
Inizialmente il percorso è in discreta salita e l'inattività si fa subito sentire. Seguiamo gli impianti tenendoci sulla sinistra fino a raggiungere un pianoro pochi metri al disotto del termine degli impianti stessi Fin qui tutto bene, a parte un pò di fiatone, ma sono le prime ramponate poi passa tutto. Guardando in direzione di Lagastrello scorgiamo le prime avvisaglie del mare di nubi che più tardi avremo modo di ammirare in tutta la sua maestosità. Una breve pausa e puntiamo verso la cima del Monte Bocco (m 1791) raggiungibile percorrendo un traverso ghiacciato piuttosto impegnativo; tuttavia la neve è compatta e i ramponi tengono bene. Affrontiamo con decisione questa prima difficoltà che, comunque, anche i meno esperti del gruppo superano senza problemi.
Dalla vetta proseguiamo verso ovest seguendo la cresta (non possiamo scorgere i segni ma stiamo percorrendo il sentiero 00). La cresta è sempre esposta e bisogna fare attenzione alla neve riportata dal vento, è bene tenersi un poco distanti dal filo di cresta; non sono necessarie corde basta fare attenzione badando di non caricare la neve riportata e di non scivolare: insomma bisogna conoscere bene la tecnica. Con lievi difficoltà superiamo il Monte Uomo Morto, il Passo del Giovarello e raggiungiamo, superando un tratto facilmente ramponabile ma in discreta salita, la cima del Monte Bragalata (m 1856) dove ci concediamo un attimo di riposo.
Siamo affascinati dallo spettacolo che la natura ci riserva. In una giornata splendida, soleggiata e calda (anche troppo!) l'architetto ha predisposto un ambiente irripetibile e inatteso. A nord della dorsale una splendida giornata che consente di ammirare tutte le cime e anche i più lontani paesini dell'Appennino parmense; a sud invece un mare di nuvole da cui spuntano come isole le cime delle montagne più alte. Sembra di essere in riva al mare invece siamo su una cresta affilata ad ammirare la vetta del Pisanino, del Cavallo e della Tambura che sembrano giocare a rimpiattino con le nuvole. Non mancano le battute di chi invita a guaradere la Gorgona perché una vetta sembra proprio l'isola del Tirreno e le nuvole il bel mare della Versilia.
Ora il cammino si fa più impegnativo, la cresta è davvero affilata tanto che in alcuni tratti sembra proprio di cavalcarla. Ci disponiamo in fila indiana, opportunamente distanziati, muovendoci con molta circospezione. Nonostante il caldo la neve tiene ancora e raggiungiamo con relativa facilità il Monte Losanna (m 1840). In basso vediamo il laghi Sillara completamente ghiacciati, facilmente individuabili perché il ghiaccio sulle sponde ha ceduto creando dei piccoli crepacci che circondano interamente i due invasi. Davanti a noi si staglia ora il Monte Sillara (m 1859), la vetta più alta della zona: la nostra meta! Siamo un po' stanchi e la fame fa capolino ma abbiamo da affrontare l'ultima salita. Coraggio che in cima ci fermiamo e mangiamo qualcosa perché oramai sono le 12,30.
La cresta è ora più ampia, purtroppo la neve comincia ad ammorbidirsi così gli scarponi cominciano a sprofondare rendendo ancora più faticoso il cammino. Quando ci voltiamo indietro per vedere se arrivano gli ultimi ritardatari scorgiamo una fiumana di escursionisti che stanno seguendo il nostro stesso percorso, presto la vetta sarà affollata. Decidiamo di concederci solo una breve sosta e scendere nella vallata in direzione del Lago Fiasconi (m 1602) che dall'alto ci sembra il posto ideale per la sosta. Alcune roccette e cespugli di ginepro affioranti dalla neve sono un punto di sosta ideale, tanto che qualcuno ne approfitta per un breve sonnellino. Ripartiamo puntando verso il Lago Verde e superata una facile selletta siamo di fronte ad un dilemma; dovendo superare un largo avvallamento è preferibile scendere per poi risalire dal lato opposto oppure affrontare un traverso ghiacciato e decisamente impegnativo che però si mantiene in quota? Il gruppo decide di scendere seguendo perciò il percorso più facile e tutto sommato consigliabile, mentre quattro temerari affrontano il traverso che si rivela spettacolare ma che richiede una notevole impegno: davvero impegnativo ed anche pericolosamente ghiacciato nell'ultimo tratto, sicuramente sconsigliabile se non si è esperti. A chi volesse ripetere la nostra escursione consigliamo sicuramente di scendere. Un'altra ripida discesa ci conduce verso il boschetto che circonda il lago. La neve è ora piuttosto molle e ci sprofondiamo, non tanto però da essere fastidioso, anzi ci divertiamo un mondo a scendere di tacco e scivolare. Nel boschetto non ci sono segni ma il riferimento è il lago che seppur ghiacciato è sempre ben visibile.
Lo aggiriamo, non ci fidiamo affatto ad attraversarlo anche se il ghiaccio si dimostra davvero spesso; raggiungiamo il muro della vecchia diga e anziché dirigerci verso il sottostante Lago Ballano (percorso effettuato in estate) ci inoltriamo nella faggeta in direzione est. Sugli alberi ci sono frequenti segni bianco/rossi che facilitano il l'orientamento. Tuttavia è difficile sbagliarsi. Incontriamo qualche difficoltà a causa dei rami che data l'altezza della neve ora si trovano ad altezza del viso. Adesso il gruppo si frazione sia per la stanchezza che si fa veramente sentire, sia perchè oramai la meta è vicina, non c'è pericolo di sbagliare ed è assai difficile scivolare tanto sono fitti gli alberi. Dopo qualche "frasconata" in faccia e una volta trovate le misure la cosa diventa divertente e fonte di reciproci scherzi. Decisamente stanchi giungiamo finalmente in vista della meta che si trova proprio al di la della dorsale nord del Monte Torricella; l'ultimo tratto, poche centinaia di metri, è solo parzialmente innevato cosicché prontamente ci togliamo i ramponi che oramai iniziano ad essere un tormento. Al nostro arrivo destiamo la curiosità di non pochi gitanti incuriositi nel vedere tanta gente munita di piccozza e ramponi, forse un po' inconsueti a Pratospilla. Chissà!

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