Per scacciare il torpore dei
lunghi mesi invernali di inattività (sono solo due ma per gente dinamica
come noi sono un' eternità!) avevamo pensato ad un'escursione facile (per
quanto le invernali non siano mai da considerarsi facili!) in un ambiente
di suggestiva bellezza ma già conosciuto, il comprensorio di
Pratospilla, nel Parco dei Cento Laghi, che immersa tra le pendici
ed il crinale appennnico, offre la possibilità di poter apprezzare una
delle più belle esperienze di sport invernale. . Il Parco
dei Cento Laghi, a suo tempo meta di un'escursione estiva ci sembrò
il luogo ideale.
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Il Parco dei Cento Laghi si trova in
un'area di grande interesse paesaggistico che, grazie alla evidente
impronta glaciale, ricorda gli spettacolari ambienti alpini. Le
zone più alte del Parco sono costellate da un numero particolarmente
elevato di belle conche lacustri di origine glaciale, così come
di altre morfologie che testimoniano |
quel tipo di morfogenesi. Di rilievo sono anche alcuni
ambienti forestali (con suggestive fustaie di conifere e latifoglie) e
gli ambienti montani a maggiore naturalità, quali rupi, brughiere d'altitudine,
torbiere e pozze d'alpeggio. Notevole è infine la presenza di specie floristiche
rare e minacciate, in genere piante alpine relitte o specifiche degli
ambienti ofiolitici.
Confortanti le previsioni che promettevano bel
tempo a nord della dorsale appenninica (mai avventurarsi in montagna con
previsioni negative, soprattutto in inverno) partiamo di buon ora per
poter attaccare presto la salita visto che le temperature, assai elevate
per la stagione, delle ore centrali della giornata avrebbero ammorbidito
la neve rendendo faticosa la marcia. L'escursione inizia dal parcheggio
degli impianti di risalita, calziamo subito i ramponi perché la
neve è dura e non vogliamo, per ovvie ragioni, camminare sulla
pista da sci; aggiriamo la stazione di partenza della seggiovia e, alle
8,20, imbocchiamo la pista laterale che conduce al secondo tratto degli
impianti. Camminiamo sulla neve battuta della pista, il percorso è facile
e rapidamente raggiungiamo la stazione di partenza del secondo tratto
degli impianti.
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Inizialmente il percorso è in discreta salita e
l'inattività si fa subito sentire. Seguiamo gli impianti tenendoci
sulla sinistra fino a raggiungere un pianoro pochi metri al disotto del
termine degli impianti stessi Fin qui tutto bene, a parte un pò
di fiatone, ma sono le prime ramponate poi passa tutto. Guardando in direzione
di Lagastrello scorgiamo le prime avvisaglie del mare di nubi che più
tardi avremo modo di ammirare in tutta la sua maestosità. Una breve pausa
e puntiamo verso la cima del Monte Bocco (m 1791) raggiungibile percorrendo
un traverso ghiacciato piuttosto impegnativo; tuttavia la neve è compatta
e i ramponi tengono bene. Affrontiamo con decisione questa prima difficoltà
che, comunque, anche i meno esperti del gruppo superano senza problemi.
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Dalla vetta proseguiamo verso ovest seguendo la cresta
(non possiamo scorgere i segni ma stiamo percorrendo il sentiero 00).
La cresta è sempre esposta e bisogna fare attenzione alla neve riportata
dal vento, è bene tenersi un poco distanti dal filo di cresta; non sono
necessarie corde basta fare attenzione badando di non caricare la neve
riportata e di non scivolare: insomma bisogna conoscere bene la tecnica.
Con lievi difficoltà superiamo il Monte Uomo Morto, il Passo del Giovarello
e raggiungiamo, superando un tratto facilmente ramponabile ma in discreta
salita, la cima del Monte Bragalata (m 1856) dove ci concediamo un attimo
di riposo.
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Siamo affascinati dallo spettacolo che la natura ci riserva.
In una giornata splendida, soleggiata e calda (anche troppo!) l'architetto
ha predisposto un ambiente irripetibile e inatteso. A nord della dorsale
una splendida giornata che consente di ammirare tutte le cime e anche
i più lontani paesini dell'Appennino parmense; a sud invece un mare di
nuvole da cui spuntano come isole le cime delle montagne più alte. Sembra
di essere in riva al mare invece siamo su una cresta affilata ad ammirare
la vetta del Pisanino, del Cavallo e della Tambura che sembrano giocare
a rimpiattino con le nuvole. Non mancano le battute di chi invita a guaradere
la Gorgona perché una vetta sembra proprio l'isola del Tirreno
e le nuvole il bel mare della Versilia. |
Ora il cammino si fa più impegnativo,
la cresta è davvero affilata tanto che in alcuni tratti sembra proprio
di cavalcarla. Ci disponiamo in fila indiana, opportunamente distanziati,
muovendoci con molta circospezione. Nonostante il caldo la neve tiene
ancora e raggiungiamo con relativa facilità il Monte Losanna (m 1840).
In basso vediamo il laghi Sillara completamente ghiacciati, facilmente
individuabili perché il ghiaccio sulle sponde ha ceduto creando dei piccoli
crepacci che circondano interamente i due invasi. Davanti a noi si staglia
ora il Monte Sillara (m 1859), la vetta più alta della zona: la nostra
meta! Siamo un po' stanchi e la fame fa capolino ma abbiamo da affrontare
l'ultima salita. Coraggio che in cima ci fermiamo e mangiamo qualcosa
perché oramai sono le 12,30.
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La cresta è ora più ampia, purtroppo la neve comincia
ad ammorbidirsi così gli scarponi cominciano a sprofondare rendendo ancora
più faticoso il cammino. Quando ci voltiamo indietro per vedere se arrivano
gli ultimi ritardatari scorgiamo una fiumana di escursionisti che stanno
seguendo il nostro stesso percorso, presto la vetta sarà affollata. Decidiamo
di concederci solo una breve sosta e scendere nella vallata in direzione
del Lago Fiasconi (m 1602) che dall'alto ci sembra il posto ideale per
la sosta. Alcune roccette e cespugli di ginepro affioranti dalla neve
sono un punto di sosta ideale, tanto che qualcuno ne approfitta per un
breve sonnellino. Ripartiamo puntando verso il Lago Verde e superata una
facile selletta siamo di fronte ad un dilemma; dovendo superare un largo
avvallamento è preferibile scendere per poi risalire dal lato opposto
oppure affrontare un traverso ghiacciato e decisamente impegnativo che
però si mantiene in quota? Il gruppo decide di scendere seguendo perciò
il percorso più facile e tutto sommato consigliabile, mentre quattro temerari
affrontano il traverso che si rivela spettacolare ma che richiede una
notevole impegno: davvero impegnativo ed anche pericolosamente ghiacciato
nell'ultimo tratto, sicuramente sconsigliabile se non si è esperti.
A chi volesse ripetere la nostra escursione consigliamo sicuramente di
scendere. Un'altra ripida discesa ci conduce verso il boschetto che circonda
il lago. La neve è ora piuttosto molle e ci sprofondiamo, non tanto però
da essere fastidioso, anzi ci divertiamo un mondo a scendere di tacco
e scivolare. Nel boschetto non ci sono segni ma il riferimento è il lago
che seppur ghiacciato è sempre ben visibile.
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Lo aggiriamo, non ci fidiamo affatto ad attraversarlo anche
se il ghiaccio si dimostra davvero spesso; raggiungiamo il muro della
vecchia diga e anziché dirigerci verso il sottostante Lago Ballano (percorso
effettuato in estate) ci inoltriamo nella faggeta in direzione est. Sugli
alberi ci sono frequenti segni bianco/rossi che facilitano il l'orientamento.
Tuttavia è difficile sbagliarsi. Incontriamo qualche difficoltà a causa
dei rami che data l'altezza della neve ora si trovano ad altezza del viso.
Adesso il gruppo si frazione sia per la stanchezza che si fa veramente
sentire, sia perchè oramai la meta è vicina, non c'è
pericolo di sbagliare ed è assai difficile scivolare tanto sono
fitti gli alberi. Dopo qualche "frasconata" in faccia e una volta trovate
le misure la cosa diventa divertente e fonte di reciproci scherzi. Decisamente
stanchi giungiamo finalmente in vista della meta che si trova proprio
al di la della dorsale nord del Monte Torricella; l'ultimo tratto, poche
centinaia di metri, è solo parzialmente innevato cosicché prontamente
ci togliamo i ramponi che oramai iniziano ad essere un tormento. Al nostro
arrivo destiamo la curiosità di non pochi gitanti incuriositi nel vedere
tanta gente munita di piccozza e ramponi, forse un po' inconsueti a Pratospilla.
Chissà! |