U.O.E.I.
UNIONE OPERAIA ESCURSIONISTI ITALIANI
Sezione "Antonio Tessa" - RIPA DI VERSILIA
 
Altopiano di Asiago  -  Ortigara e Monte Zebio
20 - 21 - 22 Luglio
Percorso: Segnaletica: 825, 209 , 826, 211, 206, 833, 201
Dislivello: Tempo di percorrenza:
Classificazione: E allenati Punti sosta:
Acqua: soloalla partenza e presso la Malga Zebio Periodo consigliato: tarda primavera - estate
Il Monte Ortigara (2105 m) è situato al confine fra Veneto e Trentino-Alto Adige, sul bordo settentrionale dell'Altopiano di Asiago. Fu teatro di una terribile battaglia, nota appunto come Battaglia dell'Ortigara, durante la Prima Guerra Mondiale, fra il 10 e il 29 giugno 1917, che vide protagoniste 22 battaglioni alpini nel tentativo della conquista del monte. Il Monte fu da allora chiamato "calvario degli Alpini"; nel settembre 1920 vi si tenne la prima Adunata nazionale degli alpini in modo spontaneo, che vide circa 400 persone confluire sulla cima per deporvi una colonna mozza a memoria dei caduti, recante la scritta Per non dimenticare. In occasione della 79° Adunata nazionale degli alpini, il 13 maggio 2006 vi confluirono circa 1000 persone a ricordo dei tragici fatti del 1917.

Il Monte Zebio divenne un caposaldo della linea di esistenza austriaca, attaccato ripetutamente dagli italiani con esito negativo. Sullo sperone roccioso della Lunetta gli italiano realizzarono un osservatorio con gallerie che permettevano di salirvi per mezzo di scale a pioli. Sotto i due eserciti costruirono delle gallerie di mina e contromina. Fu così che l'8 giugno 1917, probanilmente accesa da un fulmine, scoppiava la mina italiana facendo scoppiare anche quella austriaca: 120 soldati italiani persero la vita e anche 40 ufficiali della Brigata Catania che dalla Lunetta stavano studiando le posizioni del nemico in vista dell'imminente Battaglia dell'Ortigara

. L’Altopiano di Asiago o dei Setti Comuni si erge a Nord della Provincia di Vicenza, ed è raggiungibile in poco tempo dalla pianura. La sua tipica forma massiccia e quasi quadrata si staglia tra la Val d’Astico., a ovest, e la Valle del Brenta a est. E’ una zona molto suggestiva, dove la bellezza della natura si accompagna alle testimonianze di una lunga storia, di tradizioni legate alla civiltà alpina. Il paesaggio è molto caratteristico: al centro dell’Altopiano si aprono le ampie conche dei prati e dei pascoli, coronate dalle pendici boscose dei rilievi. Verso il confine con il Trentino, si alzano cime di un certo rilievo: Cima Vezzena, Cima Portule, Cima Dodici e Cima Ortigara. E’ la meta ideale per passeggiate ed escursioni stupende, e per concedersi un soggiorno gradevole e rilassante. D’inverno offre una grande scelta di piste da sci: fondo, discesa e alpinismo...
Parcheggiata l'auto nel sottostante parcheggio saliamo fino alla bella piazzetta centro del paese per altro cosa importante unico posto dove si può fare rifornimento d'acqua. Iniziamo quindi la nostra camminata (sono le 7,15) attraversiamo il paese passando davanti alle larderie fino a trovare il sentiero (segnavia 38) direzione case di Vergheto. Ci addentriamo subito in un bel e fitto bosco di castagni su una mulattiera ben conservata costeggiamo il canale del vento. Dopo circa mezz'ora siamo nella zona delle case Vergheto (m.837). Dove facciamo una breve sosta ammirando questo piccolo borgo dove qualcuno ha deciso di ristrutturare l'abitazione per il periodo estivo.
Siamo giunti all'appuntamento annuale della gita di tre giorni organizzata dalle sezioni UOEI di Ripa di Versilia , per la parte escursionistica e dalla sezione di Pietrasanta per la parte turistica. Noi partecipiamo, naturalmente, a quella escursionistica. Arriva il pullman da Pietrasanta con parte dei partecipanti; sono le 07,00 puntuale. Saliamo a bordo e partiamo alla volta di Vicenza. Il viaggio è tranquillo, sosta all'autogrill per la colazione e via verso Parma, imbocchiamo l'autostrada per Bologna e leggiamo sui cartelloni luminosi che più avanti ci sono 12 km di coda per incidente, poi diventano 20 e ancora 25. A questo punto l'autista decide di uscire e prendere la strada statale per Sabbioneta, oltrepassiamo vari paesi tra cui quelli di Solferino e Curtatona che insieme a Montanara e S. Martino formavano il famoso "quadrilatero" nelle guerre d'indipendenza. Rientriamo in autostrada a Verona e poi prendiamo per Vicenza. E' prevista una sosta di circa tre ore per vistare la città con le splendide architetture del Palladio, tra cui il maestoso è il Teatro Olimpico di Vicenza, ultima opera dell'artista. Abbiamo anche il tempo per mangiare, troviamo un tipico ristorantino, ci troviamo bene, anche perché quì troviamo rifugio dall'afa insopportabile che c'è qui. Già sogniamo il fresco delle montagne. Sono circa le tre riprendiamo il cammino e imbocchiamo l'autostrada della Val D'Astico uscendo a Piovene, si segue poi per Chiuppano e poi la SS 349, strada molto panoramica che sale tra tornanti e pian piano che lascia la pianura ci ritroviamo costeggiati da folti boschi di abeti. Superiamo Lavarone e già ci sentiamo nel nostro ambiente, la montagna! Ancora pochi chilometri e siamo a Passo di Vezzena, qui su un tornante c'è l'indicazione per il rifugio malga Cima Larici. L'autista, temerariamente, ci porta sino a pochi metri dal rifugio, lasciamo il pullman e turisti e ci incamminiamo con gli zaini in spalla verso il rifugio. Si tratta di un bel rifugio posto in splendide vallate dedicate a pascolo a quota 1658 mt. Il simpatico gestore ci sistema nelle camere accoglienti e poi usciamo fuori alla scoperta di questi posti, veramente ci informiamo subito se nelle vicinanze c'è una malga per assaggiare i prodotti locali. Il gestore ci indica la malga Manazzo a pochi minuti di distanza; le malghe sono una delle caratteristiche più interessanti del territorio di Asiago e meritano senz’altro di essere visitate. In particolare è stato interessante la visita ai locali della malga adibiti alla preparazione del formaggio, con la tipica "caliera" in rame appesa ad un montante di legno girevole ("la mussa"); assaggiamo il buon formaggio qui prodotto scherzando tra di noi da buoni amici. Torniamo al rifugio e tra una chiacchierata e l'altra è ora di cena, molto, molto abbondante: il menù? Bucatini all'anatra, zuppa d'orzo, enorme grigliata mista e formaggio passato sulla piastra, dolce , caffè e ammazza caffè. Mamma mia e domani chi cammina? Usciamo fuori, la serata sembra tiepida, ma è solo una sensazione dovuto all'abbondante pasto, subito dopo ci ripensiamo e torniamo all'interno, il viaggio si fa sentire e domani ci attende un lungo percorso è meglio andare a letto. La colazione, abbondante, ci viene servita alle ore 07,00: pane burro di malga e marmellate, caffè e latte a volontà. Sono le otto, salutiamo il gestore e partiamo per la nostra escursione. Appena fuori dal rifugio, sul piazzale, sulla destra parte il sentiero n° 825, si comincia su prati a pascolo, infatti vi sono già numerose mucche che ci guardano sbigottite, man mano entriamo nel bosco rado di abeti e numerosi fiori di ogni specie punteggiano di variopinti colori il prato, in particolar modo qui, come del resto per quasi tutta l'escursione troviamo splendidi rododendri fioriti.
Il bosco diventa più fitto e man mano che ci si alza, sull'altopiano punteggiato di malghe abbiamo splendide vedute sul posto. Dopo circa 1 ora e mezza di salita la spalla diventa quasi pianeggiante si prosegue ancora brevemente seguendo il crinale fino alla cimetta finale, un ampio e spettacolare balcone panoramico sulla Valsugana. Siamo a Bocchetta Larici a metri 1876. Ci fermiamo a guardarci intorno, se avevamo dei dubbi adesso siamo sicuri che l'ambiente che ci circonda è magnifico. Proviamo a riconoscere le montagne che si vedono in lontananza e pensiamo di riconoscere le Pale di S. Martino, la Marmolada, il Civetta ecc. sarà vero poi? E chi lo sa? noi vogliamo credere che sia così! Ripartiamo, adesso gli abeti lasciano il posto a fitti pini mughi tanto fitti da ostacolarci a tratti il passo. Stiamo percorrendo il sentiero n° 209 che sale dolcemente sino a conquistare il crinale a quota 2000 mt. in brevissimo siamo a Cima Larici sovrastata dalla bastionata del Portule. Riprendiamo il cammino seguiamo il crinale in continui saliscendi e poi risaliamo la gobbetta del Monte Erba,2031m e quindi scendiamo velocemente tra mughi che in alcuni tratti sono davvero fastidiosi, fino a raggiungere Porta Renzola m1961,ai piedi del Portule. Qui prendiamo il sentiero n° 826 per Bocchetta kempel. Da qui il sentiero si snoda in ripida salita inizialmente tra i mughi e poi tra le rocce dove avvistiamo i primi papaveri gialli, lungo il bordo dell'Altopiano precipitante in Valsugana,con scorci stupendi su Monte Gomion e Cima Dodici. al bivio tra il sentiero n° 826 e il 209 si prende quest'ultimo in direzione di Cima 12. Giungiamo a porta Kempel ( 2144 mt.), qui una sosta è d'obbligo, tutti stravaccati a terra ci rifocilliamo, la Lucia a addirittura si è portata uno stuoino e ci si sdraia suscitando l'invidia della Giuseppina, quest'ultima si propone di aggiungere al suo smisurato zaino anche questo accessorio! I richiami del capo gita Marco D. ci impongono di ripartire, strano perchè lui si lascia sempre tentare da sensazioni oniriche, questa volta sente l'onere della responsabilità! Eccoci tutti in fila riprendiamo il cammino, dopo il bosco di abeti e pini mughi poi ghiaioni ora entriamo in una zona veramente bella, l'ambiente è carsico con tutte le rocce solcate da profonde scanalature e doline, in sostanza siamo su un altipiano sulla nostra destra una profonda depressione, la vegetazione non è molto ricca, vi sono i sempre presenti rododendri e ammirate da tutti splendide stelle alpine, naturalmente ci fermiamo a fotografarle in tutte le posizioni, Erio in particolare che per la sua vena artistica di fotografo professionista si attarda moltissimo con risentimento di tutti quelli che attendono il loro turno. Proseguiamo siamo in vista di Cima 12 dove sotto le pendici si apre un orrido molto spettacolare, troviamo un escursionista e chiediamo informazioni di quanto tempo ci vuole per fare il giro sino all'Ortegara e la risposta che ci dà spaventa alcuni di noi, infatti ci parla di altre quattro ore pio rivelata falsa, giunti al bivio con il sentiero 208 e 835 a quota 2175 ci dividiamo una parte per Cima 12 per sentiero 835 e l'altra per sentiero n° 208 per il Bivacco Baita Buse; dove ci attenderanno. Dal bivio un cartello parlava di quaranta minuti per salire alla vetta, noi veramente ce ne abbiamo messi venti, il sentiero si presenta all'inizio su ghiaioni poi sale su un canaletto e poi sale decisamente verso la vetta, anche lungo questo sentiero come in cima vi sono grandi quantità di stelle alpine. La piramide rocciosa di Cima Dodici rappresenta il punto più alto dell’Altopiano di Asiago e pertanto merita di essere salita. Dalla vetta si ha un’ampia visione dell’arido altipiano dell’Ortigara e si possono ben ammirare le vicine Cima Undici,Cima Dieci (Monte Castelnuovo), e Portule,senza contare la grandiosa visione su Borgo e la parte occidentale della Valsugana.
Questa cima ,come quasi tutte quelle dell’altopiano di Asiago,faceva parte del territorio italiano alla data dell’inizio delle ostilità,24 maggio 1915. Un anno dopo gli austroungarici sferrarono la famosa Strafexpedition,travolgente offensiva che dilagò a macchia d’olio,soprattutto dopo la conquista del Portule,che aprì agli imperiali la via di Asiago e della parte nord dell’altopiano,tra cui cima Dodici. Nonostante i sanguinosi ed eroici tentativi italiani dell’anno successivo,la vetta restò in mano nemica fino agli ultimi giorni del conflitto nel 1918. Naturalmente sono d'obbligo le foto di gruppo, di quello che ne è rimasto, sulla vetta vi sono due croci una in legno e l'altra più imponente di metallo, ci fotografiamo nelle vicinanze di entrambe così non sbagliamo! Dalla vetta si ha uno splendido colpo d'occhio, peccato che non conosciamo la zona e non riusciamo a riconoscere le montagne in lontananza, ma sappiamo che di quassù si possono vedere bene le Pale di S. Martino e la Marmolada. Dalla grande Croce in ferro si scende su sentiero n° 211 scendiamo su ripido sentiero verso la Baita le Buse, dobbiamo fare un'altra deviazione al bivio tra sentiero n° 231 e 206, noi prendiamo quest'ultimo in direzione Ortigara, in circa un'ora giungiamo alla baita. Qui il paesaggio è molto rilassante, infatti gli amici che ci hanno preceduto sono tutti stravaccati a terra e si godono un bel solicello rinfrescati da l'aria frizzantina, bei prati e area in prossimità del bivacco attrezzata con tavoli e panche, proprio quello che ci voleva per consumare il nostro pranzo, inoltre il bivacco sempre aperto è attrezzato molto bene. Il tempo passa veloce e la strada è ancora lunga decidiamo di ripartire e allora via zaini in spalla alla volta dell'Ortigara. Saliamo una corta ma ripida salita che dopo la sosta e il pranzo non è che affrontiamo velocemente, giunti in cima siamo su un altipiano arido e quasi senza vegetazione, mentre camminiamo notiamo delle trincee e fortificazioni scavate nella roccia testimoni di quell'atroce guerra di trincea che è stata quella del 1915/1918; i fiori non sono molti ma in compenso il terreno e interamente cosparso di schegge di bombe o cos'altro, mucchi di arrugginite lattine e filo spinato, tutto ci riporta alle sofferenze patite da entrambe le parti e questo ci diluisce la gioia di essere in posti cosi belli infatti man mano che ci avviciniamo alla vetta siamo sempre più taciturni
Nota storica
: Ortigara e Grande Guerra Facente parte del territorio italiano allo scoppio delle ostilità nel maggio del 1915,la regione dell’Ortigara resta sostanzialmente tranquilla essendo lontana dal fronte situato in Valsugana e Vezzena. Il maggio dell’anno dopo il fronte degli Altipiani crolla sotto la poderosa Strafexpedition,offensiva austroungarica che travolge le difese italiane e dilaga facilmente ,dopo la caduta del Portule,anche sull’Ortigara. Dopo un breve contrattacco italiano nel giugno dello stesso anno,i nostri soldati si attestano sulla Caldiera ma non riescono a procedere. I comandi italiani provvedono allora ad organizzare per l’autunno un poderoso attacco a tenaglia per raggiungere con i reparti schierati alle ali di questa sul Colsanto a ovest e sul Portule a est,ma sopraggiungono abbondanti nevicate e il progetto,denominato operazione k,viene sospeso. L’anno successivo i comandi italiani rispolverano il progetto e lo preparano senza dispendio di mezzi e truppe,sennonché intervengono diversi punti a sfavore: essendo stata preparata l’anno successivo,l’offensiva è stata praticamente scoperta dagli austroungarici; gli avversari hanno avuto un anno di tempo per rafforzare le loro difese in previsione dell’attacco e le loro posizioni dominavano ovunque quelle italiane ed erano state scelte apposta per la facile difendibilità con il minor impiego possibile di truppe;la condizioni meteo saranno grandemente sfavorevoli agli italiani. Sta di fatto che il gen. Mambretti in accordo con Cadorna ha già concordato l’inizio dell’attacco che infatti inizia: è il 10 giugno 1917. Nonostante la quantità dei mezzi impiegati,lo sforzo e l’eroismo profuso dalle nostre truppe,l’attacco è fermato su tutta la linea dell’Altopiano tranne che a nord,dove operano le truppe alpine. Qui le linee austriache a italiane erano particolarmente lontane e in mezzo vi stava un vallone:per l’attacco i nostri soldati dovevano correre allo scoperto per un lunghissimo tratto,raggiungere il fondo di un vallone e poi risalire la montagna. In questo modo sempre dominati dagli avversari,gli alpini venivano falciati a migliaia dalle mitragliatrici e dalle bombe,reparti su reparti vennero distrutti prima ancora di raggiungere la posizioni avversarie potette da reticolati:in questo modo anche tornare indietro era un massacro. Tuttavia dopo giorni di dure lotta conquistano il 18 giugno la vetta dell’Ortigara ma non riescono a procedere oltre.Battuti da ogni parte e su terreno scoperto e senza ripari,gli italiani riescono a tenere le posizioni conquistate fino al 25 giugno,quando la vetta cade di nuovo in mano nemica restandovi fino agli ultimi giorni del conflitto.
Arriviamo in vetta visitiamo alcune grotte scavate nel fianco protetto della montagna e poi ci portiamo alla Campana commemorativa ( 2105 mt.)sono le ore 15,17 , su un sito degli Alpini ho trovato queste parole: "...cala il vento nella valle ,la campana suona ancora mentre il sole se ne va...." e anche noi abbiamo voluto commemorare i caduti di ambo le parti suonando a turno un rintocco in ricordo e onorando il loro sacrificio. Ci spostiamo poi verso il cippo Italiano e poi poco più lontano quello Austriaco, mi è venuto da pensare che io li avrei messi vicini o addirittura ne avrei costruito uno solo in memoria di tutti, almeno nella morte che fossero tutti accomunati!! Ci guardiamo in torno,non riusciamo a guardare nient'altro che questa spianata desolata, dove sembra che la vita non voglia tornare mai più, la cima è dominata dalle vette settentrionali dell’Altopiano ossia Monte Castelnuovo,Cima Undici e Cima Dodici e nonché dalla Caldiera: pertanto si può capire come il martellamento dei proiettili a cui fu sottoposta la montagna durante la Grande Guerra fu sconvolgente. Dal cippo austriaco scendiamo sul sentiero n° 840 sentiero attrezzato da corrimano per facilitarne la discesa attraverso i camminamenti e le gallerie che vi sono con feritoie che guardano verso il monte Galdiera dove erano gli italiani. Proseguiamo ora in leggera discesa e sono molte ancora le testimonianze di quei tempi, in alto il sentiero è segnato di rosso bianco rosso segni della bandiera austriaca e adesso nella zona dove erano gli italiani con verde bianco rosso, infatti questo è il sentiero Italia- sentiero della Pace, giungiamo a quota 1973 al " Baito" Ortigara e poi l'ex cimitero italiano. Seguendo il cammino stiamo scendendo e rientriamo tra pini mughi sulla nostra destra un'imponente statua della Madonna ci sovrasta, una preghiera raccomandando tutti quei "ragazzi del 99", siamo vicini alla chiesetta degli Alpini ( 1205 mt) dove vengono custodite le ossa che ancora si trovano sparse sui monti. Un cartello ci indica che per il parcheggio vi sono ancora venti minuti, scendiamo su strada sterrata e molto sdrucciolevole e finalmente siamo al piazzale/parcheggio. Ci portiamo ai tavoli sul prato e gli scarponi escono dai piedi con dispiacere di chi si trovava vicino a noi, il pullman ritarderà un pò e allora inganniamo il tempo facendo una merendina a base di salumi e formaggi. Ecco il pullman, percorrendo la strada capiamo quanto è bravo o incosciente il nostro autista, infatti passa a s tento e speriamo di non incrociare nessuno. Giungiamo sani e salvi ad Asiago e ci sistemiamo in un accogliente albergo, seguirà la cena ma ben presto andiamo a letto, il giorno dopo ci attende con un'altra escursione.
21/07/2007 Monte Zebio
Ore sette di mattino, sveglia,, dopo i preparativi di rito andiamo a fare colazione e poi con il pullman ci portiamo verso l'aeroporto di Asiago, costeggiando il campo di volo tenendolo sulla destra si raggiungiamo l'abitato di Faitele/Rigoni di Sotto. Attraversiamo l'incrocio e ci immettiamo sulla strada che sale verso la Croce di S.Antonio. Oltrepassiamo una colonia e la strada diventa sterrata, con disappunto notiamo che c'è ovunque maleducazione infatti noi e molti altri escursionisti camminiamo tranquilli e i cosiddetti " amanti della natura " fanno prima a salire in fuori strada alzando grassi nuvoloni di polvere e fumi di scarico, bravi, proprio bravi! Finalmente dopo quattro chilometri giungiamo alla Croce di S. Antonio, sulla simistra, si nota un segnale ( sentiero n° 832) viene indicata anche la distanza in tempo , un'ora e mezza, si abbandona la strada per seguire il sentiero ripido e sassoso, si inoltra nel bosco di abeti e poi si apre su due radure, giungiamo alla Pozza delle Arne (m.1608) . Seguiamo le indicazioni e arriviamo alla Mina di Scalambron ( 1677 mt.) tristemente famosa per la vicenda della mina (realizzata dagli italiani sotto lo sperone della Lunetta a partire dall'autunno 1916) che scoppiò intempestivamente, forse a causa di un fulmine, l’8 giugno 1917 alle 17.30, (con due giorni di anticipo rispetto a quanto stabilito), causando anche la deflagrazione della contromina austriaca. 120 soldati italiani persero la vita: a questi vanno aggiunti oltre quaranta ufficiali della Brigata Catania che in quel momento stavano osservando dalla Lunetta le posizioni austriache in previsione della imminente Battaglia dell'Ortigara. La zona dichiarata Sacra e segnalata da cippi bianchi è tutta scavata da trincee e postazioni e ancora visibile è il terreno sconvolto dall'esplosione della mina ricordata da una targa cementata su un grande masso. Proseguiamo sul crinale e vediamo sotto di noi la Malga Zebio, scendiamo, tanto dobbiamo passare di li per salire alla Crocetta di Zebio Entriamo in malga e prenotiamo per il pasto, ora saliamo alla Crocetta dello Zebio( 1710 mt.) che raggiungiamo in pochissimi minuti, questo luogo è un museo all'aperto e si può vistare il complesso sistema di trincee, gallerie e postazioni in caverna ancor oggi in gran parte visibili perché recuperati; alcune tabelle ci illustrano le vicende che hanno contrapposto italiani ed austriaci per la conquista delle alture di questo monte. Qualcuno ci dice che si vedono le Pale di S. Martino, ci crediamo! Scendiamo e ci portiamo alla malga per il pasto: formaggio di malga, soppressa e polenta, cosa vogliamo di più!! Purtroppo il tempo scorre troppo velocemente ed è già l'ora di rimetterci sui nostri passi, riprendiamo la via del ritorno ma invece di scendere per il sentiero già percorso prendiamo, in prossimità di pozze d'acqua, il sentiero n° 833 per il Bivacco Stalder e Croce del Francese. Raggiungiamo il bivacco( 1600 mt.) in circa cinque minuti, siamo rientrati nel folto delle abetaie, ora scendiamo dolcemente, incontriamo un primo bivio e prendiamo a destra qui l'unico segnale una A e freccia rossa su un albero. Ad un tratto pensiamo di aver sbagliato ma incontriamo un'indicazione per Asiago e ci rinfranchiamo siamo sulla via giusta! La strada ci riporta su l'altra sterrata che abbiamo percorso al mattino, stiamo già pensando che avremmo dovuto sopportare ancora gli automobilisti quando dopo pochi metri notiamo su un albero sulla destra il segna via 201, non è un segno ufficiale CAI ma comunque scende e noi lo prendiamo. Scende rapidamente e in line retta, questo ci conferma che ci porterà verso Asiago, usciamo dal bosco e vediamo la fine del sentiero con enorme sorpresa ci accorgiamo che siamo dietro la colonia che avevamo superato al mattino quindi siamo proprio vicini, a! se l'avessimo saputo anche al mattino, quanta polvere in meno avremmo mangiato! Ci immettiamo di nuovo sull'asfalto, il sentiero termina proprio dietro un campetto di calcio, ma questa volta sappiamo che ci manca proprio poco all'aeroporto. Giunti telefoniamo per il pullman; qualcosa doveva andare storto e c'è andato! ci dicono che non è possibile venirci a prendere e tra mugugni e battute torniamo all'albergo, tanto quattro chilometri in più cosa vuoi che siano! Il proprietari ci concede, gentilmente , l'uso della doccia e naturalmente ne approfittiamo, una volta che siamo tutti belli profumati riprendiamo il pullman e torniamo a casa, durante il viaggio ci scambiamo le nostre opinioni su questi giorni ma dentro la nostra testa pensiamo già alla prossima escursione.
 

Foto e testo liberamente tratti
dal sito dell'Apuano
www.apuano.com

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