Il Monte Ortigara (2105 m)
è situato al confine fra Veneto e Trentino-Alto Adige, sul bordo settentrionale
dell'Altopiano di Asiago. Fu teatro di una terribile battaglia, nota appunto
come Battaglia dell'Ortigara, durante la Prima Guerra Mondiale, fra il
10 e il 29 giugno 1917, che vide protagoniste 22 battaglioni alpini nel
tentativo della conquista del monte. Il Monte fu da allora chiamato "calvario
degli Alpini"; nel settembre 1920 vi si tenne la prima Adunata nazionale
degli alpini in modo spontaneo, che vide circa 400 persone confluire sulla
cima per deporvi una colonna mozza a memoria dei caduti, recante la scritta
Per non dimenticare. In occasione della 79° Adunata nazionale degli alpini,
il 13 maggio 2006 vi confluirono circa 1000 persone a ricordo dei tragici
fatti del 1917.
Il Monte Zebio divenne un caposaldo della linea di esistenza austriaca,
attaccato ripetutamente dagli italiani con esito negativo. Sullo sperone
roccioso della Lunetta gli italiano realizzarono un osservatorio con gallerie
che permettevano di salirvi per mezzo di scale a pioli. Sotto i due eserciti
costruirono delle gallerie di mina e contromina. Fu così che l'8 giugno
1917, probanilmente accesa da un fulmine, scoppiava la mina italiana facendo
scoppiare anche quella austriaca: 120 soldati italiani persero la vita
e anche 40 ufficiali della Brigata Catania che dalla Lunetta stavano studiando
le posizioni del nemico in vista dell'imminente Battaglia dell'Ortigara
. L’Altopiano di Asiago o
dei Setti Comuni si erge a Nord della Provincia di Vicenza, ed è raggiungibile
in poco tempo dalla pianura. La sua tipica forma massiccia e quasi quadrata
si staglia tra la Val d’Astico., a ovest, e la Valle del Brenta a est.
E’ una zona molto suggestiva, dove la bellezza della natura si accompagna
alle testimonianze di una lunga storia, di tradizioni legate alla civiltà
alpina. Il paesaggio è molto caratteristico: al centro dell’Altopiano
si aprono le ampie conche dei prati e dei pascoli, coronate dalle pendici
boscose dei rilievi. Verso il confine con il Trentino, si alzano cime
di un certo rilievo: Cima Vezzena, Cima Portule, Cima Dodici e Cima Ortigara.
E’ la meta ideale per passeggiate ed escursioni stupende, e per concedersi
un soggiorno gradevole e rilassante. D’inverno offre una grande scelta
di piste da sci: fondo, discesa e alpinismo...
Parcheggiata l'auto nel sottostante parcheggio saliamo fino alla bella
piazzetta centro del paese per altro cosa importante unico posto dove
si può fare rifornimento d'acqua. Iniziamo quindi la nostra camminata
(sono le 7,15) attraversiamo il paese passando davanti alle larderie fino
a trovare il sentiero (segnavia 38) direzione case di Vergheto.
Ci addentriamo subito in un bel e fitto bosco di castagni su una mulattiera
ben conservata costeggiamo il canale del vento. Dopo circa mezz'ora siamo
nella zona delle case Vergheto (m.837). Dove facciamo una breve sosta
ammirando questo piccolo borgo dove qualcuno ha deciso di ristrutturare
l'abitazione per il periodo estivo.
Siamo giunti all'appuntamento annuale della gita di tre
giorni organizzata dalle sezioni UOEI di Ripa di Versilia , per la parte
escursionistica e dalla sezione di Pietrasanta per la parte turistica.
Noi partecipiamo, naturalmente, a quella escursionistica. Arriva il pullman
da Pietrasanta con parte dei partecipanti; sono le 07,00 puntuale. Saliamo
a bordo e partiamo alla volta di Vicenza. Il viaggio è tranquillo, sosta
all'autogrill per la colazione e via verso Parma, imbocchiamo l'autostrada
per Bologna e leggiamo sui cartelloni luminosi che più avanti ci sono
12 km di coda per incidente, poi diventano 20 e ancora 25. A questo punto
l'autista decide di uscire e prendere la strada statale per Sabbioneta,
oltrepassiamo vari paesi tra cui quelli di Solferino e Curtatona che insieme
a Montanara e S. Martino formavano il famoso "quadrilatero" nelle guerre
d'indipendenza. Rientriamo in autostrada a Verona e poi prendiamo per
Vicenza. E' prevista una sosta di circa tre ore per vistare la città con
le splendide architetture del Palladio, tra cui il maestoso è il Teatro
Olimpico di Vicenza, ultima opera dell'artista. Abbiamo anche il tempo
per mangiare, troviamo un tipico ristorantino, ci troviamo bene, anche
perché quì troviamo rifugio dall'afa insopportabile che c'è qui. Già sogniamo
il fresco delle montagne. Sono circa le tre riprendiamo il cammino e imbocchiamo
l'autostrada della Val D'Astico uscendo a Piovene, si segue poi per Chiuppano
e poi la SS 349, strada molto panoramica che sale tra tornanti e pian
piano che lascia la pianura ci ritroviamo costeggiati da folti boschi
di abeti. Superiamo Lavarone e già ci sentiamo nel nostro ambiente, la
montagna! Ancora pochi chilometri e siamo a Passo di Vezzena, qui su un
tornante c'è l'indicazione per il rifugio malga Cima Larici. L'autista,
temerariamente, ci porta sino a pochi metri dal rifugio, lasciamo il pullman
e turisti e ci incamminiamo con gli zaini in spalla verso il rifugio.
Si tratta di un bel rifugio posto in splendide vallate dedicate a pascolo
a quota 1658 mt. Il simpatico gestore ci sistema nelle camere accoglienti
e poi usciamo fuori alla scoperta di questi posti, veramente ci informiamo
subito se nelle vicinanze c'è una malga per assaggiare i prodotti locali.
Il gestore ci indica la malga Manazzo a pochi minuti di distanza; le malghe
sono una delle caratteristiche più interessanti del territorio di Asiago
e meritano senz’altro di essere visitate. In particolare è stato interessante
la visita ai locali della malga adibiti alla preparazione del formaggio,
con la tipica "caliera" in rame appesa ad un montante di legno girevole
("la mussa"); assaggiamo il buon formaggio qui prodotto scherzando tra
di noi da buoni amici. Torniamo al rifugio e tra una chiacchierata e l'altra
è ora di cena, molto, molto abbondante: il menù? Bucatini all'anatra,
zuppa d'orzo, enorme grigliata mista e formaggio passato sulla piastra,
dolce , caffè e ammazza caffè. Mamma mia e domani chi cammina? Usciamo
fuori, la serata sembra tiepida, ma è solo una sensazione dovuto all'abbondante
pasto, subito dopo ci ripensiamo e torniamo all'interno, il viaggio si
fa sentire e domani ci attende un lungo percorso è meglio andare a letto.
La colazione, abbondante, ci viene servita alle ore 07,00: pane burro
di malga e marmellate, caffè e latte a volontà. Sono le otto, salutiamo
il gestore e partiamo per la nostra escursione. Appena fuori dal rifugio,
sul piazzale, sulla destra parte il sentiero n° 825, si comincia su prati
a pascolo, infatti vi sono già numerose mucche che ci guardano sbigottite,
man mano entriamo nel bosco rado di abeti e numerosi fiori di ogni specie
punteggiano di variopinti colori il prato, in particolar modo qui, come
del resto per quasi tutta l'escursione troviamo splendidi rododendri fioriti.
Il bosco diventa più fitto e man mano che ci si alza, sull'altopiano
punteggiato di malghe abbiamo splendide vedute sul posto. Dopo circa 1
ora e mezza di salita la spalla diventa quasi pianeggiante si prosegue
ancora brevemente seguendo il crinale fino alla cimetta finale, un ampio
e spettacolare balcone panoramico sulla Valsugana. Siamo a Bocchetta Larici
a metri 1876. Ci fermiamo a guardarci intorno, se avevamo dei dubbi adesso
siamo sicuri che l'ambiente che ci circonda è magnifico. Proviamo a riconoscere
le montagne che si vedono in lontananza e pensiamo di riconoscere le Pale
di S. Martino, la Marmolada, il Civetta ecc. sarà vero poi? E chi lo sa?
noi vogliamo credere che sia così! Ripartiamo, adesso gli abeti lasciano
il posto a fitti pini mughi tanto fitti da ostacolarci a tratti il passo.
Stiamo percorrendo il sentiero n° 209 che sale dolcemente sino a conquistare
il crinale a quota 2000 mt. in brevissimo siamo a Cima Larici sovrastata
dalla bastionata del Portule. Riprendiamo il cammino seguiamo il crinale
in continui saliscendi e poi risaliamo la gobbetta del Monte Erba,2031m
e quindi scendiamo velocemente tra mughi che in alcuni tratti sono davvero
fastidiosi, fino a raggiungere Porta Renzola m1961,ai piedi del Portule.
Qui prendiamo il sentiero n° 826 per Bocchetta kempel. Da qui il sentiero
si snoda in ripida salita inizialmente tra i mughi e poi tra le rocce
dove avvistiamo i primi papaveri gialli, lungo il bordo dell'Altopiano
precipitante in Valsugana,con scorci stupendi su Monte Gomion e Cima Dodici.
al bivio tra il sentiero n° 826 e il 209 si prende quest'ultimo in direzione
di Cima 12. Giungiamo a porta Kempel ( 2144 mt.), qui una sosta è d'obbligo,
tutti stravaccati a terra ci rifocilliamo, la Lucia a addirittura si è
portata uno stuoino e ci si sdraia suscitando l'invidia della Giuseppina,
quest'ultima si propone di aggiungere al suo smisurato zaino anche questo
accessorio! I richiami del capo gita Marco D. ci impongono di ripartire,
strano perchè lui si lascia sempre tentare da sensazioni oniriche, questa
volta sente l'onere della responsabilità! Eccoci tutti in fila riprendiamo
il cammino, dopo il bosco di abeti e pini mughi poi ghiaioni ora entriamo
in una zona veramente bella, l'ambiente è carsico con tutte le rocce solcate
da profonde scanalature e doline, in sostanza siamo su un altipiano sulla
nostra destra una profonda depressione, la vegetazione non è molto ricca,
vi sono i sempre presenti rododendri e ammirate da tutti splendide stelle
alpine, naturalmente ci fermiamo a fotografarle in tutte le posizioni,
Erio in particolare che per la sua vena artistica di fotografo professionista
si attarda moltissimo con risentimento di tutti quelli che attendono il
loro turno. Proseguiamo siamo in vista di Cima 12 dove sotto le pendici
si apre un orrido molto spettacolare, troviamo un escursionista e chiediamo
informazioni di quanto tempo ci vuole per fare il giro sino all'Ortegara
e la risposta che ci dà spaventa alcuni di noi, infatti ci parla di altre
quattro ore pio rivelata falsa, giunti al bivio con il sentiero 208 e
835 a quota 2175 ci dividiamo una parte per Cima 12 per sentiero 835 e
l'altra per sentiero n° 208 per il Bivacco Baita Buse; dove ci attenderanno.
Dal bivio un cartello parlava di quaranta minuti per salire alla vetta,
noi veramente ce ne abbiamo messi venti, il sentiero si presenta all'inizio
su ghiaioni poi sale su un canaletto e poi sale decisamente verso la vetta,
anche lungo questo sentiero come in cima vi sono grandi quantità di stelle
alpine. La piramide rocciosa di Cima Dodici rappresenta il punto più alto
dell’Altopiano di Asiago e pertanto merita di essere salita. Dalla vetta
si ha un’ampia visione dell’arido altipiano dell’Ortigara e si possono
ben ammirare le vicine Cima Undici,Cima Dieci (Monte Castelnuovo), e Portule,senza
contare la grandiosa visione su Borgo e la parte occidentale della Valsugana.
Questa
cima ,come quasi tutte quelle dell’altopiano di Asiago,faceva parte del
territorio italiano alla data dell’inizio delle ostilità,24 maggio 1915.
Un anno dopo gli austroungarici sferrarono la famosa Strafexpedition,travolgente
offensiva che dilagò a macchia d’olio,soprattutto dopo la conquista del
Portule,che aprì agli imperiali la via di Asiago e della parte nord dell’altopiano,tra
cui cima Dodici. Nonostante i sanguinosi ed eroici tentativi italiani
dell’anno successivo,la vetta restò in mano nemica fino agli ultimi giorni
del conflitto nel 1918. Naturalmente sono d'obbligo le foto di gruppo,
di quello che ne è rimasto, sulla vetta vi sono due croci una in legno
e l'altra più imponente di metallo, ci fotografiamo nelle vicinanze di
entrambe così non sbagliamo! Dalla vetta si ha uno splendido colpo d'occhio,
peccato che non conosciamo la zona e non riusciamo a riconoscere le montagne
in lontananza, ma sappiamo che di quassù si possono vedere bene le Pale
di S. Martino e la Marmolada. Dalla grande Croce in ferro si scende su
sentiero n° 211 scendiamo su ripido sentiero verso la Baita le Buse, dobbiamo
fare un'altra deviazione al bivio tra sentiero n° 231 e 206, noi prendiamo
quest'ultimo in direzione Ortigara, in circa un'ora giungiamo alla baita.
Qui il paesaggio è molto rilassante, infatti gli amici che ci hanno preceduto
sono tutti stravaccati a terra e si godono un bel solicello rinfrescati
da l'aria frizzantina, bei prati e area in prossimità del bivacco attrezzata
con tavoli e panche, proprio quello che ci voleva per consumare il nostro
pranzo, inoltre il bivacco sempre aperto è attrezzato molto bene. Il tempo
passa veloce e la strada è ancora lunga decidiamo di ripartire e allora
via zaini in spalla alla volta dell'Ortigara. Saliamo una corta ma ripida
salita che dopo la sosta e il pranzo non è che affrontiamo velocemente,
giunti in cima siamo su un altipiano arido e quasi senza vegetazione,
mentre camminiamo notiamo delle trincee e fortificazioni scavate nella
roccia testimoni di quell'atroce guerra di trincea che è stata quella
del 1915/1918; i fiori non sono molti ma in compenso il terreno e interamente
cosparso di schegge di bombe o cos'altro, mucchi di arrugginite lattine
e filo spinato, tutto ci riporta alle sofferenze patite da entrambe le
parti e questo ci diluisce la gioia di essere in posti cosi belli infatti
man mano che ci avviciniamo alla vetta siamo sempre più taciturni
Nota storica
: Ortigara e Grande Guerra Facente parte del territorio italiano allo
scoppio delle ostilità nel maggio del 1915,la regione dell’Ortigara resta
sostanzialmente tranquilla essendo lontana dal fronte situato in Valsugana
e Vezzena. Il maggio dell’anno dopo il fronte degli Altipiani crolla sotto
la poderosa Strafexpedition,offensiva austroungarica che travolge le difese
italiane e dilaga facilmente ,dopo la caduta del Portule,anche sull’Ortigara.
Dopo un breve contrattacco italiano nel giugno dello stesso anno,i nostri
soldati si attestano sulla Caldiera ma non riescono a procedere. I comandi
italiani provvedono allora ad organizzare per l’autunno un poderoso attacco
a tenaglia per raggiungere con i reparti schierati alle ali di questa
sul Colsanto a ovest e sul Portule a est,ma sopraggiungono abbondanti
nevicate e il progetto,denominato operazione k,viene sospeso. L’anno successivo
i comandi italiani rispolverano il progetto e lo preparano senza dispendio
di mezzi e truppe,sennonché intervengono diversi punti a sfavore: essendo
stata preparata l’anno successivo,l’offensiva è stata praticamente scoperta
dagli austroungarici; gli avversari hanno avuto un anno di tempo per rafforzare
le loro difese in previsione dell’attacco e le loro posizioni dominavano
ovunque quelle italiane ed erano state scelte apposta per la facile difendibilità
con il minor impiego possibile di truppe;la condizioni meteo saranno grandemente
sfavorevoli agli italiani. Sta di fatto che il gen. Mambretti in accordo
con Cadorna ha già concordato l’inizio dell’attacco che infatti inizia:
è il 10 giugno 1917. Nonostante la quantità dei mezzi impiegati,lo sforzo
e l’eroismo profuso dalle nostre truppe,l’attacco è fermato su tutta la
linea dell’Altopiano tranne che a nord,dove operano le truppe alpine.
Qui le linee austriache a italiane erano particolarmente lontane e in
mezzo vi stava un vallone:per l’attacco i nostri soldati dovevano correre
allo scoperto per un lunghissimo tratto,raggiungere il fondo di un vallone
e poi risalire la montagna. In questo modo sempre dominati dagli avversari,gli
alpini venivano falciati a migliaia dalle mitragliatrici e dalle bombe,reparti
su reparti vennero distrutti prima ancora di raggiungere la posizioni
avversarie potette da reticolati:in questo modo anche tornare indietro
era un massacro. Tuttavia dopo giorni di dure lotta conquistano il 18
giugno la vetta dell’Ortigara ma non riescono a procedere oltre.Battuti
da ogni parte e su terreno scoperto e senza ripari,gli italiani riescono
a tenere le posizioni conquistate fino al 25 giugno,quando la vetta cade
di nuovo in mano nemica restandovi fino agli ultimi giorni del conflitto.
Arriviamo in vetta visitiamo alcune grotte scavate nel
fianco protetto della montagna e poi ci portiamo alla Campana commemorativa
( 2105 mt.)sono le ore 15,17 , su un sito degli Alpini ho trovato queste
parole: "...cala il vento nella valle ,la campana suona ancora mentre
il sole se ne va...." e anche noi abbiamo voluto commemorare i caduti
di ambo le parti suonando a turno un rintocco in ricordo e onorando il
loro sacrificio. Ci spostiamo poi verso il cippo Italiano e poi poco più
lontano quello Austriaco, mi è venuto da pensare che io li avrei messi
vicini o addirittura ne avrei costruito uno solo in memoria di tutti,
almeno nella morte che fossero tutti accomunati!! Ci guardiamo in torno,non
riusciamo a guardare nient'altro che questa spianata desolata, dove sembra
che la vita non voglia tornare mai più, la cima è dominata dalle vette
settentrionali dell’Altopiano ossia Monte Castelnuovo,Cima Undici e Cima
Dodici e nonché dalla Caldiera: pertanto si può capire come il martellamento
dei proiettili a cui fu sottoposta la montagna durante la Grande Guerra
fu sconvolgente. Dal cippo austriaco scendiamo sul sentiero n° 840 sentiero
attrezzato da corrimano per facilitarne la discesa attraverso i camminamenti
e le gallerie che vi sono con feritoie che guardano verso il monte Galdiera
dove erano gli italiani. Proseguiamo ora in leggera discesa e sono molte
ancora le testimonianze di quei tempi, in alto il sentiero è segnato di
rosso bianco rosso segni della bandiera austriaca e adesso nella zona
dove erano gli italiani con verde bianco rosso, infatti questo è il sentiero
Italia- sentiero della Pace, giungiamo a quota 1973 al " Baito" Ortigara
e poi l'ex cimitero italiano. Seguendo il cammino stiamo scendendo e rientriamo
tra pini mughi sulla nostra destra un'imponente statua della Madonna ci
sovrasta, una preghiera raccomandando tutti quei "ragazzi del 99", siamo
vicini alla chiesetta degli Alpini ( 1205 mt) dove vengono custodite le
ossa che ancora si trovano sparse sui monti. Un cartello ci indica che
per il parcheggio vi sono ancora venti minuti, scendiamo su strada sterrata
e molto sdrucciolevole e finalmente siamo al piazzale/parcheggio. Ci portiamo
ai tavoli sul prato e gli scarponi escono dai piedi con dispiacere di
chi si trovava vicino a noi, il pullman ritarderà un pò e allora inganniamo
il tempo facendo una merendina a base di salumi e formaggi. Ecco il pullman,
percorrendo la strada capiamo quanto è bravo o incosciente il nostro autista,
infatti passa a s tento e speriamo di non incrociare nessuno. Giungiamo
sani e salvi ad Asiago e ci sistemiamo in un accogliente albergo, seguirà
la cena ma ben presto andiamo a letto, il giorno dopo ci attende con un'altra
escursione.
21/07/2007 Monte Zebio
Ore sette di mattino, sveglia,, dopo i preparativi di rito andiamo a fare
colazione e poi con il pullman ci portiamo verso l'aeroporto di Asiago,
costeggiando il campo di volo tenendolo sulla destra si raggiungiamo l'abitato
di Faitele/Rigoni di Sotto. Attraversiamo l'incrocio e ci immettiamo sulla
strada che sale verso la Croce di S.Antonio. Oltrepassiamo una colonia
e la strada diventa sterrata, con disappunto notiamo che c'è ovunque maleducazione
infatti noi e molti altri escursionisti camminiamo tranquilli e i cosiddetti
" amanti della natura " fanno prima a salire in fuori strada alzando grassi
nuvoloni di polvere e fumi di scarico, bravi, proprio bravi! Finalmente
dopo quattro chilometri giungiamo alla Croce di S. Antonio, sulla simistra,
si nota un segnale ( sentiero n° 832) viene indicata anche la distanza
in tempo , un'ora e mezza, si abbandona la strada per seguire il sentiero
ripido e sassoso, si inoltra nel bosco di abeti e poi si apre su due radure,
giungiamo alla Pozza delle Arne (m.1608) . Seguiamo le indicazioni e arriviamo
alla Mina di Scalambron ( 1677 mt.) tristemente famosa per la vicenda
della mina (realizzata dagli italiani sotto lo sperone della Lunetta a
partire dall'autunno 1916) che scoppiò intempestivamente, forse a causa
di un fulmine, l’8 giugno 1917 alle 17.30, (con due giorni di anticipo
rispetto a quanto stabilito), causando anche la deflagrazione della contromina
austriaca. 120 soldati italiani persero la vita: a questi vanno aggiunti
oltre quaranta ufficiali della Brigata Catania che in quel momento stavano
osservando dalla Lunetta le posizioni austriache in previsione della imminente
Battaglia dell'Ortigara. La zona dichiarata Sacra e segnalata da cippi
bianchi è tutta scavata da trincee e postazioni e ancora visibile è il
terreno sconvolto dall'esplosione della mina ricordata da una targa cementata
su un grande masso. Proseguiamo sul crinale e vediamo sotto di noi la
Malga Zebio, scendiamo, tanto dobbiamo passare di li per salire alla Crocetta
di Zebio Entriamo in malga e prenotiamo per il pasto, ora saliamo alla
Crocetta dello Zebio( 1710 mt.) che raggiungiamo in pochissimi minuti,
questo luogo è un museo all'aperto e si può vistare il complesso sistema
di trincee, gallerie e postazioni in caverna ancor oggi in gran parte
visibili perché recuperati; alcune tabelle ci illustrano le vicende che
hanno contrapposto italiani ed austriaci per la conquista delle alture
di questo monte. Qualcuno ci dice che si vedono le Pale di S. Martino,
ci crediamo! Scendiamo e ci portiamo alla malga per il pasto: formaggio
di malga, soppressa e polenta, cosa vogliamo di più!! Purtroppo il tempo
scorre troppo velocemente ed è già l'ora di rimetterci sui nostri passi,
riprendiamo la via del ritorno ma invece di scendere per il sentiero già
percorso prendiamo, in prossimità di pozze d'acqua, il sentiero n° 833
per il Bivacco Stalder e Croce del Francese. Raggiungiamo il bivacco(
1600 mt.) in circa cinque minuti, siamo rientrati nel folto delle abetaie,
ora scendiamo dolcemente, incontriamo un primo bivio e prendiamo a destra
qui l'unico segnale una A e freccia rossa su un albero. Ad un tratto pensiamo
di aver sbagliato ma incontriamo un'indicazione per Asiago e ci rinfranchiamo
siamo sulla via giusta! La strada ci riporta su l'altra sterrata che abbiamo
percorso al mattino, stiamo già pensando che avremmo dovuto sopportare
ancora gli automobilisti quando dopo pochi metri notiamo su un albero
sulla destra il segna via 201, non è un segno ufficiale CAI ma comunque
scende e noi lo prendiamo. Scende rapidamente e in line retta, questo
ci conferma che ci porterà verso Asiago, usciamo dal bosco e vediamo la
fine del sentiero con enorme sorpresa ci accorgiamo che siamo dietro la
colonia che avevamo superato al mattino quindi siamo proprio vicini, a!
se l'avessimo saputo anche al mattino, quanta polvere in meno avremmo
mangiato! Ci immettiamo di nuovo sull'asfalto, il sentiero termina proprio
dietro un campetto di calcio, ma questa volta sappiamo che ci manca proprio
poco all'aeroporto. Giunti telefoniamo per il pullman; qualcosa doveva
andare storto e c'è andato! ci dicono che non è possibile venirci a prendere
e tra mugugni e battute torniamo all'albergo, tanto quattro chilometri
in più cosa vuoi che siano! Il proprietari ci concede, gentilmente , l'uso
della doccia e naturalmente ne approfittiamo, una volta che siamo tutti
belli profumati riprendiamo il pullman e torniamo a casa, durante il viaggio
ci scambiamo le nostre opinioni su questi giorni ma dentro la nostra testa
pensiamo già alla prossima escursione.
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