La prima immagine che viene
in mente quando pensiamo alle 5
Terre, è quella di versanti scoscesi che degradano a picco sul mare
seguendo il ritmo geometrico dei muri a secco,sui quali si estendono i
bassi pergolati della vite. Le 5 Terre rischiano di scomparire a causa
del dirompente abbandono delle terrazze coltivate, risultato della grande
difficoltà e delle immense fatiche che un’agricoltura del tutto peculiare,
dove la meccanizzazione è impossibile, richiede ai pochi volenterosi che
ancora resistono. Campiglia Tramonti,
ubicata sulla vetta del promontorio che separa il Golfo di La Spezia dal
Golfo Dei Poeti, è un esempio delle fatiche che gli abitanti della zona
sopportano quotidianamente. I 2000 gradini della mulattiera che fino a
pochi decenni fa era l’unica via di comunicazione ne sono un esempio.
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Il nostro itinerario parte
da Acquasanta, località a pochi minuti di auto dal centro di La
Spezia. Usciti dall’autostrada A11 al casello di Santo Stefano,
si percorre il raccordi per La Spezia superando la zona industriale
e al primo semaforo si svolta a sinistra immettendoci sul viale
che porta verso l’arsenale, seguendo le indicazioni per Portovenere.
Costeggiando la base della Marina Militare, in prossimità di una
curva si notano i cartelli segnaletici per Campiglia e Acquasanta.
Si svolta a destra cercando un parcheggio in prossimità del cimitero.
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Il percorso scelto è tutto sommato assai breve, anche
se naturalmente troveremo il modo di allungarlo, perciò partiamo da Ripa
alle 8. Arriviamo ad Acquasanta alle 9 col sole gia alto e la temperatura
insolitamente calda per la stagione. Siamo in 15. Lasciate le auto percorriamo
un tratto della carrozzabile per Campiglia fino ad incontrare, sulla destra,
l’inizio della vecchia mulattiera ben visibile e ottimamente segnalata
da cartelli (segnavia 11). Costruita alla fine dell’800 era l’unico
collegamento tra il paese di Campiglia e La Spezia. Per la costruzione
è stata utilizzata per la maggior parte pietra arenaria della zona e per
brevi tratti calcare, sempre locale. E’ stata magistralmente posata da
abili operai utilizzando cordoli trasversali sagomati a schiena d’asino
favorendo in tal modo il deflusso laterale delle acque piovane. La scalinata
è conservata intatta fino ai giorni nostri grazie all’abilità e alle cure
delle maestranze che la costruirono. Il percorso non è certamente adatto
ad escursionisti poco allenati; la mulattiera perfettamente restaurata
è facilmente percorribile ma si tratta sempre di una scalinata che sembra
non finire mai, che praticamente dal livello del mare porta fino ai 382
metri di Campiglia.
Il panorama del Golfo di La Spezia è oramai nascosto dal
bosco ma non ne siamo affatto dispiaciuti perché qui la macchia mediterranea
esprime la sua massima bellezza. Le pietre della mulattiera sempre ben
squadrate, i ponti oramai centenari ma sempre in eccellenti condizioni,
fanno riflettere sulla maestria delle genti che hanno abitato la zona.
Restiamo favorevolmente sorpresi della cura che il Parco delle 5 Terre
dedica alla conservazione e fruibilità del percorso, meravigliosi i cartelli
segnaletici a forma di foglia di castagno, un’idea davvero lodevole. I
maglioni sono da tempo finiti in fondo agli zaini, si fa per dire perché
penzolano nelle maniere più improbabili da ogni laccio, quando un po’
affaticati arriviamo al “ricovero”, un piccolo manufatto, costruito al
lato della mulattiera, adibito a punto di sosta e rifugio in caso di pioggia,
per i paesani. L’ utilizzo forse più importante era appunto di ricovero
per i carichi che i portatori lasciavano nel manufatto quand’erano troppo
stanchi, o quando qualche compaesano veniva a dare loro il cambio. Ci
fermiamo solo un istante, giusto il tempo per scattare una foto ad un
gruppetto “da ricovero”!!.
il "RICOVERO"
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Il bosco inizia ora a diradarsi, siamo a Colle Caporacca,
e il sentiero è meno ripido. Ben presto raggiungiamo le prime case del
paese, alcune semi diroccate ma molte ristrutturate anche con poca attenzione
a giudicare dagli orrendi (per il luogo) infissi in alluminio veramente
poco in sintonia con l’ambiente. Campiglia, prossima alle 5 Terre, offre
squarci panoramici che si spingono oltre la zona orientale del golfo,
fino alle Alpi Apuane. In direzione di Portovenere il territorio di questa
frazione è collegato attraverso numerosi sentieri alle vicine frazioni
di Persico e Navone, verso il mare si espande fino alle rocce di Albana,
dette le Rosse, una scogliera particolarmente ricca di ossidi di ferro
grazie ai quali assume una colorazione rosso intenso molto suggestiva,
e a quelle del Muzzerone, ovvero le Nere grazie all'affioramento superficiale
di ardesia. Probabile insediamento preromano, conserva resti archeologici
nella limitrofa località di Castellana e resti megalitici al Monte della
Madonna, nella contigua Tramonti di Biassa. Campiglia Tramonti è conosciuta
per la produzione di vino Sciacchetrà - il Tramonti di Campiglia. Lo Sciachetrà
- chiamato in realtà rinforzato (refursà) nei luoghi di origine - è un
vino dolce passito prodotto nella zona delle 5 Terre da uve che provengono
dai celebri terrazzamenti. Arrivati nella piazzetta, sono le 10,30, siamo
subito a chiederci quale sentiero imboccare, naturalmente non perché non
sappiamo come tornare ma piuttosto per trovare il modo di allungare il
percorso. Dopo varie consultazioni decidiamo per una deviazione verso
Levanto per poi ritornare a Campiglia e infine dirigerci verso Portovenere,
rientrando ad Acquasanta con i mezzi pubblici. I Carabinieri in servizio
in paese ci garantiscono che ci sono, ci fidiamo? ….Si…naturalmente. Prima
però visitiamo la chiesa di Santa Caterina e ci concediamo un momento
di relax, e una fetta di fragrante focaccia, godendoci il panorama.
Ripartiamo alle 11,10 imboccando il sentiero (segnavia
4B) che si dirige verso Schiara. Uscendo dal paese incontriamo nuovamente
la macchia mediterranea e i terrazzamenti dei vigneti che qui sono ben
tenuti con i muretti a secco restaurati e le viti gia potate e legate.
Ci sorprende la tecnica di coltivazione che per consentire alla vite un
minimo riparo dal vento, prevede l’innalzamento di muretti sopra il livello
della terrazza e la coltivazione delle piante a poche decine di centimetri
dal terreno. Qui la meccanizzazione è impossibile, solo una monorotaia
a cremagliera consente di portare carichi sui terrazzamenti e le uve alle
cantine, tutti gli altri lavori devono essere necessariamente fatti a
mano. Lungo il percorso si incontrano diversi sentieri che conducono al
mare, noi dobbiamo tenerci sempre sulla destra. In breve raggiungiamo
la Fonte di Nozzano costruita dai soldati napoleonici. Imbocchiamo il
sentiero in salita (segnavia 4), che ora torna a salire, sempre
tra terrazzamenti e macchia fino al bosco di abeti e lecci dove si immette
per un breve tratto sulla carrozzabile mirabilmente costruita in pietra.
Pochi minuti e raggiungiamo la chiesetta degli alpini a San Antonio (m.
511). La chiesa purtroppo è chiusa, ci dobbiamo accontentare di visitarne
l’esterno prima di accomodarci presso l’antistante punto di ristoro, sono
le 12,20. Mangiamo comodamente seduti ai tavoli apprestandoci a gustare
il caffè quando un rumore secco e una strana espressione di Marcello ci
fanno trasalire; una pigna è caduta proprio vicino al tavolo sfiorandogli
la testa e la spalla. Per fortuna era secca, se fosse stata verde e fosse
caduta a soli pochi centimetri …
Ripartiamo alle 13,10 imboccando il sentiero (segnavia
1) che parte dalla chiesetta e seguendo il crinale attraversa la palestra
nel verde tornando a Campiglia. La palestra nel verde è una vasta area
attrezzata, immersa nel bosco, che consente tranquille passeggiate e simpatici
esercizi ginnici. Chiaramente ne approfittiamo per esibirci in improbabili
sollevamenti pesi o arrampicate su corde e scale. Il percorso, ora in
discesa, ci lascia tutto il tempo per dare qualche occhiata al sottobosco
alla ricerca di qualche fungo che l’esperto Piero dice che possiamo trovare.
Il sentiero si snoda quasi per intero nel bosco nascondendo il panorama
del golfo ma saremo ampiamente ripagati andando verso Portovenere. Alle
14,20 siamo di nuovo a Campiglia, si deve attraversare la piazza, superare
la chiesa di S. Caterina e proseguire costeggiando il parco di un affittacamere.
Si arriva, sempre in discesa da ora in poi, sulla carrozzabile che porta
al paese di Campiglia. In prossimità di un’ampia curva si può decidere
se aggirare il Monte Castellana o proseguire lungo il crinale a picco
sul mare. Scegliamo questo sentiero (segnavia 1). Anche se indicato
come difficile e conosciuto come “Sentiero del Diavolo”, è in realtà assai
agevole e di spettacolare bellezza. Come su ogni sentiero a picco su dirupi
è necessaria molta attenzione ma può essere percorso praticamente da tutti.
Inizialmente procediamo con molta attenzione perché alcuni componenti
del gruppo non sono troppo esperti. In realtà è abbastanza esposto in
alcuni tratti, tuttavia non è mai davvero difficile; così ben presto ci
rilassiamo quanto basta per goderci il panorama che ora è davvero bellissimo.
In lontananza, appena velate dalla nebbia che ne accresce
il fascino, vediamo la Palmaria,
le pareti del Muzzerone
e guardando bene, quello che da qui appare piccolissimo: il promontorio
di Porovenere con l’inconfondibile chiesetta e lo scoglio di Byron. Arriviamo
a Sella di Derbi alle ore 15,20,all’intersezione del sentiero dell’Alta
Via del Golfo ( AVG) si deve proseguire dritto incrociando dopo poco la
carrozzabile. La si percorre per alcune centinaia di metri tralasciando
i sentieri sulla destra e sulla sinistra che conducono rispettivamente
al Muzzerone e in direzione di Le Grazie. Raggiunta la sommità del colle
ci addentriamo nuovamente nella pineta aggirando le pareti del Muzzerone;
ora abbiamo una vista stupenda di Portovenere, della chiesa di San Pietro
e del castello con la Palmaria di fronte. Ci concediamo una piccola deviazione
per visitare il rifugio da poco aperto per poi tornare su ciò che resta
della vecchia strada di lizza un tempo utilizzata per trasportare al porto
i blocchi di Portoro che sono tuttora estratti dalle cave del Muzzerone.
Lungo la strada sono ancora ben visibili i fori dei piri (robusti pali
infissi nella roccia attorno ai quali veniva fatta scorrere il canapo
che tratteneva la lizza). Alle 16,45 arriviamo a Portovenere
con in mente un bel gelato, potete quindi immaginare la soddisfazione
di vedere che in piazza c’è proprio una gelateria! Ma prima bisogna pensare
ai biglietti del pullman, tornare a Marola a piedi sarebbe davvero… dura.
Poi un megacono non ce lo toglie nessuno. Fortunatamente arriviamo alla
fermata con largo anticipo, beh da un lato per fortuna perché altrimenti
non avremmo trovato posto, ma per altro siamo rimasti stipati come sardine
per ben mezz’ora, praticamente senza poter muovere neanche un braccio.
Il viaggio poi, un tormento ma forse è andata peggio agli altri viaggiatori
perché non dovevamo proprio “profumare”.
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