INFORMAZIONI GENERALI
Zona: Valle d'Aosta
Tipologia: escursione sportiva e panoramica.
Partenza: Pila (1850) (AO).
Punto più elevato dell'escursione: Vetta dell'Emilius 3559 metri
Dislivello: 1° giorno:800 m +
2° giorno:1050 m
Difficoltà: EEA - fisicamente impegnativo.
Durata dell'escursione: 2 gg.
Abbigliamento: Invernale
Pernottamento: Rifugio Arbolle (2496) Rifugio Arbolle §
Indirizzo: Loc. Arbolle - 11020 Charvensod AO
Tel: +39 0165 50011 Fax: +39 0165 32940 §
Email: info@arbolle.it
Web: www.arbolle.it
Periodo apertura: dal 29 Giugno al 11 Settembre 2007.
Info sugli orari e prezzi seggiovia di Chamole: www.pila.it
COME ARRIVARE A PILA:
In Autostrada A5 Torino-Aosta (99 km), uscita Aosta Est
si segue la strada regionale in direzione Pollein-Charvensod-Pila.
(Vedi cartina)
La prima ascensione alla vetta dell’Emilius, riportata
da alcuni documenti, è attribuita al dottor Laurent Cerise che la espugnò
all’età di 16 anni nel 1823 con alcuni suoi amici, fra cui G.B. Defey.
Si ipotizza che nel passato anche pastori e cacciatori abbiano conquistato
questa cima. Nel 1826 fu scalato dal canonico Georges Carrel (1800 –
1870), soprannominato “l’amis des Anglais”, l’amico degli Inglesi. Questo
appellativo gli fu attribuito perché i primi turisti dediti alle ascensioni
erano soprattutto Inglesi e si indirizzavano al Canonico per arrampicarsi
su quelle vette. E’ dal 1839 che il Mont Emilius ha questa denominazione;
prima, era chiamato “Le pic de dix heures”. Secondo alcune ricostruzioni,
nel 1839 Emilie Argentier, una giovane di 14 anni, scalò la vetta e
in suo onore Georges Carrel propose di ribattezzare questo monte col
nome di “Emilius”. Nel 1871, dopo la morte del canonico, si pensò di
rinominarlo nuovamente con il nome di “mont Pie”, in onore del Papa
Pio IX; ma, anche se bene accolta, la proposta non ebbe seguito.
Questa cima, come quella della Becca di Nona, è sormontata da una statua
della Santa Vergine. Il 5 settembre 1871 ne fu sistemata una a grandezza
naturale in larice. Il destino di questa statua è ignoto: forse un fulmine
o altre cause ancora hanno reso necessario riposizionarne un’altra.
Era il 1 agosto 1954 quando si decise di installarne una nuova, in marmo,
più piccola. Furono gli “Scout” di Aosta a portarla fino alla vetta
e, a causa del suo deterioramento, a sostituirla nuovamente nel 1959.
Quest’ultima statua, ancora in buone condizioni, è dotata di parafulmine.
Dalla sommità dell’Emilius, nei giorni in cui il cielo è particolarmente
limpido, è possibile vedere il mare che bagna la Liguria. dal
sito del Comune di Charvensod
Nel calendario escursionistico della nostra sezione
come escursione di fine estate c'è stato inserito l'escursione al Monte
Emilius .
Il Monte Emilius è una montagna delle
Alpi Graie, situata in Valle
d'Aosta, proprio nelle immediate vicinanze di Aosta.
Interessa i comuni di Gressan
e di Charvensod.
Secondo alcune ricostruzioni deve il suo nome in onore di una giovane
scalatrice di nome Emilie Argentier che superò la cima nel 1839.
Dalla sua vetta è possibile vedere, con un salto di tremila metri, il
capoluogo valdostano e, in direzione sud, in condizioni di buona visibilità,
anche il mare della Liguria. (
dal sito Wikipedia, enciclopedia libera)
Dunque ci ritroviamo alla sede della sezione a Ripa di Versilia, siamo
in quindici all'ultimo due escursionisti hanno dato forfait.
Partiamo direzione Genova, Alessandria, Santià, Aosta, vi giungiamo
abbastanza presto e senza inconvenienti.
Seguiamo l'indicazioni per Pila e dopo una serie di circa 15 chilometri
di curve vi giungiamo; potevamo salire sin quì con la cabinovia ma pensando
al ritorno e che l'ultima corsa della funivia che porta a Pila è alle
17,00 abbiamo deciso di non correre rischi.
Eccoci quì sul piazzale davanti alla seggiovia tutti belli baldanzosi
con i nostri zaini sulle spalle e pronti a partire, biglietti alla mano
saliamo sulla seggiovia assieme a dei temerari biker che salgono con
questo mezzo con le loro biciclette e poi scendono vertiginosamente
su una pista in mezzo agli alberi , che anche se imbottiti non deve
essere piacevole scontrarci contro. Pensavamo di pranzare all'arrivo
dell'impianto ma poi ripensandoci è meglio che prima affrontiamo la
salita al colle dello Chamolè
Dunque via si parte, il sentiero ( segnavia 19 A)
parte proprio davanti all'arrivo della seggiovia, il primo tratto e
tra abeti e rododendri che ormai in questa stagione sono sfioriti, moltissimi
gitanti percorrono la nostra stessa via e dopo pochissimi minuti capiamo
il perchè, giungiamo su un ampia spianata dove trova posto il lago Chamolè
( 2311mt.), sembra di essere sulla spiaggia, moltissimi sono chi è venuto
per abbronzarsi, chi si dedica alla pesca e chi usa l'aree attrezzate
per pic nic con barbecue. Superato il lago inizia la salita, non è molto
ripida ma comunque così a freddo da un pò fastidio, ma siamo ripagati
dallo splendido paesaggio, in particolare ammiriamo il Monte Bianco
e il Cervino.
Bè pian piano attraverso una lunga seri di serpentine giungiamo al colle
dello Chamolè (2641 mt.).
Giunti al colle vediamo sotto di noi si apre la grande conca dell'Arbolle,
sulla destra parte il sentiero per il Tete Noir (2815 m) e molti di
noi hanno deciso di salire anche questa vetta, a chi vi ci è salito
era stato promesso uno splendido spettacolo e così è stato.
La discesa verso l'Arbolle si snoda su una cengia molto ripida sul fianco
della Testa Nera.
La vista si inasprisce di colpo, trovandosi a capo di un vallone sassoso,
appena ingentilito dalla foggia del Lago d'Arbolle e dai prati del bordo
settentrionale del catino. Il resto è tutto una serie di sfasciumi che
riescono a condividere la loro esistenza con tratti erbosi.
Giungiamo al rifugio (2.507 m.), e adesso il primo pensiero è per il
pranzo poi ci sistemeremo.
Polenta e carbonada oppure polenta concia questo il menù; e sia, pur
che si mangi.
Ci sistemiamo in quattro per camera, sono camerette ben arredate e di
recente installazione, l'intero rifugio è ben tenuto, poi ci dedichiamo
alla scoperta del territorio intorno, alcuni vanno ad esplorare l'inizio
del sentiero che percorreremo l'indomani.
Tra una passeggiata e una chiacchiera giunge l'ora di cena, buona ma
non abbondante; si fanno le 22,00 èd è proprio ora di andare a dormire,
domani ci aspetta una giornata davvero dura!
Puntuale la sveglia ci desta da una notte passata decentemente
i russatori si sono mantenuti!
Subito colazione e operazioni di toilette.
Stranamente siamo puntuali alle sette dovevamo partire e alle sette
siamo partiti, bene, buon auspicio per la nostra escursione.
Prendiamo il sentiero n° 102 / 14 che costeggia la sponda del lago salendo
leggermente.
L'ambiente è sempre più selvaggio, costantemente inasprito dall'insorgere
delle creste che si ergono a baluardo difensivo di questo lontano angolo.
E' degna di nota la tetra forma dello spartiacque che porta alle pendici
della Punta
Garin, la cui regolare piramide domina il fianco destro del vallone,
alle spalle lasciamo la Vallettaz,
mentre alto e ben distaccato alla sinistra, finalmente l'Emilius.
Man mano che saliamo il paesaggio si fà sempre più selvaggio e il sentiero
di terra viene sostituito da sempre più detriti di vecchie morene, giungiamo
a un trivio dove sono segnalati i sentieri 102, 14 e 17b; noi prendiamo
il 14 dopo aver fatto un pò il punto.
Certo che a guardarsi intorno sembra di essere quelli che saranno i
primi esploratori di marte o qualche altro pianeta, allo sguardo solo
rocce e soltanto rocce, neanche un filo d'erba! Finalmente giungiamo
al Lago Gelato (2.956 m.) , bacino posto esattamente sotto il contrafforte
Sud-Ovest dell'Emilius, la cui presenza ingentilisce ed arricchisce
la grezza costa rossiccia, sulla vetta dell'Emilius vediamo brillare
la statua della Madonna e sembra che ci dica: " Venite, sù, vi stò aspettando!"
Alla nostra destra notiamo il Col d'Arbolle di 3154 mt. mentre sulla
sinistra abbiamo i pinnacoli rocciosi molto evidenti, è il Col des Trois
Capucins, 3.241 m., la vera porta d'ingresso all'Emilius.
Da quì inizia la vera salita e il gruppo si divide sostanzialmente in
due, anche la quota comincia a pesarci sulle gambe.
Enormi massi color ruggine si sovrappongono incessantemente il colore
diventa uno solo, solo le chiazze di neve sulle Punte Rousses e sul
Colo d'Arbolle danno un che di diverso. Camminiamo su morena che si
impenna sempre di più e giungiamo ad un bivio e ancora una volta dobbiamo
fare il punto, dunque il sentiero n° 102, quello che sapremo poi essere
il sentiero della Via Francigena, conduce al Col d'Arbolle, mentre noi
dobbiamo seguire le pennellate gialle e il sentiero n° 8 che porta al
Col des Trois Capucins.
Dapprima lungo una traccia accettabile, poi perdendosi nella solita
smisurata pietraia, segni gialli e qualche ometto indicano la retta
via che, dapprima discende leggermente, per poi impennarsi in modo brusco.
Accidenti la quota si fà davvero sentire!
Giungiamo al Colle (3241 mt.) è stata dura ma la vista
che si ha già di quà è meravigliosa, ovunque creste e vette, conche
punteggiate di laghi.
Facciamo una sosta per riprendere le forze, guardiamo verso l'alto e
ci appare la vetta dell'Emilius trecento metri più sù leggermente reclinata
verso nord.
Eccoci pronti ripartiamo, affrontiamo una breve traversata su passaggio
leggermente esposto e seguiamo i segni gialli che passano sul filo di
cresta; ogni tanto sfugge all'anonimato della pietraia costringendo
ad elementari passaggi di I° grado ma niente di più.
Il terreno naturalmente è roccioso ma alcuni fiori molto tenacemente
hanno preso dimora anche a queste quote e con i loro colori rompono
la monotonia del monocolore formando piccole aiuole in miniatura, ranuncoli
glaciali, gelsomini alpini, genziane verna, semprevivo montano e ragnateloso
e molti altri una vera gioia per l'occhio e per la mente, infatti ci
distraggono dall'asperità della salita.
Procediamo lentamente la salita e la quota unite assieme si fanno veramente
sentire ma ad un tratto sembra che la salita degradi e all'improvviso
eccoci lì in vetta al cospetto di quella madonnina che ci stava guardando
già dal mattino e per prima cosa andiamo a rendergli omaggio e poi ci
dedichiamo ad ammirare il panorama, panorama che purtroppo data la molta
foschia non riusciamo a vedere molto bene, ma ci accontentiamo di distinguere
il bianco, il Gran Paradiso, la Grivola, il monte Rosa e pensare che
si dice che in giornate particolarmente terse si riesce a veder anche
il mare.
Ciò che però fa grande l'Emilius sono le vicine punte che, viste dalla
conca di Aosta, svettano al suo pari, ma che scompaiono una volta rimirate
dalla cima.
La Becca di Nona è poca cosa, la Garin è un innocuo trapezio, la cresta
delle Roueses, Grand e Petit, terminano basse con il lento digradare
a valle della Becca di Salè. La Tersiva è la sorella più prossima, che
sbuca prepotente dietro la Leppe. Assolutamente insignificanti la Punta
di Laures e le Rousses, immediatamente avanti in direzione sud.
Soltanto la Grivola mantiene la sua dignità al pari del Gran Paradiso,
il quale si presenta conteso tra le nuvole, con il ghiacciaio della
Tribolazione in buona evidenza.
A nord, bassissima, la conca di Aosta: ci sono tremila metri di dislivello!
Esattamente sotto i nostri piedi il selvaggio vallone dell'Arpisson,
con uno dei due versanti Nord. Non si riesce a scorgere il ghiacciaio
che prende il nome dal vallone stesso. Ancora più spettacolare lo spicchio
NE; stretto tra due poderose creste, si erge praticamente verticale
dal piccolo ghiacciaio di circo. Mentre la cresta di sinistra delimita
il versante est del vallone d'Arpisson, quella di destra chiude verso
il Lac en Bas de Laures disegnando una traiettoria impreziosita da roccioni
in pieno stile gotico. Avvistato il rifugio privato Menabreaz, il panorama
prosegue gustando il
Lac Long ed il Lac en Haut de Laures. Vista da qua sopra la zona
dell'Emilius appare come uno straordinario altopiano, ricco di montagne,
di contrafforti, di laghetti. (foto dal sitoValle d'Aosta Outdoor )
Dopo circa mezz'ora dai primi arrivati giungono anche quelli del secondo
gruppo e di nuovo strette di mano e baci complimentandoci per l'impresa
fatta; ancora foto di gruppo e lasciamo il nostro segno sul quaderno
di vetta e purtroppo pensando che la seggiovia chiude alle 17,00 dobbiamo
riprendere la via del ritorno con qualche mugugno degli ultimi arrivati
ma davvero non potevamo far diversamente.
Per la discesa abbiamo percorso il sentiero più battuto
che corre leggermente a sinistra della cresta sud. Tornati al Col des
Trois Capucins, la discesa sembra interminabile. Raggiungiamo il Lago
Gelato e quì avremmo dovuto aspettare il resto del gruppo ma non ci sembrava
logico aspettare lì per poi rimetterci in marcia tanto valeva continuare
la camminata.
Ripercorrendo il percorso a ritroso ci sembra più lungo che al mattino,
la stanchezza nelle gambe si sente e come, ci voltiamo, diamo uno sguardo
ancora alla vetta e non ci sembra vero che poco fa eravamo lassù, un saluto
alla Madonnina e ai Tre Cappuccini e via si riprende la via.
Finalmente intravediamo la Vallettaz con il torrente Conbè, siamo vicini!
Costeggiamo il lago ed ecco spuntare il tetto del rifugio, sono le 14,00.
Chi una bella birra, chi un tè, chi un caffè, prendiamo d'assalto il bar
del rifugio e poi via gli scarponi restiamo seduti fuori a gustarci queste
bevande.
Purtroppo il gruppetto che è rimasto dietro arriva quando non c'è molto
tempo per indugiare e siamo quasi costretti a ripartire quasi immediatamente,
non potevamo correre il rischio di rientrare a Pila a piedi, affrontare
ancora cinquecento metri di dislivello erano davvero troppi.
Ripartiamo con passo lento e cadenzato affrontando la ripida cengia del
Tete Noir sino ad arrivare al Colle di Chamolè da quì vediamo il lago
ed ormai ci rimane solo una passeggiata per raggiungerlo.
Alle ore 15,00 siamo al bar della Seggiovia a gustarci una fresca birra
e scambiarci le ultime impressioni.
Questa montagna è sicuramente una montagna importante da segnare sul nostro
taccuino delle escursioni, molto lunga con pendenze molto accentuate,anche
se solo nel tratto finale dai 300 in su.
Tutta questa fatica è sicuramente appagante per la vista e i paesaggi
da noi visti e se il tempo fosse stato perfetto chi sa che goduria per
gli occhi. Naturalmente và affrontata con sufficiente allenamento, 3559
mt sul livello del mare non sono uno scherzo, inoltre bisogna essere pienamente
equipaggiati la quota è importante e qualsiasi forma di civiltà è ben
lontana (rifugio Arbole a parte)
. In quanto noi siamo felici di come sono andate le cose e già pensiamo
alla prossima avventura.
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