U.O.E.I.
UNIONE OPERAIA ESCURSIONISTI ITALIANI
Sezione "Antonio Tessa" - RIPA DI VERSILIA
 
Zum Zeri - Passo della Cisa
13 Maggio
Percorso: traversata dal Passo dei Due Santi al Passo della Cisa Segnaletica:biancorossa CAI segnavia 00 - GEA
Dislivello: m.circa720 Tempo di percorrenza: ore 10,00 circa
Classificazione: E allenati Punti sosta: al Passo del Brattello (dove è anche possibile interrompere la traversata)
Acqua: alla partenza, in località Fontana Gilenta, al passo del Brattello Periodo consigliato: dalla primavera all'autunno vista la lunghezza
Eccoci finalmente giunti alla prima escursione veramente impegnativa del programma di quest’anno, la traversata appenninica da Zum Zeri al Passo della Cisa, programmata per collegare idealmente le traversate effettuate negli anni precedenti completando così l’attraversamento dell’intera Lunigiana sul filo di cresta lungo il sentiero 00. Se cercate Zum Zeri sulla carta difficilmente lo troverete, è infatti la stazione sciistica del Passo dei Due Santi che deriva il nome dal vicino paese di Zeri. La si raggiunge percorrendo l’autostrada A15 della Cisa in direzione nord uscendo a Pontremoli. Appena usciti dal casello si seguono le indicazioni per Pontremoli (attenzione ai limiti di velocità, qui sono in funzione postazioni autovelox fisse) e dal centro città si seguono le indicazioni per Zeri. Raggiunto e superato il paese di Zeri, si seguono le indicazioni per il Passo dei Due Santi prestando attenzione alla strada che ora diventa assai tortuosa pur restando percorribile anche con pullman di medie dimensioni. Come solitamente facciamo anche per questa traversata abbiamo scelto la soluzione del pullman, che si dimostra sempre la più efficace in questi casi. Siamo in 17, arriviamo nell’ampio piazzale del parcheggio degli impianti alle 8,30 in perfetto orario sui tempi previsti (2 ore di viaggio). Abbiamo lasciato un clima decisamente caldo, qui ci accoglie invece una temperatura piuttosto fresca e una leggera brezza che appena scesi ci fa rabbrividire, le solite pazzie del meteo! Perdiamo un po’ di tempo a calzare gli scarponi e scegliere l’abbigliamento più adatto, in verità siamo un po’ assonnati, ci siamo alzati presto e sul pullman abbiamo sonnecchiato.
Attraversiamo il parcheggio dirigendoci verso un gigantesco masso che indica il passo (m 1385), imbocchiamo il sentiero (una strada forestale) sulla destra del cippo che si inoltra nella faggeta dopo aver superato alcuni fabbricati (segnavia GEA). Il percorso prosegue in leggera salita, siamo all’ombra e si cammina davvero bene. D’altronde il percorso odierno seppure molto lungo non prevede salite impegnative, solo alcuni brevi tratti, procedendo con continui sali scendi. Al primo bivio si deve imboccare il sentiero sulla destra (segnavia GEA) e (segnavia 00) che procede quasi in piano per un tratto prima di salire leggermente fino alla vetta del Monte Boschetto (m 1514). Ora il sentiero inizia a scendere gradualmente attraversando faggete, boschetti di abeti e alcuni tratti su facili roccette, basta solo un minimo di attenzione. Attraversando la bassa vegetazione non sempre è facile scorgere i segni bianco-rossi del sentiero perciò conviene seguire la traccia dopo aver preso dei sicuri punti di riferimento quali tratti di sentiero visibili in lontananza. Ritorniamo infine sulla strada forestale, o meglio su ciò che ne resta dopo i danni causati dai fuoristrada, scendendo rapidamente. Alle 10,10 arriviamo in località Fontana Gilenta (m 1129) facilmente individuabile per il cartello esplicativo; proprio dietro al cartello c’è la fonte dove conviene fare buona scorta di acqua. La sorgente deve il nome alla temperatura delle sue acque che si mantiene piuttosto bassa tutto l’anno avendo il proprio serbatoio idrico nella formazione denominata Arenaria del Monte Gottero. Nel loro percorso si arricchiscono di minerali col risultato che la sorgente fornisce ottima acqua oligominerale.
Riprendiamo il cammino, seguendo il sentiero sulla destra, affascinati dall’ambiente ricchissimo di faggi dalle forme bizzarre, di enormi formicai e di una vegetazione fitta e rigogliosa. In breve raggiungiamo un atipico monumento a ricordo dei partigiani, l’occasione è buona per una breve sosta per ammirare il panorama che ora spazia fino alle Apuane ben visibili sullo sfondo. Qui il sentiero non è segnato, si deve scendere leggermente sulla sinistra del monumento procedendo verso una formazione rocciosa visibile in lontananza. Questo è probabilmente l’unico tratto in cui si deve prestare attenzione, le rocce costituiscono un passaggio esposto ma si tratta di un tratto molto breve, poi ricomincia il bosco. Bosco che diventa ora fitto con vegetazione molto bassa, qui si apprezzano i vantaggi dei pantaloni lunghi. Credetemi! Raggiunte le pendici del Monte Cucco (m 1126) ci immettiamo sulla strada forestale che sale dal Passo del Brattello, da ora in poi il sentiero ricalca quasi per intero il tracciato della strada attraversando abetaie e faggete di straordinaria bellezza lungo quella che viene anche chiamata “Via degli Antichi Passi”. Ora è tutta discesa fino al passo mentre il bosco lascia pian piano il posto ai prati e alle fioriture. Alle 12,10 arriviamo al Passo del Brattello (m 955), ci fermiamo presso il rifugio (chiuso) della Guardia Forestale approfittando dell’area pic-nic adiacente per sederci comodamente per il pranzo.
La Cisa è ancora molto lontana così alle 13 ripartiamo intenzionati a fermarci solo il tempo di un caffè al bar del passo. Ci attende ora il tratto più faticoso, dobbiamo proseguire percorrendo la carrozzabile che procede in ripida salita proprio di fronte al bar. Terminata la carrozzabile si procede su sentiero e su tracce di strada forestale fino al Monte Croce di Ferro (m 1173), sono circa 15 minuti di percorso assai ripido poi si fa più agevole proseguendo lungo il crinale spartiacque fino al Monte Borraccia (m 1250), solo trecento metri di dislivello ma sotto questo sole, e dopo mangiato, si fanno sentire. Appena facciamo una sosta c’è chi ne approfitta per sdraiarsi all’ombra con l’espressione di chi vorrebbe farsi un pisolino, ma no si riparte!in direzione del Monte Molinatico. Ancora un breve tratto pianeggiante prima di raggiungere un bivio, entrambi i sentieri conducono alla meta ma quello di destra aggira il monte risultando molto più lungo. Prendiamo il sentiero a sinistra che porta in vetta, il primo tratto è particolarmente ripido e mette alla prova più di uno, conviene affrontarlo con molta calma. E soprattutto conviene non riferire il parere in merito di Pietro! Prosegue poi con un tratto pianeggiante nel bosco prima di riprendere a salire verso la vetta. Usciti dal bosco la traccia praticamente scompare ma sono ancora ben visibili i segni, infine finiscono anche quelli, ora c’è solo prato. Solo prato ma bello ripido! Approfittiamo dell’ombra di una pianta per sostare un attimo e dissetarci da una fontanella da cui sgorga acqua freddissima. Tuttavia non si può sbagliare perché in alto si vede una selva di antenne, è li che dobbiamo andare. Siamo intenti a guardare le genziane che qui fioriscono rigogliose quando un rumore ci fa trasalire, un capriolo che dopo averci osservato attraversa correndo il prato passandoci vicinissimo per andare a nascondersi nei cespugli. Alle 15,20 siamo in vetta al Monte Molinatico (m 1549) la quota più alta dell’intera traversata, ci fermiamo a dare un’occhiata al panorama, e qualcuno appassionato di radio soprattutto alla moltitudine di antenne, solo per pochi miniti, c’è ancora tanta strada da fare.
Scendiamo lungo la carrozzabile fino ad una curva, qui imbocchiamo nuovamente il sentiero (segnavia 00) indicato da numerosi segni bianco- rossi dipinti sui rami, che si inoltra su prato tra cespugli di faggi. Ora cerchiamo di fare presto pur prestando molta attenzione a non allungare troppo il gruppo perché nel bosco è facile smarrirsi. Il percorso è ora sostanzialmente in discesa seppure con un susseguirsi di sali scendi tipici dell’ambiente appenninico. Alle 16,30 siamo in vetta al Monte Pelato. La stanchezza fa rallentare alcuni così decidiamo di separarci in due gruppi con i più allenati che vanno avanti col capo gita mentre i più lenti restano indietro con due accompagnatori. Ora siamo immersi in un meraviglioso bosco di faggi, la traccia è spesso poco evidente tuttavia la segnaletica , con un minimo di attenzione, guida nella giusta direzione. Bisogna fare molta attenzione all’unico bivio che si incontra perché le indicazioni possono trarre in inganno, in realtà sono state sistemate in quel modo per favorire chi sale dal Passo della Cisa. Chi come noi è in discesa non deve considerarle, al bivio deve proseguire dritto. Dopo un breve tratto pianeggiante inizia una ripida discesa, i segni sono rari e poco visibili, si attraversano alcuni tratti fangosi e un ruscelletto prima di riprendere a salire procedendo nella direzione da dove siamo giunti. Nessuna paura è la strada giusta anche se la sensazione è di avere sbagliato direzione e di stare tornando indietro anziché avanzare verso la meta. Quando il sentiero riprende a scendere si può scorgere, in basso, il tracciato di una strada forestale. Poco più avanti un cartello indica la direzione del Passo della Cisa, qui si deve svoltare a destra e seguire la strada forestale che conduce al passo. E’ oramai piuttosto tardi il buio sembra imminente ma è solo l’effetto del bosco che attenua la luce, tuttavia siamo un po’ preoccupati perché qualcuno per la stanchezza comincia ad accusare dei problemi. Ci fermiamo un poco alla casetta della Forestale per rinfrescarci, l’acqua fresca della fontana sembra fare miracoli siamo tutti di nuovo in forma. Ora siamo più tranquilli, quando improvvisamente il bosco finisce la vista si apre sulla vallata e sul Santuario della Madonna della Guardia ricostruito nel 1924 ma dalle antichissime origini longobarde che presidia il passo. Siamo finalmente arrivati al Passo della Cisa (m 1041). Alle 18,50 siamo tutti finalmente al pullman, è stata più impegnativa del previsto ma ne valeva davvero la pena.

 


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