Eccoci finalmente giunti alla
prima escursione veramente impegnativa del programma di quest’anno, la
traversata appenninica da Zum Zeri
al
Passo della Cisa, programmata per collegare idealmente le traversate
effettuate negli anni precedenti completando così l’attraversamento dell’intera
Lunigiana sul filo di cresta lungo il sentiero 00. Se cercate Zum Zeri
sulla carta difficilmente lo troverete, è infatti la stazione sciistica
del Passo dei Due Santi che deriva il nome dal vicino paese di Zeri. La
si raggiunge percorrendo l’autostrada A15 della Cisa in direzione nord
uscendo a Pontremoli. Appena usciti dal casello si seguono le indicazioni
per Pontremoli (attenzione ai limiti di velocità, qui sono in funzione
postazioni autovelox fisse) e dal centro città si seguono le indicazioni
per Zeri. Raggiunto e superato il paese di Zeri, si seguono le indicazioni
per il Passo dei Due Santi prestando attenzione alla strada che ora diventa
assai tortuosa pur restando percorribile anche con pullman di medie dimensioni.
Come solitamente facciamo anche per questa traversata abbiamo scelto la
soluzione del pullman, che si dimostra sempre la più efficace in questi
casi. Siamo in 17, arriviamo nell’ampio piazzale del parcheggio degli
impianti alle 8,30 in perfetto orario sui tempi previsti (2 ore di viaggio).
Abbiamo lasciato un clima decisamente caldo, qui ci accoglie invece una
temperatura piuttosto fresca e una leggera brezza che appena scesi ci
fa rabbrividire, le solite pazzie del meteo! Perdiamo un po’ di tempo
a calzare gli scarponi e scegliere l’abbigliamento più adatto, in verità
siamo un po’ assonnati, ci siamo alzati presto e sul pullman abbiamo sonnecchiato.
Attraversiamo il parcheggio dirigendoci verso un gigantesco
masso che indica il passo (m 1385), imbocchiamo il sentiero (una strada
forestale) sulla destra del cippo che si inoltra nella faggeta dopo aver
superato alcuni fabbricati (segnavia GEA). Il percorso prosegue
in leggera salita, siamo all’ombra e si cammina davvero bene. D’altronde
il percorso odierno seppure molto lungo non prevede salite impegnative,
solo alcuni brevi tratti, procedendo con continui sali scendi. Al primo
bivio si deve imboccare il sentiero sulla destra (segnavia GEA)
e (segnavia 00) che procede quasi in piano per un tratto prima
di salire leggermente fino alla vetta del Monte Boschetto (m 1514). Ora
il sentiero inizia a scendere gradualmente attraversando faggete, boschetti
di abeti e alcuni tratti su facili roccette, basta solo un minimo di attenzione.
Attraversando la bassa vegetazione non sempre è facile scorgere i segni
bianco-rossi del sentiero perciò conviene seguire la traccia dopo aver
preso dei sicuri punti di riferimento quali tratti di sentiero visibili
in lontananza. Ritorniamo infine sulla strada forestale, o meglio su ciò
che ne resta dopo i danni causati dai fuoristrada, scendendo rapidamente.
Alle 10,10 arriviamo in località Fontana Gilenta (m 1129) facilmente individuabile
per il cartello esplicativo; proprio dietro al cartello c’è la fonte dove
conviene fare buona scorta di acqua. La sorgente deve il nome alla temperatura
delle sue acque che si mantiene piuttosto bassa tutto l’anno avendo il
proprio serbatoio idrico nella formazione denominata Arenaria del Monte
Gottero. Nel loro percorso si arricchiscono di minerali col risultato
che la sorgente fornisce ottima acqua oligominerale.
Riprendiamo il cammino, seguendo il sentiero sulla destra,
affascinati dall’ambiente ricchissimo di faggi dalle forme bizzarre, di
enormi formicai e di una vegetazione fitta e rigogliosa. In breve raggiungiamo
un atipico monumento a ricordo dei partigiani, l’occasione è buona per
una breve sosta per ammirare il panorama che ora spazia fino alle Apuane
ben visibili sullo sfondo. Qui il sentiero non è segnato, si deve scendere
leggermente sulla sinistra del monumento procedendo verso una formazione
rocciosa visibile in lontananza. Questo è probabilmente l’unico tratto
in cui si deve prestare attenzione, le rocce costituiscono un passaggio
esposto ma si tratta di un tratto molto breve, poi ricomincia il bosco.
Bosco che diventa ora fitto con vegetazione molto bassa, qui si apprezzano
i vantaggi dei pantaloni lunghi. Credetemi! Raggiunte le pendici del Monte
Cucco (m 1126) ci immettiamo sulla strada forestale che sale dal Passo
del Brattello, da ora in poi il sentiero ricalca quasi per intero il tracciato
della strada attraversando abetaie e faggete di straordinaria bellezza
lungo quella che viene anche chiamata “Via degli Antichi Passi”. Ora è
tutta discesa fino al passo mentre il bosco lascia pian piano il posto
ai prati e alle fioriture. Alle 12,10 arriviamo al Passo del Brattello
(m 955), ci fermiamo presso il rifugio (chiuso) della Guardia Forestale
approfittando dell’area pic-nic adiacente per sederci comodamente per
il pranzo.
La Cisa è ancora molto lontana così alle 13 ripartiamo
intenzionati a fermarci solo il tempo di un caffè al bar del passo. Ci
attende ora il tratto più faticoso, dobbiamo proseguire percorrendo la
carrozzabile che procede in ripida salita proprio di fronte al bar. Terminata
la carrozzabile si procede su sentiero e su tracce di strada forestale
fino al Monte Croce di Ferro (m 1173), sono circa 15 minuti di percorso
assai ripido poi si fa più agevole proseguendo lungo il crinale spartiacque
fino al Monte Borraccia (m 1250), solo trecento metri di dislivello ma
sotto questo sole, e dopo mangiato, si fanno sentire. Appena facciamo
una sosta c’è chi ne approfitta per sdraiarsi all’ombra con l’espressione
di chi vorrebbe farsi un pisolino, ma no si riparte!in direzione del Monte
Molinatico. Ancora un breve tratto pianeggiante prima di raggiungere un
bivio, entrambi i sentieri conducono alla meta ma quello di destra aggira
il monte risultando molto più lungo. Prendiamo il sentiero a sinistra
che porta in vetta, il primo tratto è particolarmente ripido e mette alla
prova più di uno, conviene affrontarlo con molta calma. E soprattutto
conviene non riferire il parere in merito di Pietro! Prosegue poi con
un tratto pianeggiante nel bosco prima di riprendere a salire verso la
vetta. Usciti dal bosco la traccia praticamente scompare ma sono ancora
ben visibili i segni, infine finiscono anche quelli, ora c’è solo prato.
Solo prato ma bello ripido! Approfittiamo dell’ombra di una pianta per
sostare un attimo e dissetarci da una fontanella da cui sgorga acqua freddissima.
Tuttavia non si può sbagliare perché in alto si vede una selva di antenne,
è li che dobbiamo andare. Siamo intenti a guardare le genziane che qui
fioriscono rigogliose quando un rumore ci fa trasalire, un capriolo che
dopo averci osservato attraversa correndo il prato passandoci vicinissimo
per andare a nascondersi nei cespugli. Alle 15,20 siamo in vetta al Monte
Molinatico (m 1549) la quota più alta dell’intera traversata, ci fermiamo
a dare un’occhiata al panorama, e qualcuno appassionato di radio soprattutto
alla moltitudine di antenne, solo per pochi miniti, c’è ancora tanta strada
da fare.
Scendiamo lungo la carrozzabile fino ad una curva, qui
imbocchiamo nuovamente il sentiero (segnavia 00) indicato da numerosi
segni bianco- rossi dipinti sui rami, che si inoltra su prato tra cespugli
di faggi. Ora cerchiamo di fare presto pur prestando molta attenzione
a non allungare troppo il gruppo perché nel bosco è facile smarrirsi.
Il percorso è ora sostanzialmente in discesa seppure con un susseguirsi
di sali scendi tipici dell’ambiente appenninico. Alle 16,30 siamo in vetta
al Monte Pelato. La stanchezza fa rallentare alcuni così decidiamo di
separarci in due gruppi con i più allenati che vanno avanti col capo gita
mentre i più lenti restano indietro con due accompagnatori. Ora siamo
immersi in un meraviglioso bosco di faggi, la traccia è spesso poco evidente
tuttavia la segnaletica , con un minimo di attenzione, guida nella giusta
direzione. Bisogna fare molta attenzione all’unico bivio che si incontra
perché le indicazioni possono trarre in inganno, in realtà sono state
sistemate in quel modo per favorire chi sale dal Passo della Cisa. Chi
come noi è in discesa non deve considerarle, al bivio deve proseguire
dritto. Dopo un breve tratto pianeggiante inizia una ripida discesa, i
segni sono rari e poco visibili, si attraversano alcuni tratti fangosi
e un ruscelletto prima di riprendere a salire procedendo nella direzione
da dove siamo giunti. Nessuna paura è la strada giusta anche se la sensazione
è di avere sbagliato direzione e di stare tornando indietro anziché avanzare
verso la meta. Quando il sentiero riprende a scendere si può scorgere,
in basso, il tracciato di una strada forestale. Poco più avanti un cartello
indica la direzione del Passo della Cisa, qui si deve svoltare a destra
e seguire la strada forestale che conduce al passo. E’ oramai piuttosto
tardi il buio sembra imminente ma è solo l’effetto del bosco che attenua
la luce, tuttavia siamo un po’ preoccupati perché qualcuno per la stanchezza
comincia ad accusare dei problemi. Ci fermiamo un poco alla casetta della
Forestale per rinfrescarci, l’acqua fresca della fontana sembra fare miracoli
siamo tutti di nuovo in forma. Ora siamo più tranquilli, quando improvvisamente
il bosco finisce la vista si apre sulla vallata e sul Santuario della
Madonna della Guardia ricostruito nel 1924 ma dalle antichissime origini
longobarde che presidia il passo. Siamo finalmente arrivati al Passo della
Cisa (m 1041). Alle 18,50 siamo tutti finalmente al pullman, è stata più
impegnativa del previsto ma ne valeva davvero la pena.
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