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Il
sentiero della Resistenza
27 Aprile |
Questa volta ci avventuriamo in tutt'altro scenario molto diverso da quello che possono essere le apuane: affronteremo una traversata da Borzonasca a Rezzoaglio il Sentiero della Resistenza. Il tracciato interessato dal Sentiero della Resistenza in buona parte si sviluppa su una delle vie di comunicazione e commerciali più antiche ed importanti. Questa via dal Tigullio chiavarese risaliva l’entroterra del levante ligure genovese verso il nord piacentino-padano attraverso le Valli Sturla e Aveto, quindi si immetteva in Val Trebbia Percorriamo la via brevemente ci si inoltra nel bel centro storico sino alla sede dell'ente Parco dell' Aveto, comunque l'itimerario è ben segnalato con bolli rossi, per poi percorrere, in forte salita, il tratto fino a Caregli (441 m) ove è l’antica parrocchiale dei santi Vincenzo ed Anastasio (sec. XV). Una lapide, attestante l’eccidio di cittadini da parte di aderenti al partito fascista, è murata sulla facciata sinistra della chiesa. Il borgo di Caregli presenta caratteri d’architettura rurale assai interessanti e fu probabilmente uno dei primi centri cristiani, insieme alla vicina ex Abbazia di Borzone, in “Maritima”. Lasciato Caregli si prosegue per raggiungere in successione Bocca Moa (sulla dorsale di Caroso), Ca’ di Barca (appena soprastante Gazzolo), La Ca’ e, dopo una discesa di circa 100 metri, la località Il Poggio presso Temossi. Infine si risale verso Montemoso (665 m). Questi nuclei storici denotano una architettura rustica antica di qualche secolo e di sicuro interesse. Seguiamo vecchie mulattiere ancora in perfetto stato la primavera è in ritardo ma comunque cominciamo a vedere le prime fioriture di orchidee, anemoni, viole, botton d'oro e molti molti altri. Il percorso è sempre in salita proseguiamo e giungiamo ora a Case Prorè dove un'affabile signora va orgogliosa selle sue numerose piante di azalee, ma appena gli viene chiesto se ce ne regala una subito ci svela quanto ne è anche gelosa e allora desistiamo, prima che ci aizzi il cane che scorrazza lì vicino. Proseguiamo, passiamo in una zona prativa e ora ci troviamo proprio in grandi prati che ci ricordano luoghi alpini, siamo a Prè Fogaia. Attraversati i prati dopo poco siamo al guado del torrente Sturla, quasi alle sue sorgenti alziamo la testa sopra di noi si alza un fitto bosco di abeti e pini marittimi, pensiamo che ormai il passo sia vicino, ma il sentiero si fà sempre più ripido, scrutiamo tra gli alberi per veder il celo ma ancora non si vede la fine. Ma all'improvviso eccoci nel punto più elevato dell’itinerario: il Passo delle Rocche o di Bisinella (1125 m). Il sentiero da noi percorso attraversa Alta Via dei Monti Liguri. Al Passo delle Rocche vi è una targa celebrativa del 60°anniversario della lotta di liberazione, posta dalle associazioni CAI e FIE in onore dei partigiani e dei valligiani, ci soffermiamo in raccoglimento, per di più che la festa della liberazione è appena passata. E' l'una e comunque abbiamo fame quindi ci sistemiamo sul prato e ci dedichiamo al pranzo, rimaniamo un pò anche per riposarci ma poi dobbiamo ripartire, ci attendono ancora tre ore di cammino, anche se secondo la guida che abbiamo sono tutte in discesa. Prendiamo il sentiero che scende davanti a noi, adesso segnalato con bolli gialli, siamo su una mulattiera ben conservata, per secoli transitarono carovane di asini e muli someggiati con le più svariate mercanzie. Dopo circa un'ora giungiamo quindi a Villacella (1017 m). Lungo questa antichissima strada, si sviluppò un centro viario e logistico che assunse un ruolo rilevante in epoca medievale, nel periodo in cui sul luogo sorse una cella monastica eretta poi in Abbazia. Alcuni monaci benedettini, provenienti dal monastero di fondazione regia longobarda di San Pietro in Ciel d’Oro di Pavia, decisero di insediarsi in questo luogo fondandovi un convento. In un documento, datato 30 marzo 1103, il Priore Alberto ed i monaci dichiararono di aver fondato la chiesa di San Michele di Pietramartina (antico nome di Villacella). Avendo scelto la località per loro cella monastica, la offrirono al loro Abate di Pavia, Anselmo, desiderando che essa fosse per sempre soggetta al Cenobio di Pavia. L’Abate Anselmo accettò l’offerta e investì il priore Alberto del titolo di Abate del nuovo monastero e la località, oltre la denominazione di Pietramartina, assunse anche quella di Cella.
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