Il monte Cusna o alpe di Cusna è la maggiore cima dell'Appennino
reggiano con la sua altezza di 2121 metri. Il monte viene anche chiamato
con il nome di Uomo Morto per la sua somiglianza con la forma di un
uomo disteso, oppure il Gigante. Da quest’ultimo toponimo prende il
nome l'area protetta dell'ex Parco
del Gigante ora Parco Nazionale dell'Appennino Tosco-Emiliano, costituito
da 23.000 ettari, fra i quali fanno parte le frazioni di Busana, Collagna,
Ligonchio, Ramiseto e Villa Minozzo. Su tale monte sorge la stazione
turistica di Febbio con piste da sci. Il profilo del monte si perde
nella leggenda e così diviene, di volta in volta, il Gigante , l’ Uomo
Morto o il Dormiente. Del resto, nei tristi giorni d’autunno e nel preannuncio
dell’ inverno, noi riconosciamo il corpo disteso del gigante buono,
addormentato da secoli e forse da millenni, perché non poteva e non
voleva lasciare le sue greggi e i suoi monti, i pascoli noti e le abetaie
del Dolo, i faggeti e i castagneti dell’Ozola. Ad essi, come ultimo
dono, ha lasciato se stesso e oggi il Sasso del Morto e il Parco del
Gigante ripetono nel nome l’antica vicenda. (Clementina Santi)
quota di partenza (m.): 1314
quota vetta (m.): 2121
dislivello complessivo (m.): 1000
difficoltà: ea
località partenza: Casone di Profecchia (Alb.Rist.0583/665095) [Castiglione
di Garfagnana(Lucca) - Toscana]
Quote: Casone di Profecchia (1314 mt. ) - Bocca di Massa (1816 mt.)
- Rifugio Battisti ( 1761 mt.) - Passone (1847 mt.) - Piella (2017mt.)
- Sasso del Morto (2058 mt.) - Monte Cusna (2121 mt.) - Febbio (1151
m.)
Sentieri: Sentiero n° 54 Casone di Protecchini-Ospedaletto-Passo
Bocca di Massa Sentiero n° 633 per Lama Lite rifugio Battisti Sentiero
615 dal Rifugio battisti per il Cusna sentiero n° 615 sentiero n°
607 per Piella e Cusna sentiero n°617 per Peschiera Zamboni sentiero
n°609 per Rescadore Febbio
Acqua: al Casone di Profecchia, sorgente sul sentiero n° 633
(non sempre attiva), al rifugio Battisti necessarie. |
Questa volta ci cimentiamo in un'escursione che ci porta
distanti dalle Apuane, un'escursione facile ma molto lunga sull'Appennino
Tosco Emiliano dal Casone di Profecchia a Febbio salendo al Cusna. Per
questa traversata partiamo con un pullman riservato, purtroppo non è
dei più comodi! le infinite curve che si susseguono mettono a dura prova
gli stomaci dei partecipanti. Giungiamo a Castelnuovo di Garfagnana
e per un breve tratto respiriamo ma poi riprendiamo la strada per il
Passo delle Radici e via di nuovo infinite curve. Quando giungiamo al
Casone di Profecchia tutti tiriamo un sospiro di sollievo e ci affrettiamo
a scendere dal nostro mezzo di trasporto. Il Casone di Profecchia è
situato a 1314 mt., un tempo rinomata località sciistica, luogo che
nel 1200 era uno dei ritrovi maggiori di contrabbandieri dell’intero
Appennino. Appena sopra l'albergo ha inizio il sentiero n° 54 per il
Monte Cella, entriamo in un fitto bosco di faggi, incontriamo diversi
cercatori di funghi e mentre saliamo diamo un'occhiata anche noi hai
visto mai? Tagliamo più volte la strada sterrata della forestale sempre
immersi nel folto bosco, ad un tratto ci troviamo all'aperto sulla strada
sterrata che in breve ci conduce al rifugio Cella della Forestale: dato
in uso ogni estate ai pastori e già da lontano ci accorgiamo dall'odore
che anche per quest'anno l'hanno avuto in gestione. Adesso dobbiamo
salire per una ripida salita tra paleo. Visto dal basso sembra molto
peggiore ma in meno di venti minuti siamo sul crinale che ci porterà
a Bocca di Massa a quota 1816 m.
Facciamo una piccola sosta per ricompattare il gruppo
e poi ripartiamo, questa volta abbiamo optato per il sentiero che prosegue
a mezza costa e non lo 00 di cresta che avrebbe percorso le alte vette
dei monti Cella (m.1942), Vecchio (m.1982) e del monte Prado che coi
suoi 2054 m. rappresenta la cima più alta della Toscana. Sicuramente
sarebbe stato molto più bello e suggestivo ma anche molto molto più
lungo e visto il proseguo abbiamo fatto bene a far così, seguitemi nel
racconto e capirete. Imbocchiamo il sentiero n° 633 GEA per il rifugio
Battisti che sovrasta la valle del Dolo, subito davanti a noi si distendono
enormi praterie di mirtilli frammisti a colonie di brachipodio qua e
là punteggiate da massi, innumerevoli cascatelle e ruscelli gorgogliano
scendendo dai fianchi delle montagne, più in alto ancora chiazze di
neve, il verde intenso dei prati è vivacizzato dai colori più sgargianti
di orchidee, gigli di S, Giovanni e gigli Martagoni, Genziane e molti
altri e noi con il naso all'insù ad ad ammirare le cime precedentemente
elencate; il paradiso deve essere così! Nel nostro camminare troviamo
il bivio per il Rifugio
Segheria con il raccordo per il 605, naturalmente noi ce lo lasciamo
alla nostra destra e proseguiamo sul 633. Ogni tanto il sentiero entra
dentro dei piccoli boschetti e dopo un ultimo ci aspetta lo strappo
finale che costeggia il versante est del monte Cipolla. Usciamo dal
sentiero su strada sterrata, oggi frequentata da moltissimi mountan
bykers, anche loro diretti al rifugio battisti, noi scendiamo sulla
sinistra, segnavia 615, percorrendo un sentiero che in pochi minuti
ci conduce al rifugio. Il rifugio si trova a quota 1761 mt.
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Il rifugio Cesare Battisti
è sorto a Lama Lite all'inizio degli anni '20 per iniziativa di
un gruppo di soci dell' U.O.E.I. ( unione operaia escursionisti
italiani ) di Reggio Emilia, sezione ormai non più esistente, che,
di ritorno da una gita effettuata sul Monte Cusna nei giorni 12
e 13 luglio 1924 lanciarono l'idea di costruire un rifugio nella
zona. Scelta la località, Lama Lite appunto, iniziarono i lavori
e, veramente a tempo di record, il rifugio fu completato e inaugurato
il 20 settembre 1925. Durante la seconda guerra mondiale, a seguito
di eventi bellici verificatisi nella zona, il rifugio andò distrutto.
Terminato il conflitto la sezione reggiana del C.A.I. provvide a
ricostruirlo. I lavori diretti dal prof. Bruno Borghi, iniziarono
nell'agosto 1968 con l'abbattimento dei vecchi muri e lo scavo di
sbancamento. Ancora oggi, nelle fondazioni, custodita in una bottiglia
si trova una pergamena con la data di inizio lavori e la firma di
chi posò la prima pietra per la ricostruzione del rifugio. Nel 1970
i lavori terminarono e venne fissata per il 19 luglio 1970 il giorno
dell'inaugurazione con la presenza dell'ing. Camillo Battisti, figlio
del "martire", che tagliò il nastro tricolore posto all'ingresso
del rifugio. Dopo questa nota storica riprendiamo il nostro racconto:
al rifugio ci siamo fermati il minimo indispensabile sia per la
gran confusione che facevano i bykers in raduno e poi perché dando
un'occhiata dove doveva esserci il Cusna si vedevano solo nuvoloni
addensarsi; decidiamo di ripartire al più presto. Percorriamo un
tratto di strada sterrata per lasciarlo dopo poco e prendendo, sulla
sinistra il sentiero n° 615 (in prossimità de il Passone, una sella
sassosa sormontata da una croce e da un "organo a vento" formato
da alcuni tubi metallici, opportunamente sagomati, che il vento
porta in risonanza trasformandoli in canne d'organo che suonano
un caratteristico concerto), intanto diamo un'occhiata al tempo,
forse regge, sembra che le nuvole si spostino verso sud e ampi spazzi
si aprono, fiduciosi proseguiamo la camminata.
Deviamo sul 607 che sale sullo spartiacque della
Piella, la vegetazione diventa più alpina, erba bassa e cuscinetti
di muschi con numerosi fiorellini rosa come ho già visto sulle più
settentrionali Alpi e l' ogni presente " Semprevivo". Cenni botanici:
Il semprevivo, pianta erbacea perenne e rustica, molto caratteristica,
appartiene alla famiglia delle crassulaceae. In botanica è conosciuto
come sempervivum. Il nome è una garanzia del suo aspetto: il trascorrere
delle stagioni, infatti, non incide sulla pianta. La figura fresca
e carnosa è uguale in ogni momento. Cresce un po' dappertutto, purché
sia qualcosa di roccioso o selvatico: sulle rupi, sui tetti, sui
muri. Le differenze tra specie diverse sono minime, e riguardano
per lo più le dimensioni delle rosette e la colorazione delle foglie.
Allo stato spontaneo il semprevivo si trova in Europa, nelle regioni
mediterranee ed in Asia. In Italia, molto diffuso soprattutto nella
varietà di sempervivum tectorum, come già detto cresce e quindi
si trova sui tetti delle case, sui muri, sulle pareti di roccia.
Le rosette hanno un diametro di 8-10 centimetri, mentre i fiori
hanno un colore rosso-porpora. Quasi tutte le specie producono in
inizio stagione estiva fiori vistosissimi su steli relativamente
grossi per la pianta. Una particolarità è quella che, dopo aver
prodotto il fiore, la rosetta muore. La sua perdita, però, è del
tutto compensata dal numero di nuove rosette che si sono sviluppate
intorno. Le foglie sono disposte con simmetria, serrate le une alle
altre, così come le rosette, e tutte insieme danno origine ad un
tappeto tanto perfetto visivamente da sembrare artificiale. Il succo
delle foglie è rinfrescante e astringente. Per uso esterno, si afferma
che le foglie siano utilizzate contro punture di vari insetti, contro
ustioni ed ulcere della cute. Torniamo di nuovo a noi, proseguiamo
giungiamo sul Piella a mt. 2017, purtroppo la visibilità si è ridotta
a poche centinaia di metri e non possiamo ammirare alcun panorama.
Si intravedono delle costruzioni, solo quando siamo nelle immediate
vicinanze ci rendiamo conto che siamo al rifugio Emila 2000 dove
arriva l'impianto di risalita da Febbio, oggi rigorosamente chiuso.
Non ci resta che andare avanti, giungiamo al rilevo del Sasso del
Morto (m.2058) passando trà pietraie e aggirando piccole guglie,
finalmente siamo in vista del Cusna, davanti a noi per arrivare
alla sella sotto la quale si innalza un ripida parete. Vista da
distanza ci sembra alquanto rischiosa ma poi una volta che seguiamo
le segnalazioni non notiamo grandi difficoltà, passaggi di I° grado.
Solo un piccolo gruppetto di cinque persone rinuncia alla salita.
Come alternativa si potrebbe allungare un pò portandosi verso nord
seguendo il sentiero che, partendo dalla sella scende per un certo
tratto fino a una sorgente e da qui si va a incrociare con i sentieri
che vengono da Febbio e che salgono sul Cusna dall'erboso versante
nord. Eccoci finalmente in vetta a quota 2121 mt. siamo tutti felici
finalmente siamo arrivati su una vetta che ci sembrava stregata,
per un motivo o per l'altro non ci si riusciva ad arrivare, il motivo
principale comunque è sempre stato per via di forti temporali. E
a proposito di temporali dopo aver scrutato il celo ci affrettiamo
a fare foto di gruppo, non perdiamo tempo ad ammirare panorami tanto
non sene vedono, da quassù sarebbe di 360° e nelle giornate limpide
e ventose si riuscirebbe tranquillamente a osservare le Apuane,
l'arco alpino, il golfo di La Spezia, il mare Tirreno e la Corsica!
Ma oggi solo nuvole nere.
Dalla vetta diamo uno sguardo verso nord e notiamo
i nostri amici che intanto si sono fermati per il pranzo, visto
l'ora ci affrettiamo per unirci a loro. Una volta raggiunti ci prepariamo
per mangiare anche noi, ma non tarda molto a farsi sentire il brontolio
del celo, in lontananza molti tuoni. Mangiamo ma con la mantella
a portata di mano, non siamo tranquilli anche perché inizia a venire
giù qualche goccia, ma poi smette e facciamo in tempo a mangiare
anche le cialde di Bruno. Il celo si fà sempre più nero, anche le
marmotte con il loro fischi ci consigliano di muoverci e che la
doccia oggi non ce la leva nessuno. Prendiamo il sentiero n°617
per Peschiera Zamboni, non passa neanche mezz'ora e giù acqua, si
aprono letteralmente le cateratte del celo, acqua e grandine a più
non posso, tuoni e lampi ci scoppiavano vicinissimi da assordarci.
Il temporale per giunta ci sorprende nel tratto più ripido e scivoloso,
finalmente siamo nel bosco dove il sentiero divento meno ripido
ma ormai trasformato in ruscello, a volte in un vero e proprio torrente.
L'intensità della pioggia non cessa e decidiamo di terminare la
nostra escursione al rifugio Zamboni accorciando di un bel pò, ma
una spiacevole sorpresa ci attende, dietro una curva a pochi minuti
dal rifugio un torrente in piena ci sbarra la strada, passare su
un ponticello approssimativo ci sembrava troppo rischioso e non
ci resta che tornare sui nostri passi e prendere il sentiero n°
609 per Rescadore a Febbio. Finalmente la pioggia cessa e si aprono
squarci nel celo, questo ci fa capire che siamo vicini, infatti
il sole torna sempre quando si arriva alle auto. Come volevasi dimostrare
il bosco si dirada ed eccoci quà sulla strada proprio mentre arriva
il nostro pullman. L'avventura non è ancora terminata: dobbiamo
cambiarci gli indumenti, chi è stato previdente o si è ricordato
di bagnate passate si è portato anche le mutande. Ci è rimasto solo
il tempo per prenderci qualcosa di caldo al bar e poi ripartiamo
alla volta di Ripa di Versilia consapevoli di dover affrontare infinite
curve che ci attorciglieranno le budella, questo si che sarà un
tormento!! Tutto sommato è stata una bellissima escursione, peccato
dei mancati paesaggi ma sarà occasione per tornarci.
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