Le Dolomiti (anche dette Monti pallidi) sono un gruppo
montuoso delle Alpi orientali, in Italia, convenzionalmente delimitato
a nord dalla Rienza e dalla Val Pusteria, a ovest dall'Isarco e l'Adige
con la valle omonima, a sud dal Brenta da cui si stacca la Catena del
Lagorai al confine con la Val di Fiemme e a est dal Piave e dal Cadore.
L'esistenza delle Dolomiti d'Oltrepiave, situate a est del fiume Piave,
nelle province di Belluno, Udine e Pordenone (e anche in parte dell'Austria,
in bassa Carinzia), delle Dolomiti di Brenta, collocate nel Trentino
occidentale, delle Piccole Dolomiti, fra Trentino e Veneto, evidenzia
la natura puramente convenzionale di questa delimitazione territoriale.
Le Dolomiti prendono il nome dal naturalista francese Déodat de Dolomieu
(1750-1801) che per primo studiò il particolare tipo di roccia predominante
nella regione (carbonato doppio di calcio e magnesio). Il parco naturale
Fanes-Senes-Braies (in tedesco Naturpark Fanes-Senes-Prags e in ladino
Parch natural Fanes-Senes-Braies) è un parco naturale della provincia
autonoma di Bolzano. Fu costituito nel 1980, ed occupa una superficie
di 25.680 ettari ed è uno dei parchi più vasti dell´Alto Adige. Il parco
confina a nord con la Val Pusteria, ad ovest con la Val Gardena a sud
con il confine tra l'Alto Adige e il Veneto ovvero con la val Travenanzes,
e a est con il Parco naturale Dolomiti di Sesto e precisamente con la
Val di Landro. Le cime raggiungono anche le quote dei 3.000 metri di
altezza e da vasti altipiani: di Fanes, Senes, Fosses e Parto Piazza.
Il parco è inoltre attraversato dalle alte vie 1 e 3. Gli accessi principali
al parco sono: le due diramazioni della val di Braies, San Cassiano
in Badia, e soprattutto la val di Tamersc, dietro al paese di San Virgilio
di Marebbe.
Acqua: Presso i numerosi rifugi e malghe che incontriamo
sul percorso
Sentieri : Alta via delle
Dolomiti, segnavia 1 racchiuso in un triangolo - durante il percorso
incontreremo altre numerazioni CAI ( 6-7-10-11-20-20b) che corrispondo
limitatamente al segmento di sentiero che stiamo percorrendo
Punti d'appoggio: Presso i numerosi rifugi e
malghe che incontriamo sul percorso
1^ tappa- Dal Lago di Braies al rifugio Biella
- Partenza dal Lago di Braies (1489 mt.) Arrivo al rifugio Biella
( 2327mt.) dislivello 90mt in salita, 60 mt. in discesa, durata
3/4 ore - difficolta' E
2^ tappa- Dal rifugio Biella al rifugio Lavarella
- Partenza dal rifugio Biella ( 2327mt.) Arrivo al rifugio Lavarella
(2060 mt.) - dislivello 600mt in salita, 850 mt. in discesa, durata
4/5 ore - Difficoltà: EE
3^ tappa- Dal rifugio Fanes al rifugio Lagazuoi
- Partenza dal rifugio Lavarella( 2060mt.) Arrivo al rifugio Lagazuoi
(2752 mt.) - dislivello 1100mt in salita, 400 mt. in discesa,
durata 6 ore - Difficoltà: EE
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Eccoci di nuovo all'appuntamento estivo dell'escursione
di tre giorni organizzato dalla UOEI di Ripa di Versilia che ci porta
nei siti montani più interessanti d'Italia; questa volta ci recheremo
sulle Dolomiti nel parco di Fanes. La contemplazione è forse parte integrante
di qualsiasi esperienza alpina. ma per assaporare appieno le suggestioni
da quest'area dolomitica non c'è che un modo: mettersi in marcia percorrendo
l'alta via delle Dolomiti N°1 che attraversa i monti Pallidi da nord
a sud. Ideata da Mario Brovelli e tracciata nel 1966 ha uno sviluppo
di circa 125 Km percorribili normalmente in dodici giorni, per un totale
di 7300 mt di dislivello in salita e di 8400 in discesa. 'itinerario
ufficiale parte dal Lago di Braies in Pusteria, noi effettueremo le
prime tre tappe. Stiamo per intraprendere questa avventura che ci condurrà
tra pareti, ghiaioni, altipiani sommitali, rassicuranti alpeggi, boschi,
romantici laghetti alpini invitandoci all'esercizio, la contemplazione
e a metterci in cammino. Partiamo puntuali, imbocchiamo l'autostrada
e ci dirigiamo verso Bressanone, un lungo viaggio ma che ne varrà certamente
la pena di intraprendere. Assieme a noi, che siamo 14 vi sono anche
27 turisti che visiteranno i paesi della Val Pusteria e facendo anche
una puntata in Austria. Due sono le principali vie d'accesso al parco
di Fanes: l'autostrada A22 Modena Brennero, che collega la Pianura Padana
con l'Austria, e la A27 che porta a Pian di Vedoia subito dopo Belluno.
Dalla A22, quella che abbiamo percorso, si esce a Bressanone e si prende
la SS 49 statale della Val Pusteriache porta a Brunico e poi in direzione
Dobbiaco e San Candido seguendo successivamente le indicazioni per il
Lago di Braies, contornando il lato nord del parco. Giungiamo sulle
rive del bellissimo lago alle ore 15,00. Il lago giace ai piedi dell'imponente
parete rocciosa della Croda del Becco (ted. Seekofel, lad. Sass dla
Porta m. 2810) e si trova all'interno del Parco naturale Fanes - Sennes
e Braies; è uno dei laghi più profondi della provincia di Bolzano, con
ben 36 metri di profondità massima, il lago è un lago di origine franosa,
in quanto la sua creazione è dovuta allo sbarramento del Rio Braies
per una frana del che si è staccata dal Sasso del Signore. Ci prepariamo
alla nostra avventura congedandoci dagli amici turisti.
Dall'hotel posto sulle rive del lago di colore verde
scuro, sovrastato dalle imponenti pareti settentrionali della Croda
del Becco e della Punta della Quaira di Sennes , si prende verso sud
sulla sponda occidentale del lago, all'altezza della prima insenatura
imbocchiamo il sentiero segnavia 1, da quì inizia ufficialmente l'Alta
Via Dolomitica. Seguiamo il sentiero rapiti dallo scenario che ci si
pone davanti, raccontarlo è alquanto difficile, solo la mano di un valente
artista potrebbe rappresentare, la poesia descrivere o l'immaginazione
di un uomo addormentato concepire nei suoi sogni; nella realtà la troviamo
solo quì in questi luoghi da fiaba, il paradiso che ognuno brama! Dopo
questa licenza poetica possiamo riprendere il cammino: dunque procediamo,
come si è detto, affascinati da tutto ciò che ci circonda, non è neanche
mezz'ora che camminiamo e le macchine fotografiche non hanno mai cessato
d'immortalare tali bellezze. Giunti alla sua estrema punta meridionale,
prendiamo il sentiero che da qui si inerpica in salita sempre più ripida
e faticosa lungo il vallone dominato dalle prime propaggini della Croda
del Becco (Seekofel) e del Cavallo Piccolo. Siamo ora in un bosco di
"baranci" o pini mughi, aceri, formidabili fioriture di rododendri e
papaveri gialli e anche esemplari di aquilegia di einsele, molto simile
alla nostra delle Apuane ; in basso la splendida vista su tutto il lago.
A un tratto sul sentiero troviamo un cartello che ci indica che è interrotto,
alcuni attimi di panico: " e ora che facciamo?" niente paura l'efficienza
di chi amministra questi luoghi, e state certi che qui sanno come sfruttare
il turismo montano, è esemplare, infatti subito vi è una bella segnalazione
su legno che ci indica la deviazione del nuovo sentiero, non un sentiero
approssimativo, bensì un comodo e battuto sentiero che si percorre senza
timore di inciampare o che ci costringa a balzi per superare scalini.
ripercorriamo un tratto in forte salita e giungiamo a quota 1980 mt
dove segnalazioni ci indicano sulla destra il sentiero per il rifugio
Biella. Percorriamo ancora il sentiero tra pini mughi ma ben presto
ne usciamo per proseguire per ghiaioni, passiamo sotto la parete della
montagna, una frana si deve essere staccata da poco, col naso all'insù
osserviamo bene che non ci siamo pericoli e ci affrettiamo a passare,
non si sa mai! Si raggiunge infine il piatto fondovalle «Buco del Giavo»
(Nabiges Loch),2034 m. Quindi si passa sul versante destro della valle
e si risale, con tornanti, una dorsale boscosa, in direzione ovest;
attraverso un’area con pochi larici e su detriti, si sale sotto la parete
dello sperone est della Croda del Becco verso sinistra (sud-est). Giunti
sotto un muro semicircolare, ci troviamo su rocce, dobbiamo affrontare
un gradone roccioso, un dislivello discreto, su questo tratto vi sono
delle catene che in questo periodo non servono mentre, credo che siano
magari più utili in inverno sempre che non finiscano sotto qualche metro
di neve. Entriamo nel "Forno ", lo stretto corridoio tra il Pizzo Forno
ed il Monte Muro. Il nostro cammino prosegue costeggiando la croda del
Becco, parliamo poco intenti come siamo ad ammirare il paesaggio, ma
ad un tratto quasi come si fosse levato un'ordine esclamiamo quasi all'unisono:
" guarda laggiù le Tre cime di Lavaredo e il Picco di Vallandro !" uno
spettacolo ancora più incomparabile, man mano che saliamo ammiriamo
altre cime come il Soraphis, la Croda Rossa, più lontano il Pelmo e
le Tofane. Giungiamo ad un bivio con un sentiero segnavia n° 3, noi
continuiamo tenendo il n° 1, siamo a quota 2200. Siamo in decisa salita
trà ghiaioni e rocce proseguiamo ancora tra grandi blocchi di roccia
e, in alto, con percorso a zig - zag, si sale alla Forcella Sora Forno
a quota 2380 mt. nei, pressi di una marginetta, sopra di noi incombe
la Croda del Becco. Splendida vista sulla Croda Rossa (est), sul gruppo
del Cristallo e del Pomagagnon (sud-est), sul Bosconero, sul Pelmo,
sulle Tofane (sud), sui monti dell’Alpe di Sennes (gruppo di Croda del
Camin), sul gruppo di Fanes, sul gruppo delle Odle (ovest) e sulla Croda
del Becco (nord-ovest). Al di là della bocca, con un buon sentiero,
si scende verso sinistra (sud-est) al margine settentrionale della Grande
Alpe di Fosses, dove si trova il Rifugio Biella, 2327 mt.
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Il
rifugio Biella, massiccia costruzione in muratura a tre piani
isolata in una radura di aspetto lunare, è di proprietà della Sezione
di Treviso del CAI. Costruito nel 1906 e rifatto nel 1926, fa servizio
d'alberghetto ed è aperto dal 20 giugno al 20 settembre; offre 53
posti, più 6 nel locale invernale; illuminazione con gruppo; acqua
e servizi igienici all'interno; Stazione di Soccorso del CNSAS '118';
telefono rifugio 0436 44 67. Giungiamo al rifugio e siamo accolte
festosamente dai gestori che ci mettono subito a nostro agio, ci
assegnano le camere, una lavata veloce, molto veloce in quanto l'acqua
è molto fredda. Ci aggiriamo nei pressi del rifugio e ammiriamo
le maestose montagne che si estendono davanti a noi, a quelle già
citate aggiungiamo il Sella e le Odle, il Sasso delle Dieci e in
lontananza il ghiacciaio della Marmolada, a che bellezza! Veniamo
chiamati dai gestori per la cena e non ce lo facciamo ripetere,
abbiamo tutti un buon appetito, minestre d'orzo o di verdura, polenta
con salsicce, polenta con formaggio e altri prodotti tipici. Non
ci resta che stare un po' lì a meditare davanti ad un bel grappino
locale. Le luce spente in più riprese danno il segnale per prepararci
per la notte, sarà bene che andiamo, domani ci attende un'altra
giornata faticosa. Al mattino ci alziamo e ci ritroviamo a colazione,
vediamo che manca Piero e non capiamo dive sia, dopo poco però i
nostri timori si rendono infondati infatti eccolo che lo vediamo
arrivare,: " Piero dove sei andato? Ti cercavamo da tutte le parti."
e lui, con la sua bandana con le foglie di marijuana disegnate sopra,
non pensate male, lui non ha mai fumato neanche una sigaretta normale
figurarsi di questa roba è solo che a lui garba vestirsi con colori
sgargianti e indumenti fuori dall'usuale, ci risponde: " Sulla Croda
del Becco a caccia( fotografica) di pernici bianche ". Ci racconta
da dove è passato e cosa ha veduto, lo riporto quà sotto: "Sono
salito sino alla Forcella Sora Forno, il sentiero è proprio davanti,sulla
cresta sud occidentale, comincio a salire su sentiero facile e non
presenta particolari difficoltà , solo nell' ultimo tratto può sembrare
un po' scoperto e dare qualche problema a chi soffre di vertigini
, ma non c' è pericolo perchè il sentiero è sempre ben largo . Il
percorso è facilmente individuabile a vista salendo costantemente
per il crinale della montagna . La salita è abbastanza impegnativa
, 483 metri di dislivello , ma senza pericoli, in certi tratti dove
c'è un ripido pendio vi son cavi metallici ma comunque l'impegno
è minimo. In un ora sono arrivato in cima a quota 2810 mt, sotto
la croce della vetta. Ho potuto godere della vista mozzafiato sul
Lago di Braies, che sotto di noi sembra un piccolo stagno , e di
un grandioso panorama sulle Dolomiti e le Alpi Centrali e su tutte
le cime circostanti. Sono ridisceso in circa lo stesso tempo, un
pò attardato dalla vista delle pernici bianche che tanto volevo
fotografare ma loro sono state più veloci e sono volate via prima
che prendessi la macchina fotografica." Questo è quello che ci ha
raccontato e fedelmente l'ho riportato. Facciamo colazione, poi
usciamo all'esterno per una foto di gruppo davanti al rifugio dove
si uniscono anche la gestrice e le aiutanti, una di loro ci dice
di far parte della UOEI di Lecco, quindi abbiamo amici e interessi
in comune, il mondo è piccolo! Ci apprestiamo a partire, la nostra
meta finale è il rifugio Lavarella, sono le 8,50 quando imbocchiamo
il sentiero N° 1 verso ovest, all'inizio veramente è una strada
sterrata di servizio per il rifugio che, come vedremo poi, molto
frequentata da bikers. Sopra di noi sulla destra abbiamo la grande
mole della Croda del becco, dopo circa quindici minuti deviamo su
sentiero con segnavia 6 e proseguiamo verso il Colle di Siores,
qui e altrove troviamo segnalazioni diverse, ma nella sua interezza
siamo sempre sull'alta via delle Dolomiti N°1.
Abbiamo una bellissima sorpresa, uscendo dal sentiero
avvistiamo moltissime stelle alpine, inutile dire che le foto si
sono sprecate, primi piani, macro, effetti starni, da lontano, da
vicino ecc. sembrerà una cosa banale ma questo fiore che non si
vede molto spesso per noi è il fiore delle Alpi. Comunque dobbiamo
anche rendere omaggio alle belle fioriture che qui abbondano, camminiamo
su prati ricchi di genziane, garofani, orchidee, ad un tratto un
forte fischio: " è vicino, è la marmotta!" e via a cercare tra sassi
dove si è andata a ficcare, non è nascosta, bensì è lì che resta
di vedetta e noi come i popoli del sol levante siamo pronti con
le nostre macchine fotografiche ad immortalare tutto quello che
ci si pone davanti, questa volta la nostra attenzione è per la marmotta.
attraversiamo praterie, in lontananza maestose cime, ecco ora il
sentiero si ricongiunge con la strada, la percorriamo per lasciarla
solo a momenti in presenza di sentieri che poi si ricongiungono
ancora sulla strada. Il morbido saliscendi dei dossi dell'Alpe di
Sennes ci conduce in vista del rifugio Senes quota 216 mt, sono
le orre 09,50 . La spianata del Rifugio Sennes è molto bella e merita
una sosta . Alcuni fienili e malghe e un piccolo lago completano
la scena . Nel verde prato non è difficile scorgere qualche orgogliosa
Stella Alpina . E' una vera bellezza, con il candido delle pareti
ed il bruno del legno di abete consumato dal tempo, lo raggiungiamo
e ci concediamo un caffè poi dalla terrazza esterna ammiriamo verso
sud i panorami di roccia: l'ardita cresta della Croda del Becco,
la Croda Rossa, la Croda Canin……. Campanili di roccia si rincorrono
tra i prati verdi fioriti di minuscole orchidee. Un raggio di sole
asciuga i nostri capelli e fa luccicare la dolomia. Un anziano signore
che si trova davanti al rifugio ci informa che il vasto prato erboso
davanti al rifugio Sennes era una pista di atterraggio utilizzata
dagli aerei durante la prima guerra mondiale e sottolinea, con rammarico,
che nessuno ricorda più la Grande Guerra che si è combattuta tra
queste montagne. Riprendiamo il sentiero e guardando quelle piccole
baite su quella spianata ci immaginiamo la bellezza romantica e
magica che deve raggiungere questo posto anche d'inverno. Percorriamo
il sentiero n° 7 ( ricordatevi che è sempre l'alta via n° 1 ) alle
ore 10,20 che in realtà è ancora la strada, seguiamo poi sempre
su 7, ma sentiero, in direzione Pederu, riprendiamo la strada e
poi la rilasciamo presto per dirigerci verso sx (segna via 7) per
Fodara Vedla. Incontrare le acque del piccolo Lago de Fodara (ora
prosciugato); lo costeggiamo lasciandolo sulla sinistra e proseguiamo
altri 5' minuti in leggera salita . Qui scolliniamo e in altri altri
10' minuti di leggera discesa raggiungiamo il Rifugio Fodara Vedla
(1980 mt.). Il Rifugio si erge in una magnifica e panoramica radura
, popolata da alcune malghe e una deliziosa cappella, che domina
la Valle di Tamersc . Ci fermiamo e ci concediamo una pausa per
mangiare qualcosa prima di riprendere il cammino. Ripartiamo facendo
scorta d'acqua alla vicina fontana, ne approfittiamo anche per darci
una rinfrescata, e proprio dalla fontana inizia il nostro sentiero,
attraversiamo il greto di un torrente asciutto e risaliamo su prati
che ben presto entrano tra pini mughi, salendo decisamente ma su
facile sentiero. Il gruppo che è in cima ad un tratto si ferma e
blocca la visuale di chi è dietro: "cosa c'è che no và?" e la risposta:
" niente solo che il sentiero finisce ai bordi di un profondissimo
abisso". Guardando bene però si vede benissimo la piccolissima traccia
che su ghiaioni scende giù a capofitto; il paesaggio muta, niente
boschi, solo pietra lunare, immensi ghiaioni, calanchi, lastroni
inclinati, vette calcaree, costituiscono un panorama di asprezza
primitiva. , coraggio scendiamo con prudenza! Proseguiamo in direzione
sud ovest abbassandoci nell'impluvio del selvaggio vallone che dal
Valun Gran che scende in Val del Rudo. Procediamo con estrema lentezza
dato il fondo alquanto scivoloso. Mentre stiamo attraversando cominciano
ad scendere alcune gocce di pioggia, pioggia che comincia ad essere
insistente mentre risaliamo sino a lambire i friabili risalti rocciosi
del Castel de Banc dal Sè . Troviamo rifugio sotto un tetto della
montagna e aspettiamo che cessi un pò di piovere, intanto mettiamo
a portata di mano giacche a vento e copri zaini.
La pioggia non dura molto, per fortuna, riprendiamo
il viaggio, progrediamo con sempre più impegnativo fiancheggiando
vertiginosi precipizi. Raggiunta l'insellatura sul costone che guarda
verso il Pederù ci si cala con ripidi ghiaioni sul versante occidentale
della montagna, per fortuna la quantità di pioggia caduta non ha
trasformato il sentiero in un torrente ma al contrario a composto
con la ghiaia un amalgama che si appiccicava agli scarponi aiutandoci
a non scivolare. Finalmente terminiamo questa interminabile discesa,
lasciamo uno scenario lunare per riemergerci tra pini mughi, usciamo
dal sentiero e arriviamo alla strada Lavarella al Pederù, una simpatica
faccia , battezzata dalla Giuseppina Klauss, scolpita su un albero
morto ci dà il benvenuto, riprendiamo il cammino verso il rifugio
Lavarella, la salita è agevole, ingombra solo di tanta gente che
va e che viene, moltissime mountain bike e tanti piccoli escursionisti
in erba con i loro piccoli zaini. Il percorso sino al rifugio è
quasi totalmente su strada, solo in due tratti la lascia per prendere
il sentiero n°7 ma dopo poco ci si ritrova sulla strada. Ricomincia
a piovere, il celo adesso è bello nero, per ora è solo acquerugiola,
è comunque meglio allungare il passo. Si comincia a incontrare baite
e abitazioni per l'alpeggio, numerosi scampanellii e muggiti di
brune alpine ci danno ancora il benvenuto, troviamo anche una malga
e assaporiamo i prodotti locali, in particolare uno jogurt delizioso
servito con mele e banane. La pioggia comincia a venire più copiosa
e forse è meglio non attardarci, la costruzione che ci sembra un
rifugio non è il nostro ma il rifugio Fanes, noi dobbiamo procedere
ancora sulla destra e in pochi minuti siamo al La Varella 2050 mt.
ore 15,00. Accolti benissimo dai gestori che subito ci danno le
camere, il nostro unico pensiero è quello di farci una doccia calda
e toglierci la fatica di dosso. E' presto e quindi ci ritroviamo
nella sala di ritrovo del rifugio dove restiamo a fantasticare e
programmare la giornata successiva. Intanto all'esterno piove copiosamente,
la cena ci viene servita al quanto presto, alle ore 18,30 un'ora
un pò inusuale ma che farci? Dopo cena, intanto a smesso di piovere
ci ritroviamo all'aperto sorseggiando delle buonissime grappe e
poi i gestori ci hanno offerto del buon vin brulé chiedendoci di
fare da comparse per le foto del nuovo catalogo del rifugio. Si
è fatto tardi dobbiamo andare a letto per affrontare l'ultima fatica
del giorno dopo. Al mattino sveglia alle sei e colazione alle sette,
salutismo i gestori e riprendiamo il cammino, non piove ma il celo
non è che sia sereno, nel silenzio partiamo sono le ore 07,45, attraversiamo
la valla t su sentiero n°12 verso il rifugio Fanes a metri 2060
, che si raggiunge in pochi minuti. Tra le nuvole intravediamo le
Cime sasso delle Nove (2968 mt) e Sasso delle Dieci ( 3026), Monte
Cavallo (2907 mt.), Piz del Mastello (2718) e Cima La Varella (3055
mt.). In breve giungiamo al rifugio Fanes (localmente detto Ücia
de Fànes) e da qui prendiamo la strada ( segnavia 10-11 ), si taglia
poi per sentiero sino a tornare sulla strada per poi immetterci
sul pianoro lunare che conduce al Passo di Limo (Ju de Limo), 2174
m, e al vicino Lago di Limo (Lé de Limo), 2159 metri. Siamo abituati
a vedere i laghi nelle valli, e anche i laghetti alpini d'alta quota
siamo soliti trovarli nelle conche dove ricevono l'acqua dallo scioglimento
delle nevi o dei ghiacciai perenni. Questo è invece un lago su un
passo (poco sotto per la precisione), il Passo di Limo (m. 2172).
Il passo della strada sterrata (accessibile solo ai mezzi autorizzati)
che, attraversando i due parchi (del Fanes-Sennes-Braies e delle
Dolomiti d'Ampezzo), congiunge la Valle di Rudo (Rif. Pederu e da
lì la strada asfaltata per S. Vigilio di Marebbe) con la Valle di
Fanes (che giunge alla Valle d'Ampezzo, dove incrocia la strada
che conduce a Cortina D'Ampezzo).Senza affluenti ed emissari questo
azzurro lago incastonato tra le pendici di Col Becchei e quelle
di Cima di Limo, può essere ammirato con le Tofane come fondale,
mentre dal Passo di Limo è possibile ammirare dalla parte opposta
in tutta la sua maestà l'arco del gruppo di Sasso della Croce,Sasso
delle Nove, Cima Dieci, Monte Cavallo. A sud del lago si incontrano
prima il sentiero 10, poi la stradina con lo stesso numero; entrambi
si staccano a sinistra (est) per dirigersi in Val di Fànes e Cortina
d’Ampezzo; continuiamo invece a destra (sud) per la strada bianca,
segnata con il n. 11, seguendo i pascoli e presto incontrando la
Ücia de Gran Fànes (Malga Fànes Grande), 2100 m circa. Continuiamo
sulla destra, lasciando la strada e prendendo il sentiero n° 11/20b
in direzione di Lagazuoi tra prati e pascoli, sui fianchi della
valle vi sono vette delle Cime Campestrin e le cime de Furcia Rossa
che danno l'idea dell'impressionante disfacimento di queste montagne
dovute all'erosione degli agenti atmosferici, enormi blocchi si
staccano dalle vette e alcuni rimangono in equilibri precari da
brivido, trascuriamo il sentiero n° 17 che si stacca sulla sinistra
e seguiamo per il sentiero n° 11che porta Ju da l’Ega (Passo Tadéga),
2157 m, dal quale si sale a sud lungo il Gran Pian. Il celo non
mostra segni di rasserenamento, giungiamo a quota 2117 e troviamo
il segnavia N° 20 b per la Forcella del Lago. Ricompattiamo il gruppo
e convochiamo consiglio per decidere se scendere direttamente verso
S. Cassiano o proseguire per il programma, la risposta è stata all'unisono,
forse qualcuno per non essere tacciato di codardia si è unito, di
proseguire per la Forcella. Prendiamo, come indicato, a sinistra
verso sud est su sentiero tra pini mughi che ben presto lasciano
lo spazio a enormi ghiaioni, visto da basso sembra piuttosto scabroso
ma il passo è spedito grazie alle manutenzioni che vengono fatte
a questi sentieri, tra queste rocce e ghiaioni, anche qui abbiamo
splendide fioriture, fiori come il camedrio alpino, la vedovella,
l'achillea delle dolomiti, la stella alpina, il papavero retico,
Più in alto tra le crepe e le fessure delle rocce possiamo rimanere
affascinati dal raperonzo di delle Dolomiti, anche qui la stella
alpina, la potentilla delle Dolomiti, il carice sempreverde o la
sassifraga verdazzura.. In meno di un'ora siamo alla Forcella del
lago a quota 2486 m, fra l’ardita Torre del Lago e la grandiosa
Cima Scotóni nel Gruppo di Fànis. Facciamo una piccola sosta e approfittando
che da qui abbiamo campo per il telefono, ognuno di noi chiama i
propri cari per rassicurarli che stiamo tutti bene. Dalla forcella
guardiamo in basso e si vede solo un precipizio vertiginoso, ma
appena ci apprestiamo a riprendere il cammino ci accorgiamo di quanta
perizia e amore mettono i responsabili di questi sentieri per mantenere
cosi perfetti queste vie. Un sentiero che normalmente si dipanerebbe
tra ghiaioni e grosse pietre è stato ripulito, costruito dei terrapieni
per non far franare la costa, portato lunghi pali per costruire
dei contenimenti e cosa più straordinaria sul fondo vi è un fondo
di finissima ghiaia dove camminarci è una vera goduria. Dopo le
prime curve dei tornanti ammiriamo in basso il piccolo lago di Lagazuoi
2182 mt. nella stupenda oasi dell’Alpe o Monte de Lagazuòi. Giungiamo
in fretta in fondo alla valle e passiamo sopra il lago, raggiungiamo
la strada e lasciamo il sentiero 20b, che procederebbe su ripidi
ghiaioni, per il più comodo 20 che prosegue verso sud. Il sentiero
ci permette di andare di buona lena costeggiando il monte Lagazuoi
ad un certo punto entra in scena quel qualcosa di terribile che
è stata la prima guerra mondiale con i rifugi scavati nella montagna
formando un museo
all'aperto della Grande Guerra, sul Piccolo Lagazuoi si estende
su una vasta area del Monte Lagazuoi, ad un'altitudine compresa
tra i 2100 e i 2800 m. Numerosi sentieri, di diverso impegno e lunghezza,
permettono di visitare postazioni e gallerie italiane e austriache
lungo alcune delle più panoramiche passeggiate delle Dolomiti. Ciò
che rende unico questo museo sono le numerose e complesse gallerie,
costellate di aperture che servivano come feritoie, cannoniere,
prese di aerazione da cui si aprono viste inusuali sul paesaggio
dolomitico. Giungiamo alla Forcella Lagazuoi a 2573 mt. da qui dobbiamo
prendere un sentiero sulla destra molto ripido, il riifugio lo vediamo
sopra di noi ma ci sono ancora 177 mt di dislivello. Saliamo sul
sentiero n° 401 che procede a zig zag verso il rifugio, sono ancora
molte le testimonianze dell'evento bellico. Fianlmente siamo arrivati
siamo a quota 27552 mt. sono le ore 13,35. Al rifugio troviamo gli
amici turisti che sono saliti in funivia che sale dal Passo Falzàrego,
ci rifocilliamo con piatti caldi di minestra d'orzo e di verdura,
tiriamo fuori dallo zaino un panino rattrappito e schiacciato allo
spek e formaggio che ci avevano fatto al rifugio la Varella, una
bella birra e una porzione generosa di strudel. Ora si può ragionare
e ci mettiamo a raccontare le nostre peripezie ai turisti ai quali
sembriamo dei super eroi ad aver affrontato tanta fatica. Il celo
ogni tanto si apre e vediamo davanti a noi dato che la terrazza
che è sul rifugio è quasi a 360° e possiamo amirare un panorama
che toglie il fiato, lo sguardo che spazia su una distesa di monti,
uno più affascinante dell'altro: Le Tofane,la Marmolada, il Civetta,
la Vetta d'Italia, il Picco Tre Signori e Sasso di Stria dal Falzarego
le Cique Torri. Si sono fatte le ore 15 dobbiamo ridiscendere e
optiamo per la funivia che in unici vertiginoso balzo ci porta a
Falzarego dove ci attende il pullman che ci riporterà a casa. L'avventura
è terminata in queste terre di magia dove ancora la vecchia regina
e Luianta. Attendono il suono delle trombe d'argento, attendono
la grande ora, quando tornerà il tempo promesso, il tempo in cui
risorgerà nuovamente il regno dei Fanes. E anch'io rifletto sul
mio stato d'animo, le proprietà fisiche del territorio trovano una
corrispondenza nel mio umore. I sentieri che percorro conducono
esternamente a valli erbose e creste affilate ma hanno anche uno
sviluppo interiore. Dall'osservazione del paesaggio, dal leggere
e dal pensare mi deriva sempre una sorta di esplorazione di me:
così ripeto lo stesso rito, mi avvio sul sentiero senza voltarmi
indietro. Mi sposto a piedi per raggiungere luoghi inaccessibili
e godere della quotidianità delle piccole cose: dal silenzio al
pasto frugale, dal piacere dell'ignoto a quello della fatica. La
scoperta di questi segreti si potrebbe chiamare avventura, ma è
qualcosa che scende nel profondo, così come nei boschi ci sono strade
visibili e percorsi invisibili: a questa ricerca mi sto dedicando.
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