Classificabile come
la più grossa specie del genere “Aquila” nidificante in Eurasia,
l’Aquila Crysaetos è in quest’area geografica la più diffusa e nota.
Seconda, quanto ad apertura alare, solo ad avvoltoio e aquila di
mare, l’aquila reale presenta un dimorfismo sessuale notevole: la
femmina (che raggiunge un’apertura alare di 277 cm) è in proporzione
il 20% più pesante e il 10% più grossa del maschio. La differenza
sembra imputabile ad una misura cautelativa di salvaguardia nei
confronti della femmina; infatti il maschio è dotato di un’esuberante
di aggressività e se la mole non lo mettesse in condizioni d’inferiorità
danneggerebbe la compagna nel periodo riproduttivo. Lunghezza e
larghezza delle ali consentono un sostentamento aereo di vitale
importanza per questo predatore che affida alla possibilità di veleggiare
consumando poche energie alcune attività basilari alla sopravvivenza,
come la caccia e il controllo del territorio. Il piumaggio varia
nel corso della vita dell’aquila reale, assumendo connotazioni che
permettono abbastanza facilmente di riconoscere in volo la livrea
giovanile da quella adulta. La livrea giovanile si trasforma nel
corso di 40 mesi, nel primo piumaggio adulto che verrà rivestito
nella sua forma definitiva dopo 6-8 anni di vita. Se da un lato
è stata riscontrata una notevole longevità con un record accertato
di 25 anni e 8 mesi in natura e di 57 anni in cattività, il raggiungimento
della maturità sessuale è obiettivo al quale giungono una minoranza
d’individui valutabile in non oltre il 30%. Alla base di ciò vi
è una complessa iterazione di elementi che gravano selettivamente
su ogni individuo “prodotto” dalla popolazione locale. Il nido
nelle regioni montagnose viene generalmente costruito su pareti
rocciose, gli alberi sono più frequentemente utilizzati nei settori
orientali dell’areale riproduttivo dove la specie occupa ampie zone
forestali pianeggianti.
Ogni coppia costruisce
più nidi ad altitudini inferiori a quelle del territorio di caccia,
e non sulle quote massime dove la tradizione popolare li localizza
normalmente. Una volta scelto il nido per la cova il maschio
segna i confini del territorio esibendosi nel caratteristico volo
a festoni. La dura legge del nido d’aquila vuole che al pulcino
cure e attenzioni vengano concesse giusto il tempo che basta,
poi gli adulti si limitano a portargli il cibo e a controllare
che nelle vicinanze non ci siano scocciatori, corvi o altro.
Se la battuta di caccia non è fruttuosa può facilmente accadere
che gli adulti tornino al nido a becco vuoto per riprendersi qualche
preda lasciata al pulcino. A volte accade che il pulcino sia
intento a mangiare proprio quella preda e che l’azione del genitore
lo faccia cadere nel vuoto provocandone la morte, così come spesso
accade che il fratellino più piccolo, venga sacrificato per alimentare
il pulcino più grande. Sembra brutale ma è la dura legge della
natura! La scelta topografica ed altimetrica è legata alla necessità
di trasporto delle prede al nido in senso verticale dalle principali
zone di caccia estive, costituite dalle praterie erbose dell’orizzonte
alpino. Classificabile come “superpredatore”, l’aquila reale
ha una dieta varia che spazia nell’ambito della fauna vertebrata.
Come emerso da numerosi studi la leggendaria fama di ferocia dell’aquila
va ridimensionata ammettendo un sensibile adattamento alla necrofagia,
comportamento che in alcune zone costituisce un insostituibile
mezzo di sostentamento durante il periodo invernale. Tra le prede
catturate vive spiccano quantitativamente specie di media taglia
quali marmotte e scoiattoli, roditori, volpi, mustelidi, piccoli
di camoscio e capriolo tra i mammiferi oltre ad uccelli e rettili
che vengono catturati in buon numero nelle regioni più calde.
Il rapporto tra l’aquila e l’uomo è decisamente difficile, spesso
infarcito d’episodi funesti. Alla responsabilità del rapace,
occasionalmente colpevole di uccisioni di maialetti, capretti
ed anche piccoli vitelli “aiutati” aiutati a precipitare da qualche
dirupo, l’uomo risponde sempre con inesausta ferocia. Alcuni
anni addietro l’aquila reale era tornata a nidificare anche sulle
Apuane nella zona del massiccio della Tambura, ma la fucilata
di un cacciatore (criminale e idiota N.d.A.) di Forno ha ucciso
il maschio compromettendo la covata. Da allora non si segnalano
altre nidificazioni anche se l’quila continua ad essere saltuariamente
avvistata.
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