La via
di Lizza, dalla Cava dei Tavolini al Canale: il pane e
il lavoro Ad un
commosso cavaliere al merito del lavoro Alberto Vannucci,
presidente della Comunione Beni Comuni di Levigliani e
il socio fondatore più giovane della Cooperativa
Condomini di Levigliani costituitasi nel 1956, gli altri
soci nonché cavalieri nominati nel 2006 da presidente
Napolitano erano, Romano Babboni, Aldo Neri, Isaia
Battelli, Achille Catalani, Martino Maggi, Cesare Maggi,
Ulisse Baldini, Armido Barsottini, Dino Barsottini,
Carlo Maggi, Natale Maggi, Dino Fornari, Polinice
Frullani, Nello Maggi, Bruno Neri C., Bruno Neri N.,
Ernani Neri, Ino Vannucci, è spettato il compito di
ricordare la lizzata del primo blocco di marmo
arabescato della cava dei Tavolini. La misura fu scesa
al poggio del canale il 5 ottobre 1958, lungo la via di
lizza costruita a prezzo di enormi sacrifici: due anni
di duro lavoro e senza alcun guadagno. Una via di lizza
che da 1500 metri di quota sul Monte Corchia raggiungeva
i 600 metri del poggio di carico. Un dislivello di 900
metri che fu coperto costruendo una delle vie di lizza
più lunghe del comprensorio. La lizza contava 200 piri,
200 buchi nel marmo e nella pietra che volevano
significare almeno 10 ore di subbia e martello dello
scalpellino per ogni buco, mettendo a dura prova la
bravura del socio Ernani Neri, valete fabbro per
affilare e temperare le subbie. L’impresa della via di
lizza dei Tavolini è quasi sicuramente l’ultima
discenderia del marmo costruita dall’uomo sulle Apuane.
Alberto Vannucci ha ricordato la piazza presso il poggio
al canale piena di gente, i risi e i pianti per l’arrivo
del primo blocco segnato CCL 1 (Coperativa Condomini
Levigliani) con i quali si contraddistinse quella
storica giornata di mezzo secolo fa, gli amici colpiti
dagli infortuni e quelli morti in cava. Per andare al
lavoro occorrevano due ore e mezzo tra andata e
ritorno. In una sua busta paga, ha raccontato Vannucci,
sono riportate 342 ore lavorative che lui e i suoi
compagni, fatte nel mese di agosto del 1958 lavorando in
media 11 ore al giorno, compresi i sabati e le
domeniche. Catturando l’attenzione dei presenti,
Vannucci ha ricordato la difficoltà nel realizzare la
via di lizza in località Ciondola, lassù dove i vecchi
del paese avevano estratto i basamenti di pseudo macigno
del campanile. Tredici anni è servita la lizza per
portare a valle il marmo, prima dell’avvento della via
marmifera che risalendo i fianchi del Corchia ha portato
nel 1971 i trattori a caricare i blocchi direttamente in
cava, lassù a 1500 metri di quota, dove cielo e la
montagna flirtano ogni giorno nell’amore intenso del
pane e del lavoro che ancora permette, a distanza di
mezzo secolo, quel lavorare liberi della Cooperativa
Condomini di Levigliani, l’impresa che occupa il maggior
numero di lavoratori nel comparto estrattivo del
comprensorio versiliese.
Giuseppe
Vezzoni "Corriere della Versilia"
(9 ottobre 2008)
Come arrivare:
Come
Arrivare:Dall' autostrada A12Livorno- Sestri Levante : uscire al casello Versilia
e seguire la strada Provinciale in direzione
Castelnuovo Garfagnana. (25-30 minuti di
automobile) Dall' Aurelia o da altre
arterie stradali :
basterà raggiungere Querceta o Pietrasanta e
seguire la Provinciale in direzione Castelnuovo
Garfagnana
ITINERARIO:Levigliani (m.580) –
2° tornante della strada di collegamento per
Passo Croce (m.680) – Ranch Olocco – Case in
Località Morlo (m.730) – traliccio (m. 800) –
Loc. Sellora (m.965) – Fosso Permeccio – Lizza
dei Tavolini – galleria – Colle Rondinaio
(m.1327) – crinale sud-ovest del Corchia – M.
Corchia (m.1677) – Bivacco Lusa-Lanzoni –
Rifugio “Del Freo” (m.1180) – Foce di Mosceta
(m.1190) – Sentiero CAI 9 – Passo dell’Alpino
(m.1060) – “Le Voltoline” – ingresso Antro del
Corchia – strada asfaltata Con pulmino
dell'antro del Corchia – Levigliani (m.580)
Dislivello:
Salita:
547 m Discesa: 561 m
PARTECIPANTI:
16 escursionisti
DIFFICOLTA’
- (EEA)
Questo
itinerario, soprattutto da Levigliani alla galleria
della lizza, presenta diversi problemi di orientamento:
non sono infatti presenti segnali evidenti e inoltre la
rigogliosa vegetazione, nonché la presenza di vari
canali da attraversare, spesso celano la via giusta. Nel canale Permeccio sono
presenti alcuni passaggi di 1° grado che possono
diventare problematici in caso di roccia bagnata; la
lizza intagliata nella roccia non è particolarmente
esposta, mentre dopo la galleria per superare un risalto
roccioso si deve affrontare un breve passaggio di 1°
grado. Il ritorno (M.Corchia – Foce
di Mosceta – “Le Voltoline”) non presenta difficoltà
particolari. Si
sconsiglia assolutamente di intraprendere l’escursione
quando c’è rischio di pioggia, perché il canale di
Permeccio e la galleria si trasformano – in caso di
temporale – in veri e propri torrenti.
TEMPI
DI PERCORRENZA 7 h cammino effettivo
Stradello sterrato e
tracce segnate con spry rosso non ufficale
e atratti poco visibili– da Levigliani al
Fosso di Permeccio,Lizza dei Tavolini – dal
Fosso di Permeccio a Colle Rondinaio, passando
per la galleria,Lizza dei Tavolini –
da Colle Rondinaio agli edifici nei pressi della
Cava dei Tavolini. Strada marmifera e per la
vetta del M. Corchia (per il crinale sud-ovest).
Sentiero di vetta
per il Corchia – dalla cima del Corchia a Foce
di Mosceta.
Sentiero CAI 9 – da Foce di Mosceta all’ingresso
dell’Antro del Corchia, transitando per il Passo
dell’Alpino
ACQUA:
Al paese di
Levigliani, alle case in
località
Morlo e al
Rifugio del Freo a Mosceta
PUNTI D'APPOGGIO :
rifugio Del Freo a
Mosceta
PERIODO
CONSIGLIATO:
Può essere effettuato tutto l'anno,
sconsigliato in presenza di ghiaccio e neve
Si sconsiglia assolutamente di intraprendere
l’escursione quando c’è rischio di pioggia,
perché il canale di Permeccio e la galleria
si trasformano – in caso di temporale – in
veri e propri torrenti.
Questo
itinerario è dedicato al Corchia, una montagna troppo
spesso “banalizzata” dalle strade marmifere che
conducono quasi in vetta e dalle cave che
inesorabilmente stanno “mangiando” la sua cresta
sommitale. E’
un itinerario avventuroso e esplorativo che ridona
dignità a questa montagna, permettendoci di conoscere un
aspetto dimenticato del Corchia, ovvero la “lizza dei
Tavolini” che - prima che costruissero la marmifera di
Passo Croce - era la via da cui transitavano i marmi
delle omonime cave. Una via ardita che supera mediante
una galleria e una cengia le poderose balze del versante
sud-occidentale della montagna, è una via che permette
davvero di toccare con mano l’incredibile mestiere di
lizzatore…percorrendola sembra impossibile che da qui
transitassero tonnellate di marmo. E’ una via che non ha
niente da invidiare alle più celebri lizze delle Apuane
massesi. Un itinerario
unico nel suo genere…un itinerario molto ma molto
apuano!
(
http://www.paesiapuani.it/il%20monte%20Corchia%20dalla%20lizza%20dei%20tavolini%20o%20lizza%20in%20galleria.htm
)
Questa volta il nostro
calendario escursionistico prevede una via diversa per raggiungere il monte
Corchia da una via molto particolare
percorrendo quello che per molto tempo fu la via dei
marmi del monte Corchia su una via di lizza tra le più
lunghe se non la più lunga delle Apuane.
LE VIE DI LIZZA DEL PARCO ALPI APUANE
Con il nome di lizzatura si comprende tutte le
operazioni di spostamento dei blocchi di marmo escavati
e abbattuti dal fronte di cava, sia sui piazzali delle
cave stesse che, più in particolare, lungo le
ripidissime vie di discesa. Il nome deriva dallo
strumento principale di questo sistema di trasporto,
cioè la lunga slitta di legno, ricavata da tronchi
robusti, detta appunto lizza. Quest'ultima
denominazione, in un secondo momento, si trasferì anche
ad indicare i piani inclinati lungo i quali la lizza
veniva fatta scivolare, che furono chiamati vie di lizza
( o vie di lizza o anche vie lizze ) e poi più
brevemente lizze (così le chiamano tutti gli abitanti
della montagna massese). (Fonte libro" Le
strade dimenticate " Poliedizioni).
Siamo in sedici per questa escursione, non male, un bel
gruppo.
Giunti al paese di Levigliani siamo ansiosi di intraprendere questa
ennesima avventura.
Subito zaini in spalla, ma non prima di esserci divisi
il kit per un perfetto caffè, a te la macchinetta, a te
il fornellino, a te la bomboletta di riserva, lo
zucchero e perché no! Anche una fiaschettina di grappa.
Ecco ora siamo pronti si parte. Dalla piazzetta dove
abbiamo lasciato l'auto imbocchiamo la ripida salita,
questa è la strada che porta a passo Croce. La dobbiamo
percorrere per circa 600 - 700 mt. sino a trovare due
tornanti consecutivi, al secondo, in prossimità di una
vecchia panchina, parte sulla destra una strada
sterrata. Questa strada è percorribile in auto ma credo
che si tratti di una proprietà privata e comunque io non
stuzzicherei la suscettibilità della gente di montagna.
Raggiungiamo una bella casa ben ristrutturata,
un'insegna ci indica che si tratta del Ranch Olocco. Tra
le folte vegetazioni di orti coltivati ci giunge il buon
giorno dei proprietari.
Continuiamo ancora sullo strada tra castagni secolari
sino a giungere alla località
Morlo a quota 730 mt. Delle
simpatiche caprette e un vitellino con la mamma ci danno
il benvenuto. Giungiamo a quelle che erano le case dei
pastori che portavano le loro greggi sugli alpeggi e
oggi ben recuperate. Quì dovrebbe esserci una fontanella
e una marginetta ma noi, forse troppo distratti, non
l'abbiamo vista.
Però individuiamo subito la mulattiera che sulla destra
si inerpica nel folto bosco tra due muri a secco ben
conservati. Ben presto, però, la mulattiera si perde tra
folte felci e sulla sinistra si apre un varco con un
sentiero ben evidente, prendiamo questo anche perché
avanti non possiamo certo andare, la mulattiera è
ostruita da felci e ogni genere di arbusto.
Continuiamo su questo sentiero sino ad incontrare un
traliccio, prima del traliccio ci sono molte felci e
subito sopra di esso è presente anche un rudere.
Svoltando a sinistra e riprendiamo la mulattiera con i
suoi caratteristici muri a secco. Il sentiero prosegue
abbastanza evidente, poi piega a destra fino a giungere
ad un canale e quì la faccenda si complica un tantino,
il sentiero termina e dobbiamo risalire il ripido
pendio. Dall'ultima volta che ci sono stato qualcuno a
segnato il percorso con tracce rosse a volte ben
distinte a volte meno.
Bene siamo al rudere, con questo davanti a noi prendiamo
sulla destra seguendo una labile traccia per pochi metri
poi attraversiamo il canale e siamo in località Sellora,
riconoscibile da ruderi.
Naturalmente non è che di quà dal canale le tracce
diventino più evidenti ma decidiamo di proseguire
obliquamente mantenendo la quota sino a raggiungere il
fosso Permeccio, da qui prendiamo quello che era il
percorso della lizza.; d'ora in avanti non possiamo più
sbagliare, la parete del Corchia è proprio davanti a
noi.
Iniziamo la salita addentrandoci nel canale, dove sono
presenti numerosi cavi elicoidali e tubi.
Saliamo faticosamente, vuoi per la pendenza, vuoi per le
rocce molto scivolose. A circa metà percorso alcuni
pensano sia meglio seguire il vero tracciato della lizza
che si trova nella sponda destra orografica del canale
tra folta vegetazione.
Qui sono presenti vecchie traversine di legno, chiodi,
fori di " Piri" e grossi cavi d'acciaio muti testimoni
di un’epoca passata che ha segnato indelebilmente la
storia delle nostre Apuane, quando l'estrazione del
marmo era più umana e meno distruttiva; ma anche quì non
è che il cammino sia molto agevole, tra la forte
pendenza il paleo bagnato e il terreno sconnesso si
fatica non poco.
Quando ci fermiamo per riprendere fiato abbiamo anche il
tempo per fare alcune considerazioni sulla vita che
dovevano fare quegli uomini che per portare un pezzo di
pane a casa affrontavano fatiche immani.
Usciamo sia dal canale e ci troviamo sotto la possente
bastionata sud/ovest del Corchia, le sorprese non sono
finite: mentre salivamo ci domandavamo come fare a
superare questa parete e ecco la risposta, lungo di essa
è stata ricavata una traccia nella roccia, una sorta di
cengia ma l'opera ancora più incredibile per una via di
lizza è quella che i cavatori davanti ad una parete
insormontabile sui Bastioni del Corchia anno scavato una
galleria lunga circa 150 metri.
Iniziamo a salire obliquamente sulla sinistra, vi sono
alcuni massi franati che ostruiscono il passaggio ma
facilmente aggirabili, qui le pareti hanno un colore
bellissimo, un giallo rosa, una sorta di marmo chiamato
fior di pesco.
La lizza ogni tanto si apre sulla costa e sotto di noi
il paese di Levigliani.
Faticosamente giungiamo con forte pendenza alla galleria
e notiamo il grande lavoro che è stato fatto, è tutta
scavata nel marmo vivo a suon di scalpelli, il
pavimento è tutto scalettato e camminare qua dentro crea
una certa emozione.
All'uscita della galleria abbiamo una spiacevole
sorpresa, una fitta nebbia ci avviluppa e non abbiamo
più vista su niente, pazienza! Continuiamo su quella che
si capisce essere stata la lizza che ormai non ne rimane
gran che, solo traversine in legno e cavi metallici ce
lo suggeriscono, bisogna superare un facile risalto
roccioso e poi si prosegue sulla sinistra addentrandosi
in un canale.
Canale che sembra aver raccolto tutti i cavi che
venivano usati qui, infatti dobbiamo districarci tra di
essi, al termine del canale siamo al Colle Rondinaio
dove sono presenti edifici di servizio delle cave. Qui la lizza piega
leggermente a destra e si inerpica ripidamente lungo il
versante del Corchia. Alla nostra destra vediamo il
grande ravaneto della Cava dei Tavolini, visibile anche
dal mare, posta quasi sulla cresta tra le due vette del
Corchia, ed è affascinante il netto contrasto tra il
bianco del ravaneto e il verde intenso del paleo. La via
di lizza è ora interrotta da un caseggiato e ci troviamo
a costeggiare il ravaneto sino a raggiunger la marmifera
che ogni giorno i camion percorrono per portare i
blocchi a valle.
Svoltiamo a destra e raggiungiamo la cava dei Tavolini
inferiore o dei Tavolini "A" raggiunta una baracca sul
piazzale di fianco a delle grandi vasche per l'acqua
si potrebbe salire lungo una traccia tra il paleo che ci
condurrebbe ad alcuni vecchi macchinari posti proprio su un
crinale e da quì tramite il costone sud-ovest si
raggiungerebbe la vetta, ma vista la fitta nebbia
decidiamo di percorrere la strada marmifera sino alla
cava dei Tavolini "B" e non possiamo non notare lo scempio che la sta
letteralmente distruggendo la cresta tra il Corchia e
l’ante cima ovest.
Bè, comunque adesso da qui siamo sulla cresta e in breve
raggiungiamo la cima del Corchia (1677 mt.)
Ci fermiamo solo il tempo di fare una foto di gruppo e
mangiare uno spuntino,
poi scendiamo verso il rifugio Del Freo a Mosceta,
inutile rimanere in vetta a prendere freddo e inoltre la
vista è uguale a zero. Riprendiamo il cammino sulla cresta S-E,
il sentiero porta ad abbassarsi sul versante che degrada
verso la vasta Foce di Mosceta, un'ariosa distesa di
prati che separa il M. Corchia dall' imponente gruppo
Panie. Scendiamo speditamente seguendo il sentiero (
segni azzurri), incontriamo la carcassa del Bivacco Lusa,
era una baracca a struttura metallica destinata a dar
riparo agli speleologi in visita al vicino Abisso
Fighiera. Fu costruita nel 1978 come “capanna
speleologica” dalla sezione speleo di Faenza (RA), fu
bruciata nel 1994 dopo la chiusura temporanea delle cave
dei Tavolini da parte della magistratura nell’aprile
dello stesso anno, nell’ambito della “guerra” tra
cavatori e speleologi, dell’atto furono sospettati i
cavatori del vicino paese di Levigliani. Non fu più
ricostruita.
Ora una cosa ci viene da pensare: visto che la struttura
sembra buona perché non recuperarlo? Oppure se non serve
più a niente perché non toglierlo di mezzo e magari
ripulire la vetta da un ammasso di ferro inutile?
Proseguiamo in discesa sul filo di cresta il sentiero
scende ora sempre sul versante garfagnino e ci conduce
ai prati e ai boschi di Foce di Mosceta in 1,5 h. dalla
vetta del Corchia.
Il
Rifugio "Del Freo" (quota 1180) è, senza dubbio, il
più frequentato delle Apuane sia per la sua felice
posizione, sia come base di partenza per innumerevoli
escursioni.
Prima di raggiungere il rifugio attraversiamo delle
praterie di paleo e poi il sentiero, in estate
costeggiato da centinaia e centinaia di piante di
lamponi, ci inoltriamo in una abetaia e in pochi minuti
siamo al rifugio.
Ora non si parla più di camminare si pensa solo a metter
qualcosa sotto i denti, solo il tempo di metterci una
maglietta asciutta e visto la temperatura anche una
camicia e poi alleniamo le mandibole con le nostre
cibarie.
Naturalmente aver portato l'attrezzatura per il caffè
ora da i suoi frutti e dopo aver mangiato ci
corroboriamo con questa calda bevanda magari corretta
con un po' di grappa.
Intanto come per incanto le nuvole si dileguano e un bel
cielo azzurro ci rende visibile " Sua Maesta la Regina
": La Pania. Rimaniamo un po' a crogiolarsi a
questo tiepido sole ma poi giunge l'ora di riprendere il cammino.
Ci portiamo
alla Foce di Mosceta (m.1190) e
svoltando a destra imbocchiamo il sentiero n° 9,
proseguiamo in piano in una fitta abetaia, tanto fitta
da non far filtrare la luce, una volta usciti davanti a
noi finalmente si apre una splendida visuale e possiamo
ammirare : la Pania
della Croce
e la cerchia sud delle apuane : Monte Forato,
Nona, Procinto e sullo sfondo Croce e
Matanna.
Dopo pochissimi minuti giungiamo al Passo dell'Alpino (
1060 mt.) e prendiamo sulla sinistra seguendo il
sentiero n° 9, questo tratto è chiamato " Le Voltoline"
per le innumerevoli risvolte che sono sul percorso
permettendoci di giungere in circa venti minuti alla
marmifera che viene da Levigliani. Scendendo verso il
paese a poche decine di metri vi è il famoso
Antro del Corchia
la grotta carsica più lunga
d'Europa.
Davanti all'ingresso della grotta veniamo a sapere che
pagando 2 € possiamo usufruire del pulmino che porta i
turisti a visitare l'antro; mai speso più volentieri 2
€, infatti se non prendiamo il pullmino ci tocca
sobbarcarci diversi km sulla strada asfaltata che
conduce al paese.
L'escursione è finita e giunti a Ripa ne tiriamo le
somme davanti ad un mega gelato alla gelateria Millenium.
Splendida escursione anche se molto faticosa, 1097 mt di
dislivello in salita, scenari spettacolari ed
emozionanti ed è per questo che ci chiediamo del perché
questi itinerari che hanno fatto la storia delle Apuane,
dove il sudore e il sangue di centinaia di uomini hanno
contribuito alla cultura e il benessere dei paesi a
valle e dove uomini hanno creato opere ciclopiche come
questa, ecco, perché itinerari così devono essere
irrimediabilmente persi?