Quando, in fase di preparazione
del programma, venne proposta questa traversata tutti pensarono ad un'idea
buttata lì tanto per dire qualcosa, tanto sembrava improponibile. Pensandoci
bene, però, non sembrava poi così assurda; certo non era per tutti! Ma
esisteva un'alternativa: dormire al rifugio sottraendo quindi al lungo
percorso due ore di salita. In effetti chi è veramente ben allenato può
compiere la traversata partendo direttamente da Pruno; noi abbiamo scelto
l'alternativa rifugio. L'appuntamento per un primo gruppo era presso il
rifugio Del Freo a Mosceta la sera di venerdì 30 Aprile; un secondo
gruppo avrebbe invece pernottato presso il rifugio
U.O.E.I. La Fania mentre un "temerario" sarebbe arrivato al mattino
seguente. Pioggia insistente per quasi tutta la giornata, tanto da mettere
in forse la partenza, con un promettente miglioramento dal tardo pomeriggio.
Raggiungiamo il paese
di Pruno, punto di partenza della traversata, in pullman ed iniziamo
a camminare quando il sole sta gia iniziando a tramontare. Non piove più
ma i monti sono incappucciati dalle nuvole, peccato perché il panorama
al tramonto sarebbe stato interessante. La grande umidità ci fa subito
sudare, il clima comunque è nel complesso piacevole e proseguiamo spediti.
Con grande sorpresa quando raggiungiamo il Passo dell'Alpino le nuvole
scompaiono lasciando le vette scoperte e la piana celata dalla coltre,
mentre una pallida luna illumina il sentiero rendendo quasi inutili le
lampade frontali che prudentemente abbiamo acceso. In lontananza sentiamo
il richiamo del gufo e il belato di un piccolo muflone; il sentiero ora
è pianeggiante per cui possiamo procedere con le frontali spente, al chiaro
di luna, godendoci i rumori del bosco e i richiami degli animali; un'esperienza
unica.
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Pruno (m 447) è raggiungibile dalla valle seguendo le
indicazioni per Castelnuovo Garfagnana e successivamente quelle per Cardoso.
Il sentiero (segnavia 122) inizia dal parcheggio, basta cercare
con lo sguardo i lavatoi ben visibili dalla strada. Attraversa un bel
bosco di castagni seguendo il tracciato della vecchia mulattiera in costante
salita fino a sbucare su una carrozzabile forestale nei pressi di un'abitazione.
Si segue la carrozzabile e superata una curva ritroviamo il sentiero che
conduce in località Colle a Iapoli (m 835) dove attraversa nuovamente
la strada. Qui i castagni scompaiono e la vegetazione è sempre più diradata;
raggiunto un bivio nei pressi di una casa si piega a sinistra proseguendo
in salita fino al Passo dell'Alpino (m 953) con l'omonima marginetta.
Ora il sentiero è quasi pianeggiante, di fronte la maestosità della Pania;
oltrepassato un fitto bosco di abeti raggiungiamo la Foce di Mosaceta
(m 1170), il rifugio è subito visibile. Troviamo ad attenderci alcuni
amici arrivati nel pomeriggio che ci invitano ad entrare velocemente per
mangiare una zuppa, sono oramai le 21,30 e la cucina chiude. Il rifugio
è tutto per noi, vorremmo andare a dormire presto ma i ricordi si susseguono
così solo il gestore che minaccia di spegnere il generatore ci induce
a salire al piano superiore. La sveglia, per chi è riuscito a dormire
nonostante il feroce russare di qualcuno, è alle 6,20, la partenza è fissata
per le 7,00. Al mattino il tempo si preannuncia buono, c'è nebbia ma si
intuisce che non pioverà. Ci raggiungono gli amici che hanno pernottato
alla Fania e Pierino che arriva direttamente da Pruno; siamo in 20, un
bel numero per una traversata così impegnativa.
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Partiamo alle 7,20, perché le signore del gruppo sono
sempre in ritardo!!, scendiamo verso la Foce ed imbocchiamo il sentiero
(segnavia 125) che conduce a Foce di Valli (m 1266). Quando inizia
la salita, l'unica relativamente impegnativa, il gruppo si fraziona ma
vista la lunghezza del percorso è preferibile non forzare, le giornate
sono lunghe, il tempo c'è. Va precisato che il dislivello complessivo
da superare è di 834 metri ma la maggior parte della salita la si affronta
per raggiungere il rifugio Del Freo (m 1180) da dove siamo partiti in
mattinata. Il sentiero è ben tracciato ma attraversa anche il Canale dei
Carrubi che scende dalla vetta della Pania, un canale dove c'è neve fino
a tardi, noi la troviamo, e che comunque presenta passaggi esposti da
affrontare con molta cautela. Sono le 8,20 quando giungiamo alla Foce,
la nebbia impedisce di goderci il panorama ma non ostacola il cammino;
ricombattiamo il gruppo incamminandoci verso il Monte Forato seguendo
i segni blu del sentiero di cresta. L'attraversamento della Costa Pulita
impone attenzione perché il terreno umido si rivela molto scivoloso, un
problema che ci infastidirà per tutto il giorno, d'altronde è piovuto
fino alla sera precedente.
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Giungendo al Monte Forato (m 1223) stentiamo a riconoscerlo
tanto la nebbia è fitta, peccato non c'è modo di scattare neanche una
foto(ore 9,15). Stiamo per ripartire quando come per magia l'arco si materializza,
la nebbia improvvisamente si alza lasciando filtrare qualche raggio di
sole. I timori svaniscono, ora abbiamo la certezza che sarà una bella
giornata. Bisogna comunque dire che in caso di maltempo è possibile interrompere
la traversata in ogni momento raggiungendo i paesi ubicati lungo il percorso.
La prossima meta è la Foce di Petrosciana (m 951) dove intendiamo sostare
per la colazione. Questo è l'ulltimo tratto difficile, si percorre la
cresta del Monte Forato percorrendo in discesa un lungo tratto esposto
e scivoloso su roccette; il tratto più impegnativo è attrezzato con un
cavo che fornisce adeguata sicurezza. Giunti alla Foce (ore 9,55), passo
che mette in comunicazione Cardoso
con Fornovolasco,
ci concediamo una prima pausa e consumiamo la veloce colazione. |
Seguendo la mulattiera (segnavia
8) scendiamo fino ad un bivio dove la presenza di una marginetta indica
l'importanza che la strada ricopriva un tempo. Ben presto possiamo constatare
i danni provocati dalle abbondanti nevicate: alberi spezzati e divelti
ingombrano il percorso. Alla marginetta svoltiamo a sinistra (segnavia
6) raggiungendo in breve la località di Moscoso con la presa dell'acquedotto
e la fonte, riempiamo le borracce e avanti puntando verso il Monte Procinto
(m 1039) tenendoci sul sentiero più alto. Arriviamo così proprio in corrispondenza
della piazzola dell'elicottero, di fronte al torrione e a pochi metri
dalla Baita dello Scoiattolo, purtroppo attualmente chiusa. Imbocchiamo
ora il sentiero (segnavia 5b) non troppo evidente ma tuttavia visibile,
che si inerpica fin sotto lo strapiombo costeggiandolo in direzione della
verticale parete del Monte Nona che aggiriamo alla base. Il percorso è
agevole, le pareti del Nona e del Matanna incombono su di noi stuzzicando
le voglie di coloro che fanno roccia; le numerose vie seppur ben chiodate
sono forse troppo per noi, pazienza ci alleneremo ancora, però, chissà,
forse!! Lo scroscio dell'acqua della sorgente vicino al
Rifugio Forte dei Marmi ci galvanizza perché ora abbiamo bisogno di
una rinfrescata, di un te caldo e di un po' di riposo. Siamo praticamente
a metà percorso, il tratto più difficile è superato, scherziamo tra noi
ma c'è ancora tanta strada.
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Al rifugio (ore 11,15) incontriamo due amici che "hanno
sbagliato rifugio", cosa si farebbe pur di non ammettere che il percorso
è troppo lungo! ! naturalmente è tutta una messa in scena. Ci concediamo
solo quindici minuti di sosta, giusto il tempo di un te e per scambiare
alcune impressioni con un gruppo del CAI di Modena che si apprestano ad
arrampicare sul Procinto. Siamo ora diretti verso San Rocchino dove intendiamo
pranzare.; il sentiero (segnavia 121) passa oramai tra boschi e
prati divenendo assai facile. La tensione si allenta e il gruppo si fraziona
ma oramai è poco più di una passeggiata. Avvicinandoci a San Rocchino
incontriamo gruppi di turisti provenienti dal vicino agriturismo, alcuni
visibilmente avvinazzati, tutti comunque dimostrano di non aver capito
nulla della montagna e dello spirito che accomuna gli escursionisti
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Ci fa male ma, noi diciamo purtroppo, l'economia della
montagna deve progredire e anche questo serve. (Serve?). Ma forse è solo
questione di intelligenza? O forse siamo proprio strani noi? Raggiunta
la chiesetta di San Rocchino (m 801) vi troviamo parcheggiati alcuni fuoristrada
che oltretutto bloccano il sentiero, subito la risposta alle nostre precedenti
domande ci è chiara … Ci sistemiamo per il pranzo dividendoci, come al
solito, in due gruppi con alcuni che stendono una tovaglia imbandendo
un pranzetto luculliano e uno sparuto, sempre più sparuto, gruppetto di
temerari che si accontentano di barrette, frutta, e lussooo!!: un paio
di biscotti a testa. Mangiamo velocemente perché
sembra proprio che voglia piovere, sono le13,30 quando ci incamminiamo
verso Farnocchia. Siamo nuovamente nel bosco, anche qui la neve ha fatto
molti danni ma, qui, la Comunità Montana ha gia liberato il sentiero.
Non ci sono difficoltà basta prestare attenzione al bivio, si deve tenere
la destra. Ora possiamo vedere tutto il percorso che abbiamo effettuato,
è veramente un bel tratto, non vediamo Pruno ma scorgiamo Volegno che
si trova poco distante dal punto di partenza. Ci appare lontanissimo dall'altra
parte della valle. Cerchiamo di riconoscere paesi e borgate, non siamo
molto avvezzi a vederli da questo lato della vallata, aiutandoci coi campanili
perché in ogni località la chiesa è ubicata in un punto caratteristico.
Arriviamo a Farnocchia
alle 14,40; ci concediamo una pausa per ammirare la chiesa che ospita
un piccolo organo di pregevolissima fattura e, perché no? Per un piccolo
ristoro in vista dell'ultima salita che ci condurrà a Foce di Compito.
Il sentiero (segnavia 3) parte dalla piazzetta del bar, l'unico
del paese, subito in salita. Qui a i danni della neve non è stato posto
rimedio, ci vediamo costretti ad autentiche acrobazie per scavalcare alberi
divelti ma oramai non ci fa più paura nulla. Senza quasi accorgercene
giungiamo al Monte Lieto (m 1016) con la ben nota palestra di roccia;
siamo in perfetto orario, peccato non avere una corda altrimenti potevamo
fare un tiro! Ci rassegniamo a proseguire verso Foce di Compito,ore 15,45,
dove sostiamo un poco per una foto di gruppo e per rivolgere un pensiero
ai tragici eventi di Sant'
Anna di Stazzema: il paese della strage del 12 agosto 1944 operata
dalle truppe naziste al comando del maggiore Walter Reder ma guidate da
spregevoli fascisti locali costata la vita a 132 persone tra donne, vecchi
e bambini, che è proprio qui sotto.
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Da ora in avanti il sentiero (segnavia 3) è in discesa,
non ci sono problemi, lasciamo che ognuno faccia il proprio ritmo ma sempre
con l'infaticabile Gianfranco in testa. Siamo in vista del mare, la vegetazione
cambia, compaiono i pini e ritornano i castagni; anche le fioriture primaverili
sono più interessanti: le orchidee fioriscono anche tra le rocce. Superiamo
un minuscolo gruppo di case, qui l'ente pubblico ha avuto la volontà di
fermare la speculazione che voleva trasformare un colle immerso nel bosco
in un villaggio per turisti danarosi. Le gambe cominciano a dolere e l'arrivo
a Colle Zuffoni (m 582), un pianoro attrezzato per i pic-nic, è l'occasione
per una sosta che ci serve anche per rivolgere un commosso pensiero alle
vittime dell'alluvione della Versilia del 96. Allo Zuffone c'è infatti
un monumento in memoria, lasciamo un messaggio e ripartiamo. Stiamo ora
camminando sui resti della strada che le truppe americane costruirono
per trasportare materiale sui monti di Sant'Anna, sentiamo la meta vicina.
Ci abbandoniamo ai ricordi delle prime esperienze di montagna. Arriviamo
così in località Capriglia (m 356), ore 17,25, dove alcuni partecipanti
annunciano di voler terminare la traversata, sono stanchi e da qui è facile
trovare un passaggio in macchina. Un primo gruppo è già avanti,
noi ci ricombattiamo ma siamo rimasti in pochi, decidendo di scendere
verso Solaio seguendo la carrozzabile di Fondicacce. Camminare sull'asfalto
è una tortura soprattutto dopo 10 ore di marcia; stringiamo i denti e
avanti. Arrivati a Vallecchia salutiamo un altro gruppo che ha qui le
auto, la traversata è praticamente finita e Ripa è a pochi minuti. A Ripa
arriviamo solo in quattro ma unicamente per problemi logistici, per i
più è comodo parcheggiare a Vallecchia, tutti quanti abbiamo completato
la traversata. Per molti è stata sicuramente una sfida con se stessi,
una sfida portata a termine con entusiasmo e soddisfazione come sempre
avviene quando si appartiene ad un gruppo affiatato come il nostro, dove
persone molto allenate ed esperte camminano con altri meno allenati e
con minore esperienza con un unico obbiettivo: fare in modo che tutti
riescano a compiere e godersi l'escursione. |