L'escursione odierna inizia
dal paese di Arni,
una piccola frazione del comune di Stazzema arroccata alla sommità della
vallata della Turrite Secca. Dalla Versilia la si raggiunge percorrendo
la carrozzabile per Seravezza e successivamente per
Castelnuovo Garfagnana; superata la galleria del Cipollaio si prosegue
ancora per circa un chilometro e, in località Tre Fiumi, si svolta a sinistra
seguendo le indicazioni.
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In corrispondenza di una
curva a sinistra si prosegue a dritto verso il centro del paese
e parcheggiando nella piazzetta. Si attraversa il ponte sul torrente
Turrite Secca seguendo la mulattiera che interseca la carrozzabile
e prosegue nei prati. Conviene riempire subito le borracce perché
poi non troveremo più acqua fino al Passo Sella. |
Raggiunti i prati il sentiero segnavia 144 diventa
poco evidente, è solo una traccia spesso nascosta dall'erba che non sempre
viene falciata; comunque con un minimo di attenzione non ci sono problemi.
La salita è subito impegnativa, da affrontarsi con calma e facendo attenzione
alle zone sassose dove potrebbero trovarsi delle vipere. In questo periodo,
però, le fioriture sono assolutamente stupende, la natura da il meglio
di sé giustificando ogni sforzo. Sono le 7,15 quando iniziamo ad incamminarci
(siamo in 24 partecipanti), la giornata è meravigliosa con il cielo terso
e un'aria gradevolmente fresca, per ora! (13°C). La prima parte, probabilmente
la più faticosa, è in ombra, vorremmo camminare veloci per trovarci in
quota quando il sole inizierà a picchiare ma la natura ci offre uno spettacolo
unico; ci fermiamo continuamente per scattare foto. I fiori di campo formano
un tappeto variopinto, le piane ancora in buono stato di manutenzione
dimostrano che il foraggio di questi pascoli è (forse sarebbe meglio
dire era!) un'ottima risorsa per i pastori.
Pian piano i prati cominciano a lasciare il posto alle
rocce e i fiori di campo vengono sostituiti dal paleo e da meravigliose
fioriture di Sassifraga, Morchia, Globularia, ecc. L'abitato di Arni è
oramai una macchiolina in fondo alla valle; camminiamo da oltre un'ora
e il sole inizia a scaldare davvero, ci fermiamo per una breve sosta in
corrispondenza di un pianoro per attendere gli ultimi fotografi prima
di dirigerci verso il bosco del Fatonero. Il sentiero prosegue in piano
fino ad una selletta da superare con molta attenzione proseguendo ora
su roccette; particolarmente in questo tratto, ma comunque fin da Arni,
la segnaletica è frammentaria e limitata a pochi segni bianco-rosso
senza numerazione. Qui però il sentiero si perde tra il paleo e
le roccette, conviene guardare ben avanti per individuare le tracce evidenti
e dirigervisi senza seguire quello che magari sembra essere il sentiero,
ma in realtà è solo il prodotto del ruscellamento dell'acqua.
Davanti a noi scorgiamo il bel bosco di faggi. Il bosco del Fatonero (m.
1427) (ore 1,45 da Arni) è una macchia di faggi abbarbicata sulle pendici
del Monte Fiocca. L'origine di questo nome per alcuni deriva da "fatto
nero", per un possibile omicidio avvenuto in quel luogo tanto tempo
fa e del quale oggi nessuno ricorda più niente. Per altri, invece, deriva
da faggio nero e si dice che gli alberi vi crescessero così fitti, che
a malapena vi penetrava la luce del sole in pieno giorno. Oggi sopravvivono
antiche leggende che testimoniano la presenza dell'antico popolo dei Liguri-Apuani,
di origine celtica, con il loro culto degli alberi e degli spiriti tutelari
della foresta. Si crede che nel bosco vivano ancora oggi spiriti e folletti
che di notte vagano, danzando in cerchi, laddove i raggi della luna riescono
a filtrare attraverso la fitta boscaglia, creando giochi di luce magica.
Sul bosco si raccontano molte altre leggende mirabilmente raccolte nel
libro "Le leggende delle Alpi Apuane" di Paolo Fantozzi a cui rimandiamo
i più curiosi.
Il bosco ci accoglie all'improvviso, sembra davvero che
una mano misteriosa abbia ritagliato lo spazio per i faggi nel mare di
paleo circostante: improvvisamente l'erba finisce e iniziano gli alberi.
La luce si fa fioca, sono le ombre ora a farla da padrone creando giochi
birichini; l'atmosfera è ovattata, i rumori sembrano scomparsi. I ruscelletti
che lo attraversano scendendo dalla montagna contribuiscono a donargli
un'atmosfera irreale, davvero non c'è posto simile sulle Apuane! Lo attraversiamo
quasi in silenzio, siamo come rapiti dall'atmosfera e attratti dai mille
giochi di luci e ombre. Improvvisamente, così come ci aveva accolti, il
bosco ci lascia. Attraversiamo un ruscelletto che rende il passaggio molto
scivoloso, ma sono solo due passi, e siamo nuovamente nel paleo. Ora si
apre davanti a noi una vallata di un verde smagliante: la vallata del
fosso del Fatonero dove una mano fatata ha steso un lussureggiante tappeto
di erba fresca.
Il gruppo è ora piuttosto allungato e non si contano le
scivolate. Il sentiero infatti è assai stretto, scavato dall'acqua e parzialmente
nascosto dal paleo. Si deve prestare molta attenzione camminando sempre
ben a monte senza mai fidarsi troppo; uno scivolone qui sarebbe innocuo
perché l'erba alta e il terreno poco scosceso frenerebbero la caduta ma
una distorsione sarebbe davvero problematica. Sono le 9,20 (2,05 ore da
Arni) quando giungiamo al Passo Contapecore (m. 1482) che separa la vallata
del fosso Fatonero dalla vallata del fosso dell'Anguillara famoso per
le imponenti marmitte dei giganti. Il passo, un ampio pianoro, deve il
nome all'abitudine (necessità) dei pastori locali di fermarsi qui per
la conta delle pecore che pascolando nelle due vallate finivano inevitabilmente
per mischiarsi. Il luogo è però suggestivo per la presenza di alcuni cippi
marmorei istoriati con scritte risalenti anche agli anni della prima guerra
mondiale: messaggi che gli autori hanno affidato alla dura pietra affinché
il vento li diffondesse, da questi luoghi che troppo spesso sono stati
luoghi di sofferenza, attraverso le vallate alle genti Apuane e ai viandanti.
L'appuntamento per tutti è a Passo Fiocca (m. 1550), non c'è possibilità
di sbagliare sentiero anche se lungo tutto il percorso la segnaletica
è frammentaria e spesso poco evidente. Il primo tratto prosegue in facile
salita su sterrato ma l'ultima parte è costituita da una lunga e liscia
placca di calcare su cui le suole tengono bene in aderenza, è un po' faticoso
ma è divertente superarla (ore 9,40). Una breve sosta è d'obbligo,
non fosse altro che per ammirare il panorama sulla vallata che racchiude
il Lago di Vagli. Ci attende ora la parte più impegnativa dell'escursione:
la vetta del Sumbra che vediamo ben stagliato davanti a noi con la sua
inconfondibile "penna". Si procede su facili roccette imboccando il sentiero
segnavia 145 (in direzione est dal passo) che però non risulta
segnalato se non da qualche sbiadito segno bianco rosso o azzurro. Si
transita alla base dello spigolo nord-ovest e di numerose vie, attrezzate
e non, di arrampicata fino ad arrivare all'attacco di una malandata e
consentitecelo, anacronistica, via ferrata. Il cavo, piuttosto precario,
c'è ma serve solo ai meno esperti per superare i punti più esposti; il
tratto è impegnativo e in alcuni tratti il sentiero è assai sconnesso
ed esposto ma a nostro parere è eccessivo l'uso dell'attrezzatura da ferrata.
Con ciò non vogliamo sottovalutarne le difficoltà, ne sconsigliamo
la salita (considerate che poi lo si deve anche discendere) ai non esperti.
Comunque è ripido e giungiamo in vetta (m. 1765) con un bel fiatone (ore
10,20), oltretutto ora fa davvero caldo! Il panorama è mozzafiato: la
Garfagnana è tutta davanti a noi, basta giraci e ora tutto l'arco delle
Apuane si mostra ai nostri occhi, che spettacolo! In lontananza, molto
in lontananza, c'è Passo Sella e…… la festa della montagna organizzata
dal CAI con tordelli e vino buono! Improvvisamente avvertiamo un certo
languorino e scorgiamo Piero che ci sta raggiungendo. Cosa c'entri col
languorino non lo sappiamo però ci fa piacere che sia dei nostri: ha dormito
troppo ma lo spirito uoeino (o i tordelli) è troppo forte! Scendiamo nuovamente
verso il passo e ci incamminiamo sulla grande placca calcarea che costituisce
la parte terminale della cresta del monte Fiocca, peccato che sia in pendenza
altrimenti potrebbe essere un buon campo da calcio (magari col fondo un
po' duro). Risaliamo fino a mezza costa seguendo il filo di cresta dove
il sentiero si divide. Il segnavia 144 piega decisamente a sinistra
in maniera veramente poco evidente, non ci sono segni si deve guardare
davanti per scorgere la traccia e seguire la linea logica per raggiungerla.
Ci dividiamo in due gruppi con alcuni, i più esperti, che salgono in vetta
(m. 1709) per ridiscendere la cresta mentre gli altri partecipanti seguono
il sentiero in basso che conduce a Passo Sella senza difficoltà. Il sentiero
di cresta, non segnalato, è consigliabile solo ai più esperti perché presenta
dei tratti di 2° grado da superarsi in discesa.
In lontananza udiamo i cori della festa e non vediamo l'ora
di arrivare; chi scende lungo la cresta supera le difficoltà con attenzione
e perizia: da segnalare in particolare un passaggio particolarmente sposto
a metà discesa mentre chi sta percorrendo il sentiero sbuffa sull'ultima
salita. Il paesaggio è ora più arido ma qua e la coloratissime fioriture
mostrano come la natura sia in grado di colonizzare ogni dove, almeno
a giudicare dalle farfalle. All'arrivo a Passo Sella (m. 1500)(ore 12,40)
abbiamo una cocente delusione: il furgone che doveva portare i tordelli
ha avuto un problema, il carico non è arrivato e ora c'è una lunga fila.
Pazienza, ci sistemiamo sul prato, tiriamo fuori i nostri rifornimenti
e ci godiamo lo spettacolo offerto da mille aquiloni e da alcuni parapendii.
Per noi l'escursione è finita, ora inizia la festa. Per
chi volesse ripetere l'itinerario, magari in altro periodo, diciamo che
da passo Sella è possibile allungare il percorso a piacimento in ogni
direzione (l'acqua la si trova scendendo di poco verso valle in direzione
Garfagnana). Per il rientro ad Arni, invece, basta raggiungere la vicina
strada carrozzabile (di cava) e seguirla verso valle. E' lunga e noiosa,
soprattutto polverosa e calda, ma in un ora conduce a valle, e a pochi
metri da una fresca fontana!
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