U.O.E.I.
UNIONE OPERAIA ESCURSIONISTI ITALIANI
Sezione "Antonio Tessa" - RIPA DI VERSILIA
 
COME ORIENTARSI IN ESCURSIONE
L’elemento essenziale per l’orientamento in escursione è la carta topografica della zona. Esistono carte geografiche e topografiche, le prime descrivono una regione troppo ampia per poter essere di qualche interesse per un’escursionista. Le carte topografiche descrivono  aree non superiori ai 30 x 30 Km e non è perciò necessario tener conto della curvatura terrestre, e rappresentano una zona così come il disegnatore la vedrebbe volando molto in alto. In effetti è proprio da rilievi fotogrammetrici, effettuati con particolari attrezzature che consentono rilievi tridimensionali, effettuati da aerei in volo ad alta quota che i disegnatori prendono spunto per disegnare le carte topografiche. Una foto non equivale però ad una carta, perché su essa certi particolari sono evidenziati con simboli convenzionali: case, strade, sentieri, torrenti, ecc, e resi così facilmente riconoscibili; un torrente non potrà mai essere confuso con un sentiero perché l’uno sarà azzurro e l’altro nero, mentre i rilievi, o gli avvallamenti, saranno individuabili per mezzo delle curve di livello. Le carte sono disegnate in scala; la scala indica di quante volte il disegno è più piccolo del terreno reale. Una scala 1 : 10.000 (si legge 1 a 10.000) significa che tutto ciò che sulla carta è lungo un centimetro nella realtà del terreno è lungo 10.000 centimetri, cioè 100 metri. Viene di solito scritta subito sotto al disegno, al centro; nelle vicinanze si trova la scala grafica, un segmento graduato suddiviso in 10 o 20 parti. Se il segmento rappresenta, ad esempio 1 Km, riportandolo idealmente sulla carta a congiungere due punti sapremo subito la distanza che li separa. La scala normalmente usata per le carte dei sentieri è di 1 : 25.000, ciò significa che un tratto di 1 cm su di essa corrisponde a 250 m sul terreno. Partendo dai rilevamenti aerofotogrammetrici i disegnatoti tracciano le curve di livello, isoipse, cioè linee che congiungono tutti i punti alla stessa altezza sul livello del mare. Le articolazioni delle isoipse dipendono dalla conformazione del terreno, al livello del mare si ha per convenzione la quota “0”; via via che si sale vengono tracciate le curve di livello ad intervalli regolari, esattamente una ogni millimetro della carta.
Nelle cartine 1 : 25.000 verrà tracciata una curva ogni 25 metri di quota  e ogni 100 metri verrà tracciata una direttrice, una linea più marcata, e in corrispondenza di essa spesso indicata la quota.
Leggere le curve di livello significa guardare la carta e capire come si presenterà il terreno; la difficoltà maggiore sta nel riconoscere i dossi dalle valli: infatti le isoipse si presentano come delle serie di V una dentro l’altra. La difficoltà è superabile seguendo le linee fino a che, per la presenza di un corso d’acqua o la cima di un colle, si riesce a capire quale linea indica la quota maggiore. In generale possiamo dire che più le curve sono vicine l’una all’altra, più il terreno è ripido; più sono lontane più il pendio è dolce. Un insieme di linee chiuse ad anello deve avere al suo interno la cima di un’altura o un lago senza emissario. Se le linee hanno un andamento di rette parallele allora il terreno ha una pendenza uniforme.
Curve di livello che presentano la curvatura rivolta verso la cima (verso l'alto) indicano vallette o canaloni, quelle con curvatura rivolta verso il basso (a valle) indicano costoni o prominenze. Per ottenere le carte topografiche si fa , in genere, riferimento alle tavolette dell’ I.G.M. (Istituto Geografico Militare) che adotta segni e colori convenzionali: in nero sono disegnati i particolare del terreno opera dell’uomo (ponti, strade, muri, linee elettriche, ecc), in azzurro è indicata l’idrografia (laghi, fiumi, torrenti, ecc.), in marrone sono rappresentati i rilievi del terreno (curve di livello, scarpate, ecc)
mentre le rocce sono sempre stampate in nero per risultare più evidenti, in verde viene generalmente rappresentata la vegetazione e in rosso quasi tutte le vie di comunicazione (sentieri CAI compresi). Vicino ai segni grafici sono riportati i nomi che vi si riferiscono. Le zone alberate sono indicate con circoletti singoli per il bosco rado, o tripli per il bosco fitto. La simbologia delle vie percorse dai soli pedoni è così articolata:
  • sentiero facile:    solo trattini   ---------
  • sentiero difficile:  solo puntini   ...........
  • mulattiera:    trattini e puntini   -.-.-.-.-   
  • vie ferrate:              crocette  + + + +

Il simbolo del sentiero segnato è una linea rossa continua per le mulattiere, una linea tratteggiata rossa per i sentieri facili e una serie di puntini per i difficili. Una serie di crocette rosse indica invece una via ferrata o un tratto attrezzato difficile. Bisogna fare attenzione a non confondere le linee di confine più marcate con quelle di sentiero. Se un sentiero segue parallelamente una curva di livello significa che si snoda in piano, sempre alla stessa quota. Se taglia due o più isoipse sta salendo se va verso la cima, o scendendo se va verso la valle; la direzione la si deduce guardando le quote altimetriche. Quando le curve sui chiudono su se stesse ci si sta avvicinando alla cima; la vetta è segnalata da un punto o da un triangolino (se la quota e la posizione sono determinate esattamente) con la quota corrispondente. I punti indicati con i triangolini sono quelli più rilevanti per la determinazione del punto. Se le curve si chiudono in maniera concentrica e diminuiscono di altezza verso il centro che c'è una depressione. Più sono vicine tra loro più nella realtà il terreno è ripido, e viceversa; una zona priva di isoipse indica un pianoro. Se le isoipse hanno una distanza regolare anche il pendio è regolare; se invece sono meno fitte verso il basso e più fitte verso l'alto siamo di fronte ad un pendio concavo; al contrario più fitte in basso e meno in alto, allora il pendio è convesso. Più la curvatura è stretta più la valle è incassata o la prominenza è spigolosa. Naturalmente un corso d'acqua scorrerà tra due rilievi o in un avvallamento. Se un sentiero segue parallelamente una curva di livello significa che si snoda in piano, sempre alla stessa quota. Se taglia due o più isoipse sta salendo se va verso la cima, o scendendo se va verso la valle; la direzione la si deduce guardando le quote altimetriche. Quando le curve sui chiudono su se stesse ci si sta avvicinando alla cima; la vetta è segnalata da un punto o da un triangolino (se la quota e la posizione sono determinate esattamente) con la quota corrispondente. I punti indicati con i triangolini sono quelli più rilevanti per la determinazione del punto. Se le curve si chiudono in maniera concentrica e diminuiscono di altezza verso il centro che c'è una depressione. Più sono vicine tra loro più nella realtà il terreno è ripido, e viceversa; una zona priva di isoipse indica un pianoro. Se le isoipse hanno una distanza regolare anche il pendio è regolare; se invece sono meno fitte verso il basso e più fitte verso l'alto siamo di fronte ad un pendio concavo; al contrario più fitte in basso e meno in alto, allora il pendio è convesso. Più la curvatura è stretta più la valle è incassata o la prominenza è spigolosa. Naturalmente un corso d'acqua scorrerà tra due rilievi o in un avvallamento. Utilissimi ai fini dell’orientamento sono gli acquedotti e gli elettrodotti  che sono molto visibili, gli uni per le evidenti tracce rettilinee che solcano i boschi, gli altri per le alte strutture. Gli acquedotti sotterranei sono riconoscibili dai tubi delle prese d’aria e dai tombini. Un altro segno importante è il passo o valico indicato sul sentiero con due parentesi opposte e capovolte ) (. I corsi d’acqua sono riportati in azzurro e scorrono sempre in canaloni o vallette. Quelli tratteggiati indicano gli impluvi, che si riempiono solo quando piove; quando il segno azzurro del corso d’acqua è interrotto da due trattini paralleli viene evidenziata una cascata. Le fonti sono indicate con una goccia, con una P vicino se sono perenni. I fontanili sono riportati con un rettangolo azzurro sormontato da un trattino.

I dirupi sono disegnati con tratteggi, così come le zone rocciose mentre una serie di puntini identificano le pietraie.

Argini di torrenti, fossi e terrapieni sono disegnati con dei triangolino, con la base rivolta verso la parte più bassa o verso la parte più alta. Non dimenticate mai che risulta di fondamentale importanza saper interpretare al meglio la conformazione del terreno sulla cartina per essere in grado di scegliere la direzione corretta da seguire, soprattutto se si ha smarrito la direzione giusta.
La posizione di un oggetto nello spazio è sempre relativa ad un punto di riferimento: sta sopra o sotto, oppure a destra o a sinistra di qualcosa. Le carte topografiche contengono un’enorme quantità di informazioni, ma una carta non è utilizzabile fino a quando non conosciamo la nostra posizione sulla carte e l’orientamento. La posizione normalmente è nota a chi impiega la carta, almeno al momento  in cui parte, e se è bravo saprà sempre dove si trova. Un buon orientista non è un tipo che non si perde mai, ma uno che sa ritrovare il sentiero, quantomeno per tornare al punto di partenza. Il senso di orientamento facilita le cose ma potremmo restare disorientati quando torniamo indietro perché il paesaggio è completamente diverso da come è apparso ai nostri occhi. Voltiamoci sempre indietro quando il sentiero in un bosco, in un canalone o semplicemente dopo una curva. Annotiamo ogni particolare importante che potrebbe tornare utile sulla via del ritorno. Poniamoci delle domande quando consultiamo la carta: il sentiero sale o scende? Il lato del monte devo averlo a destra o a sinistra? Quel rilievo lo dovrò oltrepassare sulla sinistra o sulla destra? La corrente del torrente dovrebbe scorrere verso destra o verso sinistra?Fino dalla partenza dobbiamo individuare dei punti di riferimento che non dovremo mai più perdere di vista senza prima averli sostituiti con altri più evidenti. Altrettanto importanti sono i riferimenti che ci lasciamo alle spalle.

L’orientamento consiste nel trovare i punti cardinali: nord (N), est (E), sud (S), ovest (O) talvolta indicato con W (west). Orientare significa volgere verso oriente, in effetti trovato l’est ogni altro punto cardinale diviene noto. Basta rivolgere la fronte verso est, alle spalle avremo l’ovest, alla destra il sud e a sinistra il nord. Quando il cielo non è troppo nuvoloso il sole di mezzogiorno ci da la direzione del sud; basta piantare per terra un bastone verticale e osservare la sua ombra: a mezzogiorno l’ombra ci indicherà il sud perciò rivolgendo la fronte a sud avremo alle spalle il nord, a sinistra l’est e a destra l’ovest. Ma bisogna fare attenzione perché in alcuni mesi dell’anno è in vigore l’ora legale, l’osservazione va allora fatta alle 13, non più a mezzogiorno. Il metodo in realtà è un po’ rozzo a causa del fuso orario e per il fatto che il sole indica esattamente il sud solo due volte l’anno, c’è un errore di alcuni gradi ma resta comunque il metodo più potente di orientamento. Non sempre però possiamo attendere il mezzogiorno per determinare la posizione; adottiamo allora un altro metodo. Dopo aver piantato nel terreno il bastone osserviamone l'ombra. Mettiamo un sasso sulla sommità dell'ombra e facciamo passare 20 o 30 minuti, quindi mettiamo un altro sasso sulla sommità dell'ombra che si sarà spostata. Unendo con una riga i due sassi otterremo la direttrice est-ovest. Il secondo sasso indicherà l'est perché l'ombra si sposta in direzione opposta al movimento apparente del sole.Un altro metodo, alquanto noto ma non troppo preciso è il cosiddetto metodo dell’orologio. Tutto ciò che si deve fare è puntare la lancetta delle ore in direzione del sole e poi immaginare dove si troverebbe un’altra lancetta che indicasse un tempo esattamente metà. Ad esempio se la lancetta delle ore indica le 10 di mattina bisognerà immaginare la posizione di una lancetta che indicasse le 5. Se però la lancetta delle ore indicasse le 10 di sera, cioè le 22, allora bisognerebbe immaginare la posizione di una lancetta che indicasse le 11 (la metà di 22 è appunto 11). Ebbene quella lancetta ideale indica il nord; quindi volgendo la fronte a nord avremo alle spalle il sud, a destra l’est e a sinistra l’ovest. Alle nostre latitudini  questo metodo comporta un errore di circa 30°.  Anche osservando attentamente il terreno si può trovare qualche indicazione che faciliti l’individuazione dei punti cardinali. Il muschio sugli alberi o sulle rocce, la neve residua più abbondante o neve trovata a quote più basse indicano il nord. Le rocce e i versanti più puliti indicano il sud. Il metodo è piuttosto rozzo ma in montagna spesso anche un’indicazione approssimativa può essere utile. Una bussola, anche molto semplice, può servire a trovare il nord. Esiste una differenza tra il nord geografico e il nord magnetico indicato dalla bussola, ma per le applicazioni pratiche tale differenza non è rilevante; d'altronde anche la posizione dell'ago difficilmente verrà apprezzata con un errore minore di 3°. Per orientare la carta sarà sufficiente appoggiare la bussola su di essa, tenendola orizzontale, e ruotare lentamente il tutto fino a quando la direzione nord-sud della carta verrà ad allinearsi con la direzione dell'ago; con il nord della carta dalla stessa parte dell'estremità nord dell'ago della bussola. Finora abbiamo parlato dei punti cardinali ma ogni direzione può essere importante e può essere quella di interesse. Conviene suddividere l'orizzonte in 360° e indicare ogni direzione con l'angolo tra il nord e la direzione stessa. L'angolo così determinato, azimut, viene misurato i gradi e viene misurato partendo dal nord e andando in senso orario. Naturalmente se per andare da un punto ad un altro si procede con un certo azimut, nel viaggio di ritorno l'azimut risulterà aumentato o diminuito di 180°. La bussola, durante la determinazione del nord, va sempre tenuta in orizzontale e mantenuta lontana da masse ferrose, durante la ricerca conviene stare in piedi e ruotare tutto il corpo. Così facendo risulta più facile mantenere la memoria della direzione trovata.

E’ indubbio che per poter utilizzare una carta si deve conoscere il nord, però la carta stessa iuta a trovarlo. E’ relativamente facile in zone aperte, basta individuare sulla carta un particolare del terreno, come una collina, la confluenza di un torrente, un manufatto,ecc che vediamo distintamente davanti a noi e subito siamo in grado di dire dov’è il nord, che viene appunto letto sulla carta stessa con un metodo molto semplice e accurato. Innanzi tutto individuare sul terreno una linea che unisca idealmente il punto di osservazione con diciamo la collinetta individuata in precedenza.

Individuare sulla carta la linea retta che unisce il punto dove ci troviamo con la collinetta, in parole povere facciamo sulla carta ciò che abbiamo fatto in precedenza sul terreno. Tenere la carta orizzontale e ruotarla fino a far coincidere la retta immaginata sulla carta con quella immaginata sul terreno; abbiamo orientato la carta. Adesso il nord indicato sulla carta coincide esattamente col nord geografico, quella è la linea meridiana.E' possibile "fare il punto" anche usando l'altimetro se riconosciamo sulla carta il sentiero che stiamo percorrendo. L'altimetro è praticamente un barometro tarato in modo che al diminuire della pressione atmosferica l'ago segni la correlativa quota altimetrica. Essendo un barometro è sensibile agli sbalzi di pressione, quando il tempo peggiora può esserci una diminuzione di pressione che falsa l'indicazione (segnerà una quota più alta del normale). Perciò ogni volta che raggiungiamo una quota segnata sulla carta è opportuno tarare lo strumento. Conoscendo il sentiero, sulla carta, che stiamo percorrendo possiamo individuare il nostro punto individuando l'isoipsa relativa alla quota indicata dall'altimetro che interseca il sentiero stesso.
La nebbia falsa i rumori per cui è prudente, camminando in gruppo, restare sempre uniti e fermarci tutti per attendere chi eventualmente debba sostare. Ma se la nebbia è molto fitta e stiamo procedendo su terreno scosceso e non segnato dobbiamo fermarci ed attendere un miglioramento. Se il sentiero è segnato dovremo evitare di fare affidamento solo sul capofila e seguire tutti quanti i segni, è facile distrarsi e sbagliare strada. In caso di nebbia fitta è prudente mandare avanti un paio di persone a cercare il segno successivo mentre il gruppo resta in prossimità dell'ultimo segno trovato. Se minaccia cattivo tempo e stiamo percorrendo un sentiero non segnato, si devono lasciare segni evidenti e ben visibili ad ogni punto dubbio.
La notte è magica ma rende tutto maledettamente complicato. Ci possiamo perdere più facilmente, non vediamo distintamente i punti di riferimento nel paesaggio, non sono ben individuabili buche e burroni. Se la luna illumina il sentiero sarà tutto più semplice, altrimenti diventa indispensabile usare le lampade frontali che lasciano libere le mani e si orientano dove volgiamo lo sguardo. Le luci di un paese possono servire come riferimento. Adottiamo gli stessi accorgimenti della marcia con la nebbia ma in caso di difficoltà conviene cercarsi un riparo e attendere l'alba. Di notte senza bussola, per capire dov'è il nord, possiamo utilizzare le stelle: la Stella Polare. Ricordiamoci che ci indicano con buona precisione il nord ma non consentono di trovare gli altri punti. Sono comunque utilissime per orientare la cartina o per seguire una direzione approssimativa, per esempio andando in una certa direzione troveremo un strada, ecc, se la nostra meta non è un punto preciso.

La Stella Polare è l'ultima che forma il timone della costellazione del Piccolo Carro o Orsa Minore. E' luminosa mentre la costellazione nel suo insieme lo è poco. Per rintracciarla occorre individuare la costellazione, più visibile, del Grande Carro, individuare le due ruote posteriori e prolungare idealmente la linea che le unisce fino ad una distanza apparente di quattro volte la distanza tra le ruote. La Stella Polare si trova approssimativamente in questo punto.

La posizione della Luna in cielo muta durante la notte e durante il mese in base alle fasi lunari. E' però vero che dovunque la Luna si trovi la sua posizione muta poco nello spazio di un'ora. Perciò può rappresentare un semplice e immediato aiuto all'orientamento, una volta stabilito in che direzione si trova al momento della partenza. Nel primo quarto (crescente) ha la gobba rivolta a ponente, nell'ultimo quarto (calante) ha la gobba rivolta a levante. Nella fase di luna piena sorge ad est alle 18, è a sud alle 24 e tramonta da ovest alle 6. Tuttavia possiamo orientarci anche se non conosciamo i punti cardinali, dobbiamo orientare la carta aprendola davanti a noi e girandola in modo che i segni convenzionali siano posti nella stessa direzione dei particolari del paesaggio che rappresentano. Facciamo allora il punto riconoscendo sulla carta i punti di riferimento del territorio, poniamo un riferimento, anche un sassolino ma attenzione che non scivoli, sul segno convenzionale del nostro primo obiettivo (il primo riferimento nel territorio). Traguardiamo col sassolino l'obiettivo e disponiamo un rametto o un robusto filo d'erba sulla stessa direttrice (verso di noi) senza muovere la cartina. Utilizziamo lo stesso metodo con un altro obiettivo, il punto in cui i due ramoscelli (o fili d'erba) si incontrano è il nostro punto di stazione. Anche il vento può essere di aiuto: quando c'è un vento dominante utilizzando un filo d'erba o guardando la direzione delle nubi, o lasciando cadere un pugno di terra asciutta sapremo da che direzione spira. Sappiate che per diverse ore non cambierà direzione. Se ci smarriamo non disperiamoci. Prima di proseguire raggiungiamo una posizione aperta e dominante per poter osservare il paesaggio. Aiutandoci col binocolo, se lo abbiamo, cerchiamo di fare il punto con uno dei metodi descritti. Un caso contrario lasciare qualcuno del gruppo al punto di stazione e far esplorare il terreno circostante da uno dei più esperti alla ricerca del sentiero. Se il gruppo è numeroso gli esploratori procederanno a raggiera, se a spostarsi sarà uno solo descriverà un cerchio intorno alla base del punto di osservazione curando di lasciare tracce evidenti e univoche per tornare alla base. Se ciò che cerchiamo sta da un lato preciso il gruppo potrà avanzare in fila alla distanza di una decina di metri l'uno dall'altro mantenendo il contatto visivo. Alla base verrà lasciato almeno un componente. L'ultimo elemento del gruppo lascerà sul terreno delle tracce evidenti. Se il sentiero è sconosciuto, davanti ad un bivio, conviene fermare il gruppo e mandare avanti due esploratori per 400 - 500 metri che riferiranno sulle caratteristiche del sentiero. Se invece il gruppo deve procedere fuori sentiero è bene che qualcuno faccia da esploratore per evitare per evitare che tutti si affatichino a risalire dopo passaggi sbagliati; ovviamente per lo stesso motivo all'esploratore va dato regolarmente il cambio. Per valutare la distanza bisogna tener conto che su terreno accidentato, con molto caldo, con foschia o al tramonto le distanze ci sembreranno più grandi. Su terreno piatto, con l'aria limpida se c'è molto contrasto tra lo sfondo e il nostro obiettivo, se il punto di arrivo è in basso rispetto a noi, allora le distanze ci sembreranno più piccole. In ogni caso è bene ricordare che fino ad 1,5 Km di distanza si distinguono le finestre delle case e le auto in movimento mentre le persone sono appena visibili. A 3,5 - 4 Km le finestre sono dei puntini ma i contorni delle case sono ben nitidi. A 5 - 6 Km si distinguono solo i profili degli alberi isolati