U.O.E.I.
UNIONE OPERAIA ESCURSIONISTI ITALIANI
Sezione "Antonio Tessa" - RIPA DI VERSILIA
 
Alpi Apuane Meridionali - MONTE LIETO

Percorso:ad anello da Valdicastello Segnaletica:segni rossi solo a tratti
Dislivello: m.circa 910 Tempo di percorrenza: ore 4 circa
Classificazione: E Punti sosta: paese di Sant' Anna
Acqua: Valdicastello , Sant' Anna e lungo il percorso (non sempre) Periodo consigliato: tutto l'anno in assenza di neve
La Valle di Castello racchiude in un fazzoletto interessanti peculiarità di natura storica e ambientale come le sue miniere risalenti, alcune, all'età romana. Entrando nel paese si ha la sensazione di entrare in una valle piena di mistero e dotata di copiosi incantesimi naturali. Ma Valdicastello è forse più nota perché ha dato i natali al poeta Giosuè Carducci che vi nacque nel 1835; la casa natia, monumento nazionale, fu acquisito dal Comune di Pietrasanta nel 1912 con una pubblica sottoscrizione e oggi conserva ricordi e cimeli.
Valdicastello è facilmente raggiungibile da Pietrasanta seguendo la Sarzanese Valdera in direzione Camaiore. Nei pressi del cimitero si deve svoltare a sinistra, proseguendo poi sempre dritto si raggiunge il paese dove si deve lasciare l'auto nei pochi spazi disponibili.
Il percorso scelto non presenta difficoltà, anche se è assai faticoso per il discreto dislivello da superare, è l'ideale per iniziare la stagione escursionistica o per un'escursione comunque poco impegnativa. Vuoi per la località insolitamente vicina, vuoi per la facilità con cui la si raggiunge, partiamo tutti alla spicciolata incuranti delle prime gocce d'acqua che a tratti cadono. Siamo comunque in 18, non male. Lasciate le auto seguiamo la carrozzabile che si inoltra nella vallata fino al bivio in località Piovane; qui si deve svoltare a sinistra raggiungendo quasi subito il tiro a volo. Ci affrettiamo perché il percorso deve obbligatoriamente attraversare il campo di tiro, che chiude la vallata in basso, dove alle 9 iniziano le attività. Raccomandiamo a tutti coloro che volessero ripetere l'escursione di arrivare a questo punto in tempo e, al ritorno di non percorrere assolutamente lo stesso itinerario seguito per la salita. Si accede al campo di tiro passando attraverso le postazioni dei tiratori, si attraversa il campo disseminato di piattelli rotti e cartucce, incontrando sulla sinistra un sentiero in salita sufficientemente pulito e segnalato da sbiaditi segni rossi. Per ovvi motivi è opportuno lasciare alla svelta la zona, gli addetti al poligono non consentono l'attività finché c'è gente entro il perimetro, ma è comunque buona norma non indugiare inutilmente.
Superata una precaria recinzione, comunque ben segnalata con nastri bianco-rossi e cartelli, possiamo iniziare a goderci l'ambiente che riserverà vere sorprese: frequenti cascatelle, vegetazione lussureggiante, torrenti dalle acque e dal fondo rossastro a causa del minerale ferroso e tante tracce delle antiche attività estrattive. Frequenti anche i metati e le immagini votive a testimonianza di come un tempo la preghiera era spesso l'unica difesa dagli incidenti sul lavoro così frequenti in miniera. Il sentiero inizia subito a salire decisamente, in parte seguendo la vecchia mulattiera, e dove questa non esiste più inerpicandosi tra i castagni. Il fondo si rivela subito assai scivoloso a causa del muschio e dell'umidità, si deve fare molta attenzione e usare i bastoncini per evitare pericolose cadute.
Lasciamo l'alveo del torrente Canale di Fondo. Incontriamo i primi ruderi, resti di impianti estrattivi ma anche abitazioni a testimonianza di come un tempo questa zona, ora interamente boscosa, fosse interamente sfruttata. A metà costa il sentiero, che ora è poco più di una traccia con rari segni sbiaditi, incontra nuovamente i resti della mulattiera in prossimità del rudere di un vecchio impianto minerario che deve essere aggirato dal basso, non si deve seguire la mulattiera. Dopo pochi metri ci troviamo di fronte all'ingresso di un'antica miniera sfruttata per la prima volta dai romani. Siamo in località Argentiera, un toponimo che ricorre più volte in Alta Versilia perché dalle nostre montagne non si estraeva solo ferro.
Qui il terreno è fradicio e ricco di rigagnoli, si deve fare attenzione. Procedendo sempre nel bosco e in salita giungiamo ad incontrare una strada forestale che dovremo seguire fino ad un bivio. Svoltiamo a sinistra e in breve siamo sulla strada asfaltata che da Sant'Anna conduce al Sacrario. Le previsioni promettevano un miglioramento ma qui invece piove, una pioggerellina fine e gelata che in realtà cade già da un po' ma ora bagna veramente. Indossiamo le giacche a vento mentre il Monte Lieto, la nostra meta, è interamente nascosto dalla nebbia. Seguiamo la strada in discesa per un breve tratto per poi piegare a destra incontrando il sentiero segnalato (segnavia 3) che proseguendo in discesa conduce verso la Foce di Sant'Anna. Lungo il sentiero c'è ancora neve ma non costituisce un problema, non è ghiacciata ma per nostra fortuna neanche fradicia. Il vento è ora davvero gelido e continua a piovere, decidiamo di ripararci momentaneamente presso alcune case poco distanti dalla Foce per riflettere sull'opportunità di salire in vetta, da qui facilmente raggiungibile ma interamente incappucciata. Di panorama non ne vedremo certamente e lo sperato miglioramento sembra non esserci.
Fa davvero freddo, non abbiamo voglia di bagnarci per salire in vetta senza godere del panorama che speravamo. Sono solo le 11 c'è ancora molto tempo, decidiamo di recarci al Sacrario di Sant'Anna eretto in perenne ricordo dell'eccidio nazista, una tappa peraltro prevista,per un momento di riflessione sull'atrocità della guerra, di tutte le guerre. Un gruppetto di irriducibile sale comunque in vetta per ridiscendere per un altro sentiero. Chi volesse ripetere la nostra escursione salendo in vetta al Monte Lieto può farlo senza problemi imboccando il sentiero che inizia proprio di fianco alle case che ben si vedono dalla Foce; il percorso non presenta problemi. A Sant'Anna di Stazzema il 12 agosto 1944 arrivarono quattro compagnie di SS del secondo Battaglione, la quinta, la sesta, la settima e l'ottava. Li guidava il fu capitano Anton Galler, un ex fornaio. I nazisti radunarono vari gruppi di persone, trascinandole fuori di casa, per ucciderle: alla fine le vittime di questa strage furono 560, tra cui molti anziani, donne e bambini. I tedeschi buttarono le bombe e poi diedero fuoco alle case. Tra quei massacratori c'erano anche degli italiani: lo dimostra una targhetta, che ora è nel museo, con la scritta "Stalag IB-NR 749 I". IB è la sigla del campo, che secondo ricerche fatte da Mancini (curatore del museo di Stazzema) è nei pressi di Stettino, in Polonia, NR 749 è la matricola del soldato, la I indica la nazionalità italiana: evidentemente un militare del nostro paese passato ai tedeschi. Entrò in azione anche un discreto numero di collaborazionisti, almeno una quindicina. Guidarono i nazisti per le impervie mulattiere che portavano a Sant'Anna, si caricarono sulle spalle cassette di munizioni. Una particolare citazione merita Aleramo Garibaldi, noto fascista locale. L'11 agosto, il giorno prima della strage, aveva cercato un rifugio per la moglie e le due figlie: un indizio macroscopico che l'eccidio era stato veramente programmato. All'arrivo la nostra attenzione è immediatamente catturata dalle bandiere. Nel vento del colle sventolano la bandiera italiana con a fianco la bandiera europea e la bandiera tedesca. Un'immagine significativa di come in Europa sono cambiati i tempi e di quanta distanza ci sia oramai da quelle ideologie scellerate. Una bellissima immagine che non commentiamo, un'immagine che ci entra nel cuore. Indugiamo a lungo sul piazzale del Sacrario. Oramai è mezzogiorno così ci fermiamo a mangiare poco lontano. Che disdetta ! Ora il tempo migliora veramente, la vetta del Lieto pian piano si scopre, invidiamo solo un poco i temerari ma dentro di noi sappiamo che volevamo soprattutto venire al Sacrario. Non fa poi molto freddo ma un burlone accende un fuoco, scherzi e battute ma poi siamo in molti a sistemarci vicino, anche se solo perché il fuoco fa compagnia. Scendiamo verso il paese, sembra di camminare sull'olio tanto il selciato è scivoloso; nonostante tutto arriviamo integri. Ci fermiamo un po' in paese per una visita alla chiesa e un momento di riflessione al monumento, dietro la chiesa, che ricorda i piloti di un elicottero militare precipitato nel 1964 durante un volo di soccorso alla popolazione locale.
Scendiamo verso Valdicastello seguendo la mulattiera che da qui in poi è ben tenuta. La mulattiera inizia dall'abitato, scende subito i ripida discesa raggiungendo i castagneti immediatamente sotto il paese. Non è segnalata ma non c'è pericolo di sbagliare basta seguirla! Basta fare attenzione al selciato perché se è bagnato si scivola. Dopo pochi metri scopriamo, però, che la neve caduta abbondante ha fatto dei danni. Sono molti gli alberi divelti che ci costringono ad autentiche acrobazie, purtroppo si verificano anche alcune cadute, fortunatamente senza alcuna conseguenza se non per il morale. Quando i castagni cominciano a lasciare il posto agli oliveti, in stato di abbandono, si vedono chiaramente i resti delle miniere, tetri cunicoli nella montagna che fanno ancora impressione. E' davvero difficile pensare alla fatica e alle sofferenze della gente che vi ha lavorato. Sono solo le 15,15 quando ritorniamo alle auto, un'ora del tutto insolita ma siamo soddisfatti. Questa escursione era stata pensata come una passeggiata per sgranchire le gambe dopo il torpore invernale, invece si è rilevata oltremodo appagante e ricca. Non esitiamo a raccomandarla a chiunque voglia compiere un'escursione facile che accomuni natura e storia.

Inizio pagina