U.O.E.I.
UNIONE OPERAIA ESCURSIONISTI ITALIANI
Sezione "Antonio Tessa" - RIPA DI VERSILIA
 
LIZZA DEL BALZONE   
9 luglio
Percorso:Ad anello da Ponte di Monzone Segnaletica:biancorossa CAI segnavia 39 - rossa - azzurra
Dislivello: m. 1083 Tempo di percorrenza: ore 7,30 circa
Classificazione: EE allenati Punti sosta: nessuno
Acqua: solo all'arrivo nel paese di Vinca Periodo consigliato: dalla primavera all'autunno da evitare in invernale
Oggigiorno basta salire anche una volta sola le Apuane per vedere qualche camion carico di enormi blocchi di marmo scendere a valle sulla rete di strade che oramai collegano tutte le cave, o sentire il rombo di qualche possente mezzo meccanico all’opera in cava. Un tempo però le strade non esistevano, i mezzi meccanici erano pochi e spesso inadeguati. Allora solo la fatica e l’arditezza di cavatori e canapari permettevano ai blocchi di scendere a valle su ripidissime e pericolose vie di lizza. In alcuni casi la tecnologia e la spregiudicatezza dei progettisti portavano alla realizzazione di opere che sembrano tutt’ora impossibili. Una di queste era la teleferica che con un lungo balzo consentiva di portare i blocchi dalla cima della parete del Balzone fino nella valle di Vinca nei pressi del Ponte di Monzone. Questa zona era un tempo importantissima per l’estrazione del marmo del bacino del Sagro, prima che all’inizio egli anni sessanta fosse costruita la carrozzabile che da Carrara conduce a Campocecina che ha spostato verso Carrara tutte le attività estrattive relative a questo bacino tutte il marmo estratto dal Sagro passava da qui. Infatti fino ad allora i blocchi venivano caricati, insieme agli autocarri, su una grandiosa teleferica costruita nel 1907 che dalla ripida parete del Balzone affacciata sul vallone della Canalonga, li trasportava 600 metri più in basso nella vallata di Vinca. Era un impianto grandioso, capace di trasportare solo 7 tonnellate di carico mentre i carichi maggiori venivano trasportati lungo la via di lizza che è, poi, la méta del nostro itinerario; nel 1930 l'intera struttura fu ammodernata e la portata aumentò a venti tonnellate. La stazione di partenza della teleferica è ancora visibile così come lo scivolo costruito sui bordi della parete: costituiscono un'opera mirabile di tecnica ed audacia.
La lizza del Balzone si trova nel selvaggio vallone della Canalonga, raggiungibile dalla strada che, in Lunigiana, da Monzone conduce a Vinca: ma come si raggiunge Vinca? Anzitutto è necessario percorrere l'autostrada della Cisa uscendo al casello di Aulla, per poi prendere la statale 63 del Passo del Cerreto; dopo aver percorso questa strada per circa 12 km. incontriamo un bivio presso cui bisogna svoltare a destra sulla statale 445 in direzione Castelnuovo Garfagnana, Lucca, che si percorre per altri 3,5 km. per poi svoltare a destra verso Gragnola, attraversare questo paese dirigendoci verso Equi-Terme, Monzone. Giunti a quest'ultimo paese si prende la strada per Vinca e dopo averla percorsa per circa 4 km. Si parcheggia l'auto proprio nel punto in cui la strada lascia il fondovalle prima di salire al paese con una serie di tornanti in corrispondenza di un ponte di legno che si trova sulla destra ad attraversare il torrente Lucido di Vinca.
L’idea dell’escursione nasce circa un anno fa quando arrivammo a Vinca intenzionati ad arrampicarci sulla Nattapiana. Le condizioni meteo non erano favorevoli così decidemmo di ripiegare su una sgambata per qualche facile sentiero. Strada facendo però… noi uoeini siamo fatti così, se non c’è un capo gita con la frusta ci lasciamo prendere la gamba! Cosi saliamo in vetta al Monte Sagro, andiamo a vedere gli ometti di Punta Tre Uomini (Puntone della Piastra) e… scendiamo lungo la lizza del balzone e… ci facciamo pure 4 Km di strada asfaltata per tornare a Vinca! Tutto questo però solo perché eravamo in pochi e non era un’escursione in programma, ben inteso!!!! Ci pensiamo sopra un bel po’ poi la mettiamo in programma con una variante, saliremo la lizza scendendo poi a Colonnata per uno spuntino a base di lardo. L’idea è buona e saporita ma… il percorso è troppo lungo perciò finiamo per ripiegare sul ritorno a Vinca. Gia, troppo lungo. Se avrete pazienza di leggere ancora! Partiremo da ponte di Monzone, saliremo la lizza per imboccare poi il sentiero (segnavia 39) per raggiungere Vinca tornando alla partenza usando le auto. Mmmmmm… si fa presto a dirlo! La lizza presenta indubbie difficoltà, alcuni passaggi delicati, una ripidissima salita che non molla mai col rischio costante di caduta di sassi dalla parete. Senza contare i danni che il torrente Canalonga può arrecare ad ogni pioggia. Informiamo i Soci delle difficoltà e alla partenza ci ritroviamo solo in dieci, intenzionati a salire il Balzone ad ogni costo, si fa per dire naturalmente. Alle 6,30 siamo puntualissimi davanti alla sede, solita confusione per disporre le macchine che dapprima sono troppe ma poi qualcuno resta appiedato, ovviamente in perfetto stile uoeino! Come inizio non c’è male anzi, un classico. Questa sarà una giornata indimenticabile, quando iniziamo così c’è sempre da divertirsi, massima attenzione ma assoluta spensieratezza e libertà. Arriviamo a Ponte di Monzone alle 8,00, subito il solito fiorentino fa “onfusione” per parcheggiare la macchina, Si, si, avete letto bene, un fiorentino e pure del Mugello! Non pensate subito male, fa parte da sempre del gruppo e purtroppo frequenta poco perché come tutti i fiorentini è di una simpatia unica. Ponte di Monzone non è una località, come dice il nome è un ponte sul torrente Lucido di Vinca costruito dove la strada di cava che conduce al Balzone sbocca sulla carrozzabile. Partiamo subito, vogliamo salire il più possibile prima che il sole inondi il canalone.
Il primo lungo tratto è sulla strada di cava che sale gradualmente fino al limitare del bosco, poi si inizia a salire su sentiero segnato ma non numerato (solo segni rossi) fino ad incontrare il letto del torrente. Questo è il tratto che ci preoccupa di più perché l’impeto delle acque modifica frequentemente l’orografia, il tracciato è realizzato alla meglio e potrebbe essere brutto. Con sorpresa notiamo subito i segni di vernice rossa fatti da poco, significa che il sentiero è stato pulito e sistemato. Quasi subito incontriamo ciò che resta della teleferica, resti di manufatti e la grossa corda d’acciaio (circa 10 cm di diametro) sono purtroppo tutto ciò che ancora rimane, ma almeno il sentiero resiste permettendo di non dimenticare. Perdere questi musei a cielo aperto sarebbe un peccato imperdonabile. Superiamo i primi tratti di torrente completamente asciutto, la siccità ha fatto evaporare anche le ultime pozzanghere, preoccupandoci un po’ per Giusy che potrebbe trovarsi in difficoltà. Invece con calma e tenacia supera ogni ostacolo senza problemi. Con sorpresa notiamo che chi ha ripulito il sentiero ha anche individuato un percorso alternativo alla salita lungo il torrente, deviando nel bosco è stata eliminata la parte più pericolosa. Si devono tuttavia superare alcuni passaggi su roccia che richiedono massima attenzione rendendo il percorso adatto solo ad esperti; non si deve dimenticare che stiamo salendo un traverso che taglia una parete quasi verticale. La via di lizza è un’ampia cengia sapientemente intagliata nella roccia. I primi metri sono ricoperti da un fitto tappeto erboso ma poi è solo roccia e sole; tanto sole, reso ancora più caldo dal riverbero della parete. Quasi ad ogni passo si vedono le tracce di tante fatiche, rocce profondamente incise dallo sfregamento dei canapi e blocchi di pietra magistralmente scalpellati per adattarli alle esigenze di una così ardita realizzazione.
I tratti in ombra sono sempre più rari, bastano pochi passi per salire di un metro, così guadagniamo quota rapidamente mentre il panorama sulla Canalonga diventa sempre più mozzafiato. Le pareti delle Torri di Monzone, frequentatissime vie di arrampicata, l’abisso che ci troviamo davanti avvicinandoci al bordo della via e la parete del Balzone che incombe strapiombante sono lo scenario in cui ci muoviamo quasi in silenzio. Ci fermiamo per prendere fiato, lo sguardo cade casualmente su alcune pietre che hanno un aspetto strano. Guardando meglio ci accorgiamo che gli strani disegni della superficie sono dei fossili di piante acquatiche venute in superficie quando l’innalzamento del fondo marino ha creato le Apuane. Ci mettiamo tutti a spaccare pietre per portarci a casa un ricordo che deve avere ben precise caratteristiche, deve essere bello e non pesare molto. Ci riusciamo e questa volta i sassi finiscono negli zaini per scelta e non per il solito scherzo da…
Poco prima della fine del canalone, prima cioè di sbucare sulla marmifera che conduce a Foce di Pianza, in una piccola vallata ricca di faggi, tagliamo verso destra oltrepassando il letto asciutto del torrente per spostarci sul lato opposto della gola raggiungendo il piazzale della teleferica di servizio (m.960), un meraviglioso terrazzo panoramico su tutta la valle sulla sommità di una parete perfettamente verticale, sono le 10.
Ci incamminiamo ora verso il bacino delle cave Walton fermamente intenzionati a tenere fede al programma, imboccare il sentiero 39 e tornare a Vinca. Per nessuna ragione al mondo saliremo sul Monte Sagro. Infatti, come premesso! Attraversiamo la cava e saliamo sul terrapieno dirigendoci speditamente verso il Sagro. Ah ma faremo la normale, niente “pettate” con questo caldo! Non vincete nulla però provate lo stesso ad indovinare: quale sentiero imbocchiamo?
Naturalmente la direttissima per la vetta che su versante nord è decisamente ripida (segnavia blu). Seguendo diligentemente i segni blu del sentiero di cresta, ben tracciato e assai frequentato, arriviamo ansanti in vetta alle 11,50. Siamo madidi di sudore, la giornata non è particolarmente calda e spira una leggera brezza ma il sole brucia e l’umidità è altissima (nella vicina città di Carrara raggiungerà il 100 %) e il dislivello superato è di tutto rispetto: 1083 metri. Guardiamo verso la spiaggia pensando ai bagnanti che la affollano, non li invidiamo neanche un po’! Ci fermiamo a riposare e mangiare ma la vista del percorso che dobbiamo ancora affrontare ci induce ben presto a ripartire; è comunque trascorsa un’ora, sono le 12,50. Scendiamo lungo il sentiero di cresta per compiere poi un lungo traverso in direzione della strada sterrata che corre verso Puntone della Piastra. Lungo la discesa abbiamo modo di vedere alcuni esemplari di Aquilegia del Borla, un endemismo che cresce solo in una ristrettissima area a cavallo tra il Monte Borla e il Monte Sagro. Il traverso, su roccette e paleo, è assai impegnativo per il rischio costante di scivolare. Tuttavia ci scappa pure qualche risata quando vediamo la Giusy agitarsi convulsamente nel tentativo di scacciarsi da dosso qualcosa, ha appoggiato un braccio su uno degli enormi formicai che costellano il tratto. Con qualche difficoltà, il percorso è interamente fuori sentiero, raggiungiamo la marmifera notando subito i segni del sentiero (segnavia 39), ora basta seguirli per arrivare a destinazione. La marmifera è lunga e monotona, per fortuna ci sono nugoli di farfalle che ci distraggono, sono così tante che a volte è difficoltoso passare senza calpestarle.
Raggiunto il colle Zappello (m. 1100) la strada torna ad essere un normale sentiero inoltrandosi nel bosco in leggera salita per poi scendere rapidamente. In molti tratti si deve prestare molta attenzione, alcuni punti sono protetti con una corda metallica quasi sempre inaffidabile. Però c’è ombra, e questo oggi è una gran cosa. Un tuono in lontananza ci fa notare che forse l’ombra è troppa, i previsti acquazzoni pomeridiani stanno arrivando, meglio affrettarci. Il sentiero compie un ampio giro mantenendosi costantemente nel bosco fino a raggiungere il letto del torrente Lucido e immettersi poi sulla carrozzabile asfaltata in prossimità del monumento al cavatore: una madonnina in marmo bianco ben visibile per lunghi tratti di sentiero e perciò punto di riferimento. I brontolii del temporale sono sempre più vicini, scendiamo in fretta rallentati solo dalle foglie che rendono infido il percorso. Attraversiamo il torrente completamente in secca su un ponte alquanto mal messo per inoltrarci tra i primi castagni. In poco tempo, però ora camminiamo veramente svelti, raggiungiamo il monumento e quindi la strada mentre il servizio meteo (prima la pelata di Marcè e successivamente solo per questioni di… quota, quella del sottoscritto) annuncia la caduta delle prime gocce di pioggia. Abbiamo attenzioni solo per la fontana che intravediamo dopo pochi metri; com’è piacevole l’acqua fresca sulla pelle sudata e polverosa! La pioggia aumenta ma le gocce sono comunque talmente poche che non riescono neppure a bagnare la strada, evaporano prima. Ora ci attendono 4 Km di asfalto, una serie di tornanti che sembrano non finire mai. Qualcuno temporeggia sorseggiando un caffè in paese, ma l’asfalto resta li ad attendere nero, bollente e tanto lungo; coraggio si scende! Gianfranco che proprio non lo digerisce cerca ogni possibile traccia per evitarlo riuscendo però solo a tagliare un paio di tornanti prima di arrendersi e continuare imprecando sommessamente. Deve fare proprio caldo per indurlo a perdere seppure lievemente la sua proverbiale compostezza! Alle 16.30 arriviamo finalmente alle auto che compaiono alla vista all’improvviso dopo l’ultimo tornante. Inutile scrutare il torrente, non c’è più neppure una goccia di acqua, solo una pozza di liquido nerastro, che schifo! Ma siamo stati previdenti! In paese abbiamo riempito le borracce, usiamo quest’acqua per rinfrescarci un poco; non è come mettere i piedi a mollo in una bella pozza di acqua corrente fresca, ma meglio che niente. Posso tuttavia garantire che dopo una camminata come questa i piedi ringraziano comunque.

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