U.O.E.I.
UNIONE OPERAIA ESCURSIONISTI ITALIANI
Sezione "Antonio Tessa" - RIPA DI VERSILIA
 
MONTE FALTERONA Capo d'Arno
11 giugno
Percorso:Ad anello dal paese diCastagno d'Andrea Segnaletica:biancorossa CAI e GEA segnavia 17 - 3 - 00 - 251 - GEASOFT00 - SOFT1 14
Dislivello: m. 447 in salita- m. 904 in discesa Tempo di percorrenza: ore 8 circa
Classificazione: E Punti sosta: Rifugio La Capanna (verificare se aperto)
Acqua: nel paese di Castagno d'Andrea, Fonte del Borbotto, Capo d'Arno Periodo consigliato: dalla primavera all'autunno
Scoprire nuovi ambienti è uno degli aspetti più affascinanti della nostra attività. D’altronde abituati all’asprezza delle Apuane la dolcezza dei crinali appenninici è un diversivo che attendiamo con ansia ogni volta che si presenta l’occasione di effettuarci un’escursione. Il Monte Falterona (m. 1654) non è un gigante degli Appennini pur tuttavia resta una montagna addirittura mitica. Il perché si scopre forse trecento metri più in basso della cima, sul fianco di sud-ovest, dove zampilla una sorgente, la sorgente dell’Arno. Mugello e Casentino così familiari per l’autodromo e per il Parco Nazionale sono però geograficamente piuttosto lontani dalla Versilia, l’uso del pullman è pressoché obbligatorio per un gruppo numeroso. Partiamo in 19 ma strada facendo saliranno altri amici che risiedendo nel Mugello ci faranno da guida. La partenza è prevista per le 6,15 ma complice anche un piccolo contrattempo, per carità trascurabile, due amici hanno semplicemente dimenticato a casa gli scarponi!!!! Partiamo con un po’ di ritardo. Poco male tanto troviamo sempre il modo di … allungare il percorso. Percorriamo l’autostrada A11 in direzione Firenze per immetterci sulla A1 in direzione Bologna uscendo a Barberino. La nostra escursione inizia dal paese di castagno d’Andrea un piccolo borgo adagiato sulle pendici del Falterona.
Per raggiungerlo, usciti dall’autostrada si devono seguire le indicazioni per Borgo San Lorenzo proseguendo in direzione di Pontassieve. Superato Borgo seguire le indicazioni per Forlì procedendo sulla SS67 fino al paese di San Godendo dove si svolta a destra seguendo le indicazioni. Giunti in paese si può parcheggiare proseguendo a piedi oppure percorrere la strada bianca (prosecuzione della strada principale) fino al parcheggio del Parco.
Da qui si deve obbligatoriamente proseguire a piedi. Noi scegliamo quest’ultima soluzione, in effetti alcuni km di carrozzabile sono piuttosto fastidiosi. Le previsioni meteo sembrano proprio sbagliate, in mattinata prevedevano cielo coperto in miglioramento dal primo pomeriggio, invece c’è il sole anche se la temperatura è insolitamente fresca. Un breve conciliabolo con i tre amici che si sono aggiunti a Borgo San Lorenzo serve per decidere il percorso: raggiungeremo la sorgente dell’Arno, poi la vetta del Falterona, quindi il Monte Falco per poi scendere lungo i crinali e tornare al paese. Circa 8 ore di cammino, anche stavolta abbiamo trovato il modo di allungare un poco il percorso. Basta salire un poco, seguendo inizialmente la strada bianca per accorgerci che il previsto vento da nord effettivamente c’è, meglio tenere indosso camicie e pile. Purtroppo il vento freddo sarà il tormentone della giornata. Superata la sbarra che costituisce uno degli ingressi al Parco nazionale delle Foreste Casentinesi, si giunge presso la Fonte del Borbotto (m. 1205) dove conviene fare rifornimento di acqua; poco dopo sulla destra inizia, in salita, il sentiero (segnavia 17) che si inoltra in una splendida faggeta.
La salita non è faticosa, la temperatura fresca, un piacevole inizio, sono le 9,30. In poco tempo raggiungiamo il Passo delle Crocicchie dove incrociamo il sentiero 00, itinerario di cresta fra il Monte Falterona ed il Monte Acuto. Si prosegue in discesa, sempre seguendo il segnavia n. 17 che poco dopo incontra una larga strada sterrata proveniente dalla Fattoria di Pantenna proseguendo verso sinistra, dopo poche centinaia di metri si arriva al prato sovrastante la sorgente dell'Arno detta Capo d'Arno(m.1372). Alla sorgente, il CAI Sezione di Firenze, ha apposto una lapide con i versi che Dante ha dedicato al fiume Arno nella Divina Commedia. Sono le 10,40 quando arriviamo. E’ un luogo carico di suggestione, dalla roccia sgorga un piccolo zampillo d’acqua che chilometri più a valle, dopo aver raccolto altre acque diventa il maestoso fiume che disseta Firenze e bagna le più belle città della Toscana. Dobbiamo ammetterlo per un attimo restiamo disorientati e ci vuole l’invito di qualcuno perché si inizi a scendere i pochi gradini che portano all’acqua. Come compiendo un rito, le allusioni al noto politico padano si sprecano, riempiamo le borracce prima di scattare la classica foto di gruppo.
Imbocchiamo ora il sentiero (segnavia 3) che attraverso la faggeta conduce verso il Lago degli Idoli. Sono ben visibili i lavori di manutenzione forestale, guardando meglio si nota la mancanza di grossi faggi a testimonianza che qui il bosco viene regolarmente tagliato. Sono posti ideali per i funghi, tra noi ci sono diversi appassionati che non perdono occasione per lasciare il sentiero e inoltrarsi nel bosco. Il vento però ha gia asciugato il terreno perciò niente funghi ad eccezione di pochissimi esemplari di dubbia classificazione. Il Lago degli Idoli (m. 1368) attualmente è poco più di una depressione, un tempo invece era un’ampia torbiera utilizzata migliaia di anni addietro come luogo di culto. Il piccolo lago, prosciugato nell'anno 1838 per effettuare gli scavi archeologici, ha restituito una stipe votiva che, allo stato attuale delle conoscenze, a ragione, può essere considerata la più ricca di reperti mai scoperta. Gli oggetti etruschi più rappresentativi della stipe erano i bronzetti a figura umana (oltre 600), di cui ancor oggi, purtroppo, risulta la sicura provenienza di soltanto una ventina di pezzi. Recenti scavi hanno portato al ritrovamento di altre migliaia di reperti. Il fondo della depressione è stato rivestito con un telo nel tentativo, attualmente in corso, di ricreare parte dell’ambiente umido andato perduto. Un pannello illustra la storia del sito e dei manufatti ritrovati; l’immagine di un guerriero suscita commenti entusiastici delle signore e il sarcasmo dei maschietti che a quanto pare perdono il confronto. Sempre seguendo il sentiero (segnavia 3) lasciamo la zona del lago dirigendoci verso I Fangacci da dove si può godere di una bella visione del casentino. In lontananza vediamo il Monte Pratomagno meta di precedenti escursioni suscitando il rincorrersi di idee per nuove avventure; intanto prendiamo nota poi vedremo! Pieghiamo a sinistra aggirando,in salita, la zona di Montelleri addentrandoci nuovamente nella faggeta. La salita è inizialmente graduale ma poi diventa dura. Il dislivello da superare non è molto ma lo si affronta di petto meglio procedere con calma. Solo l’ultimo tratto, comunque, è veramente ripido, poche centinaia di metri che fanno sudare nonostante il vento freddo. In questo tratto bisogna fare molta attenzione ai fili spinati dei vecchi recinti abbandonati sul terreno. La vetta, una radura sormontata da una croce e circondata da faggi, non dimentichiamoci che siamo a soli 1654 metri di quota e il bosco è rigoglioso, ci accoglie all’improvviso, sono le 12,10. E’ un sollievo vederla, ci eravamo abituati male oggi! Cerchiamo subito un posto riparato dal vento prima ancora di pensare al panorama, in vetta il vento fa sentire ancora più freddo. Come al solito chi si sdraia in mezzo al prato, chi si infila quasi sotto i cespugli, chi in gruppo. Il Falterona è comunque uno dei rilievi più alti della zona, dividendo le vallate del Mugello e del Casentino è un punto panoramico privilegiato; si comprende bene l’importanza che fin dalla notte dei tempi gli è stata attribuita. Ampie zone di prato sono tappezzate di viole dai petali però bruciati dal freddo tardivo. Il sole piacevolmente caldo che fa capolino induce a rilassarci qualcuno, prontamente preso di mira dagli scherzi, schiaccia anche un pisolino finché il vento non aumenta annunciando un possibile peggioramento.
Sono le 13,00 meglio non attendere oltre, zaino in spalla e via verso il monte Falco mentre le nuvole coprono il cielo, alla faccia delle previsioni che promettevano il contrario! Pochi metri dopo la radura pieghiamo a destra sul sentiero (segnavia 00) (soft GEA CT 4), un sentiero semplice e pianeggiante. IL paesaggio si fa gradualmente più selvaggio, compaiono i primi abeti che gradualmente sostituiranno i faggi. Il Monte Falco (m. 1657) e una terrazza panoramica sulla vallata e sulle balze di Poggio Piancancelli, raggiungibile attraverso la difficile Pista del Lupo, che non ha uguali. Proseguimao lungo il crinale mantenendoci sul sentiero 00 costeggiando la Riserva Integrale. E’ importante sapere, la palinatura è comunque chiara, che non è consentito addentrarsi nell’area se non seguendo scrupolosamente i sentieri segnati senza mai allontanarsi da essi. Scendendo leggermente di quota si incontrano gli impianti di risalita, decidiamo di abbandonare il sentiero per scendere lungo la pista fino alla strada bianca. Qui giochiamo un piccolo scherzo al Pietro che ha sempre la brutta abitudine di andare avanti non sapendo spesso dove deve effettivamente dirigersi. Lo vediamo imboccare decisamente la discesa, lo lasciamo scendere per un lungo tratto poi lo richiamiamo dicendogli che ha sbagliato strada. Ovviamente ci manda a quel paese ma quando vede il gruppetto scomparire dietro un dosso pensa bene che forse ha davvero sbagliato e risale di corsa. Solo quando, ansante, lo vediamo arrivare in cima gli diciamo la verità. Immaginate pure i commenti!! Alle 14,00 raggiungiamo il Rifugio La Capanna (m. 1483) prevedibilmente chiuso essendo usato quasi esclusivamente durante la stagione sciistica. Breve sosta tecnica per consentire alle signore ….
Ci incamminiamo ora sulla strada carrozzabile (segnavia 251) in discesa in direzione di Pian delle Fontanelle. La strada come sempre è una pizza ma stiamo attraversando un bosco rigoglioso che fa dimenticare tutto il resto. Arrivati nei pressi del Rifugio Fontanelle (m. 1389) imbocchiamo il sentiero (segnavia GEA SOFT 00) sulla sinistra in direzione di Colle Giogo (m. 1082). Dal colle si hanno due possibilità, noi preferiamo il sentiero di sinistra che corre a mezza costa, è più lungo e faticoso (!) (segnavia SOFT1 14) ma sembra che l’altro sentiero che scende verso il fondovalle attraversi una proprietà privata dove glie escursionisti non sono graditi. Scendiamo subito di quota poi è tutto un saliscendi che però mantiene sostanzialmente alla stessa quota. Si attraversano alcuni torrenti facilmente guadabili con un minimo di attenzione, il terreno di caccia preferito dei fotografi che restano però a bocca asciutta, neanche un piccolo scivolone. Cominciano a comparire i primi castagni e scendendo di quota i primi casolari, che notiamo sono in gran parte ristrutturati. Il sentiero dalla località Grigiola in poi diventa una strada forestale percorribile dai mezzi fuoristrada, è spesso interrotta da cancelli che devono essere richiusi dopo il passaggio, in queste zone pascolano animali allo stato brado. Superate le case di Castellina il sentiero diventa una bella strada bianca, siamo stanchi. Lungo la strada ci sono tanti ciliegi ma disdetta i frutti sono tutti acerbi, mannaggia!
Ora la fa da padrone il castagno, piante secolari di rara bellezza. Ne individuiamo uno, enorme e vecchissimo, cavo all’interno dove qualcuno si è divertito a sagomare una sorta di porta di ingresso. Il solito Piero non resiste, sentendosi eremita pretende una foto dell’albero con lui all’interno, simpatico ma anche una vera provocazione, come resistere a fargli cadere addosso qualcosa dall’alto? Impossibile. Perciò azione e via di corsa! La strada bianca termina in prossimità del cimitero di Castagno d’Andrea, qui si deve seguire la strada asfaltata (segnavia SOFT1 14)arrivando in pochi minuti al paese. Prendiamo d’assalto la fontana che troviamo lungo la strada, l’acqua fresca è un sollievo, tanta strada stanca assai più della salita. La gente che ci vede passare ci guarda incuriosita, capiamo che i pullman da queste parti sono assai rari. Vedere il nostro gruppo evidentemente gli ha risolto un bel enigma.
Ci togliamo gli scarponi ma non abbiamo voglia di partire, sono le 17,45, d’altronde sarebbe un peccato mortale non visitare la bella chiesa di San Martino che ospita un crocifisso, affresco di Pietro Annigoni. Ci rechiamo anche al centro visitatori del Parco dove facciamo “razzia” di materiale documentario. Presso il centro si possono vedere anche campioni delle rocce locali e la sezione di un tronco di castagno dove sono indicate, contando i cerchi di accrescimento, le dimensioni che la pianta aveva a partire da quando esisteva ancora il regno d’Italia, nonché la descrizione del ritorno del lupo su questi monti. Imperdibile.

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