Scoprire nuovi ambienti è uno
degli aspetti più affascinanti della nostra attività. D’altronde abituati
all’asprezza delle Apuane la dolcezza dei crinali appenninici è un diversivo
che attendiamo con ansia ogni volta che si presenta l’occasione di effettuarci
un’escursione. Il Monte
Falterona (m. 1654) non è un gigante degli Appennini pur tuttavia
resta una montagna addirittura mitica. Il perché si scopre forse trecento
metri più in basso della cima, sul fianco di sud-ovest, dove zampilla
una sorgente, la sorgente dell’Arno. Mugello e Casentino
così familiari per l’autodromo e per il Parco Nazionale sono però geograficamente
piuttosto lontani dalla Versilia, l’uso del pullman è pressoché obbligatorio
per un gruppo numeroso. Partiamo in 19 ma strada facendo saliranno altri
amici che risiedendo nel Mugello ci faranno da guida. La partenza è prevista
per le 6,15 ma complice anche un piccolo contrattempo, per carità trascurabile,
due amici hanno semplicemente dimenticato a casa gli scarponi!!!! Partiamo
con un po’ di ritardo. Poco male tanto troviamo sempre il modo di … allungare
il percorso. Percorriamo l’autostrada A11 in direzione Firenze per immetterci
sulla A1 in direzione Bologna uscendo a Barberino. La nostra escursione
inizia dal paese di castagno d’Andrea un piccolo borgo adagiato sulle
pendici del Falterona.
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Per raggiungerlo, usciti
dall’autostrada si devono seguire le indicazioni per Borgo San Lorenzo
proseguendo in direzione di Pontassieve. Superato Borgo seguire
le indicazioni per Forlì procedendo sulla SS67 fino al paese di
San Godendo dove si svolta a destra seguendo le indicazioni. Giunti
in paese si può parcheggiare proseguendo a piedi oppure percorrere
la strada bianca (prosecuzione della strada principale) fino al
parcheggio del Parco. |
Da qui si deve obbligatoriamente proseguire a piedi. Noi
scegliamo quest’ultima soluzione, in effetti alcuni km di carrozzabile
sono piuttosto fastidiosi. Le previsioni meteo sembrano proprio sbagliate,
in mattinata prevedevano cielo coperto in miglioramento dal primo pomeriggio,
invece c’è il sole anche se la temperatura è insolitamente fresca. Un
breve conciliabolo con i tre amici che si sono aggiunti a Borgo San Lorenzo
serve per decidere il percorso: raggiungeremo la sorgente dell’Arno, poi
la vetta del Falterona, quindi il Monte Falco per poi scendere lungo i
crinali e tornare al paese. Circa 8 ore di cammino, anche stavolta abbiamo
trovato il modo di allungare un poco il percorso. Basta salire un poco,
seguendo inizialmente la strada bianca per accorgerci che il previsto
vento da nord effettivamente c’è, meglio tenere indosso camicie e pile.
Purtroppo il vento freddo sarà il tormentone della giornata. Superata
la sbarra che costituisce uno degli ingressi al Parco
nazionale delle Foreste Casentinesi, si giunge presso la Fonte del
Borbotto (m. 1205) dove conviene fare rifornimento di acqua; poco dopo
sulla destra inizia, in salita, il sentiero (segnavia 17) che si
inoltra in una splendida faggeta.
La salita non è faticosa, la temperatura fresca, un piacevole
inizio, sono le 9,30. In poco tempo raggiungiamo il Passo delle Crocicchie
dove incrociamo il sentiero 00, itinerario di cresta fra il Monte Falterona
ed il Monte Acuto. Si prosegue in discesa, sempre seguendo il segnavia
n. 17 che poco dopo incontra una larga strada sterrata proveniente dalla
Fattoria di Pantenna proseguendo verso sinistra, dopo poche centinaia
di metri si arriva al prato sovrastante la sorgente dell'Arno detta Capo
d'Arno(m.1372). Alla sorgente, il CAI Sezione di Firenze, ha apposto una
lapide con i versi che Dante ha dedicato al fiume Arno nella Divina Commedia.
Sono le 10,40 quando arriviamo. E’ un luogo carico di suggestione, dalla
roccia sgorga un piccolo zampillo d’acqua che chilometri più a valle,
dopo aver raccolto altre acque diventa il maestoso fiume che disseta Firenze
e bagna le più belle città della Toscana. Dobbiamo ammetterlo per un attimo
restiamo disorientati e ci vuole l’invito di qualcuno perché si inizi
a scendere i pochi gradini che portano all’acqua. Come compiendo un rito,
le allusioni al noto politico padano si sprecano, riempiamo le borracce
prima di scattare la classica foto di gruppo.
Imbocchiamo ora il sentiero (segnavia 3) che attraverso
la faggeta conduce verso il Lago degli Idoli. Sono ben visibili i lavori
di manutenzione forestale, guardando meglio si nota la mancanza di grossi
faggi a testimonianza che qui il bosco viene regolarmente tagliato. Sono
posti ideali per i funghi, tra noi ci sono diversi appassionati che non
perdono occasione per lasciare il sentiero e inoltrarsi nel bosco. Il
vento però ha gia asciugato il terreno perciò niente funghi ad eccezione
di pochissimi esemplari di dubbia classificazione. Il Lago degli Idoli
(m. 1368) attualmente è poco più di una depressione, un tempo invece era
un’ampia torbiera utilizzata migliaia di anni addietro come luogo di culto.
Il piccolo lago, prosciugato nell'anno 1838 per effettuare gli scavi archeologici,
ha restituito una stipe votiva che, allo stato attuale delle conoscenze,
a ragione, può essere considerata la più ricca di reperti mai scoperta.
Gli oggetti etruschi più rappresentativi della stipe erano i bronzetti
a figura umana (oltre 600), di cui ancor oggi, purtroppo, risulta la sicura
provenienza di soltanto una ventina di pezzi. Recenti scavi hanno portato
al ritrovamento di altre migliaia di reperti. Il fondo della depressione
è stato rivestito con un telo nel tentativo, attualmente in corso, di
ricreare parte dell’ambiente umido andato perduto. Un pannello illustra
la storia del sito e dei manufatti ritrovati; l’immagine di un guerriero
suscita commenti entusiastici delle signore e il sarcasmo dei maschietti
che a quanto pare perdono il confronto. Sempre seguendo il sentiero (segnavia
3) lasciamo la zona del lago dirigendoci verso I Fangacci da dove
si può godere di una bella visione del casentino. In lontananza vediamo
il Monte Pratomagno meta di precedenti escursioni suscitando il rincorrersi
di idee per nuove avventure; intanto prendiamo nota poi vedremo! Pieghiamo
a sinistra aggirando,in salita, la zona di Montelleri addentrandoci nuovamente
nella faggeta. La salita è inizialmente graduale ma poi diventa dura.
Il dislivello da superare non è molto ma lo si affronta di petto meglio
procedere con calma. Solo l’ultimo tratto, comunque, è veramente ripido,
poche centinaia di metri che fanno sudare nonostante il vento freddo.
In questo tratto bisogna fare molta attenzione ai fili spinati dei vecchi
recinti abbandonati sul terreno. La vetta, una radura sormontata da una
croce e circondata da faggi, non dimentichiamoci che siamo a soli 1654
metri di quota e il bosco è rigoglioso, ci accoglie all’improvviso, sono
le 12,10. E’ un sollievo vederla, ci eravamo abituati male oggi! Cerchiamo
subito un posto riparato dal vento prima ancora di pensare al panorama,
in vetta il vento fa sentire ancora più freddo. Come al solito chi si
sdraia in mezzo al prato, chi si infila quasi sotto i cespugli, chi in
gruppo. Il Falterona è comunque uno dei rilievi più alti della zona, dividendo
le vallate del Mugello e del Casentino è un punto panoramico privilegiato;
si comprende bene l’importanza che fin dalla notte dei tempi gli è stata
attribuita. Ampie zone di prato sono tappezzate di viole dai petali però
bruciati dal freddo tardivo. Il sole piacevolmente caldo che fa capolino
induce a rilassarci qualcuno, prontamente preso di mira dagli scherzi,
schiaccia anche un pisolino finché il vento non aumenta annunciando un
possibile peggioramento.
Sono le 13,00 meglio non attendere oltre, zaino in spalla
e via verso il monte Falco mentre le nuvole coprono il cielo, alla faccia
delle previsioni che promettevano il contrario! Pochi metri dopo la radura
pieghiamo a destra sul sentiero (segnavia 00) (soft GEA CT 4),
un sentiero semplice e pianeggiante. IL paesaggio si fa gradualmente più
selvaggio, compaiono i primi abeti che gradualmente sostituiranno i faggi.
Il Monte Falco (m. 1657) e una terrazza panoramica sulla vallata e sulle
balze di Poggio Piancancelli, raggiungibile attraverso la difficile Pista
del Lupo, che non ha uguali. Proseguimao lungo il crinale mantenendoci
sul sentiero 00 costeggiando la Riserva Integrale. E’ importante sapere,
la palinatura è comunque chiara, che non è consentito addentrarsi nell’area
se non seguendo scrupolosamente i sentieri segnati senza mai allontanarsi
da essi. Scendendo leggermente di quota si incontrano gli impianti di
risalita, decidiamo di abbandonare il sentiero per scendere lungo la pista
fino alla strada bianca. Qui giochiamo un piccolo scherzo al Pietro che
ha sempre la brutta abitudine di andare avanti non sapendo spesso dove
deve effettivamente dirigersi. Lo vediamo imboccare decisamente la discesa,
lo lasciamo scendere per un lungo tratto poi lo richiamiamo dicendogli
che ha sbagliato strada. Ovviamente ci manda a quel paese ma quando vede
il gruppetto scomparire dietro un dosso pensa bene che forse ha davvero
sbagliato e risale di corsa. Solo quando, ansante, lo vediamo arrivare
in cima gli diciamo la verità. Immaginate pure i commenti!! Alle 14,00
raggiungiamo il Rifugio La Capanna (m. 1483) prevedibilmente chiuso essendo
usato quasi esclusivamente durante la stagione sciistica. Breve sosta
tecnica per consentire alle signore ….
Ci incamminiamo ora sulla strada carrozzabile (segnavia
251) in discesa in direzione di Pian delle Fontanelle. La strada come
sempre è una pizza ma stiamo attraversando un bosco rigoglioso che fa
dimenticare tutto il resto. Arrivati nei pressi del Rifugio Fontanelle
(m. 1389) imbocchiamo il sentiero (segnavia GEA SOFT 00) sulla
sinistra in direzione di Colle Giogo (m. 1082). Dal colle si hanno due
possibilità, noi preferiamo il sentiero di sinistra che corre a mezza
costa, è più lungo e faticoso (!) (segnavia SOFT1 14) ma sembra
che l’altro sentiero che scende verso il fondovalle attraversi una proprietà
privata dove glie escursionisti non sono graditi. Scendiamo subito di
quota poi è tutto un saliscendi che però mantiene sostanzialmente alla
stessa quota. Si attraversano alcuni torrenti facilmente guadabili con
un minimo di attenzione, il terreno di caccia preferito dei fotografi
che restano però a bocca asciutta, neanche un piccolo scivolone. Cominciano
a comparire i primi castagni e scendendo di quota i primi casolari, che
notiamo sono in gran parte ristrutturati. Il sentiero dalla località Grigiola
in poi diventa una strada forestale percorribile dai mezzi fuoristrada,
è spesso interrotta da cancelli che devono essere richiusi dopo il passaggio,
in queste zone pascolano animali allo stato brado. Superate le case di
Castellina il sentiero diventa una bella strada bianca, siamo stanchi.
Lungo la strada ci sono tanti ciliegi ma disdetta i frutti sono tutti
acerbi, mannaggia!
Ora la fa da padrone il castagno, piante secolari di rara
bellezza. Ne individuiamo uno, enorme e vecchissimo, cavo all’interno
dove qualcuno si è divertito a sagomare una sorta di porta di ingresso.
Il solito Piero non resiste, sentendosi eremita pretende una foto dell’albero
con lui all’interno, simpatico ma anche una vera provocazione, come resistere
a fargli cadere addosso qualcosa dall’alto? Impossibile. Perciò azione
e via di corsa! La strada bianca termina in prossimità del cimitero di
Castagno d’Andrea, qui si deve seguire la strada asfaltata (segnavia
SOFT1 14)arrivando in pochi minuti al paese. Prendiamo d’assalto la
fontana che troviamo lungo la strada, l’acqua fresca è un sollievo, tanta
strada stanca assai più della salita. La gente che ci vede passare ci
guarda incuriosita, capiamo che i pullman da queste parti sono assai rari.
Vedere il nostro gruppo evidentemente gli ha risolto un bel enigma.
Ci togliamo gli scarponi ma non abbiamo voglia di partire,
sono le 17,45, d’altronde sarebbe un peccato mortale non visitare la bella
chiesa di San Martino che ospita un crocifisso, affresco di Pietro Annigoni.
Ci rechiamo anche al centro visitatori del Parco dove facciamo “razzia”
di materiale documentario. Presso il centro si possono vedere anche campioni
delle rocce locali e la sezione di un tronco di castagno dove sono indicate,
contando i cerchi di accrescimento, le dimensioni che la pianta aveva
a partire da quando esisteva ancora il regno d’Italia, nonché la descrizione
del ritorno del lupo su questi monti. Imperdibile. |