A vederci sembriamo più un’armata
brancaleone che un gruppo di esperti escursionisti, chi indossa pantaloni
corti e maglietta magari rigorosamente in tinta e scarpe basse, chi pile
e chi addirittura giacche a vento leggere. D’altronde il clima è insolitamente
pazzo, c’è perciò da chiederci: chi avrà ragione? Con qualche patema d’animo
infine ci siamo tutti, 20 partecipanti, perché sapete il pullman passa
anche da Pietrasanta ma pur di dormire un quarto d’ora in più!!!!
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Ad ogni buon conto partiamo.
Percorriamo l’autostrada A12 in direzione nord uscendo al casello
di Bugnato proseguendo poi sulla viabilità ordinaria in direzione
di Varese Ligure
seguendo la provinciale SP523. Oltrepassato il paese si continua
sulla stessa strada che diventa tortuosa ma sempre agevole e molto
panoramica, raggiungendo infine Passo Cento Croci (m.1055) che segna
il confine tra Emilia Romagna e Liguria. |
Si racconta che, un tempo, il valico fosse infestato dai
briganti che, vestiti da frati, derubavano ed uccidevano i viandanti.
Il nome Cento Croci sarebbe derivato proprio dalle numerose croci poste
sul passo a ricordo dei viandanti uccisi. In prossimità dell’Albergo Cento
Croci si lasciano i mezzi imboccando il sentiero sulla sinistra in direzione
di un bosco di abeti. Scendiamo baldanzosi intirizzendo immediatamente,
accipicchia abbiamo lasciato una gradevole temperatura primaverile qui
fa un gran freddo accentuato dal vento teso. Indossiamo indumenti pesanti
e via, sono le 8,40. In pochi minuti aggiriamo il colle e subito ci rendiamo
conto che non fa poi così freddo, è il vento a farci rabbrividire. Il
sentiero (segnavia AV) inizia sulla destra della carrozzabile pochi
metri prima dell'albergo,è agevole, il panorama unico e… beh c’è qualche
recinzione da attraversare ma che importa.
In lontananza intravediamo le torri dei due generatore
eolici della piccola centrale elettrica. Ben presto il sentiero incontra
la carrozzabile asfaltata che conduce al Passo della Cappelletta, in effetti
era possibile andarci in pullman ma noi preferiamo camminare. Guardando
verso la Liguria possiamo intravedere il mare mentre alla nostra sinistra
si apre la Pianura Padana; i crinali sono ora dolcissimi con le mucche
al pascolo. Alle 9,50 siamo al Passo della Cappelletta (m. 1085), ci fermiamo
per guardare le enormi pale dei generatori eolici, pale che sfruttano
appunto l'energia naturale prodotta dal vento per fornire elettricità
ai paesi limitrofi. Con piacere notiamo i cantieri per l’installazione
di due nuove eliche. Qualcosa si sta finalmente movendo nella direzione
giusta? Di fronte alla Cappelletta un palo con i segnavia dell’Alta Via
dei Monti Liguri indica il percorso da seguire per giungere in vetta al
Monte Gottero. L’intero percorso è ben segnalato con i segnavia bianco-rossi
del CAI. Breve sosta prima di iniziare la salita vera e propria lungo
il crinale, sempre seguendo la segnaletica. Dopo poco si incontra il monumento
in memoria di un pilota militare precipitato qui nel 1966, nel corso di
un’esercitazione, ai comandi di un F
104, il caccia tristemente famoso col soprannome di “bara volante”
per i troppi incidenti che alcune versioni hanno avuto. Da ora in poi
è tutta salita, mai impegnativa ma costante fino alla vetta. Il vento
è quasi cessato, il sole orami alto fa sentire caldo; i pile finiscono
nello zaino mentre la fila si allunga. Aggiriamo il Monte Bertola, ignorando
le proteste di coloro che vorrebbero salire tutti i crinali decidiamo
di seguire il percorso dell’Alta Via giungendo ben presto al Passo del
Lupo (m.1165).
Un valico oggi dimenticato ma un tempo importante per
chi commerciava con la costa ligure come i contrabbandieri del sale. Qui
troviamo un antico cippo del XIX secolo posto a confine del Ducato di
Parma e Piacenza e il Regno di Sardegna, la faccia rivolta a nord porta
una P sormontata dalla corona ducale, quello opposta la croce sabauda.
Camminiamo oramai da un po’ nel bosco di faggi scattiamo molte foto stimolati
dal solito Erio che non esita ad arrampicarsi sui rami pur di immortalare
i particolari più belli. Ad ogni passo lo spettacolo diventa sempre più
affascinante, alberi magnifici sagomati dal forte vento e dal peso della
neve. Gia la neve! Sapevamo di poterne trovare ma non così tanta. I fino
a poco prima invidiati, ora pantaloni corti e scarpe basse diventano oggetto
di battute e qualche disagio per i possessori. Alcuni tratti sono piuttosto
impegnativi visto che qualcuno non vi era affatto preparato, poco male
scaliniamo la neve con gli scarponi e andiamo avanti tranquilli. A parte
qualche bella manciata di neve che arriva con micidiale precisione sulle
gambe nude di chi indossa pantaloni corti! Quasi tutti gli abeti hanno
la punta spezzata segno che di neve ne è caduta davvero tanta. Superato
il Monte Passo del Lupo (m. 1505) che aggiriamo sulla destra, ci attende
l’ultimo strappo, il più faticoso ma anche il più bello. Il bosco lascia
gradualmente il posto al prato ricoperto di crochi che lo fanno assomigliare
ad un tappeto fiorito. Alle 12,10 siamo in vetta al Monte Gottero (m.1639),
la vetta è sgombra dalla neve ma soffia un vento teso e gelido che sconsiglia
una lunga sosta. Ci copriamo velocemente in attesa di ricompattarci.
La vetta è segnata da una croce in ferro eretta nel 1933
in occasione dell’Anno Santo, contorta dalle intemperie che provocano
condizioni proibitive in inverno. Dalla vetta si gode un panorama spettacolare
sulle Alpi dal Monviso al Monte Baldo, sulla costa da Savona alla Francia,
sulle Apuane, sulla costa toscana da Sarzana a Grosseto, all’Isola d’Elba,
Capraia, Corsica. Purtroppo c’è foschia tuttavia lo spettacolo è comunque
grandioso. Il Monte Gottero è la culminazione più importante della Liguria
di levante, punto d'incontro tra le province di La Spezia, Parma e Massa,
è costituito da un complesso sedimentario di origine marina (flysch) di
natura arenacea, che i geologi hanno battezzato con il nome del monte
stesso. Basta poco però per capire che a nord c’è neve accumulata ma ben
poco vento così zaini a terra e … e alcuni si apprestano a mangiare mentre
il gruppo si appresta invece a scendere verso la più confortevole foce.
Lasciamo un gruppetto di affamati in vetta e scendiamo fino alla Foce
dei Tre Confini (m.1408) antico valico e punto di confine fra gli stati
pre-unitari di Parma, Toscana e Genova (cippi di confine risalenti agli
anni 1780, 1823, 1828). Il luogo è veramente confortevole, riparato dal
vento, assolato, erboso, in altre parole ideale per una sosta, sono le
12,40.
Ripartiamo solo alle 13,30 ed è subito neve, e in discesa!
Ci sono buone possibilità di assistere a qualche innocuo capitombolo siamo
tutti pronti per immortalarlo macché, niente. Dobbiamo aggirare il versante
nord del Monte Pennato, è un continuo sali e scendi reso particolarmente
duro dalla notevole quantità di neve peraltro piuttosto allentata che
ci fa spesso sprofondare e che oramai ha inzuppato gli scarponi, quando
non vi è addirittura finita dentro dato che nessuno ha portato le ghette,
tanto era imprevedibile una simile quantità. In alcuni punti raggiunge
tranquillamente il metro offrendo peraltro un spettacolo di rara bellezza.
Alla base dei faggi la neve non si è accumulata facendoli adesso assomigliare
a mazzi di fiori su un immenso tappeto candido. La fatica si fa sentire,
avanzare in queste condizioni “spezza”le gambe. Siamo in una zona particolarmente
selvaggia dell’Appennino, lontana da strade e insediamenti: non è raro
osservare specie animali interessanti, come caprioli, aquila reale o segni
(impronte ed escrementi) del lupo.
Al Passo del Focetto (m. 1460) ci concediamo un’altra breve
sosta prima di affrontare la salita che ci porterà in vetta al Monte Pitone
(m. 1545), tutto sommato pochi metri di dislivello ma in queste condizioni
di neve sono duri da affrontare. Il gruppo si allunga molto, rallentiamo
il passo e proseguiamo. Da ora in poi la gia ottima segnaletica bianco
rossa è integrata dalle indicazioni per il Passo dei Due Santi. Il percorso
è sostanzialmente pianeggiante, ci attende solo un ultimo strappo per
la vetta del Monte Fabei che coi suoi 1585 metri è la cima più alta del
comprensorio sciistico di Zum
Zeri. Distante 30 Km da Pontremoli, è situato in prossimità del Passo
dei Due Santi e comprende una stazione di sport invernale localizzata
tra i 1.400 e i 1.600 metri di altezza: è possibile praticare sci alpino
e di fondo grazie alle varie piste presenti e ai tre impianti di risalita.
Arrivati in vista delle piste abbandoniamo il sentiero per imboccare la
pista centrale che porta direttamente agli impianti. Qui è bene fare attenzione
perché è facile sbagliare, si arriva comunque ma si allunga il percorso.
Ne abbiamo veramente abbastanza ma una distesa di neve soffice è troppo
invitante per non giocarci un po’ cercando ad arte qualche innocuo ruzzolone.
Ritorniamo seri solo quando decidiamo di tagliare per una scorciatoia
che porta direttamente agli impianti, la neve è a tratti ghiacciata bisogna
scalinarla con attenzione. Si per un po’, ma dato che non ci sono sassi,
che sono solo pochi metri, ma dai uno scivolone sul sedere che vuoi che
sia! Solo in queste condizioni però!
Alle 17,10 siamo tutti arrivati sotto gli sguardi un po’
increduli dei presenti. Qualcosa di caldo e poi via di corsa a toglierci
indumenti e scarponi bagnati. Beh che dire, siamo stanchi, non ci aspettavamo
tanta neve che ha reso più lenta e faticosa questa traversata in un sistema
montano ricco di boschi, prati. Una natura intatta che scorre ancora con
i ritmi di un tempo che ci ha abbondantemente ripagato della fatica lasciandoci
con la voglia di ritornare presto.
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