U.O.E.I.
UNIONE OPERAIA ESCURSIONISTI ITALIANI
Sezione "Antonio Tessa" - RIPA DI VERSILIA
 
MONTE PIGLIONE    
Salita in contemporanea delle Sezioni U.O.E.I.
25 giugno
Percorso:Ad anello da San Rocchino Segnaletica:biancorossa CAI segnavia 3 - 105 - 2  Parco Apuane 2 - Apuane Trekking
Dislivello: m. 654 Tempo di percorrenza: ore 6 circa
Classificazione: E Punti sosta: nessuno
Acqua: solo alla partenza Periodo consigliato: dalla primavera all'autunno
E’ nello spirito della nostra Associazione rinnovare costantemente l’unione; un momento particolarmente importante è l’ultima domenica di giugno allorché tutte le Sezioni, indipendentemente, salgono in contemporanea una vetta. Un evento particolarmente significativo per la U.O.E.I., sinonimo di amore per la montagna e di quello speciale sentimento di vicinanza e di unione ideale che ci anima. Quest’anno abbiamo scelto il monte Piglione, un monte di particolare bellezza che per noi della Sezione di Ripa ha un significato particolare, era il monte prediletto di un caro amico che ci ha lasciato troppo presto. Un amico che ricordiamo ogni giorno nei nostri cuori e che oggi abbiamo voluto salutare così, stringendoci tutti in un ideale abbraccio dal suo monte preferito. Ma veniamo all’escursione, una lunga camminata prevalentemente su prato, facile, adatta a tutti. Forse troppo facile, o forse troppo caldo perché in tanti hanno scelto il mare; siamo solo in 11. Il monte Piglione è il penultimo rilievo sud delle Apuane; leggermente spostato ad est rispetto alla dorsale apuana divide la lucchesia dal camaiorese. Fitti boschi prima,dolci crinali adibiti a pascolo poi, ne costituiscono la morfologia; un ambiente quasi appenninico ma inconfondibilmente apuano per l’incredibile varietà di flora che ospita. La costa tirrenica da un lato, lil massiccio delle panie dall’altro, le Alpi Marittime e l’Appennino Tosco Emiliano sullo sfondo lo rendono uno dei rilievi più affascinanti.
Partiamo pochi minuti dopo le 7 con destinazione Pomezzana raggiungibile percorrendo la provinciale per Castelnuovo Garfagnana fino al bivio di Ruosina. Qui si svolta a destra per Ponte Stazzemese da dove basta seguire le indicazioni. Poco prima del paese, in corrispondenza di una curva si trova la “Ferriera Milani”, storica officina di produzione di utensili artigianali per la lavorazione del marmo e non solo, valenti chirurghi si rivolgono a Milani per i bisturi.
Si prosegue sulla carrozzabile verso destra parcheggiando nei pressi di una fontana, non è prudente proseguire perché la strada diventa sterrata e stretta, potrebbe essere necessario tornare indietro per parcheggiare. E’ necessario fare subito abbondante scorta di acqua perché non ne troveremo più lungo tutto il percorso; percorriamo a piedi la strada sterrata fino alla chiesetta di San Rocchino (m. 801) e da qui imbocchiamo il sentiero (segnavia CAI 3, parco 2, Apuane Trekking) che si stacca dall’angolo sud della chiesetta e procede in leggera salita su prato, prima di inoltrarsi in un fitto boschetto. Procedendo verso est ci lasciamo alle spalle l’Alta Versilia per inoltrarci nel camaiorese; il panorama lentamente cambia, gli spazi diventano più aperti mentre gli alberi lasciano il posto a pascoli sempre più aridi dove il paleo è spesso l’unica erba. A questo punto del percorso incontriamo una fontanella, che però nel periodo estivo è in secca (gia adesso, fine giugno, gocciola appena). Chi rimanesse senza acqua sarebbe costretto a lunghe deviazioni verso il torrente Lucese o verso l’Alto Matanna, per questo raccomandiamo di farne scorta abbondante alla partenza! La giornata si preannuncia caldissima ma per il momento la temperatura è ancora accettabile e l’alternarsi di boschetti ombrosi rendono agevole il cammino.
Alle 09,00 siamo alla Foce del Pallone (m.1046) così chiamata perché un tempo era la stazione di arrivo del pallone aerostatico che ancorato ad un robusto cavo di acciaio trasportava i turisti dalla Versilia all’Alto Matanna, collegato alla stazione da un servizio di carrozze tramite una strada tuttora in ottimo stato. Il panorama è mozzafiato in tutti i sensi, davanti a noi si vede tutto il percorso che dovremo affrontare;il Piglione è un rilievo molto in lontananza! Peccato per la foschia altrimenti avremmo potuto spingere lo sguardo dall’Arcipelago Toscano fino alle Alpi Marittime. Sollecitati dal sole che inizia a picchiare forte e dagli insetti che gia pregustano un lauto e profumato (per loro) banchetto ci rimettiamo in marcia. Il sentiero (segnavia 105) è segnato malamente, poco più di una traccia che non è possibile perdere, basta puntare verso il crinale in discesa. Tratti di pascolo arido si alternano a zone ricoperte da felci che crescono rigogliose negli avvallamenti dove si è accumulata la neve. Alle 09,40 siamo alla Foce del Crocione o del Termine (m. 925), crocevia di molti sentieri. Ascoltiamo curiosi le notizie sulla zona che Gianfranco, inestimabile conoscitore di ogni angolo di Apuane e Appennino, ci fornisce. Imbocchiamo il sentiero in salita (segnavia 103) che conduce direttamente al versante ovest del Piglione; in realtà il sentiero conduce però in vetta dal versante nord attraverso una ripidissima salita.
Noi decidiamo, una volta raggiunta la sella di deviare seguendo la traccia che porta verso la cima sud del monte, per poi risalire verso la cima nord, la vetta, percorrendo tutto il crinale. Un sentiero facile ma di grande fascino, solo così a nostro parere si può apprezzare la bellezza austera del Piglione. Mosche e tafani diventano insopportabili, ognuno cerca di difendersi come può spruzzandosi spray repellenti che sulla pelle sudata bruciano come fuoco, oppure scacciandoli con ramoscelli e finendo per percuotersi in continuazione alla stregua di penitenti in processione. La soluzione migliore la individua Marcello, con delle felci realizza un bel copricapo svolazzante che allontana si gli insetti ma lo fa assomigliare ad una creatura dei boschi di qualche favola. Siamo davvero uno spettacolo, per fortuna non ci vede nessuno!Giunti alla selletta imbocchiamo il lungo sentiero sul versante ovest mentre il solito gruppetto di “asociali” opta invece per la diretta, la ripida salita che in poco tempo conduce in vetta dal versante nord. Solo la lontananza fa cessare gli sfottò tra noi che li chiamiamo asociali, ecc,ecc, e loro che ci invitano a restare a casa se non ce la facciamo. Il sentiero procede in tranquilla salita, porta verso la cima sud da dove, percorrendo la cresta, si raggiunge la cima nord, la vetta a 1233 metri. Il sole è ora alto e picchia da far perdere il respiro. Solo qualche alito di vento offre un minimo di refrigerio, sempre troppo poco però. Il terreno arido è ideale per i semprevivi che sfoggiano tutta la loro bellezza. All’arrivo in vetta, sono le 10,50,veniamo accolti dal silenzio degli altri, segno che la salita sotto questo sole ha piegato anche “asociali” irriducibili come loro. Ci guardiamo in cagnesco per un attimo prima di scoppiare in una risata ben presto spenta dal ricordo del motivo per cui siamo saliti. Ognuno a modo suo ricorda l’amico che resterà per sempre nei nostri cuori.
Fa davvero troppo caldo per fermarci a lungo, dopo soli 10 minuti decidiamo di scendere ripercorrendo il sentiero della salita fino ad una selletta da dove si gode di un magnifico panorama del monte Prana. Non è segnalata ma non è possibile sbagliarsi, di fronte il sentiero percorso all’andata, sulla destra una traccia che taglia a mezza costa inoltrandosi nel bosco, prendiamo quella. L’ombra ci da subito un po’ di sollievo, superiamo la sorgente del torrente Lucese, dove è possibile trovare sempre acqua affrontando però una deviazione a valle di alcune centinaia di metri. Ancora una salita e di nuovo bosco, ontani e faggi ora sembrano un piccolo paradiso tanto più che abbiamo attraversato una zona dove non c’era un alito di vento. Ci fermiamo per ricompattare il gruppo, per dissetarci e per abbandonare definitivamente l’idea di salire il Matanna. Taglieremo a mezza costa per raggiungere la faggeta che vediamo in lontananza e riposarci. Alla focetta che separa la conca dell’Alto Matanna dalla vallata del camaiorese ci impegniamo in una gara a chi riesce a scorgere il laghetto, quasi tutti lo scorgono tra gli abeti, mah dato che è quasi prosciugato e gli alberi sono fitti abbiamo una grande fantasia! Il solito gruppo dei tre “asociali” non resiste, partono come forsennati per la vetta del Matanna che a dire il vero è molto invitante. Noi ligi al dovere, cioè al rispetto ferreo del programma (leggi fa troppo caldo non ne abbiamo affatto voglia, è faticoso, ecc) proseguiamo imperterriti sul sentiero. Tra i faggi soffia una deliziosa brezza; è prioritario cercare un posto per poterci stendere in santa pace per mangiare qualcosa e perché no, schiacciare un pisolino, sono le 12,55. Eventualità sulla quale stiamo riflettendo seriamente quando arrivano tre vocianti casinisti a rompere la quiete, sono gli asociali che fanno notare che “loro in vetta ci sono stati”. Non glielo diciamo ma adesso sono stati (mandati) anche … A giudicare da come si avventano su frutta e bevande hanno faticato un bel po’, ma guai ammetterlo! Stranamente oggi non abbiamo fretta, li ignoriamo, o meglio cerchiamo di ignorarli schiacciando un pisolino. Macchè impossibile, tra una battuta, chi si desta improvvisamente aggrappato ad una roccetta perché sta scivolando, chi non riesce a trovare il posto adatto e si aggira come un’anima in pena per tutto il bosco, c’è sempre fermento.
Ripartiamo alle 14,10 dirigendoci verso la Foce di Grattaculo sul sentiero (segnavia 3) intenzionati a passare dall’Agriturismo l’Agrifoglio per un caffè. Adesso camminiamo sempre nel bosco all’ombra, è piacevole. A parte qualche innocuo scivolone sul pietrisco che ha solo l’effetto di suscitare ilarità generale. Come fa involontariamente Marco che si ferma per lunghi momenti ad osservare tra l’esterefatto e il preoccupato due provetti fotografi che si dannano l’anima per fotografare il nulla dal suo punto!!! di vista. Si è fermato ad osservare proprio di fronte ad un grosso faggio che per quanto lo si osservi non ha proprio nulla di interessante da immortalare. Peccato che il tronco dell’albero copra la vista di un meraviglioso esemplare di giglio di San Giovanni (lilium bulbiferum), lo scopo di tanta attenzione. Sarà veramente acqua quella che ha portato nella borraccia?
A pochi minuti dall’agriturismo troviamo una fontana, la prima acqua dal mattino, dopo tanto caldo una goduria pazzesca l’acqua fresca sulla pelle. La fonte, come le altre strutture sono state ristrutturate o realizzate grazie al progetto europeo A.P.E. per la salvaguardia del territorio, che ha consentito il riassetto idrogeologico, e il recupero di vecchi casolari da tempo abbandonati. Arriviamo alle 15,20, stanchi e sudati come siamo suscitiamo la curiosità degli avventori che vogliono sapere da dove arriviamo e come sempre stentano a credere alla descrizione del percorso che gli facciamo. Le macchine sono a pochi minuti, c’è tutto il tempo per un caffè e acquistare formaggio locale. Quindici minuti di sentiero ci riportano alle auto e ad un’altra fontana, abbiamo proprio bisogno di una buona rinfrescata, che caldo oggi!

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