Nel nord della Toscana, vicina
a Firenze, Pistoia, Montecatini e Lucca, Monsummano
Terme offre un'ampia possibilità di scelta di percorsi d'arte e cultura,
di escursioni naturalistiche, di centri per la cura del corpo e per le
attività sportive. Il paese è dominato dal colle di Monsummano Alto che
si erge isolato al margine occidentale della catena del Montalbano
(m. 340), in posizione dominante su tutta la Valdinievole. E’ in questo
scenario che abbiamo pensato di organizzare la seconda uscita della stagione.
Detto fatto, affidiamo a Rossano, che abita in zona e conosce bene tutto
il territorio il compito di individuare un percorso dei nostri, che raggiunga
cioè tutti i principali punti panoramici e culturalmente interessanti
e soprattutto che sia … beh un po’ lungo! E il buon Rossano ci ha diligentemente
accontentati, anche troppo come leggerete! Puntuali come sempre quando
la partenza è alle 7,30 ci ritroviamo davanti alla sede per raggiungere
Montecatini Terme in autostrada. All’uscita seguire la segnaletica per
Monsummano, una volta in città seguire le indicazioni per l’Hotel Grotta
Giusti arrivando fino al termine della strada. Lasciata l’auto sulla destra,
ai piedi del colle dove sorge Monsummano Alto si scorgono due vecchie
cave di inerti. Grotta
Giusti è la grotta termale più affascinante e ampia del mondo realizzata
dalla natura 130 milioni di anni fa; “l’ottava meraviglia del mondo”,
come la definì il Maestro Giuseppe Verdi nelle sue frequentazioni, rimane
ancora oggi un’esperienza da vivere. La storia inizia nel 1849 quando
gli operai cavatori impegnati nelle proprietà della famiglia Giusti scoprono
per caso vapori caldi fuoriuscire dal terreno. Ampliano quella minuscola
apertura e con grande stupore vedono un luogo rimasto segreto da sempre:
la Grotta. Parcheggiate con qualche difficoltà le macchine e raggiunti
da Rossano, che abitando nelle vicinanze arriva naturalmente da ultimo,
imbocchiamo il sentiero, non segnalato, che si inoltra nell’oliveto puntando
direttamente verso le cave, sono le 8,50. Il luogo è sempre molto frequentato
da arrampicatori che frequentano le due palestre di roccia realizzate
nelle cave con ben 80 vie tutte attrezzate con spit. La cava rossa, cosiddetta
per il colore della roccia, è la nostra prima meta; di bellezza austera
solletica le dita di molti che vorrebbero avere corda e scarpette.
Non le abbiamo, perciò dietrofront per ritornare al bivio
imboccando la strada a destra in direzione di Monsummano Alto. E’ bene
precisare subito che nella zona esistono numerosi sentieri tutti malamente
segnalati, praticamente non numerati, e spesso sporchi; l’itinerario si
svolge quindi prevalentemente su strade bianche, solo a tratti su sentiero
o su asfalto. Lungo la strada sono frequenti i cartelli che segnalano
le particolarità geo-morfologiche della zona aratterizzata da colline
arenarie con affioramenti di macigno e da un paesaggio con superfici arrotondate
e dolcemente degradanti. E’ cosi possibile vedere l’alternanza delle formazioni
rocciose, rocce di fusione, arenaria selcifera, rocce provenienti dalle
profondità marine e ricche di microfossili, ecc. Purtroppo incontriamo
anche un gruppo di centauri in sella a rombanti moto da enduro che per
noi sono solo segno di inciviltà. Terminata la strada bianca ci immettiamo
su un tratto asfaltato, al bivio svoltiamo a sinistra e alle 10,10 siamo
a Monsummano Alto. C’è un po’ di foschia, peccato le Apuane si intravedono
appena; in compenso la vista sulla piana e del padule di Fucecchio è splendida.
L'origine del castello
di Monsummano, oggi chiamato Alto per distinguerlo dal borgo di Monsummano
Terme sviluppatosi ai piedi del rilievo ove sorge, non è storicamente
certa anche se la sua forma ellittica e la sua locazione lo rendono molto
simile ad un borgo fortificato longobardo. A corona di un colle di 340
metri d'altezza la fortificazione domina tutta la Valdinievole, il cui
fondovalle rimase per tutto il medioevo praticamente disabitato a causa
del suo impaludamento. Dell'antico insediamento fortificato restano oggi
ampi tratti dell'ellittica cinta muraria, estesa per circa due chilometri
e in più punti avvolta dalla vegetazione, e di due delle originarie porte
di accesso, delle numerose torri che coronavano le mura ne resta solo
una, recentemente restaurata, considerata tra le più belle e imponenti
della zona. Raggiunto il nucleo del borgo storico che oggi conta un solo
abitante, una anziana signora, ci fermiamo a visitare la chiesa di San
Nicolao risalente ai primi decenni del XIII secolo e il radioso giardino
che la signora cura nel bel mezzo della piazza. La modernità è arrivata
anche qui sotto forma di un bel ripetitore costruito proprio a fianco
della chiesa!
Lasciato il borgo ci riportiamo sulla strada asfaltata
ripercorrendola fino al bivio, ora imbocchiamo Via del Vaticano, un’altra
strada asfaltata che conduce ad un gruppetto di case. Le superiamo immettendoci
su una strada bianca che conduce verso il crinale attraversando terreni
coltivati dove abbondano gli alberi da frutta fioriti. Un meraviglioso
viale di biancospini fioriti conduce ad un pianoro dove ci concediamo
una breve sosta, piegando poi a destra. Qui non ci sono segnalazioni,
solo qualche raro segno bianco rosso che non dice nulla; nessun timore
di perdersi però basta seguire la cresta del colle verso alcuni ripetitori
che scorgiamo in lontananza.
Ora è un continuo sali e scendi in un continuo alternarsi
di bosco e macchia. E’ oramai mezzogiorno passato quando arriviamo ai
ruderi di un vecchio convento, la struttura è pericolante e saccheggiata
da persone di pochi scrupoli che hanno asportato perfino i gradini di
pesante pietra della scala. Cominciano le lamentele di chi ha fame o comincia
ad essere stanco nonché bonarie invettive all’indirizzo di chi ha scritto
sul programma che si trattava di un’escursione facile, cioè breve,
come molti interpretano la dicitura “facile” che invece significa tutt’altro.
Usciti dal cortile svoltiamo a sinistra procedendo in discesa, lasciandoci
il bosco alle spalle, fino a un pianoro erboso dove il panorama si apre
di nuovo sulla piana. Ci sistemiamo in un prato per pranzare, sono le
13,10; c’è un bel sole caldo, siamo riparati dal vento, è la sistemazione
ideale anche per un pisolino.
Oggi nessuno ha fretta, ripartiamo solo alle 14 procedendo
lungo la strada asfaltata fino al primo bivio. Qui si lascia la strada
per imboccare l’evidente traccia che tagliando il pendio si porta in cresta.
Lascio immaginare i commenti! Sono in definitiva pochi metri di una salita
neppure troppo ripida ma sapete com’è subito dopo mangiato! Sbuffando
ci ricombattiamo sul primo pianoro che incontriamo prima di proseguire
sulla strada bianca in salita. Una volta in cresta svoltiamo a sinistra
per un breve tratto iniziando poi a scendere sull’altro versante. Qui
si incontrano le prime pergole a ricordarci che siamo nella zona di produzione
del Chianti. Davanti a noi
scorgiamo di nuovo il padule di Fucecchio, ora è tutta discesa. Di nuovo
incontriamo l’asfalto, non ci sono indicazioni tuttavia basta dirigersi
verso il fondovalle.
Incontriamo numerosi agriturismo e molta gente che ci guarda
perplessa, quasi esterrefatta nel vedere un gruppo così numeroso di pazzoidi,
da queste parti sono ben pochi gli escursionisti, che se ne vanno a spasso
tutti sudati, maleodoranti e con uno zaino in spalla. Transitiamo dal
parcheggio del Golf Club quasi con circospezione in mezzo a tante auto
costose siamo un poco fuori luogo. Proseguiamo lungo la carrozzabile,
oramai ci attende solo asfalto. La campagna nonostante le numerose abitazioni
ha comunque un suo fascino, è un continuo alternarsi di olivi e vigne,
impossibile non accorgersi che siamo nella zona di produzione del Chianti
DOCG, i cartelli si sprecano e le recinzioni, man mano che scendiamo di
quota, sono sempre più massicce. Abbiamo sentito una frase compromettente
che ci ha insospettito ma quando giungiamo a casa dell’amico Rossano la
sorpresa è inaspettata. La signora ha preparato una tavola imbandita con
bibite fresche, spumante, dolce, biscotti, frutta … un vero paradiso dopo
sei ore di cammino! E’ una festa! I piedi bollono ancora, gli echi delle
invettive simpaticamente indirizzate agli organizzatori però cessano d’incanto,
non si ode più la litania: “ma non era un’escursione facile? Quanto manca
ancora, mai fidarsi dell’ UOEI” e cosi via. Miracolo!!!.
Per noi l’escursione è terminata, abbiamo lasciato qui
alcune auto per percorrere i circa tre chilometri che separano Cintolese
da Monsummano Terme. Chi volesse ripetere l’itinerario può fare come noi
oppure compiere un ultimo sforzo, camminare ancora un poco! In realtà
c’è un’alternativa dal colle dove noi abbiamo mangiato, anziché imboccare
il sentiero in salita si deve svoltare a destra sulla strada asfaltata
raggiungendo in poco tempo il colle di Montevettolini
e quindi Monsummano; cosi facendo si accorcia sensibilmente il percorso.
Sicuramente si tratta di un ambito totalmente diverso dalle nostre abituali
escursioni ma i punti interessanti sono tanti, gli aspetti geologici e
storici di assoluto rilievo, il panorama se non c’è foschia merita ben
più di una semplice passeggiata. |