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escursione
Pisanino
Pizzo d'Uccello

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Sul nostro
calendario escursionistico questa domenica è prevista
l'escursione sulla montagna definito il re delle
Alpi Apuane di cui costituisce la massima sommità con i suoi
1946 metri, il monte Pisanino.
Alla partenza, davanti alla sede della nostra associazione ci
troviamo in otto e sappiamo che altri due amici li troveremo in
Val Serenaia, quindi saremo in dieci, buon numero per
un'escursione così.
Il monte Pisanino (1947 mt.) è la cima più alta delle Apuane e meta ambita
da tutti gli escursionisti, bella e imponente è anche la più
impegnativa.
Il percorso presenta difficoltà che lo rendono assolutamente
sconsigliabile a chi non sia veramente esperto; dopo una lunga
salita su erba, seguendo una traccia appena evidente lungo la
Bagola Bianca, si deve proseguire in cresta superando tratti
molto esposti prima di raggiungere la vetta. La discesa lungo il
Canale delle Rose è particolarmente impegnativa per la ripidezza
e il fondo sconnesso.
Dopo circa un'ora e mezzo di viaggio raggiungiamo la bella Val
Serenaia e subito ci accorgiamo che del caldo afoso della
riviera quì non c'è traccia e un forte vento ci rende titubanti
nel da farsi.
Comunque dopo un breve conciliabolo prendiamo la via per la
Bagola Bianca.
L'attacco del sentiero parte dal parcheggio del Rifugio Val
Serenaia, attraversa il letto di un torrente in secca
inoltrandosi sul pendio erboso con una traccia spesso poco
evidente. Inizialmente è possibile scegliere tra due itinerari,
quello sulla sinistra è più evidente. Il secondo procede invece
sostanzialmente dritto; partendo sempre dal parcheggio procede
su una traccia meno evidente che a tratti si perde nell'erba.
Suggeriamo a tutti di rifornirsi di acqua alla partenza perché
durante tutto il tragitto non se ne trova più. Partiamo
alle 8,30 seguendo il secondo percorso intenzionati a guadagnare
più quota possibile prima che la vallata sia inondata dal sole.
La Bagola Bianca è un imponente anfiteatro di roccia ed erba
culminante con una cresta affilata contornata da scivoli
rocciosi. Procediamo su una traccia appena accennata che
scompare per lunghi tratti nascosta dall'erba che quest'anno è
particolarmente folta e alta. Qui non c'è il pericolo dei sassi
ma il paleo è un nemico ancora più subdolo, nasconde le
sconnessioni del terreno ed è scivoloso. Scivolare, o sfuggicare
come si dice in versiliese, potrebbe essere irrimediabile dato
che l'elevata pendenza renderebbe impossibile frenare la caduta.
Qui è difficile descrivere il tracciato, si deve procedere
fidandosi dell'esperienza scegliendo il percorso più facile
evitando al contempo di portarsi in situazioni problematiche.
Attraversato il pianoro che separa il parcheggio dalla montagna
si inizia subito a salire con decisione, la traccia in un primo
momento evidente scompare tra l'erba alta rendendo ancora più
faticosa l'ascesa.
Intanto il vento soffia ancora impetuoso e qualcuno del gruppo
inizia ad avere qualche dubbio sulla opportunità di salire sulla
cresta e da lì a poco si formano due gruppi uno di sei e l'altro
necessariamente di quattro; il primo è per ridiscendere e
l'altro per salire e compiere l'escursione.
Senza polemiche decidiamo di divederci e allora qui le escursioni
diventano due.
Io visto che ero nel primo gruppo continuerò nel racconto del
proseguo dell'escursione che abbiamo svolto al vicino Pizzo
D'Uccello.
Il Pizzo
d'Uccello (m. 1781) è la vetta più settentrionale delle Apuane.
Mostra da ogni versante profili slanciati, ma soprattutto a nord
assume un aspetto imponente con la spettacolare parete rocciosa
che si innalza per 700 metri, che contribuisce a fargli
veramente meritare l'appellativo di "Cervino delle Apuane".
Si distingue tra le altre cime delle Alpi Apuane
soprattutto per la sua Parete Nord un appicco di quasi 800 m di
dislivello che pone la montagna al paragone con le più famose
pareti dolomitiche o delle alpi occidentali.
Alla montagna si accede dalla località Orto di Donna un tempo
amena valle, adesso il gran parte deturpata dall'escavazione del
marmo circondata da cime ardite dal già citato
Monte Pisanino, al
Monte Cavallo , il
Monte Contrario e il
Monte Grondilice .
Sulla parete nord si snodano diverse vie di arrampicata tutte di
grande impegno .
Ma torniamo un attimo indietro, dicevamo che siamo tornati
indietro verso il rifugio Val Serenaia e da qui ci siamo portati
al vicino rifugio Donegani.
Da qui prendiamo il sentiero n° 37 che si inoltra nel
bosco proprio davanti al rifugio, purtroppo solo per pochi
metri, infatti sbuca subito dopo sulla strada marmifera che
porta alle cave e al suo termine al rifugio Orto di Donna o Cava
27.
Il
sentiero n° 37 attraverso la faggeta ci porta sulla strada
di cava, se devo dire la verità non è che siano un grande
spettacolo sia per il deturpamento selvaggio che vi è stato
fatto e per l'abbandono in cui si trovano con rifiuti di tutti i
tipi.
Continuiamo e dopo alcune centinaia di metri si deve svoltare a
destra, bisogna fare attenzione perchè il sentiero è posto sopra
il livello stradale. Proseguiamo su strada di cava per poche
decine di metri e giungiamo ad una vecchia cava dismessa e poi
inizia il vero e proprio sentiero, indicato per esperti ma
a nostro avviso non presenta difficoltà di sorta.
Poco dopo aver imboccato il sentiero incontriamo dei cavi
metallici che servono a poco, proseguiamo su pietraia, il
profumo di santoreggia è penetrante.
Siamo ora ad un bivio tra il 37 che prosegue verso ovest e il
191 verso nord: il primo prosegue per Foce a Giovo, mentre il
secondo per il Giovetto.
Per raggiungere la nostra meta vanno bene tutti e due ma visto
che l'attacco del Pizzo d'Uccello è al Giovetto noi puntiamo
direttamente per quest'ultima direzione.
Mentre saliamo è inevitabile dare uno sguardo al dirimpettaio
Pisanino, guardiamo con rispetto la Bagola Bianca, il
crinale che abbiamo percorso altre volte ma guardandolo ancora
ci rendiamo conto che è stata una bella impresa e per questo in
noi sorge un pò di rammarico per il fatto che il vento si è
calmato.
Entriamo nel bosco di faggi e attraverso vari tornanti in breve
giungiamo al Giovetto ( mt.1497).
Ora inizia la vera salita alla vetta del Pizzo, una salita di
circa 300 metri di dislivello che vanno risaliti. La parte
superiore della montagna è tutta roccia, a tratti solida, a
tratti sfasciume, e la salita in alcuni tratti impegnativa,
richiede spesso l'uso delle mani per aiutarsi nella progressione
(viene infatti classificata come I° grado, un tratto di II°) e
ovviamente la massima attenzione nei non pochi tratti esposti.
Dopo un primo tratto impegnativo ma comunque superabile solo con
un po' di attenzione si incontrano alcuni passaggi molto esposti
su cui è necessario progredire aiutandosi con le mani superando
alcuni passaggi in arrampicata. Sono brevi passaggi classificati
di I° grado che possono comunque mettere in seria difficoltà i
meno esperti. Mentre saliamo continuiamo a raccomandare a tutti
fare attenzione ai sassi smossi che potrebbero causare gravi
danni a chi segue.
Sulla vetta troviamo un gruppetto parmigiano che abituati
all'Appennino rimangono entusiasti dell'ambiente esternando
espressioni di meraviglia e paragonando le Apuane alle Dolomiti,
aumentando così in noi l'orgoglio di sentire nostre queste
montagne.
Oggi non siamo fortunati la giornata non è affatto limpida,
peccato! Perchè da qui la vista è decisamente è superba,
spazia su tutta la
Lunigiana con il vicino
Solco di Equi, sulla valle di Vinca, sulla Val Serenaia con
in primo piano il Pisanino, sul Sagro e sulla Cresta Garnerone,
sul Grondilice e su tante cime delle Alpi Apuane. Impressionante
è anche la vista sulla cresta su cui passa la
ferrata di Foce Siggioli.
Volgendo lo sguardo verso il mare si potrebbe ammirare il
litorale dalla Spezia all'isola D'Elba, più a nord la Gorgona e
la Capraia e guardando bene all'orizzonte si notano anche le
montagne della Corsica.
Ci congratuliamo tra di noi. e rimaniamo in vetta abbastanza per
goderci comunque la vetta raggiunta e per farci uno spuntino,
poi una foto di gruppo e via ridiscendiamo per la via appena
fatta per salire.
Una volta giunti al Giovetto ci fermiamo per pranzare e
scambiarci le nostre impressioni, nessuno parlava del mancato
Pisanino ma penso che adesso un pò dispiace non esserci andati,
comunque penso anche che abbiamo fatto bene a rinunciare perché
per affrontare questo tipo di montagna è bene essere sicuri di
quello che si fa!
Riprendiamo la via del ritorno e percorrendo il sentiero fatto
al mattino tranquillamente ci riportiamo al rifugio Donegani,
una bella birra, due chiacchiere e poi arriva la telefonata dei
nostri amici del Pisanino che sono al sottostante rifugio Val
Serenaia, li raggiungiamo e ci raccontano la loro escursione.
Iniziano con lo spiegarci il percorso, facciamo finta di niente
ma lo conosciamo anche noi non era la prima volta che ci
veniamo, ma è giusto dare la meritata considerazione e
ascoltiamo. e proseguono: "Ci portiamo a ridosso di una crestina
che intendiamo. Il gruppo inevitabilmente si sgrana perché una
forte pendenza sul paleo è
decisamente faticosa e pericolosa. Il
paleo è un'erba molto coriacea che con estrema prudenza può
essere usata come appiglio ma che forma un tappeto
sostanzialmente uniforme e scivoloso sotto le suole; chi dovesse
cadere probabilmente non avrebbe alcun modo di fermarsi, con
conseguenze immaginabili.
Tra l'erba spuntano a tratti delle rocce da superare
arrampicando che possono mettere in difficoltà in quanto sempre
esposte . Con molto buon senso riusciamo quasi sempre a trovare
un'alternativa lasciando spesso l'esigua traccia che segue
sostanzialmente la cresta.
Dalla cima della Bagola Bianca cominciano a spuntare i raggi del
sole che la inonderanno completamente quando noi l'avremo oramai
salita.
Ci concediamo una sosta prima di affrontare un tratto ancora più
impegnativo lungo la cresta rocciosa che conduce in vetta. Il
paleo lascia il posto alla roccia che disegna un sentiero ora
ben evidente, sempre esposto in cima a profondi precipizi. Il
panorama è maestoso: la Garfagnana punteggiata di laghi orlata
dalle cime dell'Appennino,oggi ricoperti dalle nuvole, la
Lunigiana in tutta la sua vastità, la costa tirrenica con le
isole più vicine, oggi invisibili, e in lontananza immaginiamo
le Alpi Marittime. Ma lo sguardo è costantemente rapito
dalle vette delle Apuane che possiamo ammirare nella loro
interezza. Le difficoltà ci impongono di concentraci solo sul
cammino; qui più che mai è vietato distrarsi, una caduta sarebbe
senza appello. Siamo in vetta possiamo tirare un lieve
sospiro di sollievo anche se il bello deve ancora venire.
Comunque ci congratuliamo per la bella e difficile scalata sulla
cima più alta delle Apuane."
Il racconto dei nostri amici continua: " dopo esserci riposati e
cercato di ammirare quel po' di panorama che si intravedeva tra
gli squarci tra le nuvole, riprendiamo il cammino seguendo la
cresta per la via normale che scende dal Canale delle Rose,
lungo il percorso incontriamo un gruppo di polacchi e da una
parte ci inorgoglisce e dall'altra stupisce come persone vengano
da così lontano per visitare le nostre montagne! Giunti nelle
vicinanze degli Zucchi di Cardeto (Sono pinnacoli
rocciosi che dal Pisanino scendono a Foce Cardeto. Si
riconoscono quattro quote, dette appunto Zucchi, il Pizzo Altare
(1746 m) il più vicino alla foce Cardeto, il pizzo di Mezzo
(1741 m), il pizzo Maggiore (1749 m) che è il più elevato ed un
altro rilievo minore. Detti anche Forbici, infatti questo
termine localmente significa “cresta accidentata con intagli
rocciosi”. La salita degli Zucchi e la traversata degli stessi è
riservata a rocciatori esperti. Nel fondovalle ci sono rocce
staccatesi dagli Zucchi facilmente riconoscibili per avere la
stessa conformazione geologica. Dal sito Escursioni Apuane
http://www.escursioniapuane.com/itinerari/lemma.aspx?ID=121
)
e precisamente il Pizzo di Mezzo dobbiamo proseguire su un
divertente traverso..."
intanto mentre li ascoltiamo, almeno a me ma credo a tutti noi
del Pizzo, ci viene un pò di sana invidia; e continuano: " ....
Questo traverso ci ha portato ad una finestra che rimane tra il
Pizzo di Mezzo e il Pizzo Altare. Ora siamo affacciati su un
canale molto ripido e solo la presenza del folto paleo ci
convince a scendere da quì, infatti e provvidenziale usato,
anche se con cautela, come appiglio, ma allo stesso tempo rende
abbastanza instabili i piedi sul fondo scivoloso.
Comunque alla fine raggiungiamo il sentiero n° 178 circa 200 mt.
al di sotto della Foce di Cardeto
Appena preso il
sentiero non proprio ben agibile ci obbliga a salti e slalom tra
grosse rocce cadute chi sà come e chi sà quando dagli Zucchi di
Cardeto, da alcuni blocchi sistemati a guisa di capanna sgorga
una sorgente, ci troviamo in un tratto un pò più piano
al
disotto degli strapiombi rocciosi del Pizzo Altare e ancora gli
enormi massi costellano questa piccola valle ricca di piante di
lamponi e mirtilli.
Entriamo, ora, nel bosco di faggi, alcuni di notevole grandezza,
il sentiero continua ad essere mal agevole e alcuni tratti sono
stati attrezzati con cavo d'acciaio, forse con eccesso di
prudenza.
Continuiamo seguendo molte svolte ma comunque il sentiero è ben
segnato e giungiamo ad un primo bivio tra il sentiero 178 e
l'innesto sul 180, noi prendiamo il primo che in breve ci
conduce in Val Serenaia,sbucando sulla strada nelle vicinanze
del campeggio. Diamo un'ultima occhiata alla montagna che ci ha
appena ospitato e da quì la su sagoma è impressionante, incute
timore e profondo rispetto, una montagna da salire con la
massima attenzione, rispetto e consapevolezza dei rischi che
possono essere davvero molto seri."
Ecco le escursioni sono state portate comunque a termine, siamo
un pò stanchi ma anche molto soddisfatti per avere fatto delle
belle escursioni su montagne da favola. Adesso non ci resta che
dirigerci tutti alla gelateria preferita di quando veniamo da
queste parti: " il Gelatiere" ad Aulla; un bel cono da tre
gusti, ecco questo è il giusto epilogo di una splendida
giornata. |