In
una splendida giornata di sole sono salito sulla cima più alta delle
Dolomiti, Punta Penìa, accompagnata dai suoni della montagne e della
presa dei ramponi sul ghiaccio. Ho visto, in vetta, allegria e cordialità.
Ho visto, e utilizzato, la toilette più alta delle Dolomiti, sospesa
sulla vertiginosa parete Sud della Marmolada. Ho visto un panorama inimmaginabile,
ho provato emozioni intense, ho respirato a pieni polmoni, ho vissuto
questa incredibile montagna.
Locazione geografica
La Marmolada è uno dei più
vasti gruppi dolomitici. Si estende tra Livinallongo del Col di Lana
a nord e Falcade nella valle del Biois a sud, ad ovest lo delimita la
Val di Fassa, ad est la Val Cordevole. Principalmente il gruppo è costituito
da roccia vulcanica. Sul versante Nord si trova il famoso ghiacciaio
della Marmolada.
La Marmolada è molto famosa, nell'ambiente alpinistico, per le vie in
roccia di estrema difficoltà sulle pareti sud e sudovest. Per raggiungere
la cima c'è la bella "Ferrata Cresta Ovest" di difficoltà
media, altrimenti la più difficoltosa "Ferrata Brigata Cadore".
La maestosità della Marmolada non si può descrivere a parole: bisogna
vederla, e soltanto allora si comprende appieno il fascino della montagna
più alta delle Dolomiti, che con i suoi 3.342 metri domina su Rocca
Pietore e su tutto l'Agordino.
25/07/03
La sveglia suona alle ore
05,00 e stranamente mi sento subito sveglio e reattivo non come quelle
mattine che devo andare a lavorare. Operazioni per la colazione, igiene
personale e vestirsi sono le 05,30 e sono già pronto, cosa ci vado a
fare così in anticipo, non ci sarà ancora nessuno, ma che importa, in
fondo cosa ci faccio ancora a casa?
Un saluto a “ Golia “ che con la sua coda mi ricambia anche se c’è rimasto
male e via al Terminal Bus dove avevamo appuntamento. Arrivato, noto
che la stessa fregola che ho avuto io l’hanno avuta anche molti altri.
Giunto il pullman si caricano subito i bagagli e via verso Ripa di Versilia
dove devono salire gli altri.
Bene non manca nessuno il pullman è pieno, diviso esattamente a metà
tra turisti ed escursionisti. Puntualmente come previsto alle ore 06,00
si parte. Due soste lungo l’autostrada e alle ore 12,00 siamo giunti
ad Alba di Canazei (1490 m) nella Val di Fassa.
Qui abbiamo lasciato il gruppo dei turisti che sarebbero andati ad Arabba
dove avrebbero alloggiato, e nei giorni seguenti visitato Corsara, Passo
Gardena, Ortisei, escursione all’Alpe di Siusi, Selva di Val Gardena,
Passo Sella e Canazei.
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In
quanto a noi, presi i nostri pesanti zaini, siamo andati a cercarci
un posto per fare un buon pasto prima di raggiungere il Rifugio
Contrin.
Lo abbiamo trovato e gentilmente il proprietario ci ha permesso
di lasciare gli zaini presso il suo locale in attesa del gestore
del rifugio che sarebbe venuto a prenderli più tardi.
In località Palùa, nei pressi della funivia, inizia la mulattiera
sentiero n. 602, che con fitta serpentina nel bosco porta
a superare il ripido dislivello iniziale della valle uscendo presso
la baita Locia Contrin (m 1.736); il sentiero si fa ora pianeggiante.
Attraversiamo una zona di rado bosco per entrare negli spaziosi
pascoli della valle. Si cammina in uno scenario grandioso di cime
che circondano la valle su ogni lato. A destra il Colac, a sinistra
il Vernel e la Marmolada, mentre verso est si erge il monumentale
torrione della Cima di Ombretta. |
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Si attraversa il ruf de
Contrin e si va in diagonale verso il rifugio omonimo (m 2.016) che
domina da un dosso e lo si raggiunge con alcuni comodi tornanti disegnati
in un bosco di radi larici (ore 1.30).
E’ stata una bella passeggiata e per di più senza gli zaini, abbiamo
potuto gustarci con calma tutte le bellezze che ci circondavano, tutti
con il naso all’insù ad ammirare questi bellissimi panorami.
Il
Rifugio Contrin, progettato dal DAV di Norimberga nel 1895, fu realizzato
nel 1909. Coinvolto negli eventi bellici della prima guerra mondiale,
quando fu sede di un comando austriaco, fu distrutto dai colpi dei
cannoncini da montagna portati in cima alla forcella dell'Ombretta
dalla 205 compagnia del battaglione alpino Val Cordevole. I ruderi
del rifugio passarono di proprietà alla S.A.T. che nel 1921 in occasione
della 2^ adunata nazionale dell'Associazione Nazionale Alpini, li
donò a questa associazione di cui era presidente Andreoletti, già
capitano degli alpini, comandante della compagnia che distrusse
il rifugio. L'A.N.A. si mobilitò e ricostruì il rifugio e lo gestisce
tuttora. Mentre attendevamo gli zaini siamo subito andati in giroe
le domande si susseguivano: “ Dov’è la Marmolada? Quale percorso
seguiremo? Quanto ci vorrà?……. |
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C’è un bel posto deve gustare prodotti tipici? “ La risposta affermativa
a quest’ultima domanda ci indirizzava presso un vicina Malga: la Malga
Contrin, dove abbiamo potuto degustare una ricca varietà di torte di
ricotta, strudel, panna e yogurt con frutti di bosco fatti sul posto.
Vi abbiamo potuto assistere alla mungitura delle mucche, ahimè anche
qui meccanizzata, e giocare con un tenero vitellino di appena tre giorni.
La voce si sparge: “ sono arrivati gli zaini forza tutti al rifugio
che ci danno le camere. “ Dopo la sistemazione una doccia e poi a cena.
Dopo cena diamo un’occhiata all’attrezzatura e poi tutti a letto che
la sveglia è prevista per il mattino dopo alle ore 05,00.
26/07/03
Puntuale la sveglia suona
alle 05,00, tutti eccitati ci buttiamo giù dal letto subito a guardare
il cielo: è una bellissima giornata, via a lavarci e poi a colazione;
ore 06,00: finalmente si parte.Si imbocca il sentiero n° 606
proprio sotto la cappellina di San Maurizio il patrono degli Alpini,
una preghiera dentro di noi perché ci protegga durante l’escursione
e via su per i verdi prati dei pascoli verso la Forcella della Marmolada,
la nostra prima meta.
Mentre si sale si ammirano varie fioriture di astro alpino, campanella
barbuta o pelosa, camedrio alpino, botton d’oro, genziane, genziana
germanica, rododendro peloso, sassifraga autunnale,sassifraga verde
mare o azzurra, sassifraga delle rocce e naturalmente il simbolo delle
montagne: le stelle alpine.Si udivano anche i fischi delle marmotte
ma purtroppo non siamo riusciti a vederle neanche una. Il gruppo di
venti componenti, ( venti perché altri cinque hanno preferito un altro
itinerario: quello dal Rif. Contrin , Val di Contrin, Passo dell'Ombretta
(M. 2704), Rif. O. Falier M. 2080 ). Il sentiero sale spedito verso
la Forcella e niente fa prevedere alcun pericolo, ma ad un tratto un
fortissimo boato come una grande esplosione, le urla degli amici in
basso mentre in alto non riusciamo bene a capire cosa succede, e poi
subito ci rendiamo conto che si tratta di una frana. Via fuggi, presto,
cerchiamo un riparo, da dove arriverà? All’improvviso vediamo sfrecciare
blocchi enormi di roccia che urtando il terreno esplodevano in un caos
indescrivibile, volevamo mettere la testa fuori dal rifugio ma il fragore
era ancora forte. Finalmente tutto si placa e usciamo allo scoperto
con il terrore che non tutti avessero avuto il tempo di raggiungere
un riparo, ma ci contiamo e uno ad uno usciamo allo scoperto e con sollievo
notiamo che nessuno si è fatto male. Quella preghiera fatta a S. Maurizio
ci ha protetti.
Le gambe tremano ancora, il cuore batte forte, cosa facciamo torniamo
o si prosegue? Dopo un po’ di esitazione si decide di proseguire.
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Ben presto si arriva ai
ghiaioni e il peso degli zaini con le corde che ci sarebbero servite
per la discesa dal ghiacciaio si fa sentire, il passo su questo
terreno è molto difficoltoso. Finalmente si arriva alla Forcella
della Marmolada m.2896 e sono le ore 08,00. La giornata è ancora
bellissima, ma siamo all’ombra e fa freddo, il tempo che ci occorre
per prepararci ad indossare l’imbraco e l’attrezzatura da ferrata
ci fa venire la pelle d’oca. Ma siamo tutti pronti e si parte, ore
08,30.Dalla Forcella della Marmolada la ferrata sale verso est lungo
le ripide e levigate placche di roccia. File di staffe si alternano
a brevi traversate e tratti con corrimano. Più in alto, si raggiunge
la cresta ovest della Marmolada e il percorso si affaccia più volte
sugli abissi della vertiginosa parete sud e sul ripido ghiacciaio
a nord. |
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Le corde fisse terminano sul nevaio sotto la cima. Per tracce di sentiero
sulla neve (o sulle rocce in caso di scarso innevamento) in un meraviglioso
contesto paesaggistico, si raggiunge la cima (3343 m, croce metallica),
dove si trova la caratteristica, molto ospitale, Capanna Punta Penìa
(15 posti letto). Stupefacente la vista in tutte le direzioni, in particolare
sul massiccio del Sella con il Piz Boè.
Saliamo e naturalmente le
diverse caratteristiche personali e le capacità fanno si che il gruppo
si allunghi, ma comunque siamo sempre a vista, mentre saliamo si vedono
ancora ripari scavati nella roccia dai soldati della prima guerra mondiale.
Mi trovo con un piccolo gruppo però è come se fossi solo la fatica ci
ha levato la voglia di fare dello spirito e, almeno per me, mentre salgo
e mi misuro con la montagna il mio spirito si allarga e si estranea
da tutte quelle frivolezze e sciocchezze che tutti i giorno ci assillano.
Superato un tratto molto esposto e ripido, un tratto di placche lisce
vicino alla cresta, si trovano altre staffe lungo brevi traversate a
sinistra. Giunti sulla cresta ovest c'è un tratto ben attrezzato tra
forcelle e dossi. A questo punto siamo in un tratto spettacolarmente
esposto sia a destra che a sinistra, da qui abbiamo raggiunto il nevaio
e salito un tratto meno ripido su neve finalmente alle ore 11,00 giungiamo
a Punta Penia. Una breve cresta conduce direttamente alla croce di vetta
a quota 3343 mt.
Conquistare una vetta è sempre una grande soddisfazione ed una emozione
che ti fa dimenticare il tempo e la fatica. Non conta se altri
prima di te ci sono arrivati. La soddisfazione è immensa quando con
lo sguardo si può scorrere l'orizzonte a 360°. Questa visione ti
riempie non solo gli occhi ma anche il cuore.
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E’ un bel
balcone nel cuore del massiccio della Marmolada, dalla sua vetta,
con un mirabile colpo d’occhio sulla Val di Fassa,si possono scorgere
tutte le sue cime più famose. Da occidente a oriente,la Roda di
Vael, Catinaccio, l’Antermoia,il Larsec,i Denti di Terra Rossa,il
gruppo del Sasso Lungo, con il Sasso Piatto, la Punta Grohman e
le Cinque Dita.Lo sguardo indugia poi sui gruppi del Sella,del Boè,il
Viel del Pan il Lago Fedaia il Vernel e,infine, maestosa, con il
suo versante alpinisticamente più famoso, la sud della Marmolada
che lascia intravedere la cresta Ovest e la cupola di ghiaccio della
Punta Penia,massima elevazione delle Dolomiti. Il fantastico giro
tondo di vette prosegue con le cime di Ombretta,il Sasso Vernale,la
Cima Uomo,le creste di Costabella con i Lastei, |
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per terminare a sud con
la Punta Vallaccia e le cime Undici e Dodici,mi scuseranno i monti non
nominati, ma sono andato a memoria.
Ce l’abbiamo fatta, siamo in cima alla Regina delle Dolomiti, mica male
per chi viene dal mare come noi, baci dalle signore (3) e strette di
mano ancora più energiche e mille fotografie che ci immortalano su questa
vetta, poi naturalmente entriamo nel piccolo e accogliente rifugio e
chi con un minestrone, chi con un caffè o una fetta di strudel ci siamo
rifocillati. Cos’è quello sgabuzzino a strapiombo? Ma naturalmente
il bagno più alto delle Dolomiti e subito abbiamo provato anche cosa
vuol dire fare i propri bisogni a più di tremila metri.
Nel frattempo le nuvole salgono, non si vede più niente, decidiamo di
scendere,
mano ai ramponi ci leghiamo in cordate da tre e cominciamo la discesa.
Il primo tratto di nevaio è agevole e non ha richiesto particolari
attenzioni anche se è a tratti ripido. La traccia ben marcata ci ha
permesso di raggiungere rapidamente le rocce sottostanti.
Questa dorsale rocciosa, La Schiena d’Asino, separa il nevaio sommitale
dalla calotta del Ghiacciaio della Marmolada. Il salto è di circa 100-150
ma ha richiesto da parte nostra molta attenzione in quanto era abbastanza
ripido e scivoloso. Alcuni di noi non se la sentivano di scendere in
libera ma con la perizia di Marco, Marcello e Franco che facevano sicurezza
siamo scesi giù tutti sino al ghiaccio.
La discesa
è per roccia ben gradinata in un canalino non attrezzato (I-II grado
di difficoltà). I chiodi nella roccia hanno permesso a chi non era
molto sicuro di scendere assicurato.
Questo tratto viene considerato da molti come il più impegnativo
dell'intero giro, |
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le rocce si esauriscono
su una zona detritica molto friabile e scivolosa.
Ci ritroviamo tutti e indossiamo di nuovo i ramponi, riformiamo le cordate
e si inizia la discesa del ghiacciaio.
La discesa per il Ghiacciaio della Marmolada non ci ha offerto particolari
difficoltà tecniche. Nel primo tratto la pendenza è lieve e la via ben
marcata sulla neve. Con passo fermo si attraversano i grandi crepacci
che tagliano in due il ghiacciaio. E’ comunque necessario fare attenzione
ai "ponti" di neve che permettono il superamento dei crepacci
curando di superarli con i compagni di cordata che fanno sicurezza.
Con la neve che lascia il posto al ghiaccio vivo, la via si fa poi più
ripida serpeggiando fra i crepacci. L'ultimo tratto, meno ripido, si
esaurisce poco più in alto del Rifugio Pian dei Fiacconi , raggiungibile
per un saliscendi di dossi di roccia levigati dal ghiaccio.
Purtroppo abbiamo potuto notare anche il rapido ritiro in atto di questo
ghiaccio, basta notare le vecchie postazioni della prima guerra si trovano
ad almeno una ventina di metri più in alto rispetto al ghiacciaio stesso.
Sono le ore 17,00, siamo a Pian dei Fiacconi, mt 2625, praticamente
l’escursione è finita ci rifocilliamo al rifugio e poi prendiamo la
funivia che ci porta in breve tempo al Lago di Fedaia, 2053 m.
Attraversato il ponte sul lago ci siamo portati sulla strada e atteso
il pullman che ci ha portato di nuovo ad Alba di Canazei.
Prendiamo accordi con i gestori della funivia che ci hanno messo a disposizione
uno stanzino per poter lasciare le attrezzature e poi riprendiamo il
sentiero n 602 per il Rifugio Contrin. Lungo la via abbiamo avuto
la bella sorpresa d’incontrare il gestore del rifugio con il fuori strada
che ci ha portato gli zaini.
Finalmente alle ore 19,30 siamo arrivati, ci scusiamo con gli amici
che avevano fatto l’escursione breve che avrebbero voluto sapere subito
come era andata, ma una doccia caldissima aveva la precedenza; i racconti
dopo, a cena. Durante la cena ci sono stati molti momenti per raccontare
l’escursione, ma comunque il racconto spesso induceva sulla frana e
come eravamo stati fortunati o assistiti.
Ora non ce la facciamo più, siamo stanchi morti e andiamo a letto, un
buon sonno ristoratore è quello che ci vuole.
27/07/03
La sveglia questa volta è
libera, ma non troppo alle nove si deve partire, solite operazioni e
poi colazione, questa volta alcuni di noi decidono per la malga e con
l’aria bella frizzantina ci incamminiamo.
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Eccoci alla
malga, “ Buon giorno, si potrebbe avere dello strudel, yogurt con
frutti di bosco e ricotta di panna? “ E la signora cordialissima
con il suo accento tedesco: “ Zertamente, ditemi! “
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Accomodati sui tavoli all’aperto
abbiamo consumato questa ottima colazione. Come previsto alle ore nove
siamo partiti per Alba di Canazei, raggiuntala siamo andati a recuperare
l’attrezzature presso la funivia mentre arrivava il pullman dei turisti;
caricati gli zaini e rivestitici con indumenti più puliti ci siamo dati
allo shopping.
La giornata è proseguita con la visita del Lago di Carezza, una sosta
a Nova Levante per il pranzo e poi a Caldaro sulla via del vino per
acquisti di vino locale.
Alle ore 16,30 siamo ripartiti e con un’unica sosta alle ore 22,00 siamo
arrivati a Pietrasanta.
Bellissima escursione che sicuramente rimarrà per sempre nella nostra
mente, organizzata e pensata a regola d’arte.
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