I tritoni costituiscono
un gruppo di urodeli compatto e omogeneo. Poiché essi trascorrono
una parte della loro vita, anche d’adulti, in acqua, e dato
che diverse specie mostrano una cresta dorsale, i primi naturalisti
che li studiarono e li descrissero scelsero il nome di Triton
per definire il genere accomunandoli alla divinità marina
dell’antica mitologia mediterranea. Gli zoologi però si accorsero
che lo stesso nome era già stato scelto per un gasteropode marino
dotato di una conchiglia molto grande ed allungata (che rotta
all’apice veniva usata come tromba di guerra da alcune popolazioni
mediterranee), fu allora deciso di trasformare il nome in Triturus
per definire il genere di urodeli di cui ci occupiamo.
Il genere comprende diverse specie a distribuzione europea e
dell’Asia occidentale spaziando in una fascia latitudinale piuttosto
ampia e conducono una vita abbastanza simile; trascorrono alcuni
mesi della bella stagione in acqua per cui non è difficile osservarli
in acque stagnanti. Il maschio ha una livrea vistosa accentuata
nel periodo riproduttivo, la femmina ha colori meno vistosi
e più mimetici pur mostrando una certa variabilità di tinte.
La diffusione è molto ampia e comprende quasi tutta l’Europa
ad eccezione della penisola Iberica e dell’Italia Meridionale.
Sono state descritte numerose sottospecie differenti non facilmente
distinguibili fra loro se non nel periodo riproduttivi quando
si presentano in veste nuziale. In buona parte del nostro continente
vive il Tritone Alpino (Tirturus Alpestris) dai colori molto
vivaci nella parte ventrale (rosso fuoco o arancio vivo) che
predilige zone a clima fresco. La sua denominazione corrente
si riferisce al fatto che è presente sulle Alpi, inoltre è presente
sui Pirenei, sui Balcani, sull’Appennino Settentrionale e sulle
nostre Alpi Apuane. Si ha motivo di ritenere che sia d’origine
centro europea e che abbia ampliato il suo areale spostandosi
verso sud durante le glaciazioni del quaternario. Col ritiro
dei ghiacci è rimasto nelle zone a quota più elevata dove trova
un clima più vicino alla sue condizioni ottimali. Ciò non toglie
che abbia un’ampia valenza ecologica accettando condizioni molto
diverse, in alcune zone del suo areale può essere incontrato
anche a poche centinaia di metri sopra il livello del mare.
Il tritone alpino
trascorre alcuni mesi nelle torbiere dei laghetti e degli stagni;
in montagna generalmente non supera i 1800 / 2000 metri. Nel
complesso sulle Alpi non è specie molto frequente e lo si può
trovare in abbondanza solo nei laghetti che hanno un modestissimo
ricambio idrico e quindi mantengono temperature abbastanza elevate.
Dopo il disgelo, generalmente nel mese di Maggio, il Tritole
Alpino esce dal suo torpore e migra nelle torbiere e nei laghetti
che spesso sono situati a quote più elevate del territorio autunnale.
Le larve si sviluppano in estate ma spesso per il sopraggiungere
del freddo non compiono la metamorfosi riuscendo a svincolarsi
dall’acqua solo nella stagione successiva. Nel Tritone Alpino
sono stati segnalati casi di Neotenìa l’animale raggiunge la
maturità sessuale senza tuttavia perdere alcune caratteristiche
anatomiche della larva come le branchie. Il fenomeno è determinato
da fattori ambientali, sembra legato a carenze od eccessi di
sali minerali (laghetti privi di emissario superficiale o a
correnti troppo elevate) ma il fenomeno è lungi dall’essere
spiegato. In Liguria e sulle Alpi Apuane vive una sottospecie
ben definita (Triturus Alpestris Apuanus) che presenta colori
molto vivaci; lo si può osservare spesso nelle sorgenti ed anche
nelle cisterne artificiali a cielo aperto dove avviene regolarmente
la riproduzione. In Liguria raggiunge dimensioni notevoli e
scende fino a bassissime quote. Gli esemplari toscani invece
sono più piccoli, hanno colori ancora più brillanti e sono confinati
ad altezze maggiori. Sulle nostre Apuane sono facilmente osservabili
in alcune pozze naturali. Sul Monte Croce nella piccola sorgente
situata nel pianoro che s’incontra appena superate le Scalette
ed in alcune sorgenti lungo il sentiero che dal Colle delle
Baldorie scende verso il Paretone e la carrozzabile.
Ricordiamo
che questi anfibi hanno bisogno di temperature costanti e fresche,
non toccateli per nessun motivo, il calore delle mani li ustionerebbe
provocandone la morte. Limitiamoci ad osservarli mentre se
ne stanno immobili appena sotto il pelo dell’acqua senza disturbarli!
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